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L’affidamento bigenitoriale e la collocazione della prole minorenne

L’affidamento, nella duplice figura alternativa delineata dalla Riforma del 2006, anzitutto costituisce decisione giudiziale che si inserisce nella ricostruzione di una complessa vicenda conflittuale di famiglie in crisi. Costituisce, poi, motivo di forte sofferenza e di profondo disagio per i figli, bisognosi, prima ancora di tante comodità e di benessere, assai più di un ambiente di solidarietà e disponibilità interna, di un clima sereno e stabile. E qui giova ricordare che, tanto durante la vita della famiglia unita, quanto, e molto di più, nelle crisi del nucleo parentale, i minori non possono essere in alcun modo l’oggetto di pretese e di diritti in capo ai genitori; i figli, piuttosto, sono e devono ritenersi titolari del fondamentale diritto all’assistenza e all’educazione ad opera di entrambe le figure genitoriali, cui l’art. 147 c. c. impone l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole. L’affidamento, proprio in virtù del suo inserimento all’interno di difficoltose vicende parentali, costituisce un arduo e delicato problema che il giudice affronta e cerca di risolvere facendo leva sulla sua sensibilità e specifica

32 G.MORANI, L’affidamento della prole nelle crisi famigliari: l’attuale disciplina normativa, cit., p. 362.

54 competenza, alla luce di un ampio contesto di circostanze fattuali e di elementi spesso confusi e frammentati, se non contraddittori, prospettati dalle parti.33

L’affido condiviso comporta che ciascun genitore sia tenuto ad operare direttamente per la cura del figlio, dividendo e, necessariamente, coordinando con l’altro le relative responsabilità sulla base di un progetto educativo e di un mansionario che definisce i rispettivi compiti in una condizione tendenzialmente paritaria;34 tale forma di affidamento è parsa ai redattori del testo di Riforma la più idonea al consolidamento di una relazione genitoriale affettiva ed educativa stabile. Tuttavia, è necessario sottolineare che, all’interno della Novella, è assente una compiuta e chiara definizione di che cosa il legislatore intenda per affidamento “ad entrambi i genitori”. A tale mancanza è data all’interprete la possibilità di ovviare procedendo alla lettura degli enunciati, in cui la normativa espone le modalità, attraverso le quali tale forma di affido dovrebbe essere disposta. Una prima indicazione del contenuto e del significato da attribuire all’espressione “affidamento ad entrambi i genitori” può essere ravvisata nello stabilire quale sarà la reale collocazione dei figli al termine della convivenza fra i genitori. Alla luce del principio di flessibilità che deve caratterizzare l’intervento del giudice, il provvedimento di affidamento della prole dovrebbe costituire una sorta di statuto, di programma riguardante i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore ed indicare, inoltre, le responsabilità assunte da questi ultimi, con riferimento ai compiti di cura del minore.35

Per quanto riguarda l’interpretazione dell’espressione contenuta nel comma 2 dell’art.

155 c. c., secondo cui il Giudice determina “i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore” è utile citare alcune considerazioni emerse durante i lavori preparatorii, nel corso dei quali è stato sostenuto che: “il testo in esame non tende ad una ripartizione analitica dei tempi di convivenza del minore con i genitori: nel testo unificato, affidamento ad entrambi i genitori non significa cinquanta per cento del

33 G.MORANI, L’affidamento della prole nelle crisi famigliari: l’attuale disciplina normativa, cit., p. 363.

34 M.SESTA, Le nuove norme sull’affidamento condiviso: a) profili sostanziali, in Fam. e dir., 2006, p.

381.

35 Dall’altra parte, il Regolamento (CE) 27 novembre 2003 , n. 2201/2003 (“Regolamento del Consiglio relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale”), pubblicato dalla G.U.U.E. 23 dicembre 2003, n. L 338, all’art. 2, punto 10, definisce il “diritto di affidamento” come l’insieme dei diritti e dei doveri concernenti la “cura della persona di un minore”. Identica definizione del “diritto di affidamento” è contenuta anche nell’art.

5 della Convenzione de l’Aja del 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, ratificata in Italia con Legge 15 gennaio 1994, n. 64, mentre, all’art. 13, è previsto che il diritto di affidamento debba manifestarsi in una effettiva e concreta cura della persona del minore.

