L’AUTONOMIA CONTRATTUALE NEL SISTEMA DELLA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA
4. Profili privatistici
4.3 La ricerca dipendente. La disciplina delle invenzioni dei dipendenti
4.3 La ricerca dipendente. La disciplina delle invenzioni dei dipendenti.
L’art. 64 CPI, in particolare, regola la materia delle invenzioni dei dipendenti, ovverosia delle invenzioni realizzate dal prestatore di lavoro subordinato. In linea generale, se l’inventore è dipendente di un Ente privato o di un Ente pubblico che non abbia fini di ricerca, il diritto patrimoniale al rilascio del brevetto viene tendenzialmente attribuito al datore di lavoro. L’articolo in commento delinea in proposito tre diverse fattispecie che prevedono per l’inventore diverse modalità di remunerazione.
La prima ipotesi, definita dalla dottrina “invenzione di servizio”, si caratterizza per il fatto che l’invenzione è realizzata nell'esecuzione o nell'adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro in cui l'attività inventiva è prevista come oggetto del contratto o del rapporto e a tale scopo appositamente retribuita. In questo caso, i diritti patrimoniali derivanti dall'invenzione appartengono automaticamente al datore di lavoro, mentre al lavoratore spetta il diritto di esserne riconosciuto autore.
La seconda ipotesi è quella delle “invenzioni d’azienda”, ovvero quell’invenzione realizzata nell’esecuzione o nell’adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro, in cui l’attività inventiva non è prevista come oggetto del contratto o del
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rapporto né è prevista e stabilita una retribuzione in compenso della stessa; di conseguenza, l’invenzione d’azienda si innesta solo casualmente sull’attività del dipendente. In tal caso, sebbene i diritti patrimoniali derivanti dall’invenzione appartengono in modo immediato e diretto al datore di lavoro, l’inventore, oltre al diritto al riconoscimento della paternità dell’invenzione, ha diritto alla corresponsione di un equo premio.
In relazione a quest’ultimo aspetto, occorre sottolineare che, recentemente, è stata introdotta una rilevante modifica alla disciplina dell’equo premio ad opera del D.lgs n. 131/2012 il quale ha previsto che tale premio spetti al dipendente non solo nel caso in cui il datore di lavoro o suoi aventi causa ottengano il brevetto ma anche qualora decidano di utilizzare l'invenzione in regime di segretezza industriale, vale a dire, nel caso in cui l’azienda del datore di lavoro ottenga un vantaggio dallo sfruttamento dell’invenzione a prescindere dalla sua brevettazione.
Nella determinazione dell’equo premio deve tenersi conto dell'importanza dell'invenzione (cioè non del valore dell’invenzione in sé ma del valore dell’invenzione in quanto brevettata), delle mansioni svolte e della retribuzione percepita dall'inventore (quindi della distanza tra l’invenzione e le mansioni svolte dal dipendente) nonché del contributo che l’inventore stesso ha ricevuto dall'organizzazione del datore di lavoro (cioè dei rapporti tra l’invenzione ed il livello della tecnica aziendale)72.
