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L’istituto della eccessiva onerosità sopravvenuta e il problema dell’equilibrio contrattuale

Capitolo III: Le sopravvenienze contrattuali nell’ordinamento giuridico italiano: tra figure espressamente

2. Le sopravvenienze positivamente disciplinate: l’impossibilità sopravvenuta e l’eccessiva onerosità

2.15. L’istituto della eccessiva onerosità sopravvenuta e il problema dell’equilibrio contrattuale

L’eccessiva onerosità è collocata nel Codice civile insieme agli istituti della risoluzione per inadempimento e dell’impossibilità sopravvenuta che storicamente sono predisposti a tutela del sinallagma funzionale del contratto nel momento della sua esecuzione. Nonostante l’eccessiva onerosità operi nell’ambito dei c.d. difetti di esecuzione del contratto, configura una rilevante evoluzione del sistema verso nuovi traguardi di composizione degli interessi delle parti e di modalità attuative del rapporto contrattuale192.

È stato sostenuto che con l’istituto dell’eccessiva onerosità si compie un affinamento ulteriore della sensibilità dell’ordinamento giuridico nei confronti di fenomeni che riguardano il nesso di reciprocità tra le prestazioni, nel senso che, partendo dalla risoluzione per impossibilità sopravvenuta della prestazione, nella quale il pregiudizio del sinallagma è intenso in quanto viene a venir meno la possibilità materiale di eseguire la prestazione, si passa alla risoluzione per inadempimento in cui il difetto della esecuzione consiste nella mancanza della prestazione, apprezzato sia con criteri materialistici che rispetto all’interesse del creditore, per arrivare, infine, come ultima tappa, alla risoluzione per eccessiva onerosità, dove la

191 Cass. Civ., 11947/2003.

192 R. Lo Gullo, Il problema del riequilibrio contrattuale e l'art. 1468 C.C., in

prestazione, rispetto agli altri due istituti, non manca, ma la sua presenza è solo apparente, in quanto ha perso definitivamente il suo valore.

Pertanto, con l’istituto dell’eccessiva onerosità il principio della sopravvenienza contrattuale, in base al quale i contratti a tratto successivo possono essere risolti o ridotti ottiene completo riconoscimento. La dottrina aveva affermato che la sopravvenienza è un fenomeno diverso dalla patologia del contratto in senso tecnico. La patologia investe l’atto e non può non riguardare situazioni esistenti al momento della stipulazione contrattuale. La sopravvenienza invece riguarda l’attuazione del contratto, incide quindi sulla possibilità che il contratto, perfettamente valido in via originaria, possa continuare a produrre i suoi effetti. Riguarda pertanto il rapporto contrattuale.

L’innovazione è formale, in quanto, sebbene non ci fosse una norma che la disciplinasse esplicitamente con la conseguente impossibilità di trovare nel Codice una base positiva, la dottrina e la giurisprudenza avevano già applicato l’istituto dell’eccessiva onerosità, considerandola implicita nei contratti qui habent tractum successivum (contratti a tratto successivo), in quanto manifestazione della clausola rebus sic stantibus193.

Tra la fine del XIX secolo e i primi decenni del XX, infatti, la dottrina si era interrogata sulla presenza di un principio a carattere generale, rinvenibile, anche implicitamente, nell’ordinamento giuridico capace di fornire una soluzione al problema giuridico del mutamento straordinario ed imprevedibile dello stato di fatto esistente al momento dell’assunzione dell’impegno contrattuale originario. Sulla questione si erano sviluppati ampi ed accesi dibattiti tra coloro i quali ritenevano di dare a tale principio

193 Secondo la Relazione al codice civile del 1942 n. 665, con l'istituto della risoluzione

per eccessiva onerosità sopravvenuta si introduce espressamente ed in via generale il principio della soggezione dei contratti a prestazioni corrispettive alla clausola rebus sic stantibus.

una base positiva e coloro che, al contrario, ne affermavano l’inesistenza; tracce evidenti di tali contrasti di opinioni sono rinvenibili nella formulazione degli articolo 1467-1469 c.c. Si evince da essi l’estrema cautela con la quale il legislatore del 1942 ha introdotto un istituto che avrebbe potuto compromettere la stabilità e la coerenza interna del sistema positivo dei contratti che ruotava attorno al principio generale della vincolatività delle obbligazioni nascenti da contratto (pacta sunt

servanda)194.

