3. Il contratto atipico e l’interesse meritevole di tutela
4.4 Moduli o formulari e condizioni generali di contratto
4.3 Il metodo analogico
Il metodo al quale maggiormente fa ricorso l’interprete per ricercare la disciplina da applicare ad un contratto atipico, è sicuramente il metodo analogico il quale si serve, a tal fine, di quelle disposizioni contemplate per altri negozi assimilabili, per natura e funzione economico‐sociale, al contratto innominato.
L’analogia è spiegata dalla dottrina come quella regola di interpretazione secondo cui “essendo dato un enunciato normativo che predica una qualificazione normativa di un termine dell’enunciato che sta per un soggetto o una classe di soggetti, si deve estendere il significato di quel termine a comprendere soggetti o classi di soggetti anche non strettamente e letteralmente inclusi, che però presentano con i soggetti letteralmente inclusi una somiglianza o analogia assunta come rilevante in ordine alla identità di disciplina giuridica”89.
Come rileva autorevole dottrina, però, il metodo analogico non può fornire un criterio oggettivamente sicuro, in quanto, fondandosi sulla rilevazione di affinità strutturali tra due fattispecie, postula in ogni caso un giudizio di carattere soggettivo90.
4.4 Moduli o formulari e condizioni generali di contratto
Il consolidamento nella prassi commerciale di un certo schema di regolamentazione convenzionale, avviene soprattutto attraverso la predisposizione di moduli contrattuali, condizioni generali oramai standardizzate: è in tal modo che, infatti, si realizza la tipizzazione di clausole caratterizzanti la fattispecie. In questa ipotesi, il giudice è spesso chiamato a valutare la liceità di determinate clausole, soprattutto se vessatorie, che prevedono espressamente o indirettamente deroghe alla disciplina legale posta per contratti tipici, affini a quello innominato. Ed è proprio questo uno dei modi in cui si attua la c.d. tipizzazione giurisprudenziale, imponendo al giudice di decidere se quello schema sia completamente autonomo, e quindi la sua disciplina si esaurisca nelle regole dettate in contratto, oppure, dovendosi richiamare i 89 G. Tarello, L’interpretazione della legge, in Trattato Cicu‐Messineo, Milano 1980, p. 351 ss. 90 R. Clarizia, op. cit., 7.
principi generali e la disciplina di un certo contratto tipico, dovrà valutarsi la conciliabilità della norma pattizia con quella legale91.
Con particolare riferimento alle condizioni generali di contratto di cui agli art. 1341 e 1342 c.c., una dottrina ha osservato che il problema dogmatico del contratto innominato è “un problema inesistente o quasi”. Se poi, inoltre, possa dimostrarsi che a proposito di una data figura di contratto innominato sono sorti usi cui le parti costantemente si siano attenute, non rimane che richiamarsi a tali usi; in tal caso, anche la disciplina giuridica del contratto innominato si trova già pronta e a disposizione delle parti92.
Alcuni autori hanno ravvisato una limitazione alla libertà contrattuale da parte delle condizioni generali di contratto e dei contratti per adesione, alla libertà, cioè, di stabilire il contenuto del contratto medesimo. Gli art. 1341 e 1342 c.c., infatti, realizzerebbero una posizione intermedia tra competenza dispositiva privata e competenza normativa legale, e questa loro caratteristica intaccherebbe la natura di autoregolamento di entrambi i contraenti propria del contratto, in quanto ai fini della disciplina si attribuisce rilevanza al grado di partecipazione alla elaborazione del regolamento e si considera il ruolo svolto dal contraente più attivo.
A tale impostazione si replica di non cogliere né lo spirito né la realtà dei traffici. Si è pur sempre di fronte ad un atto di autonomia privata caratterizzato dalla contemporanea presenza della libertà di stabilire il contenuto del contratto e della libertà di contrarre, quest’ultima rappresentata dalla libertà di aderire o meno alle clausole o alle condizioni generali. Pertanto, rispetto alle ipotesi di cui agli artt. 1341 e 1342 c.c. non sembra neppure velatamente prospettabile una limitazione al principio della libertà contrattuale93.
L’esigenza che spinge gli imprenditori a stabilire schemi generali sulla loro attività è principalmente un’esigenza di organizzazione e chiarezza: attraverso la predisposizione delle clausole generali essi fissano le modalità alle quali sono disposti a contrarre. L’esigenza, dunque, è quella di far conoscere ai terzi le norme alle quali l’imprenditore intende ispirare i suoi rapporti con i propri dipendenti o con la propria clientela.
