• Non ci sono risultati.

I riflessi delle nozioni e degli istituti del Regolamento nel nostro sistema

Nel corso delle pagine precedenti si è cercato di esporre una breve analisi delle disposizioni contenute all’interno del nuovo Regolamento Bruxelles II bis facendo in particolar modo attenzione a porre in rilievo i provvedimenti inerenti la responsabilità genitoriale. In seguito, verranno proposte alcune osservazioni relative al rapporto intercorrente fra le regole indicate nel Reg. n. 2201/2003 e i principii che sono posti alla base del diritto di famiglia italiano.

Come già enunciato nella presente trattazione109, il nostro ordinamento “… riconosce i diritti della famiglia fondata sul matrimonio”(art. 29 Cost.) 110 e contiene al suo interno un insieme di norme specificatamente preposte alla protezione dell’aggregato primario legittimo. Tuttavia, accanto al modello familiare ordinario, è costituzionalmente possibile ravvisare il coesistere di altri modelli familiari, anche se tutelabili solo se risultino conformi e assecondanti lo sviluppo della dignità umana dei loro componenti. I principii fondamentali rinvenibili nella Costituzione (e tra questi non è compreso l’art.

29, che fa parte dei rapporti etico- sociali), in particolare l’art. 2, nella sua relazione inscindibile con l’art. 3, riconoscendo e garantendo i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, non sembrano

108 F.UCCELLA, Il diritto comunitario sulle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale, cit., pp. 59-60.

109 V. Capitolo I.

110 “… l’art. 29 Cost. non nega dignità a forme naturali del rapporto di coppia diverse dalla struttura giuridica del matrimonio, ma riconosce alla famiglia legittima una dignità superiore in ragione dei caratteri di stabilità e certezza e della reciprocità e corrispettività dei diritti e dei doveri che nascono soltanto dal matrimonio.” (Corte Cost. 26 maggio 1989, n. 310, in www.giurcost.org)

164 ostacolare nuovi modelli familiari; al contrario, se si accetta di rivedere il procedimento logico che fino ad oggi si è seguito da parte della dottrina e della giurisprudenza, l’art.

29 recede rispetto all’art. 2 Cost. del quale più che rappresentare “principio rivale”111 sembra costituirne una specificazione. Se si accetta di rovesciare quest’ottica che non ha mai smesso di funzionare anche di fronte alla c. d. famiglia di fatto e ci si convince che l’ordinamento è aperto a recepire “formazioni sociali” diverse non solo da quelle classificate come “legittime” ma anche da quelle che in natura permettono il rapporto biologico della procreazione, allora le decisioni in materia matrimoniale, legittimamente ritenute tali dall’ordinamento di provenienza, potranno trovare ingresso nel nostro sistema.

Al fine di effettuare una analisi il più possibile obiettiva, è sembrato opportuno concentrare inizialmente l’attenzione sulle norme costituzionali fondamentali all’interno delle quali è possibile ravvisare la volontà dei Costituenti di porre mezzi normativi capaci di proteggere ogni individuo, a prescindere dal tipo di formazione sociale nel quale è inserito. L’apertura ordinamentale, avvenuta a seguito del riconoscimento interno dei diritti umani fondamentali, permette di operare nella direzione della disponibilità che l’ambito domestico attua rispetto alla decisione o all’atto che provengono da altri Paesi membri dell’Unione. Tuttavia, in Italia, nonostante le differenti interpretazioni che è possibile elaborare dei precetti costituzionali in materia di tutela dell’aggregato familiare, il modello ordinario, cioè quello che riconosce la famiglia come legittima in quanto fondata sull’unione matrimoniale, risulta ancora l’unico a cui il sistema dedica un insieme organico di disposizioni, tutte indirizzate alla protezione non solo della cellula sociale primaria, ma anche degli individui che ne fanno parte. Nonostante le innovazioni introdotte dalla l. n. 54/2006 (“Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”)112, che si applica anche nei confronti dei figli di genitori non uniti da vincolo coniugale, il nostro ordinamento rimane privo delle norme indirizzate all’individuazione di modelli familiari alternativi e alla protezione di aggregazioni sociali che, pur avendo caratteristiche molto simili a quelle dell’unione familiare legittima, non si fondano sull’istituto matrimoniale.

Occorre domandarsi come tale limite possa coesistere con il principio del riconoscimento reciproco delle decisioni fra gli Stati dell’Unione enunciato nel Reg. n.