L’accertamento dell’esistenza di un diritto dell’inventore all’equo premio è affidata al giudice ordinario e cioè alle sezioni specializzate, mentre la sua determinazione, se
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V. Di Cataldo, A. Vanzetti, op. cit., 419‐420. Per la quantificazione dell’equo premio si è spesso adoperata, anche in Italia, la c.d. formula tedesca, criterio di quantificazione del premio proposto dal legislatore tedesco. La formula è I = V x P, dove “I” è l’ammontare dell’indennità riconosciuta al dipendente, “V” è il valore dell’invenzione, “P” è un fattore proporzionale, espresso in una percentuale, che misura l’apporto del dipendente. Il fattore “V” corrisponde al corrispettivo che l’impresa dovrebbe pagare per acquisire il diritto di utilizzazione dell’invenzione. Vengono indicati vari modi di calcolo di tale valore, distinguendo a seconda che l’invenzione sia sfruttata nell’impresa o sia sfruttata attraverso la concessione di licenze o cessione a terzi, ovvero non sia sfruttata né sfruttabile. Il valore dell’invenzione coinciderà, per ciascuna delle tre ipotesi, con il possibile canone di licenza, con il prodotto effettivo o con il prodotto stimato. Il fattore “P” viene calcolato sulla base di tre indici. Il primo attiene alla posizione del problema e misura l’iniziativa assunta dal dipendente nell’affrontare il problema tecnico oggetto dell’invenzione; varia da 1 a 6, crescendo con il decrescere dell’autonomia del ruolo avuto dal dipendente rispetto al management dell’impresa nella posizione del problema. Il secondo attiene alla soluzione del problema e misura il rilievo del contributo intellettuale e materiale che l’impresa ha fornito al dipendente per la soluzione del problema; varia da 1 a 6, crescendo con il decrescere del contributo dell’impresa. Il terzo individua le mansioni e la posizione del dipendente all’interno dell’impresa; varia da 1 a 8 crescendo con lo scendere del dipendente nella scala delle funzioni di ricerca aziendali. Sommando i valori attribuiti ai tre indici si ottiene un totale che può variare da 3 a 20. Tale valore viene poi tradotto in termini percentuali, in scala da 2 a 100. Una volta determinati i fattori “V” e “P”, “I” sarà uguale alla percentuale “P” del valore “V”.
non viene conseguita d’intesa tra le parti, è rimessa all’equo apprezzamento di un collegio di arbitratori.
L’ultima ipotesi concerne le “invenzioni occasionali” e ricorre quando l’invenzione, pur rientrando nel campo di attività del datore di lavoro, non ha alcun nesso oggettivo con le mansioni del dipendente. Si tratta di una categoria residuale in quanto applicata solo nel caso in cui non ricorrano le ipotesi previste dai precedenti commi 1 e 2. L’invenzione è detta occasionale proprio perché manca la connessione oggettiva tra mansioni ed invenzione, sussistendo soltanto un legame cronologico tra attività inventiva e rapporto di lavoro. Il diritto al rilascio del brevetto spetta in questo caso al lavoratore, ma la legge attribuisce al datore di lavoro un diritto di opzione per l’acquisto del brevetto, per la concessione di una licenza e per l’acquisto del diritto al rilascio di brevetti stranieri per la stessa invenzione, da esercitarsi entro tre mesi dalla data di ricevimento della comunicazione dell'avvenuto deposito della domanda di brevetto. Qualora il datore di lavoro decida di esercitare tale diritto dovrà versare un prezzo o canone dal quale va dedotta una somma corrispondente agli aiuti che l’inventore abbia comunque ricevuto dal datore di lavoro per la realizzazione dell’invenzione. Se le parti non trovano un’intesa sulla determinazione del prezzo o canone si dovrà ricorrere ad un collegio di arbitratori secondo le stesse regole che valgono per la determinazione dell’equo premio.
La legge consente al datore di lavoro di ottenere il brevetto già conseguito dal dipendente ma la dottrina concorda nel ritenere che questi possa ottenere dal dipendente anche il diritto al rilascio del brevetto nel caso in cui questi non voglia presentare la domanda di brevetto. Di fatto, però, il datore di lavoro avrebbe grosse difficoltà ad acquisire, contro la volontà dell’inventore, quelle notizie sull’invenzione che sarebbero necessarie per impostare adeguatamente la domanda di brevetto; mentre una lite tra i due potrebbe provocare la predivulgazione dell’invenzione, pregiudicando così la brevettabilità della stessa.
Le tre ipotesi hanno in comune il fatto che l’invenzione sia stata realizzata in costanza del rapporto di lavoro. Questa regola pone delicati problemi di accertamento e potrebbe sollecitare il lavoratore a troncare il rapporto di lavoro appena realizzata l’invenzione, in modo da poter depositare a proprio nome la domanda di brevetto ma, opportunamente, l’ultimo comma dell’art. 64 presume che l’invenzione sia stata realizzata in pendenza del rapporto di lavoro quando l’inventore chieda il brevetto entro un anno dalla cessazione del rapporto di lavoro. La presunzione ammette la prova contraria, pertanto, l’inventore può sempre dimostrare che l’invenzione è stata realizzata dopo la cessazione del rapporto di lavoro, anche se la domanda è stata depositata oltre l’anno.