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2.1 Il carattere di sentenza pilota

La Corte Edu, con la sentenza Torreggiani, ha evidenziato la natura strutturale del fenomeno del sovraffollamento carcerario.

La portata del problema è intuibile dai quasi 3000 ricorsi alla Corte Edu, proposti contro l’Italia al fine di sollevare una questione di compatibilità dell’art.3 CEDU con le inadeguate condizioni detentive. A cui aggiungere le rilevazioni statistiche e la proclamazione, da parte del presidente del Consiglio dei ministri, dello stato di emergenza nazionale, nel 2010. 52 Si può sostenere che i ricorrenti, i quali adiscono la Corte di Strasburgo al fine di far dichiarare il contrasto tra la situazione carceraria in cui hanno vissuto e l'art. 3 CEDU, assumano per il giudice europeo una duplice funzione: di fine e di mezzo. Nel primo senso essi sono titolari di situazioni soggettive di matrice convenzionale lese da una condotta dello Stato convenuto e, pertanto, meritevoli di tutela; nell'altro senso, la loro vicenda è l'occasione di cui la Corte si serve per ampliare l'oggetto della decisione ben oltre i confini della vicenda individuale, fino a ricomprendervi l'assetto complessivo del sistema penitenziario italiano. In questo modo la sentenza Torreggiani non si pronuncia soltanto sugli obblighi convenzionali dello Stato nei confronti dei ricorrenti, ma anche e soprattutto sul contesto in cui si radica la lesione denunciata. 53

Lo stato di emergenza (dichiarato con d.P.C.M. del 13 gennaio 2010) ha portato 52

alla nomina di un Commissario straordinario del Governo per la gestione del Piano carceri, i cui poteri sono stati da ultimo prorogati (per effetto dell’art. 4 d.l. 78/2013) sino al 31 dicembre 2014.

Violino c., La protezione diretta e indiretta dei diritti del detenuto, in 53

Non può stupire la decisione della Corte di applicare la c.d. sentenza pilota, in linea con l’art. 46 CEDU. 54

La sentenza pilota permette di poter identificare la disfunzione presente nella legislazione statale ed evitare una congestione dell’attività giurisdizionale dovuta da tutti i ricorsi che ne conseguirebbero. 55

Dall’art. 46 CEDU, interpretato alla luce dell’art. 1 CEDU , discende 56 l’obbligo dello Stato soccombente di attuare, sotto la vigilanza del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, le misure individuali e generali necessarie ad ovviare alla violazione, sia assicurando un adeguato ristoro per le violazioni già subite, sia ponendo fine alle violazioni ancora in essere.

La decisione di adottare la procedura della sentenza pilota deriva dalla ragione che questa permette di mettere in luce chiaramente l’esistenza di problemi strutturali all’origine delle violazioni e di indicare le misure o azioni particolari che lo Stato convenuto dovrà adottare per porvi rimedio.

Art.46 CEDU Forza vincolante ed esecuzione delle sentenze. 54

Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte sulle controversie nelle quali sono parti. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne controlla l’esecuzione. Se il Comitato dei Ministri ritiene che il controllo dell’esecuzione di una sentenza definitiva sia ostacolato da una difficoltà di interpretazione di tale sentenza, esso può adire la Corte affinché questa si pronunci su tale questione di interpretazione. La decisione di adire la Corte è presa con un voto a maggioranza dei due terzi dei rappresentanti che hanno il diritto di avere un seggio in seno al Comitato. Se il Comitato dei Ministri ritiene che un’Alta Parte contraente rifiuti di conformarsi a una sentenza definitiva in una controversia cui essa è parte, può, dopo aver messo in mora tale Parte e con una decisione adottata con voto a maggioranza dei due terzi dei rappresentanti che hanno il diritto di avere un seggio in seno al Comitato, adire la Corte sulla questione dell’adempimento degli obblighi assunti dalla Parte ai sensi del paragrafo 1. Se la Corte constata una violazione del paragrafo 1, rinvia il caso al Comitato dei Ministri affinché questo esamini le misure da adottare. Se la Corte constata che non vi è violazione del paragrafo 1, rinvia il caso al Comitato dei Ministri che ne chiude l’esame.

Viganò F. Cit, 2013 55

Art. 1 CEDU: Obbligo di rispettare i diritti dell’uomo. Le Alte Parti contraenti 56

riconoscono a ogni persona sottoposta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà enunciati nel Titolo primo della presente Convenzione.

