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La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea

Sebbene nel paragrafo precedente siano già stati introdotti parte dei contenuti normativi della Carta di Nizza, ai fini della presente ricerca pare opportuno riservare alcune pagine ad un esame più approfondito del documento, evidenziando in particolar modo le disposizioni che quest’ultimo riserva agli individui minori di età. La Carta dedica una attenzione particolare ai diritti del bambino (art. 24): “i bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione; questa viene presa in considerazione in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità. In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente. Ogni bambino ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse”.

Dalla lettura delle disposizioni appena enunciate emergono indicazioni di grande rilevanza su molteplici versanti: in primo luogo quello dei diritti del bambino alla protezione e alle cure, diritto che va di pari passo con quello dei genitori ad educarli ed istruirli (art. 14). Quest’ultima norma è stata criticata in quanto riconosce il diritto dei genitori di istruire ed educare i figli conformemente alle proprie convinzioni religiose ed ideologiche, ma non fa cenno ai profili di responsabilità e doverosità che connotano la

29 E.CIANCIOLA, Ontofenomenicità e tutela del soggetto debole in Europa, in Dir. Fam., 2007, pp. 947- 948.

129 potestà.30 È opportuno tuttavia sottolineare che il carattere preminente dell’interesse del figlio, enunciato dall’art. 24, autorizza un’operazione interpretativa che ponga in luce l’elemento funzionale ed i profili di doverosità insiti nei poteri riconosciuti ai genitori, proprio in quanto orientati a perseguire “il preminente interesse del figlio”.

In termini ancora più ampi, la Carta garantisce il diritto del bambino al “benessere”, un termine che non rimanda solo al concetto di salute fisica o psichica, ma ad una concezione più complessiva che abbraccia la sfera sociale, economica e morale e che impone agli Stati non solo obblighi negativi di astensione, ma soprattutto obblighi positivi intesi a promuovere l’interesse del bambino.31

In secondo luogo, si riconosce il diritto dei bambini ad esprimere la propria opinione, opinione che deve essere presa in considerazione in relazione alla loro età e maturità.

Ne risulta una immagine del minore come soggetto dotato di spazi di autodeterminazione che devono essere necessariamente rispettati.

In terzo luogo, l’art. 24 enuncia, con evidente richiamo alla Convenzione di New York, il principio secondo cui l’interesse superiore del bambino deve essere considerato come preminente in tutti gli atti compiuti da autorità pubbliche e istituzioni private.32 Il giudice, i servizi, gli operatori pubblici e privati devono orientare le loro decisioni ed i propri comportamenti alla tutela del preminente interesse del bambino. Quello che emerge è un rapporto fra diritti e interesse del minore in ragione del quale la clausola generale dell’interesse del fanciullo costituisce lo strumento per dare attuazione, nella varietà delle situazioni concrete, ai preminenti diritti del minore, orientando alla loro realizzazione le decisioni che riguardano ciascun bambino.33 Si chiede al giudice di tener conto non di un concetto astratto, riferito ai minori come categoria, ma del concreto interesse del bambino, inteso come persona, della unicità e irripetibilità della sua vicenda esistenziale, del contesto personale, familiare, sociale ed economico in cui

30 G.PASSAGNOLI, I diritti del bambino nella Carta europea, in Carta europea e diritti dei privati, a cura di G.VETTORI, Padova, 2002, p. 327 ss.

31 P.F.LOTITO, Commento all’art. 24, in L’Europa dei diritti, a cura di R.BIFULCO,M.CATARBIA,A.

CELOTTO, Bologna, 2001, p. 185 ss.

32 G.FERRANDO, La Famiglia, Incontro di studio dal titolo: Verso una costituzione dell’Unione Europea:

i diritti e le libertà fondamentali della Carta di Nizza, Palermo 13- 15 Febbraio 2004, in www.appinter.csm.it, p. 9 ss.

33 V. G.FERRANDO, Diritti e interesse del minore tra principi e clausole generali, in Pol. Dir., 1998, p.

167 ss.

