3. Il contratto atipico e l’interesse meritevole di tutela
3.5 Interessi meritevoli di tutela e utilità sociale
3.5 Interessi meritevoli di tutela e utilità sociale
Secondo la dottrina che individua nella causa la funzione economico‐sociale del contratto, il secondo comma dell’art. 1322 c.c. obbligherebbe il giudice ad un controllo dell’interesse perseguito dai contraenti che intanto sarebbe meritevole in quanto fosse anche utile socialmente. In tal modo, si dà vita ad una sorta di funzionalizzazione degli interessi privati che sarebbero protetti solo se coincidenti con gli interessi dell’intera collettività, dunque con gli interessi pubblici77.
Nel periodo storico improntato all’ideologia fascista, in particolare, il passaggio dalla tipicità alla utilità sociale avvenne per confortare determinate impostazioni di quell’ideologia e funzionalizzare quindi il contratto al perseguimento dei fini economici del corporativismo. La meritevolezza dell’interesse, dunque, oltre a significare giudizio su una certa tipicità sociale, divenne anche giudizio di conformità alla “coscienza sociale”, alla economia nazionale ed ai principi generali dell’ordinamento giuridico
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E. Betti, Teoria generale, op. cit., 322 ss.
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G.B. Ferri, Causa e tipo, op. cit., 224‐225. L’autore fa l’esempio dei sindacati azionari di voto, i quali trovano larga applicazione nella realtà sociale essendo considerati socialmente utili, e pure, almeno secondo la nostra giurisprudenza, non realizzano un interesse meritevole di tutela nell’ordinamento giuridico.
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fascista78. E proprio per assecondare l’ideologia produttivistica del corporativismo si denuncia la non meritevolezza di tutela giuridica di quei contratti che perseguono interessi giudicati socialmente futili o non rispondenti all’economia nazionale e all’ordine pubblico.
Il più autorevole tra i fautori di questa teoria, sosteneva che la libertà di dar vita a schemi atipici non va esercitata in modo arbitrario ma deve restare all’interno di determinate costruzioni tipiche dei traffici. Ciò significa che l’interesse individuale sporadico non può essere protetto perché solo le pretese sociali costanti che hanno già ricevuto una tipizzazione in chiave sociale meritano tutela giuridica.
A ben vedere, così impostata l’autonomia privata non sarebbe tutelata se non in quanto persegua finalità che si inquadrino in quelle proprie dello Stato; in tal modo, l’interesse privato si dissolve in pubblico e il contraente diviene un funzionario dello Stato.
Pur con la caduta del fascismo, un tale inquadramento interpretativo della formula contenuta nell’art. 1322, 2° co., c.c., non è stato completamente superato in quanto si è voluto ravvisare nell’art. 41, 2°co. Cost., il riconoscimento della rilevanza costituzionale della libertà contrattuale in termini di utilità sociale, non più nel significato produttivistico dell’ideologia corporativistica ma come raggiungimento del benessere collettivo.
Tale teoria è stata criticata da quella dottrina che, nell’intento di dimostrare che l’art. 1322 c.c. non può essere veicolo per funzionalizzare gli interessi privati, ne ha rilevato la inesistenza della rilevanza pratica. Quanto osservato riguardo alle fattispecie giurisprudenziali, infatti, dimostra che il contratto atipico in senso assoluto non esiste e la spiegazione sta nel fatto che qualsiasi interesse che abbia una certa rilevanza economica, per il fatto stesso di nascere e svilupparsi all’interno dei traffici commerciali, non può essere sporadico e puramente individuale ma è comune ad una molteplicità di soggetti. Pertanto, è inevitabile che detto interesse finisca per raccordarsi con uno dei tipi legali che tali generali interessi tutelano79.
Questa stessa dottrina ha osservato che quando il legislatore ha preteso che l’interesse dei contraenti fosse meritevole di tutela non ha inteso porre un problema di verifica della utilità sociale dei fini perseguiti, cosicché ne derivasse una funzionalizzazione, ma ha inteso esplicitamente ribadire l’importante principio in base al quale l’ordinamento non protegge qualsiasi interesse privato ma solamente quello
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R. Clarizia, op. cit., 6. Non va dimenticato, ricorda l’autore, che lo stesso art. 1322, comma 1, c.c., nella sua formulazione originaria limitava la libertà delle parti nella determinazione del contenuto del contratto al rispetto non solo della legge ma anche delle norme corporative.
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che non sia indifferente giuridicizzare, di modo che risulti certa la volontà di vincolarsi secondo regole non esclusivamente morali e sociali80. 4. Disciplina 4.1 La disciplina generale del contratto atipico. L’art. 1323 c.c. Atteso che i contratti innominati si incontrano con grande frequenza nella pratica, occorre ora domandarsi dove se ne attinga la relativa disciplina giuridica, posto che la legge non la fornisce. Il legislatore, infatti, opera un rinvio alle norme generali contenute nel titolo II del libro IV c.c., ma non offre alcun conforto circa la regolamentazione da seguire per i contratti atipici, e questo è appunto il problema cardine che si pone per questa particolare categoria.