A sottolineare la natura strutturale riconosciuta alla problematica, alla sentenza è allegata l’opinione concordante del giudice Jociene. Attraverso di essa, si spiegano le ragioni che hanno condotto ad un mutamento di avviso. Infatti, se nella precedente sentenza nel caso Sulejmanovic c. Italia il giudice lituano aveva avallato l’opinione dissidente del giudice italiano votando contro la violazione dell’art.3 CEDU, in questo caso ha deciso altrimenti, sulla scorta di due argomenti principali. In primo luogo, perché a partire dalla data di pubblicazione di Sulejmanovic la Corte ha ricevuto un numero crescente di richieste concernenti il problema del sovraffollamento carcerario in Italia.

In secondo luogo, perché nei casi di specie appare chiaro che non siano stati rispettati i parametri del CPT sullo spazio vitale minimo.

La Corte ha pronunciato, quindi, una sentenza pilota contro il nostro Paese, accertando nel caso concreto la violazione dell'art. 3 CEDU a danno di sette ricorrenti e, contestualmente, ingiungendo allo Stato italiano di introdurre, entro il termine di un anno dal momento in cui la sentenza della Corte sarà divenuta definitiva, "un ricorso o un insieme di ricorsi interni idonei ad offrire un ristoro adeguato e sufficiente per i casi di sovraffollamento carcerario, in conformità ai principi stabiliti dalla giurisprudenza della Corte".

Durante questo periodo, la Corte ha sospeso le procedure relative a tutti gli altri ricorsi analoghi pendenti avanti a sé.

Altro scopo della procedura pilota adottata dalla Corte è quello di porre in luce l'esistenza dei problemi strutturali che sono all'origine delle violazioni lamentate dai ricorsi seriali, e di indicare allo Stato le misure e azioni indispensabili per porvi rimedio, sotto la supervisione del Comitato dei Ministri; ciò in conformità al principio di sussidiarietà che regola i rapporti tra la Corte e gli Stati membri.

E’ compito, principalmente, delle autorità nazionali assicurare un'adeguata tutela ai diritti convenzionali.

La Corte ha indicato all’Italia la maniera più idonea per eliminare l’anomalia, ricordando che in caso di mancato adeguamento dello Stato italiano verrano riaperti e accolti i migliaia di ricorsi momentaneamente sospesi. 57

L'obbligo convenzionale dello Stato italiano non si esaurisce nella riparazione del pregiudizio sofferto dal ricorrente e accertato dalla Corte, ma si estende all'adozione di misure idonee a salvaguardare gli analoghi interessi di persone che si trovino in situazioni comparabili. In questo senso la sentenza Torreggiani può essere letta come lo sviluppo della decisione del caso Sulejmanovic, visto che la Corte ha dovuto prendere atto che la prima decisione non si è rivelata sufficiente ad evitare il reiterarsi di casi analoghi.

2.2 Il criterio dei 3 metri quadrati e l’intervento della

Cassazione

La sentenza Torreggiani torna sul punto della metratura delle celle ed impone il rispetto di una giusta proporzione tra numero dei detenuti e spazio vitale di cui essi dispongono nel carcere.

Tale proporzione non può essere violata nemmeno in forza di considerazioni economiche o di bilancio, posto che l’art. 3 della CEDU definisce un limite che non ammette né deroghe, né eccezioni.

Vi sono situazioni di sovraffollamento talmente estreme da integrare da sole la violazione dell’art. 3 CEDU, vedi caso Sulejmanovic c. Italia, mentre in altri casi, per integrare il reato, occorre considerare ulteriori parametri. 58

Ciciriello T. Il rinvio dell’esecuzione della pena detentiva: scelta obbligata 57

nell’attuale condizione del sistema penitenziario?, in “Rivista italiana di diritto e

proCEDUra penale” 2014, pp 902 e ss

Tamburino G., Commento alla Sentenza Corte Europea dei Diritti Umani 58

Gli Stati devono esplorare tutte le strade dirette a ridurre il ricorso alla carcerazione, in modo da prevederla solo come extrema ratio del sistema penale, sia come misura preventiva, sia come sanzione, ma la giurisprudenza di Strasburgo richiede anzitutto di procurare spazi detentivi adeguati al numero effettivo dei detenuti.

I profili di interesse del caso Torreggiani non concernono, in verità, la decisione finale relativa ai sette casi di specie affrontati, rispetto ai quali la Corte si limita ad applicare principi ormai consolidati nella propria giurisprudenza, bensì i profili di ricevibilità del ricorso.

Nello specifico i ricorrenti, detenuti negli istituti penitenziari di Busto Arsizio e Piacenza, lamentano di essere stati confinati in tre persone in celle di 9 mq e di non avere potuto usufruire in quantità sufficiente di acqua calda ed illuminazione.