55 tempo del figlio con ciascun genitore, né cinquanta per cento delle competenze, né ping pong fra due case, ma conservazione di effettiva responsabilità genitoriale per entrambi i genitori, con modalità di esercizio della potestà da stabilire caso per caso. Si può anche avere una divisione temporale, se occorre, simile ad un affidamento esclusivo, ma senza rigidità e senza le umilianti discriminazioni che il regime attuale, purtroppo, prevede … Si può anche avere una collocazione ripartita secondo standard sostanzialmente attuali, quindi, anche con prevalenza presso l’abitazione di uno dei due genitori, ma senza la discriminazione che oggi comporta l’affidamento esclusivo”.36 Il disfavore del legislatore nei confronti della previgente disciplina è evidente, analizzando il passo appena richiamato è possibile rilevare la volontà dei redattori di rimediare all’inadeguatezza del sistema precedente formulando un impianto disciplinare che consenta di allontanarsi in modo definitivo dalle differenziazioni capaci di indebolire le funzioni genitoriali. Allo stesso tempo, viene sottolineato che “ciò che conta non è la presenza concreta del figlio presso i genitori, ma la relazione fisica ed affettiva, nonché la cura da parte di entrambe le figure parentali. La permanenza del figlio presso il luogo in cui ciascun genitore risiede è senz’altro un dato importante, ma più importante è la condivisione della cura materiale e immateriale che si presta al figlio, proprio perché la maternità e la paternità costituiscono una scelta: dunque la responsabilità conta più della presenza”.37

È importante sottolineare che ben raramente l’affidamento condiviso potrà comportare la collocazione della prole presso entrambi le figure parentali; salvo ipotesi particolarissime, in altri termini, l’affidamento bigenitoriale non dovrà ricalcare lo schema del vecchio affidamento alternato, che, proprio per la sua improbabile rispondenza al concreto interesse della prole, principio cardine attorno al quale ruota l’intera disciplina relativa all’affidamento, tante critiche aveva sollevato in dottrina, e ben scarsa applicazione aveva trovato in giurisprudenza.38 Non può escludersi che in qualche rara circostanza anche la materiale collocazione presso entrambi i genitori sia davvero rispondente all’interesse dei figli, e dunque possa e debba essere disposta dal giudice; ma tali ipotesi paiono rare ed eccezionali. Tale concreta eccezionalità, unita al silenzio legislativo in merito alla materiale sistemazione della prole minorenne, induce

36 Così, l’On PANIZ, in Atti parlamentari, Camera dei deputati, Resoconto Sommario e Stenografico, seduta n. 600, 10 marzo 2005, pp. 2 e 4.

37 Così, l’On MAGNOLFI, nel corso della seduta della Camera dei deputati del 7 luglio 2005, in Atti parlamentari, Camera dei deputati, Resoconto Sommario e Stenografico, seduta n. 652, p. 18.

38 Per alcuni singolari casi di affidamento alternato o di collocazione alternata, si veda: Trib. Piacenza, 4 febbraio1986, in Dir. fam., 1986, p. 183; Trib. Roma, 12 maggio 1987, in Giur. merito, 1988, p. 9.

56 ad affermare che solo straordinariamente la sistemazione presso ambedue i genitori potrà essere disposta, e che l’obbligo per il giudice di motivare la propria decisione sorgerà proprio nel momento in cui si provvederà al collocamento della prole presso entrambe le figure genitoriali.39

La legge assegna, dunque, all’Autorità giudiziale il delicato compito di concretizzare la

“spartizione” delle mansioni parentali, e, quindi, di determinare in concreto tempi e modalità della presenza del figlio presso la residenza del padre e della madre, oltre al modo in cui questi ultimi devono contribuire al mantenimento, alla cura, all’educazione e all’istruzione della prole. Lo specifico provvedimento sarà condizionato dalle tante variabili che ciascuna fattispecie presenta. Si pensi, per esempio, agli impegni lavorativi dell’uno e dell’altro genitore, alla vicinanza o lontananza delle rispettive abitazioni, alla loro personalità, agli hobbies, etc. In tale contesto, un rilievo indubbiamente riveste l’autonomia delle parti e la capacità di entrambi i genitori di presentare e perseguire un progetto educativo condiviso. L’art 155 c. c., nel predisporre che il giudice prenda atto, se non contrarii all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti fra i componenti della coppia disgregata, evidenzia l’importanza della presenza di un rapporto collaborativo fra i genitori, elemento necessario alla crescita armonica del minore e al perseguimento delle finalità che l’istituto dell’affidamento condiviso si propone di raggiungere. Nel momento in cui i genitori esprimano posizioni confliggenti, non potendo solo per tale ragione disporre l’affidamento monogenitoriale, il giudice dovrà necessariamente articolare il provvedimento in maniera dettagliata, assegnando le rispettive sfere di competenza e inibendo all’uno e all’altro di ingerirvisi, sempre fatte salve le decisioni di maggiore importanza.40