Tale disciplina, infatti, permette ai contraenti di utilizzare strumenti di gestione del rischio delle sopravvenienze, eludendo il principio della vincolatività del contratto a tutela della regolare funzionalità del sinallagma e in vista della realizzazione del programma contrattuale. Secondo questa prospettiva, la tecnica di gestione del contratto deve essere orientata in funzione delle differenti tipologie contrattuali. Il legislatore avrebbe effettuato, con l’introduzione degli articolo 1467 c.c. e ss., una equa distribuzione dei rischi, integrando il bilanciamento delle prestazioni, così come percepito dalle parti secondo il loro contenuto, con il bilanciamento delle prestazioni misurate fedelmente al loro valore reale. Ovviamente sono differenti i rimedi predisposti dal codice per i contratti a prestazioni corrispettive e per quelli con obbligazione a carico di una sola parte. Per quel che concerne i primi, l’attribuzione di rimedi a ciascuna delle parti si basa sul fatto che viene meno uno dei termini del rapporto che, compromettendo la regolare funzionalità del sinallagma, impedisce che il programma negoziale si realizzi con esiti soddisfacenti. Da tale presupposto il legislatore dà alla parte che ha subito un pregiudizio dal sopravvenire di eventi straordinari ed imprevedibili il rimedio della risoluzione per eccessiva onerosità, quale meccanismo per rescindere il

rapporto divenuto non più funzionale alle finalità perseguite, mentre alla controparte è data la possibilità di evitare la risoluzione, modificando in modo equo le condizioni del contratto195. Nei contratti con obbligazioni a carico di una sola parte, al contrario, lo scioglimento del vincolo contrattuale è reputato inidoneo alla concretizzazione del programma contrattuale e così il legislatore attribuisce alla parte che si obbliga il diritto di chiedere o una riduzione della prestazione o una modificazione della sua esecuzione al fine di raggiungere un’equità tra le prestazioni. In particolare, così specifica l’articolo 1468 c.c., :

“Nell’ipotesi prevista dall’articolo precedente, se si tratta di un contratto nel quale una sola delle parti ha assunto obbligazioni, questa può chiedere una riduzione della sua prestazione ovvero una modificazione nelle modalità di esecuzione, sufficienti per ricondurla ad equità”.

L’obiettivo di trovare un sostanziale equilibrio tra l’esigenza di tutela della parte pregiudicata dalla eccessiva onerosità e il rispetto del principio pacta

sunt servanda ha generato dibattiti in dottrina attraverso i quali è stata

precisata la natura, il contenuto e i limiti dell’istituto della eccessiva onerosità. In particolare, il fondamento giuridico dell’articolo 1468 c.c. ha suscitato in dottrina problemi interpretativi dovuti anche al paragone con l’articolo 1467 c.c196.

Un diffuso orientamento, sul presupposto che le due norme abbiano la medesima ratio e che l’obiettivo principale della risoluzione per eccessiva onerosità sia quello di evitare un’apprezzabile alterazione dell’originario equilibrio sinallagmatico delle prestazioni, ritiene che l’articolo 1468 c.c.

195 R. Lo Gullo, Il problema del riequilibrio contrattuale, op. cit., p. 122. 196 R. Lo Gullo, Il problema del riequilibrio contrattuale, op. cit., p. 123.

sia applicabile solo ai contratti unilaterali onerosi 197 . Un diverso orientamento, escludendo che le due norme abbiano la stessa ratio, ritiene che il fondamento dell’istituto sia quello di evitare alla parte che si è obbligata ad una prestazione, senza riaverne un’altra in corrispettivo, di subire passivamente il sopravvenuto aggravio della prestazione dovuta198, e, pertanto, che la norma in questione sia applicabile solo ai contratti unilaterali gratuiti. Preferibile e più vicina alla lettera della legge è l’idea, affermata da una parte della dottrina, che attribuisce un fondamento giuridico unitario ai due rimedi in base all’importanza assegnata sia alla singola posizione debitoria che ai maggiori oneri che derivano dall’esecuzione del contratto, senza prendere in considerazione ogni raffronto comparatistico tra le prestazioni199. Ora, sia nei contratti a prestazioni corrispettive che in quelli con obbligazioni a carico di una sola parte è presente l’oggettivo aggravio dell’onere economico assunto nel momento della conclusione del contratto e la conservazione della proporzione iniziale tra soggetto obbligato e prestazione oggetto del suo obbligo200.