L'ormai costante giurisprudenza della Corte considera automaticamente integrato un trattamento inumano e degradante allorché ciascun detenuto disponga di uno spazio personale pari o inferiore a 3 mq, a fronte degli almeno 4 raccomandati dal CPT. 59

La Corte accerta la violazione dell'art. 3 CEDU rispetto ai sette ricorrenti, condannando lo Stato italiano a corrispondere, a titolo di equa soddisfazione per il danno morale subito, somme di entità variabile da 10.600 a 23.500 euro, in relazione alla durata della rispettiva detenzione in condizioni di sovraffollamento.

Riesaminando a livello nazionale la questione della determinazione dello spazio carcerario individuale minimo è utile analizzare l’ordinanza del giugno 2013 del Magistrato di sorveglianza di Padova. Con tale delibera il Magistrato accoglie il reclamo di un detenuto che lamenta di essere ristretto, insieme ad altre due persone, in una cella di 9,09 mq.

Viganò F. Sentenza pilota della Corte EDU sul sovraffollamento delle carceri 59

italiane: il nostro Paese chiamato all'adozione di rimedi strutturali entro il termine di un anno. in “Diritto penale contemporaneo”, 2013

Lo spazio individuale, in questo caso è di 3,03 mq, il giudice ritiene tale ampiezza nettamente al di sotto del limite vitale di 3 mq stabilito dalla CEDU, in quanto ai fini della determinazione dello spazio utilizzabile deve tenersi conto dell’ingombro dei mobili.

Detratto l’ingombro dei mobili lo spazio effettivamente disponibile è di 2,85 mq.

Il procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Padova, ha proposto ricorso per Cassazione , denunciando una violazione di legge da 60 parte del Magistrato di sorveglianza.

Il procuratore sostiene la presenza un errore di diritto nel momento in cui , il magistrato, ha sottratto dall’area disponibile al detenuto l’ingombro del mobilio.

E’ tutt’ora dibattuto se, e in che misura, debba tenersi conto del bagno di pertinenza della cella e se debbano sottrarsi dalla superficie vivibile gli spazi occupati dagli arredi della stanza. 61

Tale problema interpretativo costituisce un principio di diritto. Pertanto, la sua soluzione risulta decisiva nella gran parte dei procedimenti per reclamo proposti dai detenuti ai sensi dei nuovi articoli 35, 35-bis e 35-ter, ord. penit., introdotti in ottemperanza alla sentenza-pilota Torreggiani e altri. 62

Il procuratore sostiene che nella sentenza Torreggiani il riferimento all’arredo è estrapolato dagli argomenti delle parti per cui dovrebbe valutarsi come una mera argomentazione aggiuntiva e che l’area della cella

Cassazione sez.I 19-12-2013, n.5728 60

Massime redazionali. Trattamenti inumani e degradanti e determinazione dello 61

spazio carcerario individuale minimo,in “Cassazione Penale” 2014, pp 1197 e ss

Gli art. 35 e 35-bis sono stati introdotti dal d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, 62

convertito con modificazioni in l. 21 febbraio 2014, n. 10. L’art. 35 ter è stato introdotto dal d.l. 26 giugno 2014, n. 92, convertito con modificazioni in l. 11 agosto 2014, n. 117.

deve essere calcolata al lordo, altrimenti la pronuncia della Corte Edu avrebbe menzionato in dettaglio pure la metratura occupata dal mobilio. Il ricorso è stato valutato inammissibile, in quanto il Magistrato di sorveglianza si è esattamente uniformato al criterio stabilito dalla Corte Edu nella sentenza pilota, avendo calcolato la superficie della cella al netto del mobilio. 63

Non è condivisibile l’obiezione del procuratore sulla mancata specificazione della superficie del mobilio da parte della Corte, perché in quel caso i giudici di Strasburgo hanno accertato che la cella aveva misura minore del limite invalicabile di 3 mq e quindi sarebbe stata del tutto superflua la determinazione dello spazio occupato dal mobilio. 64

2.3 Ricevibilità del ricorso

Nella lettura della sentenza Torreggiani molto interessanti appaiono le argomentazioni della Corte Edu relative ai profili di ricevibilità del ricorso, in relazione in particolare all’eccezione, formulata dal governo italiano, di mancato esaurimento dei ricorsi interni.

Il governo italiano sostiene che ciascun detenuto ha il diritto di presentare reclami al magistrato di sorveglianza ai sensi degli art. 35 e 69 ord. penit. per lamentare la violazione dei propri diritti durante il trattamento.

