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Osservazioni conclusive

Nel corso del capitolo si è tentato di fornire una lettura il più possibile chiara della nuova normativa sull’affidamento condiviso. Giunti al termine dell’analisi delle disposizioni introdotte dal legislatore, pare opportuno svolgere alcune riflessioni sulla

“forza innovativa” della legge n. 54/2006. In primo luogo è possibile affermare che, diversamente dalle intenzioni dei redattori, non si è assistito ad una “rottura”, ad una spiccata discontinuità con la passata regolamentazione, ma, piuttosto, ad un mutamento pur sempre connotato dalla continuità. Se è vero infatti che la prima e prevalente regola consiste ancora nel rispetto, illimitato, dell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, allora anche la “regola” dell’affidamento bigenitoriale dovrà cedere quando contraria a tale interesse, e dovrà trovare applicazione l’eccezione dell’affidamento ad un solo genitore, o, “esclusivo”. Se questo è lo schema, tuttavia, non ci si è poi allontanati così tanto dal sistema previgente. Anche prima, difatti, nessuno negava che, in astratto, l’affidamento bigenitoriale fosse quello preferibile, in quanto, sempre in astratto, meglio rispondente all’interesse morale e materiale della prole. Si può rimarcare, appunto, come l’affidamento ad entrambi i genitori, per lo più, già fosse indicato in giurisprudenza, astrattamente come il miglior modo per perseguire l’interesse morale e materiale della prole.183 Ecco che, in fondo, probabilmente già bastava il solo riferimento all’interesse del minore per giustificare l’affidamento ad entrambi i genitori, in un certo senso, come “regola”. Tuttavia, non bisogna dimenticare come, di fatto, il giudice dovesse sempre essere cauto nel disporre l’affidamento

182 L.GIORGI, “La mediazione familiare”, 7 maggio 2008, in www.notiziariodirittodifamiglia.it.

183 V. Cass., 4 maggio 1991, n. 4936.

111 congiunto, e molto attento nell’accertare che sussistessero tutti i presupposti affinché tale affidamento non si tramutasse, in pratica, in una causa di gravi pregiudizi e continui traumi per i figli, come, facilmente, poteva accadere.184 Disporre l’affidamento congiunto in una situazione di conflittualità fra i genitori, avrebbe significato, con ogni probabilità, rendere le decisioni riguardanti i figli occasioni di quotidiano dissidio tra i genitori medesimi, se non, addirittura, strumenti di pressione di un genitore nei confronti dell’altro. In altri termini, ciò avrebbe rischiato di sostituire il trauma immediato che al minore derivava dall’affidamento ad uno solo dei genitori, con il ben peggiore pregiudizio che gli sarebbe disceso dal trovarsi quotidianamente inserito nel conflitto tra i soggetti parentali, e, ancor più, dal rendersi conto di essere stato egli stesso occasione di quotidiane controversie. Rinunciare a disporre l’affidamento bigenitoriale, in sintesi, non rappresentava certo la soluzione eccellente, ma, in molti casi, era quella meno nociva alla prole.185

Ciò premesso, alla luce di quanto indicato all’interno del testo di Riforma, occorre chiedersi se la previsione dell’affidamento condiviso dei figli nelle situazioni di dissolvimento dell’unione familiare come “regola generale” sia effettivamente in grado di porre un rimedio definitivo ai conflitti fra le coppie in crisi. Al riguardo, merita rilievo il tema dell’attuazione coattiva del provvedimento di affidamento, tema che concerne rapporti intersoggettivi di acuta, tenace conflittualità ed investe la persona stessa del minore, esposto a sobbalzi psicologici negativi e spesso sottoposto a dolorosi traumi.186 Nei fatti, pare impossibile che le disposizioni normative, tradotte in provvedimenti concreti da parte dell’Autorità giudiziale, possano in ogni caso condurre alla responsabilizzazione delle figure genitoriali. Attendersi che, semplicemente perché un magistrato deve decretare oggi prioritariamente l’affidamento condiviso dei figli, indipendentemente da quale genitore li abbia con sé, possa imporre saggezza, prudenza e concordia nell’educarli, è, e dir poco, ingenuo. Restando invariati i sentimenti di antagonismo ed ostilità nella ex coppia, protraendosi l'incapacità dei genitori di amare i figli più di sé stessi, continueranno le difficoltà di sempre, complicate dal fatto che l’affidatario con cui vivono i figli potrà promuovere un profluvio di ricorsi, anche per futili motivi, contro la rispettosità dell’altro, forte delle prerogative che la legge attuale gli riconosce. Ciò detto, è possibile domandarsi quali strumenti avrebbero dovuto

