L’AUTONOMIA CONTRATTUALE NEL SISTEMA DELLA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA
3. Profili pubblicistici
3.1 La ricerca scientifica nella Costituzione
3. Profili pubblicistici 3.1 La ricerca scientifica nella Costituzione
La disciplina giuridica relativa all’attività di ricerca è costruita intorno a due poli fondamentali: la libertà di ricerca e la necessità di interventi pubblici per la sua
“ricerca finalizzata”, intendendosi per tale l’attività di ricerca, di base o applicata, promossa intorno a problemi e tematiche definite, da cui si attendono risultati che contribuiscano alla loro soluzione, consistano essi in soli avanzamenti delle conoscenze o nella predisposizione di mezzi o soluzioni di carattere pratico.
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promozione e sviluppo, profili entrambi presi in considerazione dalla nostra Costituzione e, precisamente, negli artt. 9 e 33.
Indirettamente poi, la ricerca è evocata da norme che si riferiscono a specifiche fattispecie materiali, quali la tutela della salute di cui all’art. 32 Cost., che la collocano nell’ottica dell’utilità rivestita rispetto al perseguimento di fini costituzionalmente rilevanti. Dunque, l’esistenza di valori che possono trovare nella ricerca una via di realizzazione, allarga l’ambito di rilevanza dell’attività scientifica configurando l’intervento pubblico diretto a orientare la ricerca, entro certi limiti, come doveroso. Si profila, in tal modo, la duplice natura dell’interesse pubblico per la ricerca scientifica: all’interesse per la ricerca in sé, in quanto attività diretta in maniera disinteressata all’avanzamento delle conoscenze, si affianca l’interesse per la ricerca come strumento per il perseguimento di altri obiettivi5.
Un necessario chiarimento preliminare riguarda, dunque, le diverse qualificazioni dell’attività di ricerca. Come abbiamo visto, la tradizionale distinzione tra ricerca di base, applicata e di sviluppo ha scarso rilievo, mentre, sul piano giuridico, la distinzione più rilevante, che rimanda al grado di autonomia nelle determinazioni relative all’oggetto e al metodo di indagine, è quella tra ricerca libera e ricerca strumentale. La prima si caratterizza per l’autonomia di metodi e di scelta dell’oggetto di ricerca; l’interesse pubblico, in questo caso, riguarda l’esserci dell’attività scientifica perché è la ricerca in sé ad essere rilevante per l’ordinamento. La ricerca strumentale, invece, si lega all’assolvimento di compiti pubblici, e, in ragione di questa sua valenza, interessa i pubblici poteri6.
Per quanto concerne la libertà di ricerca, l’art. 33, al comma 1, stabilisce che “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”, mentre all’ultimo comma detta che “le istituzioni di alta cultura, Università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”.
In dottrina esistono diversità di opinioni per quanto concerne il valore e l’efficacia della norma contenuta nell’art. 33 Cost., in quanto da un alto si è visto nella esistenza di una specifica previsione normativa della libertà della scienza, in aggiunta alla più generale garanzia della libertà di manifestare il proprio pensiero di cui all’art. 21 Cost.,
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G. Endrici, Poteri pubblici e ricerca scientifica, l’azione di governo, Bologna 1991, 16, evidenzia il duplice sistema di relazioni tra Stato e ricerca scientifica: da un lato l’obbligo di tutelare la libertà scientifica; dall’altro la considerazione dell’attività scientifica come mezzo per il conseguimento di fini rilevanti per l’ordinamento. E ancora, da un lato la scienza come valore in sé, di cui occorre prioritariamente garantire la libertà, dall’altro la scienza come utilità o comunque come elemento costitutivo di vari sistemi (economico, educativo etc.) indirettamente tutelata da diverse disposizioni costituzionali.
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G. Endrici, op. cit., 17, specifica che i due tipi di ricerca non individuano aree funzionali nettamente distinte ma un continuum caratterizzato da situazioni qualificabili nell’uno e nell’altro senso e situazioni intermedie o in cui convivono entrambi i profili.
una tutela rafforzata; dall’altro vi è chi ha sottolineato il carattere semplicistico della formula dell’art. 33 dove la libertà della scienza, considerata nell’ambito della disciplina dell’istruzione, è assunta, in modo astratto e unilaterale, prevalentemente come libertà del singolo ricercatore e concepita come libertà dalle costrizioni dell’apparato pubblico7.
L’oggetto principale dell’intero art. 33 è la libertà di insegnamento; in questo senso, la libertà di ricerca è vista soprattutto in funzione della libertà di espressione e della libertà di insegnare piuttosto che non un bene rilevante di per sé. La norma oggetto di disamina, secondo questa concezione dottrinaria, si dimostrerebbe, dunque, poco sensibile verso gli specifici problemi di tutela della libertà ed autonomia dei ricercatori dediti per professione ad una attività di ricerca, ma senza una connessione necessaria con l’insegnamento, in strutture organizzative dirette allo svolgimento di attività di ricerca nonché, più in generale, ai problemi centrali della ricerca scientifica come il rapporto tra cultura e scienza da una parte, e il processo di determinazione di indirizzo politico dall’altra8.
