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LO IUS TACENDI COME OPZIONE DIFENSIVA NEL QUADRO DELLA GARANZIA DI CUI ALL’ARTICOLO 24, COMMA

COSTITUZIONE E NUOVA DISCIPLINA DEL DIRITTO AL SILENZIO:

3.1. LO IUS TACENDI COME OPZIONE DIFENSIVA NEL QUADRO DELLA GARANZIA DI CUI ALL’ARTICOLO 24, COMMA

COSTITUZIONE (DIRITTO AL SILENZIO E LA LIBERTÁ MORALE DELL’IMPUTATO):

In un contesto processuale segnato dalla dialettica fra individuo e autorità, soprattutto rispetto a situazioni di soggezione e, talvolta, di “libertà menomata”92, il diritto di difesa, enunciato dall’articolo 24 comma 2 della Costituzione secondo cui esso «[…] è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento» si ricollega, non solo testualmente ma anche idealmente, alla garanzia dei diritti

92 D. Pulitanò, Nemo tenetur se detegere :quali profili di diritto sostanziale?,

in AA. VV., Studi in ricordo di Giandomenico Pisapia, vol. I, Giuffrè, Milano, 2000, p. 438

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inviolabili dell’uomo, di cui all’articolo 2 Cost. Si tratta di quel novero di diritti soggettivi caratterizzati dall’essere universali (in quanto spettanti a tutti gli esseri umani o a una classe universale di soggetti), indisponibili e inviolabili. In conseguenza della loro indisponibilità tali diritti rappresentano un limite non solo ai pubblici poteri ma anche all’autonomia dei loro titolari. Si tratta di un limite che attiene solo alla titolarità del diritto e non anche alle modalità di esercizio: il soggetto titolare può infatti decidere di non avvalersi, in determinate circostanze, delle facoltà che discendono dal diritto fondamentale senza con ciò rinunciare al diritto stesso. Unica eccezione in questo caso risulta essere il profilo della difesa tecnica e del suo esercizio in negativo (ovvero la possibilità di rinuncia alla stessa da parte dell’imputato), nodo problematico che, sottoposto alla delibazione della Corte costituzionale93 (imposto all’attenzione del dibattito al culmine della stagione terroristica allorché alcuni imputati palesarono il loro rifiuto del difensore d’ufficio), è stato risolto riaffermando l’indisponibilità, per l’imputato del diritto all’assistenza tecnica. E questo in quanto, come affermato dalla Corte, «alla specifica capacità professionale del pubblico ministero fosse e sia ragionevole contrapporre quella di un soggetto di pari qualificazione che affianchi ed assista l’imputato» e quindi «quali che ne siano le concrete modalità di esercizio, il diritto di difesa nel processo penale, risulta, infatti, preordinato a tutelare beni e valori fondamentali dell’uomo, dei quali

93 Sent. Corte costituzionale n.125, 3 ottobre 1979

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in quel procedimento si discute e si decide, nonché a maggiormente garantire, anche nell’interesse dell’imputato, l’osservanza di principi dell’ordinamento costituzionale, che attengono specificamente alla disciplina del processo penale medesimo»94. Inoltre essa sarebbe «[…] preordinata alla completezza del contraddittorio processuale, nell’interesse dell’imputato stesso ed in modi che, pur non definiti da norme processuali vincolanti, non possono non tenere conto delle scelte defensionali del vero titolare del diritto di difesa, appunto l’imputato»95.

Le varie situazioni soggettive garantite dal diritto di difesa, inserite nel quadro delle cosiddette libertà fondamentali, possono incontrare dei limiti per la necessità di contemperarsi con altri valori costituzionalmente rilevanti e la stessa Corte Costituzionale ha riconosciuto che al diritto di difesa dell’imputato “come ad altre situazioni costituzionalmente garantite, non può attribuirsi un valore assoluto, tale da non consentire adattamenti o anche restrizioni da parte del legislatore ordinario, qualora si appalesino giustificati da altre norme o da principi fondamentali desunti dal sistema costituzionale”96. La dottrina ha poi specificato che eventuali temperamenti previsti dalla legge all’esercizio del diritto di difesa, da un lato, devono trovare fondamento in altrettanti principi costituzionali e dall’altro, devono

94 Sent. Corte costituzionale n.125, 3 ottobre 1979. 95 Sent. Corte costituzionale,n.188, 16 dicembre 1980.

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essere in qualche modo strumentali rispetto ai fini per cui è riconosciuto il diritto stesso. 97

La particolare concisione ed astrattezza della formula normativa impiegata nella disposizione costituzionale dell’art. 24 comma 2 Cost. che ha omesso di indicare il quantum di tutela difensiva riconosciuto, ha portato la giurisprudenza ad elaborare il criterio del c. d. “adattamento”o del “polimorfismo” del diritto di difesa in base al quale esso avrebbe dovuto adattarsi alla struttura e alla funzione dei singoli riti98, e quindi “le modalità assunte dal diritto di difesa per effetto delle strutture processuali” concrete venivano di volta in volta considerate conformi ad uno standard minimo di tutela, con l’unico limite che del diritto stesso non venissero pregiudicati “lo scopo e la funzione”99.

