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Le disposizioni in favore dei figli maggiorenni

L’art. 155 quinquies, comma 1, c. c., dispone che “il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto”.

La disposizione in commento è intervenuta a disciplinare il diritto dei figli maggiorenni non ancora in grado di provvedere, senza il contributo dei genitori, al soddisfacimento delle proprie necessità, tenuto conto che tale fattispecie non aveva ricevuto, in passato, una normativa esplicita, restando regolamentata dall’elaborazione giurisprudenziale.139

138 B.DE FILIPPIS, Affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio, cit. p. 128.

139 Così l’On. PANIZ nella relazione svolta dinanzi alla Camera dei deputati nella seduta del 10 marzo 2005.

95 Sotto la disciplina previgente, per quanto concerneva l’estinzione del dovere di contribuzione al mantenimento, si era formata l’opinione, pressoché unanime nella giurisprudenza, che esso gravasse sul genitore non soltanto fino alla maggiore età del figlio, ma anche fino a che il figlio stesso non potesse ritenersi economicamente autosufficiente, di solito, in quanto fosse in grado di procurarsi autonomamente un proprio reddito, oppure potesse considerarsi in colpa per la mancanza di tale autosufficienza economica. La prova dell’estinzione dell’obbligo veniva fatta gravare sull’obbligato, e, quindi, solitamente, sul genitore non affidatario. L’obbligo di contribuire al mantenimento del figlio maggiorenne non ancora autosufficiente, poi, aveva da tempo fatto sorgere una importante questione; ci si chiedeva se il credito al contributo in parola permanesse in capo al genitore che era affidatario, anche dopo la maggior età del figlio stesso, oppure se, da quel momento, fosse soltanto il figlio ad essere creditore del genitore non affidatario. Sapere chi fosse il creditore e dunque, fosse, di solito, anche legittimato a ricevere la prestazione, era fondamentale per il genitore non affidatario ancora obbligato a contribuire, il quale altrimenti, rischiava di pagare senza esserne liberato.140

Allo scopo di ovviare alle carenze normative in ordine al rapporto economico tra il genitore e il figlio maggiorenne in sede di disgregazione dell’unione familiare, il legislatore della Riforma ha recepito il principio, di origine pretoria, secondo cui l’obbligazione d’assistenza gravante sui genitori si estende anche oltre il raggiungimento della maggiore età dei figli, fino a quando questi non sono in grado di provvedere alle proprie esigenze.141 Il fondamento del perdurare dell’obbligo di mantenimento è stato ravvisato, dalla giurisprudenza di legittimità, nel “principio generale di tutela della prole”, desumibile da varie norme nell’ordinamento (art. 30 Cost., artt. 147, 148, 155, comma 4, c. c., art. 6, legge n. 898/1970, come modificato dalla legge n. 74/1987), che porta ad assimilare la posizione del figlio divenuto maggiorenne, ma tutt’ora dipendente non per sua colpa dai genitori, a quella del figlio minore, e che impone di ravvisare la protrazione dell’obbligo di mantenimento, oltre che di educazione e di istruzione, fino al momento in cui il figlio stesso abbia raggiunto una propria indipendenza economica, ovvero versi in colpa per non essersi messo in condizione di conseguire un titolo di studio o di procurarsi un reddito mediante

140 G.F.BASINI, I provvedimenti riguardati i figli nella crisi della famiglia, cit., p. 1076.

141 C.PADALINO, L’affidamento condiviso dei figli. Commento sistematico delle nuove disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, cit., p. 172.

96 l’esercizio di un’idonea attività lavorativa, o per avere detta attività ingiustamente rifiutato.142

In via preliminare, i redattori del testo di Riforma hanno inteso determinare le circostanze di applicazione delle disposizioni stabilite in favore dei figli maggiorenni definendo il presupposto necessario per l’attribuzione dell’assegno di mantenimento previsto all’interno dell’art. 155 quinquies. Perseguendo questo obiettivo, subordinando la corresponsione della somma di denaro al requisito di “non indipendenza economica”

indicato nella norma, la giurisprudenza ha chiarito il significato da attribuire a tale nozione affermando che: “il mantenimento del figlio maggiorenne convivente è da escludersi quando quest’ultimo, ancorché allo stato non autosufficiente economicamente, abbia in passato iniziato ad espletare una attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di una adeguata capacità e determinando la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento ad opera del genitore, senza che possa avere rilievo il sopravvento di circostanze ulteriori (come, ad esempio, lo stesso abbandono dell’attività lavorativa da parte del figlio, o come, la negatività dell’andamento dell’attività), le quali, se pure determinano l’effetto di renderlo privo di sostentamento economico, non possono far sorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti erano già venuti meno”.143