Ai fini della presente trattazione, occorre definire quali siano le conseguenze giudiziali per quei genitori che, pur partecipando ad un progetto educativo condiviso, non abitano più con i loro figli. Riguardo ai tempi e ai modi di presenza della prole presso il genitore che con essa non convive, è possibile rifiutare la vecchia definizione di “diritto di visita”: nonostante fosse pacifico, per tutti quelli che ne facevano uso, che essa aveva valore di indicazione sintetica, era certamente imprecisa e fortemente riduttiva. Nel riconoscere e tutelare il diritto suddetto, il tribunale non avrebbe tanto tenuto conto degli interessi del genitore, ma avrebbe dovuto dare soprattutto rilievo, ancora una

39 G.F.BASINI, I provvedimenti riguardanti i figli nella crisi della famiglia, cit., pp. 1032- 1033.

40M.SESTA, Le nuove norme sull’affidamento condiviso: a) profili sostanziali, cit., pp. 381- 382.

57 volta, al preminente interesse morale e materiale del figlio minore. Al giudice veniva riconosciuta un’ampia discrezionalità che doveva utilizzare per dettare modalità e limiti di esercizio del “diritto” in parola, tenendo presente essenzialmente l’interesse del figlio. Nella maggior parte dei casi, il tribunale non si limitava a concedere al non affidatario soltanto il “diritto” di incontrare il figlio, vale a dire di fargli visita, ma gli riconosceva anche il diritto (e dovere) di tenerlo presso di sé per determinati periodi.

Era già diffusa, infatti, la convinzione per cui trascorrere periodi di convivenza anche con il genitore non affidatario rappresentasse il miglior modo, affinché il minore potesse conservare quel corretto e compiuto rapporto con entrambi i genitori, che, solitamente, corrispondeva (e corrisponde) all’interesse del figlio stesso. Ciononostante è importante evidenziare che il diritto/dovere di incontrare la prole, nella precedente normativa, aveva inoltre lo scopo di permettere la vigilanza da parte del non convivente sull’operato del genitore, presso il quale i figli erano collocati. In passato, il genitore non affidatario aveva espressamente il diritto ed il dovere di sorvegliare i modi attraverso i quali l’altro genitore provvedeva all’educazione e all’istruzione dei figli, e poteva ricorrere al tribunale contro decisioni che riteneva per loro pregiudizievoli.

L’utilizzo della terminologia relativa al “diritto di visita”, all’interno della nuova disciplina, non pare più opportuna, proprio a causa dell’assenza, all’interno di quest’ultima, di regole relative alla reciproca vigilanza messa in atto dai genitori l’uno nei confronti dell’altro. Nella previgente normativa si individuava nel “diritto di visita”

del genitore una funzione piuttosto che un vero diritto soggettivo; la Novella, pur riconoscendo che esiste in tale diritto una forte componente di doverosità e che in caso di contrasto con uno dei due soggetti genitoriali il diritto che dovrà prevalere sarà quello del figlio, riconosce la necessità di una tutela anche dell’interesse del genitore.41 Al centro del nuovo sistema regolamentare, assieme alla imprescindibile protezione dell’interesse del minore, il legislatore ha ribadito l’importanza dello sviluppo di un rapporto genitoriale solido, abbandonando quella visione riduttiva secondo cui il collocamento abitativo del minore coincide necessariamente con la tipologia di affidamento prescritta. La sistemazione materiale del fanciullo, nei suoi tempi e nelle sue modalità, è risultata ininfluente rispetto all’affidamento ad entrambi i genitori, che quindi può essere disposto anche se il figlio ha una collocazione abitativa prevalente

41 G.F.BASINI, I provvedimenti riguardanti i figli nella crisi della famiglia, cit., p. 1036 ss.

58 presso uno solo di essi.42 Il diritto del minore alla doppia genitorialità viene garantito attraverso la disponibilità, da parte di entrambi i genitori, a portare avanti un concordato progetto di crescita ed educazione del minore, nell’attuazione del quale i due conservano uguali e concorrenti (condivisi, per l’appunto) poteri, che al giudice compete spartire e coordinare.43