In ambito penale l’art. 24 comma 2 Cost. assicura all’imputato la più ampia possibilità di operare nel processo ai fini della suddetta tutela e quindi attribuisce rilievo all’autodifesa dell’imputato(che insieme alla difesa tecnica esaurisce i tradizionali profili di esplicazione del diritto di difesa)100 consistente nel “complesso di attività mediante le quali l’imputato è posto in grado di influire sullo sviluppo dialettico del processo e di contribuire, così, attivamente, ad una più sicura ricerca

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V. Patanè, Il diritto al silenzio dell’imputato, G. Giappichelli Editore, Torino, 2006, p. 83.

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V. Patanè, Op. cit., p. 83.

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Corte Cost., 2 aprile 1970, in Giur. Cost., 1970, p. 590.

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della verità”101. Ciò si traduce, esaminando il diritto sul versante specularmente opposto, in una sua rilevanza “in negativo”, come limite nei confronti della potestà punitiva alla possibilità di imporre obblighi di collaborazione all’imputato in funzione dell’accertamento della verità102. In tale prospettiva, gli “eventuali inconvenienti che dovessero derivarne (….) sul piano dello svolgimento dell’attività investigativa non potrebbero reputarsi, al confronto, di “eccessiva gravità”103 risultando, peraltro, in larga parte compensati dalla garanzia di una maggiore correttezza nell’impostazione delle indagini e quindi, in definitiva, dell’intero procedimento.

È, tuttavia, necessario sottolineare il fatto che l’esercizio dello ius

tacendi che trova il suo aggancio costituzionale nella garanzia del

diritto di difesa sancito dall’art. 24 comma 2 Cost., ricavi un fondamento logico- giustificativo, e quindi un limite intrinseco alla sua esplicazione, nell’esigenza di evitare all’imputato il rischio di auto incriminarsi, e vada pertanto esclusivamente riferito a fatti concernenti la sua personale responsabilità. Questo in quanto l’esercizio di tale diritto in mancanza di un interesse difensivo attuale correlabile all’oggetto delle dichiarazioni non risulterebbe più funzionale alla tutela dell’istanza che ne legittima il riconoscimento e, non avendo più alcuna giustificazione teorica, si risolverebbe in un immotivato

101Corte Cost., 29 aprile1975, n. 99, in Giur. cost., 1975, p. 845. 102

V. Patanè, Cit.; p. 84

103 V. Grevi, “Nemo tenetur se detegere”. Interrogatorio dell’impuatato e

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ostacolo all’accertamento giudiziale dei fatti di reato e delle relative responsabilità. 104

La rilevanza sostanziale del diritto di autodifesa, nei limiti precisati, si riconnette al rispetto della libertà morale dell’inquisito che, nonostante le cautele del legislatore ed il mancato riconoscimento esplicito, hanno una consacrazione sovraordinata implicita rientrante a pieno titolo fra i diritti inviolabili garantiti dall’art. 2 Cost. come “valore che aleggia in tutta la normativa costituzionale sulle libertà”, che rappresenta il presupposto “dal quale tutte le altre si dipartono e sono sovrastate”105. La tutela del diritto al silenzio risulta quindi direttamente conseguente alla libertà morale “sia pure ravvisata in un particolare rapporto o in una speciale situazione, quale è quella appunto dell’inquisito o dell’accusato”106 e quindi anche in attuazione del precetto contenuto nell’art. 13 Cost., ai sensi del quale «è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà». “I soggetti tutelati dalla Costituzione sono persone sottoposte alla restrizione della libertà personale: ma i loro interessi presi sotto la protezione costituzionale sono essenzialmente diversi da quello della libertà personale, la cui restrizione viene in considerazione solo come

104V. Patanè, Op.cit.; p. 90-91

105 C. Taormina, voce Narcoanalisi, in Enc. dir., vol. XXVII, Milano, 1977,

p. 496.

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G. Vassalli, “Il diritto alla libertà morale (contributo alla teoria dei diritti

della personalità), in AA. VV., Studi giuridici in memoria di Filippo Vassalli,

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presupposto della protezione”107. Infatti è assai frequente che l’interrogatorio si svolga nei confronti di un soggetto già destinatario di un provvedimento restrittivo (accompagnamento coattivo, arresto, fermo o misura cautelare coercitiva), sul quale ogni indebita pressione, proprio in ragione di questa condizione di “menomata libertà”, potrebbe essere finalizzata a coartare la sua scelta in favore di un contegno collaborativo. 108 A questo riguardo si sottolinea come le strutture normative atte a garantire la libertà di opzione tra silenzio e dichiarazioni non si esauriscano nell’avvertimento circa la facoltà di non rispondere, ma predispongono una serie di regole in ordine alle modalità di svolgimento dell’interrogatorio mutuate dall’esigenza di una partecipazione libera, sia fisica che psichica all’atto. 109 In tale prospettiva, “la difesa deve essere libera nella scelta degli strumenti adatti al suo esercizio”110. Il che apre la strada ad una critica, alla stregua dei precetti costituzionali, degli istituti costituzionali che non garantiscano una piena libertà non solo sull’an, ma anche in ordine al

quando e al quomodo dell’autodifesa111.

