IL CONTENUTO‐TIPO DEI CONTRATTI DI RICERCA
2. La struttura tipica di un contratto di ricerca
2.12. Uso dei segni distintivi delle parti
2.12. Uso dei segni distintivi delle parti 39 G. Guglielmetti, op. cit., 561. 40 A. Candian, op. cit., 525.
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Qualora i risultati della ricerca siano all’altezza delle aspettative delle Parti è naturale che le stesse tendano a pubblicizzarli, esigenza maggiormente avvertita dal committente qualora ritenga di poterne trarre un profitto in termini di immagine.
D’altro lato, l’Ente pubblico di ricerca, mentre può avere interesse a vedersi riconosciuta all’esterno la paternità del proprio lavoro, può non gradire l’accostamento che potrebbe crearsi con l’impresa.
Per contemperare le opposte esigenze, i contratti esaminati contengono una duplice previsione: per un verso fanno obbligo al committente ed all’Ente pubblico di ricerca di citare il nome dell’altra parte ogni qual volta i risultati vengano diffusi al pubblico ma, nel contempo, gli vietano di utilizzarlo con scopi pubblicitari o reclamistici, quindi in una sede diversa da quella nella quale si è svolta l’attività di ricerca.
2.13. Responsabilità
I modelli esaminati contengono di solito una clausola in forza della quale l’Ente pubblico di ricerca si impegna a tenere indenne il committente da qualsiasi impegno e responsabilità a qualsiasi titolo che possa derivare nei confronti dei terzi nella esecuzione del contratto. L’ampio tenore della formula appare essenzialmente volto ad escludere, da un lato, rivendicazioni giuslavoristiche nei confronti del committente da parte dei soggetti impegnati nella ricerca e, dall’altro, a cautelarsi contro possibili azioni risarcitorie o in ordine a violazioni di privative industriali.
Talvolta, si rinviene una clausola con la quale è il committente ad esonerare l’Ente pubblico di ricerca da qualsiasi responsabilità verso i propri dipendenti coinvolti nella ricerca. La clausola, in alcuni modelli, è volutamente più ampia ed arriva a ricomprendere più in generale l’esonero da responsabilità per danni che dovessero derivare a persone e/o cose dall’esecuzione delle attività oggetto del contratto causati dal proprio personale.
Altre volte, le clausole di esonero da responsabilità sono formulate in termini di reciprocità, per cui ciascuna parte si impegna ad esonerare l’altra da qualunque richiesta, da chiunque avanzata, ed avente ragione, titolo o causa comunque connessa con le attività previste nello specifico contratto.
Una specifica clausola di esonero da responsabilità in favore dell’Ente pubblico di ricerca è in un caso prevista in ordine alla commerciabilità dei risultati. Si precisa, infatti, che il committente è in ogni caso consapevole che le attività oggetto della ricerca ed i risultati eventualmente conseguiti hanno natura tipicamente sperimentale;
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per conseguenza, essi vengono forniti senza alcuna garanzia esplicita o implicita, inclusa la garanzia di commerciabilità e/o di idoneità per un particolare scopo. Qualora il committente intenda immettere in commercio o comunque utilizzare a scopi commerciali, direttamente o indirettamente, i risultati ottenuti, questi sarà dunque l’unico responsabile degli eventuali danni, diretti o indiretti, a qualunque titolo derivanti dalle attività connesse alla immissione in commercio o, comunque, all’utilizzazione commerciale da parte di terzi, senza che alcuna pretesa possa essere avanzata nei confronti dell’Ente.
A tal fine, si specifica che il committente si impegna a manlevare sostanzialmente e processualmente l’Ente e a mantenerlo indenne da ogni e qualsiasi perdita, danno, responsabilità, costo o spesa, incluse le spese legali, derivanti da o in qualunque modo collegati a pretese o contestazioni di soggetti terzi, relativi alla immissione in commercio o, comunque, alla utilizzazione commerciale dei risultati. 2.14. Risoluzione Come osservato da alcuni autori, gli artt. 1453 e 1455 c.c. sono in linea di principio applicabili anche ai contratti di ricerca, ma in giurisprudenza non risultano casi editi in cui il committente si sia rivolto al giudice per chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento del ricercatore41.
Lo studio dei modelli contrattuali rivela invece che, talora, le parti si cautelano dall’eventualità dell’inadempimento inserendo nel contratto clausole che gli consentano di ricorrere ai mezzi non giudiziali di risoluzione.
In via generale, tali mezzi sono rappresentati dalla diffida ad adempiere, dalla clausola risolutiva espressa e dal termine essenziale; tuttavia, non tutti vengono utilizzati con la stessa frequenza. Nei modelli considerati, ad esempio, mancano totalmente disposizioni sanzionatorie espresse sotto forma di termine essenziale, mentre in un solo caso si fa ricorso alla clausola penale.
Il prevalente inutilizzo di strumenti contrattuali di coazione appare confermare il forte intuitus personae che lega le parti, cui si aggiunge la qualità dei responsabili della ricerca, soggetti esponenti del mondo scientifico ed accademico, nei confronti dei quali alcune tradizionali forme di pressione potrebbero apparire controproducenti.