Accertato siffatto requisito, la nuova normativa rivaluta il rapporto economico tra genitore e figlio maggiorenne, disponendo che, ove sia opportuno il versamento di un assegno, questo sia, di regola, fornito direttamente al figlio e non, come avveniva nella previgente regolamentazione, all’altro genitore con cui il predetto convivesse. La disposizione deve essere inquadrata nel nuovo regime di mantenimento dei figli disegnato dalla Novella e, quindi, in un ambito in cui è privilegiato, ove possibile, il mantenimento diretto e nel quale l’assegno è chiamato a svolgere una funzione sussidiaria o perequativa. Anche l’assegno nei confronti del figlio maggiorenne non deve pertanto ritenersi una soluzione obbligata. La valutazione è rimessa alla discrezionalità del giudice, il quale può ritenere che la corresponsione non sia necessaria, essendo attuabili forme di mantenimento diretto. Nel caso in cui l’assegno, superato il vaglio in ordine alla sua opportunità, debba essere disposto, deve essere compiuta una seconda valutazione, in ordine alla attribuibilità al figlio stesso o all’altro

142 V. Cass. 8 settembre 1998, n.8868, in Rep. Foro it., 1998, voce Matrimonio, n. 128; in termini, Cass.

28 giugno 1994, n. 6215, in Nuova giur. civ., 1995, I, p. 133.

143 V. Cass. 2 dicembre 2005, n. 26259, in www.affidamentocondiviso.it.

97 genitore. Riguardo ad essa, la preferenza del legislatore per la corresponsione al figlio, sintetizzata nella formula “salvo diversa valutazione del giudice”, è forte, ma neppure indica obbligatorietà. Ciò significa che, qualora il decisore individui valide ragioni, l’assegno potrà continuare, come in passato, ad essere materialmente consegnato da un genitore all’altro. In assenza di tali specifiche ragioni e, quindi, nella generalità dei casi, l’assegno dovrà invece essere dato direttamente al figlio.144

Ai fini della comprensione della norma in esame è necessario rilevare come l’intento dei redattori non sia stato quello di privare il genitore convivente con i figli maggiorenni della legittimazione a riscuotere l’assegno di mantenimento iure proprio, ma, più semplicemente, quello di ribaltare la regola applicata dalla giurisprudenza, nel senso che il giudice dovrà valutare prioritariamente il pagamento dell’assegno a favore del figlio anche sulla base della mera richiesta del genitore onerato, non essendo necessaria una domanda in tal senso del figlio.145 In altri termini, la regola secondo cui quanto dovuto per il mantenimento, salvo diversa determinazione dell’Autorità giudicante, deve essere versato direttamente all’avente diritto, cioè al figlio stesso, non comporta che sia stata introdotta una legittimazione esclusiva del figlio maggiorenne a chiedere l’assegno di mantenimento in proprio favore, cosicché deve ritenersi tutt’ora sussistente la legittimazione concorrente del genitore convivente con il figlio ad ottenere il predetto assegno, secondo gli indirizzi giurisprudenziali formatisi prima della legge. In tal senso deve rimarcarsi che il testo di legge, nel prescrivere il versamento diretto all’avente diritto, fa salva la diversa determinazione del giudice che ben potrà disporre per la legittimazione del genitore.146

È opportuno evidenziare come l’ipotesi ordinaria in cui il figlio percepisce direttamente l’assegno, ponga delicati problemi nei rapporti fra figlio e genitore convivente, giacché quest’ultimo potrebbe trovarsi nella necessità di pretendere dal figlio un contributo per le spese derivanti dalla coabitazione. Riguardo all’ammontare della somma corrisposta ai fini del mantenimento, la soluzione in pratica preferibile, ove il figlio (per ragioni di studio o altro) non viva al di fuori della casa familiare, sembrerebbe quella di disporre il pagamento di un assegno determinato a far fronte a quelle spese che il giovane è chiamato a sostenere direttamente e per le quali l’altro genitore, se destinatario

144 B.DE FILIPPIS, Affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio, cit., p. 129.

145 C.PADALINO, L’affidamento condiviso dei figli. Commento sistematico delle nuove disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, cit., p. 177.