2201/2003, soprattutto nel caso in cui le autorità italiane si trovino a fronteggiare un

111 Così P.RESCIGNO, Sui principi generali del diritto, in R. T. D. P. C., 1992, p. 379 ss., spec. p. 395.

112 V. Capitolo II.

165 provvedimento straniero che si pone in contrasto con i principii del nostro ordinamento giuridico.

Il punto nevralgico, che nella sua “offerta” descrittiva e propositiva presenta il Regolamento, sembra essere dato dalla compatibilità della decisione con l’ordine pubblico dello Stato richiesto. La nozione di ordine pubblico come ostativa all’ingresso nell’ordinamento di istituti stranieri non può che essere quella ampia di ordine pubblico internazionale113 e, nel nostro caso, “europeo”, quale contenente in primis i diritti fondamentali dell’uomo, il rispetto della dignità umana, così come riconosciuti e proclamati in tutti i Paesi che aderiscono all’Unione. Il fatto che l’ordinamento italiano abbia proclamato il riconoscimento interno dei diritti fondamentali della persona, ha indubbiamente ridotto l’efficacia “limitativa” della chiusura del sistema nei confronti di normative differenti dalla nostra e ha posto le basi per l’accoglimento di decisioni straniere da parte delle nostre autorità giurisdizionali. Tuttavia, il problema resta: non tanto per l’individuazione della natura giuridica dell’atto o della decisione da riconoscere o da eseguire o della competenza internazionale del giudice, quanto per la determinazione del nucleo ad modum familiae di cui si fanno carico e che propongono alcuni ordinamenti. Nel Reg. n. 2201/2003, accanto al modello di famiglia legittima, vengono ad assumere rilievo altri modelli familiari che non sono in contrasto con la prima, ma si pongono accanto ad essa dal punto di vista della, sia pure indiretta, protezione giuridica. Con l’atto comunitario appena citato, infatti, attraverso il cavallo di troia dell’interesse primordiale del figlio, si sono inseriti anche per quegli Stati che espressamente non li avrebbero consentiti o non li consentono, modelli di famiglia concorrenti, giuridicamente, con la famiglia legittima. A ragion (giuridica) veduta si può affermare che sullo scenario normativo europeo vi sono l’aggregato primario legittimo, la famiglia naturale, la famiglia pluriematica114, cioè quella che in termini giuridici è possibile qualificare come famiglia putativa, la famiglia sociale, intendendo quest’ultima come il nucleo del minore affidato ad istituzione o a terzi e non come

“famiglia ricomposta”, in quanto così qualificata sia dai sociologi sia dai giuristi quella aggregazione sociale formata da adulti con figli propri e altrui e denominata come per l’appunto famiglia sociale in alcuni Paesi europei quali l’Austria e l’Olanda.115

113 F.UCCELLA, La filiazione nel diritto italiano e internazionale, Padova, 2001, p. 205 ss.

114 V. F.UCCELLA, Dalla famiglia plueriematica alla famiglia putativa come soggetto giuridico: prime considerazioni, in Familia, n. 3, 2005, pp. 447-459.

115 F.UCCELLA, Il diritto comunitario sulle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale, cit., p. 113 ss.

166 Nonostante l’evidente affermazione dell’esistenza, a livello comunitario, di varie tipologie di aggregato familiare, in Italia, il mancato riconoscimento giuridico di modelli familiari differenti da quello ordinario, potrebbe condurre, nella circostanza in cui le nostre autorità si trovassero di fronte ad una decisione straniera dichiaratamente incompatibile con i nostri precetti ordinamentali, a serie difficoltà. Occorre rammentare che il Regolamento è un atto comunitario che ha efficacia obbligatoria all’interno dei Paesi membri ed è direttamente applicabile; tuttavia, allo scopo di soddisfare gli obiettivi del documento elaborato in materia familiare, in molti casi, le autorità italiane, si troveranno a dover compiere un difficile lavoro interpretativo: in modo particolare, come già detto in precedenza, sarà necessario abbandonare il primato accordato fino ad ora all’art. 29 Cost., valorizzando l’importanza attribuita alle formazioni sociali ove si svolge la personalità individuale, i diritti inviolabili della persona e il rispetto della dignità umana indicati negli artt. 2 e 3 Cost.116

A questo punto, ai fini dell’analisi dei riflessi che il Reg. n. 2201/2003 ha avuto nel nostro sistema, è importante ribadire alcune delle novità presenti nel documento. Esse sono ravvisabili nel criterio principe, ai fini della competenza giurisdizionale, della