Le previsioni codicistiche che rispondono all’ esigenza di una partecipazione libera, dal punto di vista sia fisico che morale all’interrogatorio sono quelle contenute all’art. 64 c.p.p. il cui comma

107 G. Vassalli, Op. cit., 1641. 108 V. Patanè, Op.cit.; p. 101

109V. Patanè; Op.cit., p. 101 110

G. Pansini, “La contumacia nel diritto processuale penale”, Napoli, 1963, p. 49.

111L. Marafioti, “Scelte auto difensive dell’indagato e alternative al silenzio”, G. Giappichelli, Torino, 2000, p. 73.

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1 richiede che «la persona sottoposta alle indagini», anche se in

vinculis, debba intervenire libera all’atto ed al comma 2 che non

possano essere «utilizzati, neppure con il consenso della persona interrogata, metodi o tecniche idonei ad influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti» che viene a delineare un “limite normativo”alle modalità di svolgimento dell’atto, quale esplicazione della più generale previsione in materia di prova di cui all’art. 188 c.p.p.

Malgrado la tutela della libertà di autodeterminazione e della volontà dell’indagato rappresenti obiettivo tutt’altro che secondario per un legislatore processuale moderno, è difficile escludere che nella prassi non si sia sempre proceduto di pari passo con le stentoree enunciazioni di principio.

L’aperta sconfessione di forme di coazione psichica, di solito intesa come divieto di “tecniche” come la “macchina della verità, la narcoanalisi, l’ipnosi, la psicoanalisi”, rischia di coprire una prassi veramente marginale degli abusi ed in alcuni casi neppure quella. “Ad impensierire regolarmente la libertà di autodeterminazione dell’indagato non sono tanto le situazioni –limite, quali quelle suscettibili di inserimento in un catalogo più o meno esteso, quanto, piuttosto, le pressioni meno evidenti che, senza mai sfociare in aperta

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violenza fisica e morale, possono registrarsi quotidianamente nella realtà investigativa”112.

Non sembra infatti che col “nuovo” codice si sia realmente superato il problema dei “sistemi esaminatori che, travalicando i limiti di un’ aggressività… “fisiologica”, possono rivelarsi “tali da giungere a pregiudicare di fatto la possibilità di rendere dichiarazioni veramente libere, coscienti e volontarie”113. Questa conclusione stride con il portato della previsione di cui all’art. 64 comma 2 c.p.p. che per divenire operativo non esige l’annullamento totale della libertà di autodeterminazione ma vieta “metodi o tecniche” che risultino semplicemente idonei ad influirvi. Una previsione piuttosto ampia che sarebbe suscettibile di essere adoperata per le più varie incursioni nella sfera soggettiva dell’indagato. Si deve infatti tener conto che nella prassi l’interrogatorio, soprattutto della fase investigativa, viene ad essere connotato da un’atmosfera di pressione psicologica sia per la sua generale configurazione di strumento ad eruendam veritatem sia per lo stato di soggezione psicologica del soggetto debole ovvero l’interrogato. Vi sono prassi difficilmente distinguibili da quelle devianti vere e proprie, pronte continuamente a sfuggire alle maglie degli enunciati normativi di principio. A ciò si deve aggiungere la difficoltà sul piano operativo dei controlli sia in termini di pratica rilevazione sia di tutela in sede giurisdizionale.

112 L. Marafioti, Op.cit., p. 142.

113 V. Kostoris, Artt. 64-65, in “Commento al nuovo codice di procedura

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Al fine di rispondere a queste preoccupazioni è stato introdotto l’art. 141 bis c.p.p. dall’art. 2 della l. n. 332 del 1995, il quale prevede, anche se con riferimento al solo soggetto in vinculis, l’obbligo di documentare “integralmente, a pena di inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva” qualsiasi interrogatorio che non si svolga in udienza “di persona che si trovi, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione” e questo a “pena di inutilizzabilità”. Si tratta di un intervento legislativo che, nell’intento ammirevole di rafforzare e rendere effettiva la tutela della libertà morale dell’indagato, presenta non pochi limiti. Innanzitutto si rilevano le difficoltà pratiche che l’accesso all’audizione originale e, soprattutto, l’estrazione di copia della registrazione comporta, possibile solo “se richiesta dalle parti” con discutibile esclusione di ogni potere d’ufficio; in secondo luogo, e sotto un profilo ancor più problematico, si evidenzia come le modalità tassative previste dalla disposizione non siano in grado di documentare tutto ciò che accade prima, o comunque a microfoni chiusi o a videocamere spente con la preoccupazione che le eventuali pressioni indebite o “trattative” potrebbero avere luogo prima di quel momento. Tutto questo prova le difficoltà che incontra una protezione effettiva e non “formale”dei beni sottesi alla scelta auto difensiva di rendere o meno dichiarazioni. 114

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3.2. IL NUOVO ART. 111 COST. : IL CONTRADDITTORIO COME