I nostri giudici, dopo aver qualificato un contratto come atipico, hanno quasi sempre deciso il conflitto che è stato loro sottoposto in base alla disposizione che la legge ha dettato per un contratto tipico. Questa tendenza, in qualche modo, risente del fatto che l’ordine giuridico mira a perpetuarsi su basi tendenzialmente sicure e mira a soddisfare l’esigenza di evitare che si creino vuoti di tutela81.
Talvolta si seguono percorsi più generali, fra i quali è diffuso il riferimento al contratto con causa mista e la ricerca di criteri orientativi quali la combinazione delle concorrenti discipline tipiche o il primato per assorbimento di un tipo al quale si attribuisce una prevalenza.
Il problema è soprattutto di ordine normativo e rappresenta una questione sempre attuale sebbene, dal punto di vista quantitativo, sia ora diminuito di importanza a seguito della riforma legislativa del 1942 che ha assunto fra i nominati numerosi contratti che prima si classificavano innominati. Così è avvenuto ad esempio per la somministrazione, l’affitto, il contratto di lavoro o la cessione di contratto. Altri
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F. Gazzoni, Atipicità, op. cit., 69. L’utilità sociale, secondo l’autore, è un criterio che deve essere ridimensionato. Si potrà dire, eventualmente, che lo schema ideato dai privati è inidoneo in quanto l’ipotetica futilità è sintomo e indizio di una assenza di reale, seria e definitiva volontà giuridica delle parti, e non già perché asociale. Dunque, si può parlare di utilità sociale come criterio di giudizio circa l’impegnatività giuridica del vincolo a livello di autodeterminazione, non già come criterio di meritevolezza. Lo schema contrattuale, pertanto, non deve essere utile socialmente ma impegnativo anche ad una stregua sociale.
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U. Breccia, sub Art.1322. (Autonomia contrattuale) e Art. 1323. (Norme regolatrici dei contratti), in Commentario del codice civile diretto da E. Gabrielli, Dei contratti in generale a cura di E. Navaretta e A. Orestano, artt. 1321‐1349, Milano 2011, 160‐161, il quale sostiene che la difficoltà di trovar traccia del contratto realmente atipico nelle aule dei tribunali, potrebbe allora spiegarsi in base alla necessità che non sia denegata giustizia a causa di un’incertezza connessa alla sensazione del vuoto normativo.
contratti, come il contratto di edizione o di rappresentazione teatrale, hanno invece trovato la loro disciplina in una legge complementare. Il problema, tuttavia, non è concettualmente superato poiché la materia del contratto innominato è inesauribile: l’uso dei traffici e dunque la pratica, al fine di assecondare l’appagamento di interessi nuovi, va programmaticamente escogitando o inconsapevolmente creando tipi di contratto ignoti all’ordinamento giuridico scritto82.
L’art. 1323 c.c. sottopone i contratti innominati alla normativa del titolo II del codice civile, ovvero dei contratti in generale contenuta negli artt. 1321‐1469 c.c., ma la loro regolamentazione non si esaurisce in questa normativa che si riferisce, essenzialmente, alla struttura negoziale più che al suo contenuto83.
Oltre alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela, dunque, la norma pone un’ulteriore limitazione all’autonomia contrattuale. Il richiamo specifico dell’art. 1323 c.c. sta ad evidenziare come la mancanza di una disciplina specifica del tipo non esime le parti dal rispettare quelle norme imperative di carattere generale che vigono sia per i contratti tipici sia per quelli atipici. Il generico rinvio alle norme generali, tuttavia, non pare sia sufficiente ai fini di una completa regolamentazione dei contratti di cui trattasi. Nella pratica, infatti, possono presentarsi ipotesi di necessaria integrazione della volontà delle parti, nel caso in cui queste non facciano riferimento ad un regolamento contrattuale specifico; perciò l’integrazione stessa potrebbe restare lettera morta per mancanza degli strumenti giuridici idonei ad hoc.
Alcuni hanno prospettato la possibilità di utilizzare le parti di più contratti che di volta in volta sono individuati come i più prossimi a quello che si va realizzando. È da considerare, infatti, che nella maggior parte dei contratti atipici già esistono geneticamente frammenti di altri contratti disciplinati dal legislatore, perciò l’indagine circa la loro reale qualificazione e della conseguente disciplina da utilizzare, si riduce anche a problemi di semplice analogia.
Allo stato attuale della nostra legislazione, dunque, non possiamo in assenza di uno specifico regolamento contrattuale delle singole fattispecie atipiche non fare riferimento ad altre figure che presentino una delineata disciplina normativa. Del resto, anche la giurisprudenza ritiene che ai contratti non espressamente disciplinati dal codice civile possano legittimamente applicarsi, oltre alle norme generali in tema di contratti, le norme regolatrici dei contratti nominati quando il concreto atteggiarsi del 82 F. Messineo, op. cit., 99. 83 M. Costanza, op. cit., 175.
rapporto faccia emergere situazioni analoghe a quelle disciplinate dalla seconda serie di norme84.