130 egli vive. L’interesse del minore va quindi inteso in senso “relazionale” tenuto conto dei legami familiari e sociali del bambino.34

È infine affermato il diritto di intrattenere regolarmente relazioni con entrambi i genitori, salvo quando questo sia contrario agli interessi del fanciullo. Ne risulta un preciso indirizzo, per quanto riguarda sia il tema della tutela delle relazioni tra genitori e figli come momento essenziale del rispetto della vita privata e familiare, sia quello delle relazioni successive alla crisi coniugale. Emerge una linea di favore per una regolamentazione dei rapporti tra genitori separati e divorziati e figli che privilegia soluzioni tese a conservare, per quanto possibile, intatta, la relazione con entrambe le figure parentali. Si intende così garantire in modo più sicuro i diritti del minore nel difficile momento di rottura del legame di coppia fra i due genitori, all’attuazione dei quali sono intese, tra le altre, le Convenzioni relative all’esecuzione delle decisioni inerenti l’affidamento dei minori e la sottrazione internazionale dei minori. In merito, occorre citare il nuovo Regolamento comunitario n. 2201/2003 del 27 novembre 2003 (c. d. Bruxelles bis, che sostituisce il precedente Regolamento n. 1347/2000) relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni anche in materia di potestà dei genitori (oltre che di separazione, divorzio, annullamento del matrimonio).

Tale documento intende garantire in modo più pieno il superiore interesse del minore formulando un insieme di norme che tendono alla razionalizzazione del diritto di famiglia in ambito europeo.35 La comunità mostra, anche in tal modo, di passare dall’astratta enunciazione dei diritti alla prefigurazione degli strumenti che possono darvi concreta attuazione. Quello dei diritti dei minori pare il campo in cui questo passaggio dall’affermazione alla realizzazione si sta compiendo in modo particolarmente significativo.36

34 V. V.POCAR e P.RONFANI, La famiglia e il diritto, Roma – Bari, 1999, 3ͣ Ed, p. 155 ss.

35 Del regolamento comunitario N. 2201/2003 si tratterà in seguito approfondendone gli aspetti contenutistici e applicativi.

36 G.FERRANDO, La Famiglia, Incontro di studio dal titolo: Verso una costituzione dell’Unione Europea:

i diritti e le libertà fondamentali della Carta di Nizza, cit., p. 10 ss.

131 5. Unione Europea e diritto di famiglia

Il diritto di famiglia, nell’universo normativo europeo, appare ancora oggi un tema marginale, contrassegnato da un rilevante tasso di località. Tuttavia, pur consapevoli degli ostacoli che si frappongono sulla via dell’armonizzazione della normativa in materia di rapporti parentali, non vanno trascurati i fattori che concorrono tutt’ora a rendere meno distanti le legislazioni dei diversi Paesi dell’Unione Europea. Il diritto di famiglia, nel corso del tempo, si è secolarizzato ma non ha perso ogni contatto con le esperienze culturali che incidono sul momento di fondazione dell’aggregato sociale primario. Le scelte che appartengono a tale sfera, infatti, nella maggior parte dei casi, non sono scelte individuali, affidate alla sensibilità, credenza e libertà dei singoli, ma si tratta di decisioni guidate dalla collettività che riflette nelle regole di diritto interno la sua storia, il suo sentire e la sua capacità di ammodernarsi. Nonostante questo, molti ormai ritengono e professano che nei Paesi attualmente aderenti all’Unione Europea i modelli di vita e di pensiero si siano uniformati o comunque di molto avvicinati rispetto ad un tempo.37 Questo processo di incontro, che si è riflesso nelle diverse legislazioni nazionali, si deve in larga misura alla circolazione dei modelli giuridici e, prima ancora, culturali, economici e sociali tra i diversi Paesi europei; pur nella differenza che segna l’esperienza di ciascuno Stato nazionale, infatti, esistono “tradizioni costituzionali”

comuni agli Stati membri alle quali si collegano principii generali del diritto di famiglia.38 Seguendo questa linea è possibile affermare che le tematiche relative alla famiglia, rappresentano quasi una cartina tornasole per verificare il processo evolutivo di un diritto privato europeo che muove sempre più decisamente verso una integrazione delle forme, ma che, tuttavia, non può pretendere di imporre modelli culturali.39