“residenza abituale”, configurata come criterio europeo per eccellenza se si osservano le norme circa la responsabilità genitoriale, per la quale esso viene ad essere oggetto, in un certo qual modo, di definizione. Circa le decisioni sempre in tema di responsabilità genitoriale soccorrono ulteriori criterii, quali quello dello residenza di fatto (art. 13), quello del legame più stretto con il territorio (art. 15): tutti strumenti che sono predisposti al fine di rendere meno evanescente la protezione del minore, ma al tempo stesso non disconoscere, in conformità a quanto previsto da tutte le legislazioni degli Stati dell’Unione e alle statuizioni della Corte di Strasburgo, il legame fra genitore e figlio. Altri elementi innovativi, soprattutto dal punto di vista descrittivo e contenutistico sono: a) il concetto di responsabilità genitoriale, che non solo sostituisce la nozione di potestà parentale, ma ne ampia il contenuto fino a ricomprendere una responsabilità connessa ai rapporti di fatto con il minore; b) l’individuazione del soggetto titolare della stessa; c) il diritto di affidamento; d) il diritto di visita. Va, infatti, considerato che questi “diritti” non hanno, nel nostro sistema, se non una definizione implicita e, comunque, non del tutto coincidente con quelle offerte dal documento

116 Sui problemi derivati dal riconoscimento di sentenze comunitarie ed extracomunitarie che si proponevano per il Reg. 1347/2000 e che si ripresentano per il Reg. 2201/2003 v. R.CAFARI PANICO, Divorzi stranieri fra riconoscimento e trascrizione, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2002, p. 5 ss.

167 comunitario (cfr. gli artt. 147, 155, 336, 342 bis c. c., artt. 6 comma 3 l. 898 sul divorzio, art. 2 e ss. l. n. 149 del 2001117 sul diritto dei parenti ad avere rapporti significativi con il minore). E ciò senza trascurare che tali “diritti” assurgono, proprio in virtù della normativa comunitaria, da interessi di mero fatto a interessi intensamente protetti, con l’effetto che una loro eventuale violazione potrebbe integrare condotta penalmente punibile ex art. 570 c. p. e che, più che corollario di potestà parentale, ora si configurano connessi ad una responsabilità genitoriale, che, per come definita (art. 2 n.

7), è scissa da essa giuridica potestà. Di più, e conformemente alla Convenzione dell’Aja del 1980, la cui influenza sul documento è innegabile, anche nel Regolamento si distingue il diritto di affidamento dal diritto di visita e si assicura a queste due situazioni una tutela differenziata.118 Per quanto riguarda il primo, secondo il Regolamento, l’affidamento del minore non è soltanto un istituto fondato su di un normale provvedimento giudiziario o amministrativo o su di un accordo fra i genitori, ma riguarda una situazione di fatto con il relativo riconoscimento giuridico del soggetto che si trova a vivere con il minore e, quindi, con il conseguente rilievo del custode di fatto e dei suoi “poteri da contatto”, purché questi poteri si fondino su una base di legalità. È evidente che definire in tal modo l’affidamento del minore potrebbe dare origine, nel nostro sistema giuridico, ad alcune problematiche, specie nel caso del c. d.

genitore pluriematico, cioè il soggetto che convive legalmente o di fatto con persona che abbia figli propri e che può, da parte sua, avere propri figli e avere figli comuni con il suo nuovo partner e che è possibile qualificare come genitore putativo, cioè soggetto che ha dato vita ad una formazione sociale “familiare” putativa. È nell’ambito di questo aggregato che si realizza, quel c. d. “diritto di contatto” che va ben oltre il diritto di visita per assurgere a “custodia di fatto” del minore. Tuttavia, per consentire al genitore pluriematico di svolgere legittimamente le funzioni di cura che già di fatto ha del figlio altrui, è opportuno che venga giuridicamente riconosciuto il gruppo che ha concorso a porre in essere. Ed allora, proprio perché si dà vita ad un nuovo aggregato, sia, se legalmente, con il matrimonio fra i partners, sia di fatto, con una convivenza stabile, è opportuno che il legislatore ponga la sua attenzione ad essa realtà esistenziale e provveda a qualificarla. Il disconoscimento giuridico di questa realtà socio affettiva non

117 Cfr. F.UCCELLA, L’affidamento del minore nella legge di modifica della disciplina dell’adozione, in Vita not. 2002, p. 84 ss.; L.FADIGA, L’adozione legittimante dei minori, in Trattato di diritto di famiglia diretto da P. Zatti, vol. II, La Filiazione, Milano, 2002, p. 625.

118 V. Cass. Penale, 29 luglio 2008, n. 31717, in www.cortedicassazione.it; Cass., Sez. I, 5 giugno 2006, n. 10374, in www.affidamentocondiviso.it; Cass., Sez. I, 18 marzo 2005, n. 6014, in

www.psicologiagiuridica.com.