Il profilo relativo alla promozione della ricerca, è invece disciplinato dall’art. 9 il quale inserisce la promozione dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica tra i principi fondamentali dell’ordinamento. In particolare, l’art. 9, al comma 1, stabilisce che “la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”.
Dall’espressione “la Repubblica promuove”, sono ricavabili direttamente alcune implicazioni organizzative e istituzionali. Il termine “Repubblica” sta ad indicare lo Stato ordinamento in tutte le sue possibili articolazioni: ne consegue che il compito di promuovere la cultura e la ricerca scientifica è attribuito indistintamente ad ogni soggetto pubblico, dunque, oltre che allo Stato, anche agli altri Enti pubblici in connessione con i loro fini istituzionali. Il verbo “promuovere”, invece, ha voluto significare che lo Stato ordinamento deve creare i presupposti per il raggiungimento di un risultato; sul piano organizzativo, ciò implica che l’azione di promozione della cultura e della ricerca può essere svolta direttamente da soggetti pubblici oppure
7 M. Nigro, Lo Stato italiano e la ricerca scientifica (profili organizzativi), in Riv. trim. dir. pub., I, 1972, 752. L’autore rileva che il costrutto giuridico dei precetti di cui all’art. 9 e 33 Cost. è modesto in quanto, in definitiva, consiste nel fornire elementi che vanno a confermare e ad arricchire le formule dello stato garantista e dello stato d’integrazione sociale, a ribadire cioè e sviluppare i principi che trovano la loro consacrazione fondamentale nell’art. 2 (cui si allaccia l’art. 33) e 3 (cui si allaccia l’art. 9) della Costituzione.
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F. Merloni, Organizzazione, op. cit., 394, specifica che questi problemi riguardano soprattutto il rapporto tra ricerca autonoma e individuale e ricerca programmata e orientata, nonché la partecipazione del ricercatore alla decisione sugli oggetti di ricerca.
indirettamente, attraverso la concessione di incentivi a soggetti privati o ad Enti pubblici, ad integrazione delle loro autonome capacità istituzionali9.
Anche in questo caso, è stato osservato che l’indicazione costituzionale è estremamente generica; tuttavia la dottrina vi ricomprende sia l’intervento pubblico in forma diretta ‐ che non costituisce comunque una riserva allo Stato delle attività di ricerca ‐ sia la promozione in senso stretto della ricerca scientifica, ovvero quella operata ad esempio per il tramite di finanziamenti e servizi complementari10.
È stato rilevato, da parte di alcuni studiosi, che la norma contiene un principio fondamentale della Costituzione vigente, come tale caratterizzante la stessa forma di Stato. L’art. 9, comma 1, Cost., inoltre, è stato inteso quale principale disposizione della <<Costituzione culturale>>. Con questa espressione, ci si richiama ad un profilo dello Stato sociale di diritto e del principio d’eguaglianza sostanziale espresso dall’art. 3, 2° co., Cost., cioè alla necessità di attuare un progetto di trasformazione sociale e di realizzazione di condizioni di eguaglianza di fatto tra tutti i cittadini, anche per il tramite della diffusione di adeguate conoscenze culturali in tutti gli strati della società civile, grazie ad un intervento attivo degli organi del pubblico potere11.
Una diversa interpretazione dell’art. 9 si è affermata in connessione con la distinzione tra ricerca strumentale, svolta per consentire ad altri il raggiungimento di interessi politici ed economici esterni alla ricerca, e ricerca non strumentale, rilevante di per sé e liberamente autodeterminata dalla comunità scientifica. In tal senso, è stato 9 F. Merusi, sub Art. 9 Costituzione, in Commentario alla Costituzione a cura di G. Branca, Bologna‐Roma 1975, 436, secondo il quale è da respingere l’idea che nella nozione di Repubblica siano ricompresi enti formalmente di diritto privato ma sostanzialmente di rilievo pubblicistico per l’importanza assunta dalla loro finalità di promozione della cultura e della ricerca scientifica, come accade per molte fondazioni culturali che spesso condizionano in maniera rilevate interi settori di ricerca.
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F. Merloni, Organizzazione, op. cit., 394. L’autore osserva che in alcuni campi di attività di ricerca, tuttavia, la riserva di attività, pur non espressamente stabilita, può dedursi dalle caratteristiche della ricerca svolta, come nel caso della ricerca in materia militare, e in generale per le attività di ricerca connesse ad altri interessi vitali dell’amministrazione dello Stato: giustizia, ordine pubblico, etc. Diverso è il caso delle riserve di fatto, ovvero di quei casi in cui, senza alcuna riserva giuridica di attività, solo l’intervento pubblico può assicurare lo svolgimento di attività particolarmente costose o complesse. Si pensi, ad esempio, alla ricerca astronomica o nucleare che necessitano di attrezzature e macchinari non realizzabili da nessun soggetto privato.