146M.SESTA, Le nuove norme sull’affidamento condiviso: a) profili sostanziali, cit., p. 386.

98 dell’elargizione, avrebbe dovuto “girargli” l’importo. Non parrebbe invece opportuno dare al figlio il corrispettivo di spese fisse pagate dall’altro genitore, onde evitare che il figlio debba poi corrisponderle, secondo una dinamica che mal si concilia con i rapporti familiari.147

La norma solleva inoltre questioni di carattere processuale relativamente all’esercizio della pretesa del figlio alla corresponsione dell’assegno direttamente in suo favore, ed alla conseguente individuazione dell’ambito in cui farla valere. Sembrerebbe che la controversia relativa all’assegno, compreso il profilo del destinatario del pagamento, sia questione che in sede di separazione riguarda i genitori, nel cui procedimento il figlio non è legittimato ad intervenire. Definito il giudizio di separazione, il figlio potrà agire nelle sedi ordinarie. Qualora il giudice abbia disposto che l’assegno di mantenimento debba essere versato in tutto o in parte direttamente al figlio, in caso di inadempimento costui avrà azione diretta contro il genitore obbligato, mentre nulla potrà pretendere l’altro genitore che pure abbia adempiuto agli obblighi di mantenimento posti a suo carico. Se peraltro costui, a fronte dell’inadempimento dell’altro genitore, abbia dovuto effettuare prestazioni in eccesso rispetto al suo obbligo, potrà configurarsi una azione di regresso, sul presupposto che l’obbligazione di mantenimento del figlio sia comunque necessariamente in solido fra i genitori, nonostante il giudice abbia determinato separate modalità di adempimento da parte di ciascuno. Resta inteso che il figlio che non intenda convivere con nessuno dei genitori possa pretendere da ognuno di essi il mantenimento in via indiretta, eventualmente azionando la relativa pretesa in un giudizio ordinario.148

Relativamente alle possibili modifiche inerenti i provvedimenti dettati dall’Autorità giudicante all’epoca in cui i figli erano minorenni, è opportuno rilevare come la disposizione in rassegna non comporti in alcun modo che con il raggiungimento della maggiore età tali misure cessino di avere efficacia. In linea generale, la norma in commento disciplina l’ipotesi in cui il giudice debba decidere circa il mantenimento dei figli maggiorenni non ancora autosufficienti della coppia che si sta separando; la disposizione, pertanto, non troverà automaticamente applicazione qualora il figlio divenga maggiorenne successivamente alla conclusione del procedimento, e, quindi, l’assegno a suo tempo disposto in sede di separazione continuerà a dover essere corrisposto al genitore in favore del quale era stato attribuito, salva la facoltà del figlio,

147 B.DE FILIPPIS, Affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio, cit., p. 130.

148M.SESTA, Le nuove norme sull’affidamento condiviso: a) profili sostanziali, cit., pp. 86- 87.

99 una volta raggiunta la maggiore età, di domandare al giudice competente secondo le regole ordinarie di vederselo corrispondere direttamente, e salva la facoltà del genitore obbligato, che voglia versare l’assegno dovuto direttamente al figlio, di agire ex art. 710 c. p. c. per la modifica in tal senso delle condizioni di separazione.149

Nonostante le indubbie problematiche interpretative sollevate dal primo comma dell’art.

155 c. c., deve osservarsi, tuttavia, che l’intenzione dei redattori, con l’introduzione della disposizione in esame, è stata quella di responsabilizzare i figli maggiorenni eliminando la forte e palese contraddittorietà di ritenerli, da un lato, titolari di diritti fondamentali (quale il diritto di voto), e dall’altro, incapaci di gestire un peculio che serve loro per vivere.150 Così stando le cose, giova ribadire che il giudice dovrebbe valutare come ipotesi residuale quella di disporre il versamento dell’assegno nelle mani del genitore convivente, tenuto conto, altresì, che, ai sensi dell’art. 315 c. c., “il figlio deve contribuire, in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa”. La valorizzazione di tale disposizione consente di ritenere che, anche versando l’intero importo dell’assegno di mantenimento nelle mani del figlio maggiorenne, questi, in ogni caso, sarebbe tenuto a contribuire alle spese di conduzione della casa in cui abita e, in questo modo, verrebbe maggiormente responsabilizzato sul valore del denaro e sul suo utilizzo.151

Senz’altro opportuna, infine, appare la previsione di cui al comma 2 dell’art. 155 quinquies c. c., che equipara, in tutto e per tutto, i figli maggiorenni portatori di handicap grave ai figli minorenni. Per le regole riguardanti tali soggetti, pertanto, ci si limita a rinviare a quanto già osservato in precedenza, con riferimento alla prole minorenne.152

149 M.SESTA, Le nuove norme sull’affidamento condiviso: a) profili sostanziali, cit., p. 386.

150 Così l’On. PANIZ, nel corso della seduta della Camera dei deputati del 10 marzo 2005, ove è stato affermato, altresì, che con questo provvedimento si è assunta “una posizione precisa in favore del maggiorenne”.

