• Non ci sono risultati.

IL NUOVO ART 111 COST : IL CONTRADDITTORIO COME CANONE EPISTEMOLOGICO DEL PROCESSO:

COSTITUZIONE E NUOVA DISCIPLINA DEL DIRITTO AL SILENZIO:

3.2. IL NUOVO ART 111 COST : IL CONTRADDITTORIO COME CANONE EPISTEMOLOGICO DEL PROCESSO:

Palesando non poche incertezze nella ricerca di una soluzione in grado di coniugare le esigenze di funzionalità del sistema processuale con la salvaguardia del diritto di difesa dell’imputato, la sentenza della Corte cost. n. 361 del 1998 non era riuscita ad individuare un equilibrio appagante, sacrificando oltre misura il contraddittorio per la prova. Essa, tuttavia, si ritiene abbia “indubbiamente rappresentato una tappa per una considerazione della materia” del diritto al silenzio, “sostanzialmente anticipando le linee -guida di una riforma che, per l’appunto, sarebbe stata condotta sulla scorta della (freudiana) attrazione della Corte verso una […] omologazione del coimputato (sul fatto altrui) con il testimone”115

Tuttavia, la reazione fortemente critica nei confronti di essa venne mossa da più parti e, frutto di un risentimento accumulato da tempo nei confronti della Consulta accusata di avere demolito, a partire dalle sentenze della svolta inquisitoria del 1992 e con quella del 1998, la garanzia del contraddittorio. La consulta, inoltre, fu accusata di aver smantellato “l’intero impianto codicistico, trasformando una riforma garantista in un vero e proprio strumento inquisitorio e coercitivo nei confronti degli imputati […]” e di avere usurpato la funzione

115 L. Bresciani, L.1.3.2001 (Attuazione dell’art.111 Cost.) Art.6, Leg. Pen.

96

legislativa debordando dalla propria competenza116. In sostanza, “ciò che con buone ragioni e in termini pacati sarebbe stato sacrosanto denunciare all’epoca della svolta inquisitoria, esplode sei anni dopo, con una forza raddoppiata, contro una sentenza che delle precedenti è soltanto un corollario”117.

La parabola regressiva, giunta ormai ad un punto di non ritorno nell’impari dialettica tra legislatore e Corte costituzionale, esigeva la presa d’atto della inanità di ogni sforzo di riforma in senso accusatorio del modello processuale, fatto attraverso leggi ordinarie e della necessità di spostare previamente gli interventi su un diverso livello mediante la ridefinizione del quadro costituzionale di riferimento.118 Autorevoli esponenti della maggioranza come dell’opposizione deplorarono la caduta delle garanzie riaprendo così il dibattito sulla giustizia con la presentazione di ben 12 progetti di legge costituzionale. In breve tempo la riforma costituzionale è stata approvata definitivamente alla Camera nella seduta del 1 novembre 1999 (con un quorum tale da metterla al riparo dalla richiesta di referendum:522 voti a favore su 626 deputati) dando luogo alla l. cost. 23 novembre 1999, n. 2 “Inserimento dei principi del giusto processo nell’articolo 111 della Costituzione”.

116 P. Ferrua, “Il giusto processo penale”, Zanichelli, Bologna, 2005, p. 18. 117 P. Ferrua, “Il giusto processo penale”, Zanichelli, Bologna, 2005, p. 16. 118 G.Frigo, “Giusto processo e funzione della difesa”,In “Il Giusto processo”

97

A differenza della formulazione generica con cui l’art. 24 comma 2 Cost. tutela la difesa penale, la norma novellata immette un vero e proprio catalogo di regole processuali finalizzate alla difesa, non più quindi petizione di principio (astratta e generica), bensì norma costituzionale ad efficacia diretta. Da qui tutta una serie di critiche da parte della dottrina sia di carattere metodologico, riguardanti la eccessiva specificità dei precetti non adeguati a disposizioni di carattere costituzionale, sia di tipo sostanziale riguardanti la carente innovatività del contenuto delle guarentigie difensive dell’imputato in quanto già assicurata dall’art. 24 comma 2 Cost. e dalla diretta applicazione dell’art. 6 C. e. d. u. assicurato dal preambolo dell’art. 2 della legge delega del Codice. Tuttavia, la spiegazione di un’operazione d’ingegneria legislativa di questo tipo deve essere ricercata nell’esigenza di rafforzare e proteggere le garanzie difensive dagli abusi interpretativi della Corte costituzionale e del legislatore ordinario che, come abbiamo visto, avevano privato di significato l’originaria impostazione del codice di rito del 1988.

