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L’indagine svolta ci ha permesso di apprezzare nella prospettiva storica e in quella comparata un problema giuridico di grande interesse: i contratti sinallagmatici che producono i loro effetti nel tempo, sono esposti ad essere snaturati dal sopraggiungere di circostanze straordinarie ed imprevedibili successive al momento del loro perfezionamento. La rottura completa dell’equilibrio tra le prestazioni e dell’assetto negoziale di interessi, inizialmente fissato dalla volontà contrattuale di entrambe le parti, solleva la questione se sia ragionevole e giusto mantenere il collegamento contrattuale nei termini esattamente concordati originariamente o se, al contrario, sia necessario soddisfare ragioni di giustizia sostanziale che richiedono la revisione o l’estinzione del contratto. Il fenomeno giuridico delle sopravvenienze contrattuali, riconosciuto e regolato negli ordinamenti di civil law, di common law, nei Principi Unidroit e nei Principi di diritto europeo dei contratti, è stato valutato secondo la prospettiva di tre diverse esperienze giuridiche: la tradizione romanistica, la giurisprudenza spagnola e l’ordinamento giuridico italiano. Appare opportuno, quindi, tracciare una quadro che consenta di cogliere per sommi capi le analogie, le differenze e le soluzioni presenti in tali sistemi normativi.

Il primo punto di confronto è, senza ombra di dubbio, il principio pacta

sunt servanda, che è ritenuto una regola portante di tutti gli ordinamenti

all’interno della materia delle obbligazioni e delle relazioni contrattuali tra privati. Nel diritto romano, sebbene non sia formulato in questi termini, tale principio è ben conosciuto, come si evince dall’elaborazione della teoria della centralità dell’accordo di volontà delle parti (conventio). Nella

stessa direzione si muovono il sistema giuridico spagnolo e quello italiano, nei quali il principio della vincolatività contrattuale è espressamente sancito nei rispettivi Codici civili. Nonostante ciò, i giuristi romani e l’ordinamento civile italiano hanno mostrato, rispetto alla giurisprudenza spagnola, una maggior propensione al contemperamento tra il carattere vincolante e necessario dell’impegno contrattuale assunto originariamente e gli effetti causati dagli accadimenti sopraggiunti, che modificano l’assetto contrattuale originario, attraverso il largo impiego della clausola rebus sic

stantibus. Infatti, nel diritto romano, il fenomeno delle sopravvenienze non

è sempre sacrificato dall’applicazione rigida del principio pacta sunt

servanda, in quanto la soluzione fornita dai giuristi, cercando di realizzare

il miglior contemperamento degli interessi dei privati e, tenendo in considerazione le circostanze di diritto o di fatto manifestate successivamente alla conclusione del contratto, determina, in molte situazioni, una risoluzione del medesimo o una revisione del suo contenuto originario. Il legislatore italiano ha introdotto nel Codice civile la figura dell’eccessiva onerosità, considerata espressione della clausola rebus sic

stantibus: essa, pertanto, permette alla parte pregiudicata dalle circostanze

sopravvenute di chiedere la risoluzione del contratto (art. 1467 c.c.) o, se si tratta di contratto nel quale solo una parte ha assunto obbligazioni, questa può chiedere una riduzione della sua prestazione o una modificazione delle modalità di esecuzione (art. 1468 c.c.). La giurisprudenza spagnola, invece, ha tenuto un’impostazione piuttosto rigida nei confronti dell’applicazione della clausola rebus sic stantibus, descrivendola come dannosa, e ha sempre dichiarato la solennità e la superiorità del principio pacta sunt

servanda, che solo in rare occasioni ha sofferto una deroga da parte della

clausola.