168 è, infatti, più sostenibile ad avvallabile; soprattutto nel momento in cui, come nel caso del Reg. 2201/2003, l’individuazione di modelli familiari alternativi a quello ordinario sia in qualche modo “sollecitata" dalla normativa comunitaria.119

12. Alcune considerazioni generali sul Reg. n. 2201/2003.

Nei paragrafi precedenti ci si è posto l’obiettivo di delineare il quadro normativo europeo relativo al diritto di famiglia; in particolare, per mezzo della descrizione delle regole indicate all’interno del Regolamento comunitario Bruxelles II bis, si è cercato di sottolineare la volontà delle istituzioni dell’Unione di elaborare gli strumenti per la realizzazione di una tutela uniforme della cellula sociale fondamentale nello spazio giudiziario europeo.

È opportuno evidenziare che la legislazione comunitaria considera i cittadini europei non più solo consumatori, ma persone, con prerogative e diritti tutelati al livello più alto della Carta dei diritti fondamentali120, che sviluppa principii già contenuti nella Convenzione dei diritti dell’uomo e nelle Costituzioni europee. Essa afferma, in particolare, il diritto al rispetto della vita privata e familiare, la libertà di contrarre matrimonio e di fondare una famiglia; l’uso della congiunzione “e” in quest’ultima affermazione è stato interpretato come indice di una garanzia che si estende alle convivenze non fondate sul matrimonio. È necessario sottolineare che nell’attuale sistema comunitario oggetto di protezione non è l’aggregato primario in sé, bensì il diritto dell’individuo a dar vita ad un’unione familiare per realizzare una peculiare modalità di vita cui sono sottesi interessi meritevoli di tutela. In tale prospettiva, si collocano le regole ed i principii comunitari sulla riunificazione familiare, che accolgono una nozione ampia di famiglia, non limitata a quella coniugale né a quella nucleare, e sono dirette a garantire la libera circolazione dei lavoratori in ambito europeo.121 Il contesto comunitario è oggi ampio, complesso, e dal punto di vista normativo ancora alquanto variegato. Tuttavia, l’intensificarsi della circolazione delle persone porta inevitabilmente ad una progressiva uniformazione degli stili di vita.

119 F.UCCELLA, Il diritto comunitario sulle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale, cit., p. 120 ss.

120 G.FERRANDO, Le relazioni famigliari nella Carta dei diritti dell’Unione europea, in Pol. Dir., 2003, p. 347.

121 V. A.FINOCCHIARO, Le prospettive europee del diritto di famiglia, in Un nuovo diritto di famiglia europeo, a cura di M.C.ANDRINI, Padova, 2007, p. 1 ss.

169 Ovunque in Europa si registra un considerevole aumento di separazioni e divorzi, legato, secondo i sociologi, alla diffusa tendenza a ricercare la felicità e il benessere individuale. In tale contesto il diritto patrimoniale della famiglia assume maggiore rilevanza, le unioni non fondate sul matrimonio aumentano e la famiglia non è più riconducibile ad un modello unitario, ma si struttura secondo forme diverse.

Ciononostante, quando le unioni si disgregano, a prescindere dal modello di famiglia adottato, sorgono problemi simili, di tutela dei figli e del partner economicamente più debole. Ed è proprio nell’ambito della crisi del nucleo familiare che si inserisce il dialogo fra Corti europee e Corti nazionali e fra giudici e legislatori, il quale, nell’attuale complessità del sistema delle fonti, svolge un importante ruolo di mediatore dell’armonizzazione.122

Ciò premesso, il Regolamento n. 2201/2003, rappresenta lo strumento che, in materia familiare, ha posto le basi per la costruzione di un sistema normativo attraverso il quale condividere, pur non dimenticando le divergenze esistenti fra gli ordinamenti dei varii Stati membri in materia di diritto di famiglia, i principii minimi, ma necessarii, al riconoscimento reciproco delle decisioni fra i Paesi dell’Unione.

Pur non negando la presenza di evidenti lacune all’interno del documento in esame, soprattutto per quanto riguarda le attuali norme relative alla competenza matrimoniale, le quali hanno dato origine a numerose proposte di modifica della disciplina comunitaria nella parte relativa allo scioglimento del vincolo coniugale123, in seguito le osservazioni proposte verranno prevalentemente indirizzate alla valorizzazione delle mete raggiunte per mezzo del Regolamento analizzato, in particolar modo facendo attenzione ai profili inerenti la responsabilità genitoriale e la protezione del soggetto minore di età.