Aspetto di centrale importanza di tutta la riforma costituzionale viene ad essere la garanzia del contraddittorio nei suoi vari e possibili significati : l’art. 111 Cost. novellato annovera, infatti, il contraddittorio tra i requisiti fondamentali del processo “giusto”(art. 111 comma 2), vale a dire di quel processo che si traduce nella piena attuazione della giurisdizione (art. 111 comma 1 Cost.) . Al comma 3

98

dell’art. 111 si prevede poi che «[…] la persona accusata di un reato […] abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di interrogare o di far interrogare le persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa […]». Ed infine al comma 4 che «Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore».

A questo punto occorre soffermarci nuovamente sulla posizione dell’imputato, nell’ipotesi in cui questi ad una scelta iniziale di rendere dichiarazioni accusatorie erga alios, faccia corrispondere nelle fasi successive del procedimento il diritto di tacere. La successiva opposizione del silenzio agisce da fattore di crisi, compromettendo le tecniche dell’oralità, del contraddittorio e dell’immediatezza e riverberandosi, a sua volta, sul diritto di difesa dell’imputato 119, raggiunto dalle precedenti dichiarazioni accusatorie.

Evidenziati a questo punto i termini dell’antitesi “diritto di difendersi provando e diritto di difendersi tacendo”, occorre chiarire la portata e i limiti del diritto al contraddittorio, nella veste assunta, dopo la modifica dell’art. 111 Cost. operata con legge cost. 23 novembre 1999,

99

n. 2 che ha conferito sicuramente una maggiore pregnanza e determinatezza all’enunciato contenuto nell’art. 24 comma 2 Cost. 120 L’importanza della riforma del “giusto processo”sta proprio nell’aver superato l’idea del contraddittorio come semplice diritto individuale – quale emergente ancora dall’art. 24 comma 2 Cost. e come peraltro ribadito dal comma 3 dell’art. 111 Cost., e nell’averlo elevato a regola epistemica che connota l’essenza della stessa giurisdizione121. Il significato della disposizione dell’art. 111 comma 4 Cost. secondo cui «il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova» è anche espressione del diritto di difesa ma non può essere riduttivamente circoscritto a questa funzione:esso è altresì un metodo ed anzi “il miglior metodo di ricostruzione dei fatti, pur nella fallibilità di ogni criterio”122, da cui deriva come corollario il divieto di attribuire valore probatorio alle dichiarazioni unilateralmente raccolte.

Dopo la novella dell’art. 111 Cost. si è affermato il contraddittorio come principio bifronte, le cui “due anime” costituite dalla sua dimensione oggettiva (metodo) e soggettiva (garanzia), appaiono complementari e questo in quanto la formulazione “oggettiva” della garanzia non esclude, ma assorbe quella “soggettiva”, in quanto ciò che oggettivamente è un connotato del processo diventa, di per sé,

120V. Patanè, Op.cit., p. 111

121 V. Patanè, Op. cit. p. 115

122

P. Ferrua, “Il giusto processo tra modelli, regole e principi” in Dir. pen.

100

anche un diritto dell’imputato, mentre non è valido, di regola, l’inverso123.

La disposizione contenuta nella prima parte del comma 4 dell’art. 111 Cost. è talmente perentoria che non avrebbe ammesso sovvertimenti, ciononostante il Costituente ha fatto seguire il primo enunciato, inequivocabile nella sua incisiva volontà, da una seconda disposizione che rischia di offuscarne e tradirne il significato affermando che «la colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore». Così formulata, la norma sembrerebbe riconoscere un’intangibile facoltà di sottrarsi sempre al contraddittorio sull’oggetto delle precedenti dichiarazioni, ancorché riferito al fatto altrui, quasi considerando “fisiologico” l’esercizio dello ius tacendi anche oltre i confini segnati dall’esigenza di tutela del nemo tenetur se detegere. 124 I riformatori, convinti di rafforzare la regola del contraddittorio, hanno inserito nel medesimo comma una proposizione che, formulata come criterio di valutazione, non solo avrebbe fornito uno strumento per tentare di relativizzarla ma addirittura l’ avrebbe indebolita proprio nel caso della sottrazione per libera scelta al controesame.

123 C. Conti, “Le due “anime” del contraddittorio nell’art. 111 Cost., in Dir.

pen. proc., 2000, p. 198 (ed accolta da Corte cost. 25 ottobre 2000 n. 440, in Giur. cost., 2000, p. 3302)

101

Infatti, soltanto circoscrivendo al massimo la portata esplicativa dello

ius tacendi, la scelta del silenzio può essere ricondotta ad un’eccezione

ricollegabile esclusivamente all’esigenza di evitare che il dichiarante possa essere costretto ad edere contra se.

L’ambiguità del dato normativo si ricollega all’incertezza interpretativa della locuzione «per libera scelta» che sembrerebbe rimettere ad una arbitraria opzione del dichiarante la sorte processuale delle dichiarazioni accusatorie da lui rese in precedenza.