184 G.F.BASINI, I provvedimenti relativi alla prole, cit., p. 718 ss.

185 G.F.BASINI, I provvedimenti riguardanti i figli nella crisi della famiglia, cit., p. 1080 ss.

186 G.MORANI, L’affidamento della prole nelle crisi famigliari: l’attuale disciplina normativa, cit., pp.

364- 365.

112 corredare la nuova regolamentazione; è evidente che in assenza di una effettiva concordia educativa dei genitori, sì da evitare soprattutto di strumentalizzare i figli l’uno contro l’altro, condannandoli ad un pernicioso stato di insicurezza e di conflittualità intrapsichica, l’affidamento condiviso resta impraticabile. Appare dunque indispensabile ridurre i contrasti tra i membri dell’ex coppia fino a consentire loro la possibilità di accordarsi riguardo ai figli. Ciò non avverrà mai ope legis, occorre invariabilmente un vero e proprio processo di persuasione e rieducazione dei genitori quando sono tra loro duellanti e il terreno di scontro sono i figli. Bisognerebbe quindi prevedere, in ogni separazione che coinvolga della prole, incontri di mediazione obbligatori da organizzare nei termini più efficaci. 187

In ogni caso, diventi l’affidamento condiviso la “regola” anche “quantitativamente”, o la rimanga solo nell’impianto di legge, non è possibile sostenere che i precedenti orientamenti in tema di affidamento congiunto e di affidamento esclusivo, e le ragioni per le quali, in concreto, si propendeva per l’uno o per l’altro, siano stati superati e resi obsoleti dalla Riforma del 2006. Questo perché, appunto, l’affidamento ad entrambi i genitori già rappresentava l’ottimo per la prole, e dunque, in fondo era già la regola; ma una regola, purtroppo, di difficile attuazione pratica, e per cause alle quali non è nelle forze del legislatore porre radicali rimedi.188

Insomma, nella nostra avanzata civiltà giuridica, la nuova normativa sull’affido condiviso è assimilabile a tante altre, contraddistinte da una peculiarità: quella di essere fondate sulle buone intenzioni, ma impossibilitate a conseguirne i fini dichiarati, perché prive dei mezzi adeguati per renderle efficaci. 189

187 G.GALUPPI, L’affidamento condiviso, in Dir. Fam., 2008, p. 402.

188G.F.BASINI, I provvedimenti riguardanti i figli nella crisi della famiglia, cit. p. 1083.

189 G.GALUPPI, L’affidamento condiviso, cit., p. 404.

115 CAPITOLO III

LAFFIDAMENTO CONDIVISO: UNA PROSPETTIVA EUROPEA

Premessa.

Allo scopo di fornire al lettore un quadro il più possibile completo dell’argomento trattato nel corso dei capitoli precedenti, risulta fondamentale procedere alla descrizione dei profili normativi internazionali, specificatamente europei, inerenti l’affidamento dei minori nelle situazioni di dissolvimento dell’unione familiare.

Sul piano sociale, in Europa si sono avuti fenomeni di convergenza a largo spettro, che hanno prodotto uno spontaneo avvicinamento di alcune regole giuridiche in materia di famiglia, come l’evoluzione dalla famiglia patriarcale o multi generazionale a quella nucleare, dalla potestà maritale al riconoscimento del principio di eguaglianza dei coniugi, dalla patria potestà all’accentuazione della dimensione dei doveri dei genitori, che si è compiutamente manifestata nell’elaborazione del concetto di responsabilità genitoriale.1