Il Regolamento n. 2201/2003 giunge a distanza di appena tre anni dall’approvazione di quello n. 1347, che esplicitamente abroga, e sembra l’approdo naturale di un lento

122 G.SAVORANI, Il recupero dei crediti alimentari nello spazio giudiziario europeo e il diritto di famiglia degli Stati membri, in Crisi della famiglia e obblighi di mantenimento nell’Unione europea, a cura di V.

ROPPO e G.SAVORANI, Torino, 2008, p. 4 ss.

123 Sull’argomento v. R.BARATTA, Lo scioglimento del vincolo coniugale nel diritto comunitario, in Diritto di famiglia e Unione europea, a cura di S.M.CARBONE,I.QUEIROLO, Torino, 2008, p. 169 ss.; M.

C.BARUFFI, Osservazioni sul regolamento Bruxelles II-bis, In La famiglia nel diritto internazionale privato comunitario, a cura di S.BARIATTI, Milano, 2007, p. 218 ss.; F.POCAR, Osservazioni a margine della proposta di regolamento sulla giurisdizione e la legge applicabile al divorzio, in La famiglia nel diritto internazionale privato comunitario, a cura di S.BARIATTI, Milano, 2007, p. 267 ss.; I.QUEIROLO, Separazione, annullamento, divorzio e responsabilità genitoriale: il regolamento CE 2201/2003, in Il nuovo diritto di famiglia, diretto da G.FERRANDO, vol. I, Bologna, 2007, p, 1107 ss.

170 processo giuridico- culturale, il quale, com’è stato più volte sottolineato nelle prime pagine di questo capitolo, ha avuto la sua legittimazione nei documenti sui diritti umani.

Non a caso, il cammino comunitario nelle materie attualmente trattate nel Regolamento, come in quello che abroga, inizia con la convinta adesione dell’Unione alla Convenzione europea sui diritti dell’uomo del 1950, alla Dichiarazione comune del Parlamento, del Consiglio e della Commissione sul rispetto dei diritti fondamentali, firmata a Lussemburgo il 5 aprile 1977124 e, poi, ha preso spunto dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo e dalla vigenza delle varie Convenzioni dell’Aja, che si sono occupate specificatamente di protezione dei minori, di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di divorzio, separazione personale e annullamento di matrimonio, nonché di sottrazione di minori. Né va dimenticata la Carta di Nizza125, la quale, oltre ad enunciare l’inviolabilità della dignità umana, che deve essere rispettata e tutelata (art. 1), all’art. 9 garantisce “secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio” il diritto di sposarsi e il diritto a costituire una famiglia nonché la protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale (art. 33 comma 1), oltre che il rispetto della vita privata e familiare (art. 7) e, più specificamente, i diritti sostanziali e processuali del minore (art. 24). Questa produzione normativa a livello sovranazionale segue alla evoluzione della tematica familiare all’interno degli Stati aderenti e non solo.

Non si può disconoscere che dagli anni ’70 in poi la scenografia sociale europea ha proposto sullo sfondo del paradigma tradizionale della famiglia fondata sul matrimonio la famiglia monoparentale, la c. d. coppia di fatto ad modum coniugii, la convivenza omosessuale e la c. d. famiglia pluriematica, altrimenti denominata famiglia putativa.

La compresenza di queste emergenze umane e sociali non poteva essere ignorata a livello comunitario. Di qui, nel momento in cui l’Unione doveva approdare ad una uniformità del riconoscimento e della esecuzione delle decisioni in tema di relazioni familiari, la necessità di adoperare definizioni che riuscissero a trovare il consenso dei singoli Stati, in quanto comprensive delle varie particolarità ed, al tempo stesso, idonee a rispecchiare la comune volontà di agevolare la vita dei propri cittadini. Così, nel corso degli anni, alcuni principii come quello dell’eguaglianza fra coniugi, della non discriminazione fra i sessi e tra i figli hanno smesso di essere criterii astratti con cui confrontare la normativa interna ed ordinaria, detti principii hanno iniziato ad occupare, assieme al ruolo di primo piano rivestito dal superiore interesse del minore, un posto di

124 Gazz. Uff. CE., 27 aprile 1977-C. 103.

125 Gazz. Uff. CE., 18 dicembre 2000-C. 366.

171 rilievo all’interno del quadro normativo comunitario fino ad arrivare a costituirne i principii cardine in materia familiare.

Il processo evolutivo che ha interessato le istituzioni comunitarie nell’elaborazione dei provvedimenti relativi all’aggregato primario è culminato con l’adozione del Reg.

2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale. Tale documento, pur

2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale. Tale documento, pur