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Il legislatore italiano, negli anni successivi alla nota sentenza Torreggiani, pone in atto una massiccia produzione normativa, tra cui il decreto legge del 26 giugno 2014, n.92, convertito con legge 11 agosto 2014, n. 117. Tale decreto vuole andare a soddisfare le richieste dei giudici di Strasburgo, che hanno sollecitato l’introduzione di ricorsi in grado di

consentire alle persone incarcerate in condizioni lesive della loro dignità di ottenere una qualsiasi forma di riparazione per la violazione subita.

L’art. 1 del decreto legge rubricato “Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n.354”, prevede l’introduzione dell’art. 35-ter, rubricato “Rimedi risarcitori conseguenti alla violazione dell’art. 3 CEDU”.

L’art. 35-ter dell’ordinamento penitenziario, si aggiunge all’art.35-bis che, come precedentemente visto, è stato introdotto dal d.l. n.146/2003.

La principale differenza tra le due previsioni è che l’art. 35- bis offre un rimedio preventivo, mentre l’art. 35-ter è una tutela compensativa e risarcitoria. 110

Il primo comma dall’art. 35-ter prevede un risarcimento in forma specifica, “una riduzione della pena detentiva ancora da espiare pari, nella durata, a un giorno per ogni dieci durante il quale il richiedente ha subito il pregiudizio” si basa sul presupposto esplicito per cui un soggetto ha passato “un periodo di tempo non inferiore ai quindici giorni, in condizioni di detenzione tali da violare l'articolo 3 CEDU”. 111

Il secondo comma dell’art. 35- ter prevede che, qualora il risarcimento in forma specifica non sia possibile, perché il periodo di pena ancora da espiare è troppo breve e non consente la detrazione dei giorni indicati, allora il magistrato di sorveglianza liquida al richiedente una somma di 8 euro per ciascuna giornata nella quale questo ha subito il pregiudizio. Il risarcimento del danno è richiedibile anche quando il periodo di detenzione espiato, subendo condizioni che violano l’art. 3 CEDU, è inferiore ai 15 giorni. 112

Cortesi MF., I giudici europei, cit. pp 77 110

Masieri C. La natura dei rimedi di cui all’art. 35-ter ord. penit., in “ Diritto 111

penale contemporaneo”, 2014

Massime redazionali. I rimedi risarcitori previsti dall’art. 35-ter ord. penit., in 112

L’art. 35-ter, c.3, prevede che: “Coloro che hanno subito il pregiudizio di cui al comma 1, in stato di custodia cautelare in carcere non computabile nella determinazione della pena da espiare ovvero coloro che hanno terminato di espiare la pena detentiva in carcere possono proporre azione, personalmente ovvero tramite difensore munito di procura speciale, di fronte al tribunale del capoluogo del distretto nel cui territorio hanno la residenza. L'azione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla cessazione dello stato di detenzione o della custodia cautelare in carcere. Il tribunale decide in composizione monocratica(…)” . 113

Analizzando nel dettaglio l’articolo 35-ter del d.l.92/146 se ne può dedurre che i primi due commi hanno come requisito che, in capo al detenuto o all’internato, sia configurabile una situazione di attuale e grave pregiudizio all’esercizio dei diritti. Se ne deduce che le domande azionabili davanti al magistrato di sorveglianza sono solo quelle riferibili ad una situazione carceraria, che viola l’art.3 CEDU, che sia attuale al momento dell’accertamento e che non si sia consumata. In realtà è dibattuto in giurisprudenza se l’attualità del pregiudizio sia effettivamente un requisito necessario per ammettere il ricorso o sia inconferente.

Si ritiene che tutte le ulteriori ipotesi di situazioni penitenziarie lesive dei diritti del detenuto, che non siano attuali sono di competenza del giudice civile in materia di risarcimento del danno.

La natura della responsabilità civile dell’amministrazione penitenziaria viene ricondotta al paradigma aquiliano, ricondotto nell’art. 2043 c.c.