L’irrilevanza della collocazione abitativa del minore ai fini dell’affido condiviso emerge, inoltre, prendendo in considerazione l’art. 155 quater c. c. (Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza), che ancora prevede una assegnazione della casa familiare “tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”. È evidente che, affinché l’affidamento ad entrambi i genitori possa realizzarsi, non è necessario che i tempi di permanenza del figlio presso ciascuno di essi siano uguali e quindi non è necessaria la vicinanza delle abitazioni dei due genitori dopo la separazione. Giova rammentare l’esistenza di pronunce giudiziali, nelle quali il mutamento di residenza dei genitori, anche nel caso in cui abbia comportato modificazioni nei provvedimenti inerenti la definizione del tempo e delle modalità di collocazione della prole, non sia stato di per sé indicato come controindicazione alla praticabilità dell’affidamento condiviso.44 L’affido bigenitoriale presuppone la ripartizione di compiti e di responsabilità nella gestione del figlio, tale da realizzare un bilanciamento delle sfere di competenza di ciascuna figura parentale; è necessario che ciascun genitore operi direttamente per la cura del minore e coordini con l’altro le varie fasi del progetto educativo, esplicitando le mansioni che ognuno è disposto a svolgere d’intesa con l’altro e i compiti specifici in una condizione tendenzialmente paritaria.45 Si tratta di un contesto educativo, nel quale la duplice ed eguale permanenza del minore presso le abitazioni di padre e madre risulta irrilevante ai fini dell’attuazione di un progetto formativo altamente solidale.

42 C.B.PUGLIESE, Interesse del minore, potestà dei genitori e poteri del giudice nella nuova disciplina dell’affidamento dei figli (L. 8 febbraio 2006 n. 54), cit., p. 1074.

43 A.ARCERI, Libertà di stabilimento, affidamento condiviso ed affidamento esclusivo: un difficile rapporto a tre, in Fam. e dir., 2007, p. 490.

44 V. Trib. Rimini, 21 ottobre 2006, in Fam. e dir, 2007, p. 481 ss.

45 V. App. Bologna, 28 dicembre 2006, in Fam. e dir., 2007, p. 483.

59 4. L’esercizio della potestà nell’affidamento condiviso.

Nella normativa vigente nel nostro ordinamento non è rinvenibile una definizione appagante del concetto di potestà genitoriale. Le norme codicistiche, contenute negli artt. 315 e 316 c. c., delineano semplicemente un dovere di rispetto del figlio nei confronti dei genitori, e nel contempo l’attribuzione a questi ultimi di un certo potere nei confronti dei primi, che ha termine con il raggiungimento della maggiore età o dell’emancipazione. Le norme sulla potestà dei genitori, così come storicamente succedutesi, costituiscono paradigma del rapporto diritto- società- persona nel momento genetico della norma. In esse si ravvisa chiaramente il progressivo adeguarsi del diritto positivo al concreto porsi dei rapporti sociali nel microcosmo familiare, e quindi alla tradizione consolidatasi ed evolutasi nel tempo. Nel corso della parabola storica dell’istituto della potestà emerge un parallelo e progressivo stemperarsi dell’autorità e delle prerogative paterne da un lato e della preminenza dell’interesse familiare su quello del figlio dall’altro, con conseguente perdita dei poteri correttivi e repressivi assolutamente discrezionali, un tempo attribuiti alle figure parentali nei confronti dei soggetti deboli. Occorre rilevare che la scomparsa del potere più strettamente repressivo dei genitori non ha determinato la comparsa dell’arbitrio assoluto del figlio nella scelta dei propri indirizzi educativi. Al contrario, le norme relative alla potestà costituiscono ancora un baluardo protezionistico, posto a garanzia dello sviluppo di un individuo ritenuto, per cause anagrafiche, non pienamente in grado di comprendere appieno i risvolti e le conseguenze sociologiche e giuridiche delle proprie scelte.46

Per potestà, deve intendersi l’assunzione di tutte le decisioni in ordine alla vita del minore, nonché lo svolgimento della funzione di indirizzo e di guida, che normalmente i genitori assumono. La potestà, attualmente, è configurabile come una responsabilità di entrambi i genitori e, in quanto tale, deve continuare ad essere esercitata da entrambi anche dopo la separazione. All’esercizio della responsabilità genitoriale sono connesse facoltà di indirizzo e scelta che ciascuno dei genitori deve svolgere, ma ciò non significa che questi ultimi siano titolari di un “potere” che dovrà, nel caso dissoluzione del rapporto di coppia, essere tra loro suddiviso. L’art. 147 c. c., avente valore generale, afferma con chiarezza che i figli devono essere educati tenendo conto delle loro inclinazioni ed aspirazioni, cioè ponendo la prole al centro del rapporto educativo.

46 M.MORELLI, La potestà dei genitori, in Manuale del nuovo diritto di famiglia, a cura di G. Cassano, Piacenza, 2003, p. 1243 ss.