Non resta allora che ipotizzare un’interpretazione del testo costituzionale in parte qua idonea a superare una ricostruzione ermeneutica quale quella appena prospettata e rafforzativa del principio consacrato dalla prima parte dell’art. 111 comma 4 Cost.. Innanzitutto l’uso della locuzione “per libera scelta” ha il solo scopo di precludere che possa sancirsi l’inutilizzabilità di dichiarazioni rese da chi si sia poi sottratto dall’interrogatorio perché minacciato, concetto ribadito in forma esplicita dal comma 5 dell’art. 111 Cost. che include tra le deroghe al contraddittorio il caso di provata condotta illecita. Questo significa che finché si verifichi tale “libera scelta” non scatta la regole di esclusione (del contraddittorio).

In conclusione la regola contemplata dall’art. 111 comma 4 Cost. non si presta quindi a fornire una sorta di “copertura” di rango costituzionale per le condotte processuali che essa stessa presuppone,

102

limitandosi solo a disciplinarne le conseguenze sul versante probatorio.125 Essa opera infatti anche in caso di “abuso del silenzio” ossia per il teste reticente.

In questo modo, in linea di perfetta coerenza con quanto stabilito nella prima parte del comma 4 dell’art. 111 Cost., si estrometterebbero dal quadro decisorio del giudicante tutte le dichiarazioni non conformi alle garanzie metodologiche di assunzione della prova al fine di garantire “l’impermeabilità del processo, quanto alla formazione della prova, rispetto al materiale raccolto in assenza della dialettica tra le parti”.126 Se il comma 4 dell’art. 111 Cost. esplicita ciò che la Costituzione impone, ossia il metodo del contraddittorio nella formazione della prova, il quinto comma enuclea ciò che la Costituzione tollera,ossia le possibili deroghe al contraddittorio127, affermando che «la legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita».

Il legislatore è tenuto a dettare una qualche disciplina per ognuna delle tre fattispecie contemplate dalla Costituzione, ma all’interno di queste gode della più ampia discrezionalità nell’individuare presupposti e modalità delle deroghe al contraddittorio col vincolo, tuttavia, di non estenderle oltre l’ambito testuale,dato il loro carattere eccezionale.

125 V. Patanè, Op.cit. pag 121.

126 Corte cost., 14 febbraio 2002 n.36, in Giur. Cost., 2002, p. 320 127 V.Patanè,Op.cit.,p.125

103

La prima deroga riguarda il “consenso dell’imputato” cosicché il dato probatorio estraneo al contraddittorio può recuperare indirettamente una valenza probatoria solo attraverso il consenso,consapevole, proveniente dagli stessi soggetti che ne sarebbero stati i protagonisti e che ne avrebbero subito gli effetti permettendo così di superare la presunzione di minor affidabilità che lo circonda.128

La seconda deroga è legata ad una condizione di “accertata impossibilità di natura oggettiva” che quindi richiede una causa indipendente dalla volontà delle parti, e la cui ratio dell’eccezione dipenderebbe dalla situazione di irripetibilità.

Infine come ultima deroga alla formazione dialettica si prevede la situazione di “provata condotta illecita” la quale si fa ragionevolmente dipendere da un’illiceità non interna alla prova, bensì esterna, e relativa a soggetti la cui deposizione o il cui rifiuto di rispondere nel contraddittorio siano condizionati da pressioni esterne compromettendone la libertà di autodeterminazione tale per cui la fonte dichiarativa sia “divenuto inabile a deporre, metaforicamente morto ai fini della prova”129.

L’intervento sulla Costituzione ha segnato un armistizio nella lunga guerra intorno all’uso della giustizia penale che ha caratterizzato la storia politica italiana degli anni Novanta, consumata all’ombra del

128 V.Patanè,Op.cit., p.127

129

104

Codice di procedura del 1988. 130 Questa volta la forza della Costituzione sembra mettere al riparo da ulteriori troppo forti sommovimenti e garantire la stabilità propizia per il lavoro di ricostruzione di un ordine processuale già tante volte turbato.131

Proprio l’esigenza di garantire l’effettività del contraddittorio, consacrato adesso in maniera inequivocabile nell’art.111 Cost., aveva evidenziato l’urgenza di intervenire su una serie di punti nevralgici dell’allora vigente assetto codicistico, primo fra tutti proprio la disciplina del diritto al silenzio, reclamando, alla luce del mutato assetto costituzionale, l’individuazione di precisi limiti, normativamente prefissati, alla possibilità per il dichiarante erga alios di sottrarsi all’ “interrogatorio” del chiamato in causa.132

130 G.Alessi,”Il processo italiano”,Editori Laterza, 2009,Roma-Bari,p.201 131 N.Rossi, “Giusto processo e ruolo della magistratura”, in “Il Giusto

processo”, a cura di R.Kostoris,cit.,p.408.

105

3.3. LA LEGGE N.63/ 2001: LE “RICADUTE” DELLA RIFORMA