E’ stato osservato che in tali contratti la tutela del committente si sposta all’indietro nel tempo ed esige una particolare cura nella scelta del contraente, in quanto la reale garanzia del committente è data dalla professionalità dell’Ente che
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svolge la ricerca. Infatti, anche in caso di difficile gestione del contratto, la conservazione di esso soddisfa l’interesse della parti più del suo scioglimento, cui si ricorrerà solo come extrema ratio42.
Le clausole che nei modelli esaminati ricorrono con più frequenza, sono la clausola risolutiva espressa e la diffida ad adempiere, le quali costituiscono un mezzo di risoluzione non giudiziale del contratto. In merito alla clausola risolutiva espressa, in particolare, i contraenti convengono solitamente che se una determinata obbligazione non sarà adempiuta con le modalità stabilite, il contratto si risolverà di diritto. Il contratto, in questo caso, secondo i principi generali si scioglie quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola. Per la configurabilità della clausola, tuttavia, le parti devono avere previsto la risoluzione di diritto del contratto per effetto dell’inadempimento di una o più obbligazioni specificamente determinate. Non è sufficiente dunque un generico riferimento all’inosservanza del contratto ma occorre che la clausola risolutiva specifichi l’inadempimento in relazione alle singole obbligazioni contrattuali43.
In particolare, nei contratti esaminati l’Ente si avvale dell’utilizzo di questa clausola nel caso in cui il committente non adempia all’obbligo di pagamento del corrispettivo nonché per grave inadempimento delle obbligazioni derivanti dagli articoli relativi alla titolarità dei diritti di proprietà industriale, all’uso dei segni distintivi ed alla riservatezza. L’Ente conserva, altresì, diritto di risolvere il contratto nell’ipotesi in cui intervenga una variazione e/o modifica nel tipo, nella struttura o nell’assetto del committente, quali fusioni, scissioni, incorporazioni, trasformazioni o cessioni di ramo d’azienda.
Il committente, invece, si riserva il diritto di risolvere il contratto in caso di grave inadempimento delle obbligazioni assunte dall’Ente e concernenti l’oggetto del contratto nonché, anche in questo caso, la titolarità dei diritti di proprietà industriale, l’uso dei segni distintivi e la riservatezza.
Come già detto nell’introduzione del paragrafo, non si rinviene invece l’adozione del rimedio risolutorio di cui all’art. 1457 c.c. relativo al termine essenziale. Il rimedio, infatti, non è confacente alle caratteristiche strutturali dei contratti di ricerca nei quali la durata è elemento causale del contratto, ed in cui l’opportunità di una revisione dei tempi originariamente previsti spesso si palesa solo nel corso dell’esecuzione, in conseguenza delle prospettive d’indagine individuate dal ricercatore. Una disciplina troppo rigida del termine, pertanto, finirebbe per comprimere in modo eccessivo 42 M. Bessi, op. cit., 581. 43 C.M. Bianca, La responsabilità, Diritto civile V, Milano 1997, 314. Sull’argomento si rinvia anche a Cass. Sez. III, 26 luglio 2002, n. 11055, in Cd‐Rom Foro it., 1987‐2002.
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l’autonomia del ricercatore e per vanificare, allo stesso tempo, le aspettative del committente al raggiungimento del risultato44.
In solo caso abbiamo riscontrato la presenza di una clausola penale, ovvero quella clausola con la quale le parti convengono che, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti sia tenuto ad eseguire una determinata prestazione in favore dell’altro. La funzione della clausola è, da un lato, quella di liquidare preventivamente i danni da omesso o ritardato pagamento e, dall’altro, sanzionare l’inadempimento (cd. funzione punitiva della penale), in quanto la penale è dovuta indipendentemente dalla prova dell’esistenza del danno45.
Nel caso analizzato, la penale ha ad oggetto il pagamento di una somma di denaro pari al 10% dell’importo per il quale i termini di pagamento non risultano rispettati; quindi, la clausola è utilizzata in funzione sanzionatoria del ritardo nell’adempimento del committente. Il meccanismo previsto dalla penale scatta, in questo caso, quando il ritardo nel pagamento eccede i 60 giorni dal termine convenuto. 2.15. Recesso
Tutti i contratti esaminati contengono, invece, una disciplina del recesso. Nella quasi totalità dei casi si tratta di recesso ad nutum, per cui a ciascuna parte è attribuito il diritto di recedere liberamente ed in qualsiasi momento dando un preavviso all’altra, la cui scadenza è rapportata alla durata del contratto stesso. In tal caso, la clausola prevede che al ricercatore spetti comunque il rimborso delle spese sostenute per le ricerche effettuate sino al momento del recesso.
In un solo caso, invece, è previsto il recesso per giusta causa ed anche in tale ipotesi il corrispettivo dovuto al ricercatore è sempre proporzionale alle attività svolte sino alla data di operatività del recesso.
Da un’analisi dei modelli esaminati, è possibile osservare tuttavia come la disciplina contrattuale del recesso sia più frequente di quella della risoluzione. Come già anticipato, però, non si rinvengono nella giurisprudenza controversie in materia di risoluzione e recesso, e questo è segno evidente che le parti preferiscono gestire i loro rapporti evitando un intervento del giudice.