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G. Bianco, Ricerca scientifica (Teoria generale e diritto pubblico), in Dig. disc. pub., XIII, Torino 1997, 359‐360, rappresenta che, contenendo la norma di cui all’art. 9 un principio fondamentale della Costituzione, si è ritenuto che essa rientri nelle norme costituzionali programmatiche o direttive. Tali norme, manifestando un carattere diverso rispetto alle norme regolatrici di rapporti ed attività, si presentano come norme qualificatrici dell’ordinamento giuridico. La norma di cui all’art. 9, pertanto, è norma giuridica perché anche la norma programmatica è immediatamente efficace, nel senso che, dal momento in cui è entrata in vigore la Costituzione, spiega il suo effetto invalidante rispetto alla legge ordinaria eventualmente difforme.
sostenuto che l’art. 9 imporrebbe interventi dello Stato solo a favore della ricerca non strumentale, mentre la ricerca strumentale sarebbe considerata da altri principi12.
Le due norme oggetto d’esame, secondo alcuni autori, istituiscono fra Stato e scienza un rapporto fatto di coesistenza dell’obbligo positivo fissato nell’art. 9 e del dovere negativo posto nell’art. 33, e che il problema costituzionale della ricerca scientifica consiste “nell’individuare il contenuto dell’uno e dell’altro e il limite che nell’adempimento del primo va rispettato per non incorrere nella violazione del secondo”13.
È stato aggiunto, però, che il vero problema comincia proprio là dove si fermano le due norme, esaurendosi i due precetti costituzionali in affermazioni generali, le quali restano all’esterno del problema individuato e, più in generale, alla superficie del complesso mondo dei rapporti fra scienza e politica. Il costituente, secondo questa dottrina, con le norme in commento avrebbe dimostrato di considerare la scienza come un qualcosa di esterno all’organizzazione della comunità, un qualcosa di cui la Repubblica promuove lo sviluppo ma che per ciò stesso non sembra porsi fra gli elementi essenziali di struttura della comunità, e di cui, sempre collocandosi ab
externo, è tenuta a difendere la libertà.
Sotto altro profilo, le due norme in esame hanno sollevato diversi problemi, tra i quali rilevano in questa sede quelli concernenti i rapporti tra libertà di ricerca scientifica e le attività economiche. In proposito, si è sostenuto che il diritto costituzionalmente garantito negli artt. 9 e 33, 1° co., Cost., debba senza dubbio essere riferito anche allo sviluppo economico ed al patrimonio tecnologico nel suo complesso, nel senso che questi possono essere positivamente influenzati dall’attività di ricerca, soprattutto applicata.
Tuttavia, questo profilo del tema deve essere tenuto distinto dal discorso sui beni immateriali che sono il prodotto della ricerca scientifica. Le situazioni attive che derivano da questi beni, infatti, sono eterogenee rispetto alle norme della Costituzione che apprestano tutela alla scienza e alla ricerca scientifica nelle sue varie fasi e modalità.
Il diritto morale sulle opere dell’ingegno, ad esempio, rientra tra i diritti della personalità; le opere dell’ingegno e il brevetto di invenzione si pongono entro le norme 12 F. Merloni, Ricerca, op. cit., 2. Tra i principi che prendono in considerazione la ricerca strumentale vi sarebbero quelli relativi agli interessi generali, la cui cura spetta a singole amministrazioni di settore, e quelli relativi all’iniziativa privata. 13 M. Nigro, op. cit., 751, il quale rileva, altresì, come le due norme si pongano rispettivamente in antitesi con gli ordinamenti liberali, per i quali era inconcepibile un’azione statale di promovimento della ricerca scientifica, e con l’ordinamento fascista, per il quale non vi è libertà della scienza ma assoluta subordinazione della cultura alla forza politica dominante.
sulla produzione economica; il diritto patrimoniale sulle opere dell’ingegno ha rilievo giuridico nell’ambito delle norme sul diritto di proprietà. Dunque, non può essere confuso lo spettro di applicazione del corpus di disposizioni sulla libertà di ricerca scientifica con la disciplina giuridica di quei beni che da questa derivano.
3.2 L’organizzazione dell’attività di ricerca. Cenni introduttivi
Abbiamo visto che la tendenza di fondo della legislazione è quella per cui la ricerca scientifica è un’attività libera nei fini, semmai condizionata nei mezzi, ed è compito dello Stato promuoverne, direttamente o indirettamente, lo sviluppo.
Le due funzionali principali dello Stato consistono, dunque, nell’organizzazione in forma diretta della ricerca, attraverso la costituzione di strutture istituzionalmente volte a tal fine, e nella promozione della ricerca in senso stretto14.
Nei paragrafi che seguono, andremo dunque ad esaminare le due richiamate funzioni.