60 Questo aiuta ulteriormente a comprendere come l’esercizio della potestà da parte di entrambi i coniugi non possa essere visto come una contesa.47

Venendo ora all’analisi del testo di Riforma, il novellato art. 155, comma 3, c. c., dispone che la potestà genitoriale sia esercitata di comune accordo da entrambi i genitori. Il concetto enunciato ha senza dubbio un forte significato sul piano della politica del diritto, rappresentando il segno più evidente della discontinuità rispetto al passato.48 Per comprendere la reale portata innovativa di questo fondamentale principio, occorre esaminare la disciplina previgente che determinava, così come evidenziato durante i lavori preparatorii della Novella, una vera e propria “privazione, senza attribuzione di colpa, dell’esercizio della potestà genitoriale” a carico del genitore non affidatario.49 I problemi ai quali ha dato luogo la precedente normativa riguardavano non tanto le modalità di affidamento in sé, congiunto, alternato o esclusivo, quanto piuttosto la contraddizione che sembrava emergere con riferimento alla potestà. “Il coniuge al quale sono affidati i figli”, stabiliva, infatti, l’art. 155, comma 3, c. c. del testo abrogato, “salva diversa disposizione del giudice, ha l’esercizio esclusivo della potestà su di essi”. Forti di questa disposizione, che in pratica sembrava scindere la titolarità dall’esercizio della potestà, si sottolineava, comunemente, da un lato, l’anomala attribuzione al genitore non affidatario di una situazione soggettiva (la potestà) senza che di questa se ne avesse l’esercizio e, dall’altro e conseguentemente, la posizione non paritaria dei genitori.50 Sul punto, vero è che, ai sensi dell’art. 317 c. c.

(norma non abrogata dalla Riforma), “la potestà comune dei genitori non cessa quando, a seguito di separazione, di scioglimento, di annullamento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio i figli vengono affidati ad uno di essi”; ma è altrettanto vero che, in base al combinato disposto del comma 2 della stessa disposizione e dell’abrogato art.

155, comma 3, c. c. (nonché dell’art. 6, comma 4, legge n. 898/1970, per il divorzio), l’esercizio della potestà sui figli spettava “esclusivamente” al genitore affidatario degli stessi.51

È necessario rilevare che, all’interno della previgente regolamentazione, l’insieme delle prerogative e dei doveri posti in capo al soggetto genitoriale, al quale era affidata la

47B.DE FILIPPIS, Affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio, Padova, 2006, p. 100.

48 M.SESTA, Le nuove norme sull’affidamento condiviso: a) profili sostanziali, cit., p. 381.

49 Così, l’On. PANIZ, nel corso della seduta della Camera dei deputati del 10 marzo 2005, in Atti parlamentari, Camera dei deputati, Resoconto Sommario e Stenografico, seduta n. 600, p. 2.

50 F.RUSCELLO, La tutela dei figli nel nuovo affido condiviso, cit., p. 648.

51 C.PADALINO, L’affidamento condiviso dei figli. Commento sistematico delle nuove disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, cit., pp. 42- 43.

61 prole riguardavano l’esercizio per così dire “minuto” della potestà; non a caso e salvo che fosse diversamente stabilito, le decisioni più importanti e di maggiore interesse per i figli erano adottate da entrambi i coniugi ed il genitore presso cui i figli non erano collocati aveva sia il diritto e il dovere di vigilare sull’istruzione e sull’educazione dei figli, sia il potere di ricorrere al giudice qualora avesse reputato che fossero state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse (art. 155, comma 3, c. c.). Sotto altro verso, con riferimento alle relazioni personali, nessuno dubitava che la “bigenitorialità”

dovesse essere valore da salvaguardare e che, nei limiti dell’interesse del minore, dovesse essere garantita anche attraverso una effettiva conservazione di rapporti il più possibile stabili.52

Nonostante l’incontestabile rilevanza degli obiettivi indicati dalla previgente normativa, la volontà di indirizzare l’intero impianto regolamentare alla soddisfazione del supremo interesse del minore, non è risultata sufficiente ad ovviare alle lacune normative presenti all’interno del testo di legge, oggi abrogato. In particolare, riguardo alla differenziazione esistente fra attribuzione della potestà ad entrambi e genitori ed esercizio effettivo di

Nonostante l’incontestabile rilevanza degli obiettivi indicati dalla previgente normativa, la volontà di indirizzare l’intero impianto regolamentare alla soddisfazione del supremo interesse del minore, non è risultata sufficiente ad ovviare alle lacune normative presenti all’interno del testo di legge, oggi abrogato. In particolare, riguardo alla differenziazione esistente fra attribuzione della potestà ad entrambi e genitori ed esercizio effettivo di