In ambito interno, l’introduzione e il rilevante incremento quantitativo e qualitativo di fonti elaborate in ambiti istituzionali diversi da quello nazionale, dapprima molto lenta, si è sviluppata negli ultimi anni con rapidità crescente e ha indubbiamente contribuito ad accentuare l’inflazione normativa e ad acuire le sollecitazioni cui è sottoposto il corpus tradizionale del diritto di famiglia italiano, costituito dal Codice civile e da alcune leggi extra codicem.2 In questo contesto, nonostante l’indubbia rilevanza attribuita alle disposizioni legislative ordinamentali, risulta necessario evidenziare l’inserimento del nostro regime normativo all’interno di un quadro disciplinare sovranazionale in cui i provvedimenti decisi a livello sovrastatale incidono necessariamente sui contenuti e sulla regolamentazione di istituti che, per lungo tempo, hanno costituito un dominio riservato dei singoli Stati.

Nelle pagine che seguono ci si occuperà primariamente di fornire una descrizione delle fonti di origine extranazionale che hanno inciso sull’applicazione delle norme di diritto interno relative alla famiglia in crisi. Si cercherà di tracciare il percorso normativo che, attraverso l’elaborazione e la firma di numerose Convenzioni internazionali, ha portato

1 S.PATTI, Diritto privato e codificazioni europee, 2ͣ ed., Milano, 2007, p. 231 ss.

2 J.LONG, Il diritto italiano della famiglia alla prova delle fonti internazionali, Milano, 2006, p. 1.

116 alla formazione all’attuale “panorama” comunitario in materia di diritto di famiglia e di protezione dei minori nelle situazioni di dissolvimento dell’aggregato primario.

È importante sottolineare che, attualmente, non esistono norme comunitarie relative alla legge applicabile in materia matrimoniale: gli stessi rapporti familiari, sono vissuti in modo differente da Paese a Paese, a seconda delle singole situazioni, sociali, politiche ed economiche; questo comporta soluzioni diverse, che spesso è difficile armonizzare. Il tema del diritto europeo della famiglia è infatti solo in parte coincidente con il tema del diritto comunitario della famiglia: non si tratta solo di un problema di confini geografici o di livelli di fonti normative. Nella maggior parte dei casi coloro che si occupano della redazione dei documenti normativi che verranno applicati all’interno dei singoli ordinamenti dei paesi dell’Unione, si trovano di fronte il duro compito di accertare se sia possibile e utile delineare regole che, in ambito europeo, governino uniformemente le relazioni e le conseguenze giuridiche dei rapporti nati in seno alla famiglia.3

Dopo aver riservato la parte iniziale del capitolo alla descrizione delle fonti internazionali che disciplinano il diritto di famiglia, la sezione centrale verrà dedicata all’analisi dei contenuti e degli ambiti di applicazione del Regolamento (CE) n.

2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale. La scelta di privilegiare il suddetto strumento normativo approfondendone i contenuti, risulta necessariamente connessa all’importanza rivestita dal medesimo per quanto concerne la validità dei provvedimenti relativi all’affidamento dei minori emessi in sede nazionale anche al dì fuori del territorio di origine della decisione. In questa sede l’obiettivo non sarà quello di proporre una indagine di diritto comparato, confrontando i varii ordinamenti dei singoli Paesi europei; lo scopo primario sarà, al contrario, quello di individuare, nel Regolamento citato, un comune denominatore, al cui interno, pur con delle inevitabili differenze, ravvisare una modalità condivisa per affrontare il tema della crisi familiare, in particolare dell’affido del minore.

Nonostante le difficoltà legate alla creazione di regole armonizzate in una materia come quella familiare, fortemente incisa dalla tradizione e dalla cultura politica e sociale dei singoli Paesi membri, si cercherà di procedere all’individuazione di un disegno in cui

3 G.ALPA,M.ANDENAS, Fondamenti del diritto privato europeo, in Trattato di diritto privato, a cura di G. Iudica e P. Zatti, vol. XXI, Milano, 2005, p. 261.

117 alla persona, e alle sue aggregazioni, si possa assegnare uno status univoco entro i confini dell’Unione, senza differenza di nazionalità e senza frontiere interne.