E’ vero che i detenuti possono presentare un reclamo al magistrato di sorveglianza per denunciare le proprie condizioni di carcerazione inadeguate, ma non si può sostenere che questo strumento sia efficace nel riparare le violazioni subite. La vincolatività e l’efficacia concreta del provvedimento giudiziale sono poco chiare, in quanto non sono ben

“Questo spazio era d’altro canto ancora ridotto dalla presenza di mobilia nelle 63

celle”, Corte eur. dir.uomo, Torreggiani ed altri c. Italia, cit., § 75.
 Costantini F. I diritti dei detenuti: la giurisprudenza dopo la sentenza 64

definiti i meccanismi attraverso cui l’amministrazione penitenziaria dovrebbe realizzare gli effetti auspicati dal magistrato. 65

Spesso il detenuto che ottiene una pronuncia favorevole del magistrato di sorveglianza, non riesce a vederla eseguita da parte dell’amministrazione penitenziaria, che non è in grado di assicurare una diversa collocazione consona ai principi di umanità.

Del resto se ciò fosse stato possibile sarebbe stato eseguito fin dall’inizio, in quanto l’amministrazione penitenziaria non ha nessun vantaggio nel collocare i detenuti in sovrannumero nella stessa cella.

Rispetto poi al caso specifico di uno dei ricorrenti, che ha effettivamente esperito tale rimedio e ha ottenuto, nel 2010 dal magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia, un'ordinanza che accerta la violazione dell'art. 3 CEDU, il governo italiano ha eccepito che sarebbe stato onere del ricorrente medesimo chiedere alle "autorità giudiziarie interne" competenti l'esecuzione coattiva del provvedimento del magistrato di sorveglianza, senza peraltro indicare quali fossero tali autorità e che tipo di ricorso sarebbe stato possibile esperire a tal fine.

La Corte respinge l'eccezione, richiamando la propria costante giurisprudenza sulla regola del previo esaurimento dei rimedi interni di cui all'art. 35 CEDU. Tale norma preclude l'accesso alla Corte alla vittima di una violazione convenzionale che non si sia avvalsa di un rimedio interno effettivo, idoneo a riparare alla violazione e facilmente accessibile.

Rispetto allo specifico problema del sovraffollamento carcerario il rimedio deve essere idoneo non solo a riparare ex post le conseguenze della violazione, in particolare garantendo un risarcimento pecuniario, ma anche a porre fine alla violazione e migliorare le condizioni generali della detenzione.

Gargani A., Sovraffollamento carcerario cit. pp1259 65

Perché un sistema di tutela dei diritti dei detenuti sia effettivo, i rimedi preventivi e compensativi devono coesistere in modo complementare. La Corte si mostra invero ben consapevole che soltanto sforzi a lungo termine da parte delle autorità italiane potranno risolvere il problema strutturale del sovraffollamento carcerario.

La Corte non si è spinta fino all’indicazione degli effettivi rimedi da adottare, ma evidenzia come lo Stato italiano debba al più presto dotarsi di un sistema di ricorsi interni idonei tanto a garantire un rimedio preventivo contro le violazioni dell'art. 3 CEDU a carico dei detenuti e dunque in grado di far cessare le violazioni in atto, quanto un rimedio compensatorio nei casi di avvenuta violazione.

Un rimedio preventivo potrà dirsi effettivo, secondo la giurisprudenza di Strasburgo, soltanto quando questo abbia la possibilità d’incidere profondamente sull’esecuzione penale o di disporre l’unica misura realmente adeguata in una situazione di sovraffollamento sistemico: la sospensione o il rinvio dell’esecuzione. 66

Se si volessero trovare delle conseguenze penali alla mancata ottemperanza dell’amministrazione ai provvedimenti giudiziali, bisognerebbe distinguere a seconda che questi contengano divieti o comandi. Se un direttore del carcere non ottempera al divieto di non accogliere più detenuti, si potrebbe addebitargli il delitti di rifiuto di atti d’ufficio. Se invece un pubblico ufficiale non osservasse un ordine 67 giudiziale di rilascio dei detenuti e il loro inserimento in progetti di misure alternative, allora si potrebbe applicare l’art. 607 c.p., sull’indebita limitazione di libertà personale.

Violino c., La protezione diretta e indiretta dei diritti del detenuto, in 66

www.penalecontemporaneo.it, 2013

Art. 38 c.p.: “ Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che 67

indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni(…)”

3. Differimento di esecuzione della pena e relativa sentenza