Ciò premesso, nelle pagine che seguono, si procederà alla descrizione delle tappe storiche per mezzo delle quali è avvenuto il progressivo coinvolgimento degli organi governativi comunitari nella elaborazione di provvedimenti in materia familiare.

L’attenzione verrà rivolta primariamente ai settori di intervento nel diritto sociale della famiglia in cui si sono verificati i più significativi effetti indiretti sul diritto di famiglia.

L’ingresso nell’Unione Europea del diritto di famiglia si inserisce, da un punto di vista storico, nel più ampio processo di europeizzazione dei diritti dell’uomo. I Trattati

37 G.ALPA,M.ANDENAS, Fondamenti del diritto privato europeo, cit. p. 265.

38G.FERRANDO, La Famiglia, Incontro di studio dal titolo: Verso una costituzione dell’Unione Europea:

i diritti e le libertà fondamentali della Carta di Nizza, cit., p. 17.

39 N.LIPARI, Riflessioni su famiglia e sistema comunitario, in Familia, I, 2006, p. 3.

132 istitutivi non contenevano, in origine, norme ,specifiche relative ai diritti umani: gli obiettivi delle Comunità europee erano, infatti, com’è noto, di natura essenzialmente economica. La Corte di Giustizia, tuttavia, è progressivamente giunta a riconoscere uno spazio ai diritti dell’uomo nel diritto comunitario nei casi in cui tali diritti appaiano funzionali al perseguimento degli obiettivi ancora prevalentemente economici delle Comunità. Tali diritti, secondo la Corte, devono essere considerati parte integrante dei principii generali del diritto, il cui rispetto deve essere garantito dal giudice comunitario, e costituiscono parametri di validità per il diritto comunitario derivato. Per l’individuazione del catalogo dei diritti fondamentali e per la definizione del loro contenuto, il giudice comunitario si ispira alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, nonché alle indicazioni che gli vengono da Convenzioni internazionali in materia di protezione dei diritti dell’uomo ratificate dagli Stati membri. Tra queste Convenzioni, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte, assume particolare importanza la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nell’interpretazione datane dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.40

Il Trattato istitutivo dell’Unione Europea contiene oggi numerosi riferimenti alla protezione dei diritti dell’uomo; le norme recepiscono del resto il consolidato orientamento della Corte di Giustizia. Anche il Trattato CE, malgrado abbia ancora natura essenzialmente economica a differenza del Trattato UE, e malgrado manchi un rifermento generale in materia, contiene alcuni interessanti riferimenti indiretti alla tutela dell’individuo.41 Nessuno dei documenti menzionati include tuttavia un catalogo organico dei diritti e delle libertà fondamentali riconosciuti nel diritto comunitario. Tale elenco è invece presente nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea di cui si è parlato in precedenza.42

Le istituzioni comunitarie, nel quadro dei poteri loro attribuiti e nel rispetto dei principii contenuti nei Trattati istituitivi e dei principii generali individuati dalla Corte di

40 V. Paragrafo 3.

41 Obiettivi della Comunità e degli Stati membri sono la “promozione dell’occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro” al fine di ottenere una “protezione sociale adeguata, il dialogo sociale, lo sviluppo delle risorse umane atto a consentire un livello occupazionale elevato e duraturo e la lotta contro l’emarginazione” (art. 136 Trattato CE); si vietano le disuguaglianze fondate sul sesso e si ribadisce l’esigenza di promuovere la parità fra uomini e donne (art. 2, art. 141 Trattato CE); le politiche comunitarie nel settore della cooperazione allo sviluppo e della cooperazione economica, finanziaria e tecnica con i Paesi terzi devono perseguire l’obiettivo “di rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali” (art. 177 c. 2˚ e art. 181 bis c. 1˚ Trattato CE).