All’art. 2 del d.l. 92/ 2014 viene specificato che: “Entro sei mesi dalla data di 113

entrata in vigore del presente decreto-legge, i detenuti e gli internati che abbiano già presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo, sotto il profilo del mancato rispetto dell'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, possono presentare domanda ai sensi dell'articolo 35-ter, legge 26 luglio 1975, n. 354, qualora non sia intervenuta una decisione sulla ricevibilità del ricorso da parte della predetta Corte.”

Deve sottolinearsi che l’art. 35-ter non ha effetto retroattivo, per cui per i pregiudizi subiti prima dell’entrata in vigore del decreto legge 92/2014 è esperibile solo l’azione di fronte al giudice civile.

Si osserva che il legislatore ha seguito fedelmente le linee guida indicate dai giudici europei, nel farlo ha eccessivamente ristretto l’utilizzo del reclamo compensatorio alle sole violazioni dell’art. 3 CEDU, per altri tipi di danni non si può ricorrere all’art. 35-ter.

Altro aspetto critico della normativa in esame è la rigidità dei criteri di quantificazione del risarcimento, che non lasciano spazio ad una valutazione concreta del caso da parte del giudice. In tal modo si uniformano situazioni diverse, esponendo così il sistema dei reclami a forti dubbi di costituzionalità, sarebbe di certo preferibile commisurare un minimo ed un massimo entro cui far decidere il giudice.

Molto complessa è la modifica apportata all’art. 275, c.2-bis, c.p.p. dal d.l. n.92/2014. Così come era già previsto precedentemente, il precetto sostiene che non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena. L’obiettivo del legislatore è quello di evitare l’uso della misura custodiale per coloro che, essendo condannati ad una pena breve, probabilmente non entreranno in carcere.

Si deve escludere l’applicabilità della previsione in questione quando si procede per alcune ipotesi delittuose, il cui elenco deve ritenersi inderogabile. 114

Il punto fortemente innovativo è la previsione per cui non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni.

Art. 275 c. 2 bis, c.p.p. “(…) Tale disposizione non si applica nei procedimenti 114

per i delitti di cui agli articoli 423-bis, 572, 612-bis e 624-bis del codice penale, nonché all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.”

Un timido segnale positivo da perte del legislatore è l’approvazione governativa di una modifica al Regolamento penitenziario che introduce una Carta dei diritti e doveri dei detenuti e degli internati. 115

La Carta è consegnata a ciascun detenuto o internato, nel corso del primo colloquio con il direttore o con un operatore penitenziario all’atto del suo ingresso in istituto, per consentire il migliore esercizio dei suoi diritti ed assicurare la maggiore consapevolezza delle regole che conformano la vita nel contesto carcerario.

La Carta dei diritti serve a fornire al detenuto e ai suoi familiari delle indicazioni chiare, in diverse lingue, su tutti gli aspetti pratici del trattamento penitenziario, quali orari, colloqui, corrispondenza ecc.

Astenendosi da ogni valutazione circa la strategia attuata dal legislatore per evitare un ulteriore condanna europea, bisogna riconoscere il risultato ottenuto.

Si è raggiunta una riduzione della forbice tra il numero dei detenuti ristretti e la soglia di capienza regolamentare, tanto che il Consiglio d’Europa ha ritenuto adempiuto l’obbligo internazionale di adeguare la condizione penitenziaria italiana agli standard prescritti dalla Corte di Strasburgo. Le prime riforme successive alla sentenza Torreggiani hanno riscontrato un risultato positivo sui numeri della popolazione carceraria, ma con la problematica di minare l’effettività della pena. Si sono dimostrati provvedimenti in grado di ottenere effetti immediati di decarcerizzazione senza porre in essere alcuna riforma strutturale.

decreto del Ministro della Giustizia del 5 dicembre 2012, in attuazione del 115

d.P.R. 5 giugno 2012, n. 136, è stato stabilito il contenuto della "Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati" di cui all'art. 69 comma 2 del d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 (Regolamento sull'ordinamento penitenziario),

Capitolo IV

Proposte per rimediare al sovraffollamento carcerario

Sommario: 1. Rimozione dei reati ostativi alle misure alternative al