L’eccessiva onerosità si misurerebbe sulla divergenza tra costo iniziale della prestazione da eseguire e costo della stessa al momento dell’adempimento 201 . La dottrina propone teorie di carattere prevalentemente oggettivo e non soggettivo, in riferimento alla funzione specifica del contratto concluso che prendono il nome di teoria dell’attuabilità e teoria dell’equilibrio. In base alla prima, l’istituto della eccessiva onerosità è espressione del principio secondo cui il creditore non

197 Cfr. A. De Martini, L'eccessiva onerosità nell'esecuzione dei contratti, Milano, 1950,

p. 45.

198 N. Tartaglia, Eccessiva onerosità ed appalto, Milano, 1983, p. 33.

199 R. Lo Gullo, Il problema del riequilibrio contrattuale, op. cit., pp. 123 e ss.

200 E. Turnaturi, Sacrificio economico del debitore e risoluzione per eccessiva onerosità,

in Riv. Trim. dir. Proc. civ., 1973, 1948, p. 148.

può pretendere la prestazione quando la stessa sia divenuta eccessivamente onerosa per il debitore che ha assunto l’obbligo. Il presupposto di tale ricostruzione è rinvenibile nello smisurato sacrificio che comporterebbe per il debitore l’esecuzione della prestazione, in quanto superiore all’onere economico liberamente assunto alla conclusione del contratto202.

La teoria dell’attuabilità permette di realizzare una ricostruzione unitaria dell’istituto, attribuendo la stessa ratio alla base dell’articolo 1467 c.c. e dell’articolo 1468 c.c., ma non risolve il problema riguardante il c.d. svilimento della prestazione (perdita di valore, di utilità) della controprestazione, occasionato, ad esempio, a causa di una straordinaria ed imprevedibile svalutazione monetaria. Tale questione viene superata dalla seconda teoria enunciata, quella dell’equilibrio, secondo la quale l’obiettivo finale del rimedio legislativo 203 è quello di conservare l’originaria proporzione tra prestazione e controprestazione e, pertanto, sarebbe applicabile nel momento in cui l’iniziale equilibrio fosse alterato, prescindendo se per eccessiva onerosità della prestazione o per intollerabile svilimento della controprestazione.

La giurisprudenza di tali certezze interpretative e dei frequenti contrasti dottrinali non sembra aver risentito, in quanto si è occupata quasi esclusivamente dei contratti a prestazioni corrispettive, reputando che la giustificazione del ricorso alla risoluzione o alla revisione del contratto ex articolo 1467 c.c. sia lo squilibrio contrattuale sopravvenuto alla conclusione del contratto che l’eccessiva onerosità determina204.

Dalla casistica della giurisprudenza si evince una definizione di eccessiva

202 A. De Martini, L'eccessiva onerosità, op. cit., pp. 132 e ss.

203 L'equilibrio di cui la legge vuole tutelare la conservazione è considerato da alcuni in

senso oggettivo, con riguardo cioè al valore economico originario di prestazione e controprestazione, da altri in senso soggettivo, con riguardo all'adeguatezza tra le prestazioni reciproche, in forza del principio fondamentale dell'autonomia negoziale.

onerosità sopravvenuta che consiste in un sacrificio di proporzioni tali da alterare l’economia del contratto, cioè l’equilibrio originariamente esistente tra le corrispettive prestazioni. Solo una sentenza si allontana da tale indirizzo, rifiutando l’idea di tutela dell’equilibrio economico delle prestazioni per aderire alla teoria dell’attuabilità della prestazione, che esonera la parte dall’adempimento dell’obbligazione diventata troppo onerosa205. Alla luce delle soluzioni adottate dalla giurisprudenza è possibile affermare che il sistema dell’eccessiva onerosità tende a reagire all’aggravio dell’impegno economico oggetto dell’affare, che supera il margine di rischio tipicamente connesso all’operazione compiuta, mirando a preservare l’impegno economico prefigurato e realizzare obiettivi di contemperamento degli interessi, equità e giustizia sostanziale.

Pertanto, non tutte le sopravvenienze contrattuali legittimano l’attuazione dell’istituto della eccessiva onerosità, ma solo quelle in grado di alterare l’assetto del rapporto, tale che lo stesso non sia più riconducibile a quello originario prefigurato ed alla distribuzione del rischio che risulta dal contenuto dell’accordo206.

3. Un’ulteriore figura di sopravvenienza non prevista dal legislatore: la