42 V. Paragrafo 4.

133 Giustizia, sono intervenute e intervengono indirettamente sul diritto sostanziale della famiglia mediante atti che riguardano soprattutto il cosiddetto diritto sociale della famiglia. In tale ambito, i settori di intervento in cui si sono verificati i più significativi effetti indiretti sono: la libera circolazione dei lavoratori comunitari ed extracomunitari e dei loro famigliari e il divieto di discriminazioni per ragioni di sesso od orientamento sessuale.

Ai fini della presente trattazione è necessario porre maggiormente attenzione, accanto agli interventi indiretti, ai provvedimenti diretti che recentemente hanno interessato il diritto internazionale privato e processuale. Si tratta di azioni che hanno determinato la regolamentazione dei rapporti parentali a livello comunitario ma che, tuttavia, non hanno riguardato il diritto sostanziale della famiglia.

Con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, la cooperazione giudiziaria in materia civile è stata espressamente inserita nei settori di interesse dell’Unione Europea. Il riconoscimento e l’esecuzione in tutti gli Stati della Comunità dei provvedimenti giudiziari adottati in uno Stato membro appare, infatti, funzionale all’esercizio da parte del cittadino europeo del diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati dell’Unione. La particolare attenzione dell’UE verso la cooperazione giudiziaria in materia civile, ha portato all’elaborazione della Convenzione di Bruxelles del 16 luglio 1998 sulla giurisdizione, il riconoscimento e l’esecuzione dei provvedimenti in materia matrimoniale (nota come Bruxelles II). Tale Convenzione integra la Convenzione di Bruxelles del 1968 sulla competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, disciplinando i settori del diritto di famiglia che da quest’ultima Convenzione erano stati esclusi (salvo la disciplina degli alimenti). La Convenzione del 1998 non è mai entrata in vigore. Il quadro comunitario di riferimento, infatti, si era sostanzialmente modificato con l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, che, nell’ottica di predisporre uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia che facilitasse il funzionamento del mercato interno, aveva esteso le competenze della Comunità anche alla materia della circolazione delle persone, spostando quest’ultima dal terzo al primo pilastro dell’UE.43 Poiché la circolazione delle persone comprende anche la cooperazione giudiziaria in materia civile fra gli Stati membri, anche tale materia è stata “comunitarizzata”, con la

43 I tre pilastri dell’Unione Europea sono: 1) cittadinanza dell’Unione, politiche comunitarie, politica economica e monetaria (disciplinate dal Trattato CE); 2) politica estera e di sicurezza comune (Titolo V del Trattato UE); 3) cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (Titolo VI del Trattato UE).

134 conseguenza che per disciplinarla possono essere adottati strumenti comunitari (e quindi Regolamenti direttamente applicabili).44 In quest’ottica, la Convenzione del 1998 è stata pressoché completamente trasfusa nel Regolamento (CE) 29 maggio 2000 n. 1347 del Consiglio “relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i genitori”, noto anch’esso, in analogia con il documento del 1998, come “Regolamento Bruxelles II”. Il Regolamento (CE) n. 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale (c. d. Bruxelles II bis)45 ha poi sostituito il precedente atto comunitario, riprendendo integralmente le norme che in esso disciplinavano la materia matrimoniale e introducendo nuove disposizioni in materia di “responsabilità genitoriale”, che si applicano indipendentemente sia dalla contestualità della decisione sulla responsabilità genitoriale con un procedimento matrimoniale, sia dall’esistenza di un matrimonio fra i genitori, sia dell’esistenza stessa di genitori esercenti la potestà. Il nuovo Regolamento mira, inoltre, a contribuire e a disciplinare il fenomeno della sottrazione internazionale di minori.46