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R. Clarizia, op. cit., 7.
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F. Messineo, op. cit., 110. Dalla possibilità dell’autodisciplina del contratto ammessa dall’art. 1322, comma 2, c.c., discende che le parti, in quanto elaborino principi regolatori del dato contratto innominato, contribuiscono a risolvere in fatto il problema della disciplina giuridica di ciascuno di essi e a colmare lacune. Concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare non esclude che per fissare quest’ultima le parti possano far ricorso all’autodisciplina, mentre quanto alle norme generali applicabili, dispone chiaramente l’art. 1323 c.c. Indicazioni preziose in tal senso, secondo l’autore, sono date appunto dall’istituto delle condizioni generali di contratto di cui agli artt. 1341 e 1342 c.c.
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Quando queste norme organizzative vengono portate a conoscenza dei terzi, diventano una realtà oggettiva, ovverosia, un modo “normale” di operare dell’imprenditore, e il legislatore, in sede di inserimento del contratto nell’ordine giuridico, non può non tenerne conto in quanto è al criterio di normalità che dovrà ispirarsi in tutte le ipotesi in cui non risulti una diversa volontà.
Qui il fenomeno della tipizzazione è rilevante nel senso che il singolo contratto deve essere inserito in quella realtà oggettiva, caratterizzata dall’attività dell’imprenditore, e della quale fanno parte anche le norme organizzative dello stesso, quando attraverso la pubblicità si siano obbiettivate. In tal modo, il problema della tipicità non si riferisce alle rispettive posizioni dei contraenti ma emerge dal necessario criterio di normalità imprenditoriale, normalità riferita all’attività dell’imprenditore, a cui tutta l’operazione contrattuale si ispira94.
Affronteremo in modo più approfondito, nel corso della presente trattazione, in che modo e in quale relazione gli artt. 1341 e 1342 c.c. si pongono con quel particolare contratto atipico che è il contratto di ricerca, cercando di cogliere l’effettivo ruolo che questi abbiano nella determinazione della sua struttura e del suo contenuto.
Inoltre, esaurita la breve ma necessaria disamina generale relativa ai problemi della tipicità e dell’atipicità dei contratti, vedremo nello specifico più avanti come e in che misura l’atipicità trovi applicazione nel contratto di ricerca. Qui basti dire che l’autonomia contrattuale ha maggiore o minore rilievo in base al contratto preso in considerazione.
Infatti, la materia dei contratti di ricerca si presenta diversamente articolata a seconda che si tratti di ricerca commissionata e finanziata dall’Amministrazione Pubblica, e quindi il contratto di ricerca rientri nell’ambito del finanziamento statale, oppure sia stipulato tra privato ed Università o altro Ente pubblico di ricerca al fuori di quello schema.
I primi sono presi in considerazione da leggi speciali che ne disciplinano il contenuto, e pertanto all’autonomia negoziale non viene lasciato spazio in quanto la volizione contrattuale è vincolata alle disposizioni dettate dalla legge; la tipizzazione, in questi casi, trova un fondamento giuridico nei principi dell’organizzazione amministrativa.
Nei secondi, ove la commessa viene affidata da un’impresa ad un’Università o altro Ente pubblico di ricerca in cui l’interesse sotteso al rapporto giuridico è di natura privatistica, la determinazione contrattuale è vincolata solo all’osservanza del regolamento posto in essere tra le parti, oltre che all’osservanza dei principi di ordine
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pubblico. In questo caso, infatti, non essendo intervenuta una disciplina legislativa, le parti sono libere di determinare il contenuto del contratto secondo la propria volontà; la tipizzazione, in questo caso, è il risultato di una prassi ricorrente che ha permesso l’emersione del contratto di ricerca nel nostro ordinamento come “tipo sociale”.
Nei capitoli che seguono, sarà proprio il contratto di ricerca ad essere oggetto di un’analisi il più possibile esaustiva, al fine di porre in evidenza le sue caratteristiche strutturali e le problematiche interpretative che questa può sollevare.
CAPITOLO II
L’AUTONOMIA CONTRATTUALE NEL SISTEMA DELLA RICERCA SCIENTIFICA E