Il secondo punto di comparazione riguarda la collocazione o meno della materia delle sopravvenienze contrattuali all’interno del Codice civile con

le conseguenze che ne derivano. A fronte della presenza di due figure di sopravvenienze, rispettivamente l’impossibilità sopravvenuta e l’eccessiva onerosità nel Codice civile italiano, non si riscontra nel Código civil spagnolo nessuna disposizione in base alla quale procedere alla modificazione o all’estinzione del contratto in seguito all’alterazione delle circostanze (tuttavia, è in corso la valutazione di una riforma in materia civile, che comporterebbe l’inserimento di un articolo dedicato al mutamento delle circostanze, che avvicinerebbe molto i due ordinamenti). Dunque, in Spagna manca una regola positiva a carattere generale che garantisca, a differenza dell’ordinamento italiano, un minimo di certezza e prevedibilità sull’argomento delle sopravvenienze contrattuali: il problema di questo sistema è, infatti, che gli operatori giuridici spagnoli non possono, contrariamente a quelli italiani, valutare a priori l’applicazione della materia giuridica al caso specifico. Inoltre, le decisioni del Tribunal

Supremo sono state in alcune occasioni contraddittorie ed hanno creato

insicurezza attorno alla regolamentazione del fenomeno, poiché spesso veniva applicato un criterio che successivamente poteva essere disatteso in casi analoghi. In connessione con quanto appena detto, le soluzioni avanzate dalla giurisprudenza romana, circa gli effetti occasionati dalle sopravvenienze sull’assetto degli interessi sostanziali delle parti contraenti, non hanno portato né alla costruzione di teorie generali né ad elaborazioni dogmatiche rigide. Perciò può essere affermato che sia l’ordinamento spagnolo che quello romano non hanno compiuto una disciplina unitaria ed organica della materia, a differenza di quello italiano, che, pur in un quadro tracciato talvolta lacunoso, contiene norme giuridiche positive di riferimento per la materia.

Il terzo aspetto cruciale della questione è l’utilizzo del principio di bona

fides che nelle esperienze giuridiche analizzate svolge la medesima

di garantire il mantenimento del sinallagma tra le obbligazioni delle parti di fronte al manifestarsi di accadimenti sopravvenuti alla conclusione del contratto. Attraverso l’applicazione della buona fede, accompagnata dal principio di equità, è possibile modificare le condizioni contrattuali iniziali, diventate troppo onerose per una delle due parti, oppure risolvere il rapporto.

La quarta circostanza che ha sollecitato la presente opera di raffronto consiste nello studio dei requisiti in presenza dei quali l’evento sopravvenuto è in grado di determinare la revisione o la risoluzione del contratto. Le fonti di diritto romano parlano di eventi di vis cui resisti non

potest o di modificazione straordinaria del sinallagma. Per la

giurisprudenza spagnola l’accadimento deve essere straordinario, imprevedibile e manifestarsi durante l’esecuzione del contratto. Di stesso avviso è il legislatore italiano che sostiene che, ai fini dell’applicazione dell’istituto dell’eccessiva onerosità, sia necessario che l’avvenimento risulti imprevedibile e straordinario. In tutti questi ordinamenti giuridici si afferma il principio per cui la circostanza debba essere non prevedibile al momento dell’atto di firma del contratto e straordinaria, nel senso che utilizzando la diligenza di uomo medio l’evento non poteva essere evitato. L’ultimo punto da segnalare è il ruolo ricoperto dall’autonomia privata. Nel diritto romano era concesso alle parti di regolamentare convenzionalmente gli effetti occasionati da una circostanza di vis maior o di casus fortuitus, in alternativa alla legge ed alle consuetudini del luogo dove veniva stipuluato il contratto. Nel diritto spagnolo la modificazione del contratto per un’alterazione delle circostanze genetiche è possibile che sia realizzata dall’autonomia privata a patto che non siano violate norme imperative. In Italia, in assenza di un chiaro quadro normativo, si è sviluppata la tendenza alla creazione di rimedi convenzionali, come, ad esempio, quelli utilizzati dai contraenti che proteggono i propri interessi attraverso clausole idonee

allo scopo: tali sono le clausole di completamento successivo di contenuti non determinati al momento del contratto, le clausole di indicizzazione dei debiti di denaro, le clausole che introducono uno ius variandi del rapporto e le clausole di rinegoziazione che hanno lo scopo di obbligare le parti a raggiungere un nuovo accordo in caso di sopravvenienza.

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