151 C.PADALINO, L’affidamento condiviso dei figli. Commento sistematico delle nuove disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, cit., p. 177

152 G.F.BASINI, I provvedimenti riguardati i figli nella crisi della famiglia, cit., p. 1080.

100 10. Poteri del giudice e ascolto del minore.

L’attenzione per l’interesse del minore, talora l’insistenza, per non dire l’enfasi, con cui su di esso si richiama la concentrazione, costituisce una delle note più ricorrenti dell’attuale diritto di famiglia. Segno, questo, di una rinnovata considerazione della persona minore di età, non più recante in sé uno scarso valore, che lo assimilava ad una speranza d’uomo, ma valorizzata nelle proprie capacità e soprattutto nei propri diritti.153

Ciò premesso, in coerenza con le disposizioni normative descritte nei precedenti paragrafi, i redattori del testo di Riforma, all’art. 155 sexies, hanno previsto che, allo scopo di realizzare il supremo interesse del fanciullo, il giudice, prima di procedere all’emanazione dei provvedimenti relativi all’affidamento, possa assumere, su istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova.

Con questa norma, il legislatore ha ribadito il principio di diritto già espresso in giurisprudenza, secondo cui “nei procedimenti di separazione e di divorzio le uniche deroghe ai principii della domanda e dell’onere della prova ed ai seguenti corollari, attengono all’adozione, da parte del giudice, dei provvedimenti relativi all’affidamento dei figli minori e al contributo per il loro mantenimento, relativamente ai quali, in ragione di finalità di natura squisitamente pubblicistica, il giudice stesso, pur dovendo tenere conto della collaborazione fra le parti, può disporre diversamente dalle domande stesse o dal loro accordo, anche sulla base di prove disposte d’ufficio”.154 Nel ribadire che i provvedimenti relativi alla prole, attesa la loro natura inderogabile, possono essere emessi dopo l’assunzione di mezzi di accertamento disposti d’ufficio dall’Autorità, i redattori hanno inteso affermare che “nel procedimento di separazione giudiziale dei coniugi l’affidamento dei figli minori si sottrae sia alla volontà dei genitori, sia alle scelte dei figli medesimi. Viene infatti attribuita la competenza delle decisioni in materia al giudice di merito, il quale, in relazione alla finalità di tutelare in via preminente l’interesse del minore, ha facoltà di assumere anche d’ufficio i mezzi di prova, nonché di richiedere l’ascolto del fanciullo, anche senza la presenza dei genitori, se ciò lo ritenesse necessario e opportuno”.155

153 F.MANDATO, La tutela del minore. Codice civile, riforma del diritto di famiglia, uguaglianza dei figli, in www.altalex.com, p. 1.

154 V. Cass., 4 Maggio 2004, n. 8424, in www.affidamentocondiviso.it.

155 V. Cass., 4 dicembre 1985, n. 6063, in Giur. it., 1987, I, c. 118.

101 Tuttavia, nei conflitti familiari, all’interno dei quali più difficile è l’ascolto diretto delle parti coinvolte, il giudice viene spesso percepito come una minaccia, incombente, pressante sui rapporti umani; vi è diffidenza, paura, delusione, assorbimento delle sensazioni dell’adulto che ha avviato la procedura o che è stato chiamato in giudizio.

Sulla base delle considerazioni appena enunciate è necessario sottolineare come i redattori, consapevoli di tali dinamiche, per mezzo della disposizione in commento, abbiano inteso valorizzare positivamente il ruolo dell’Autorità giudiziale nelle situazioni di crisi dell’aggregato primario. Il legislatore ha predisposto gli strumenti volti alla costruzione di un contesto collaborativo in cui le parti genitoriali sono orientate alla risoluzione del conflitto e non all’ottenimento della vittoria privata della causa. All’interno dello schema proposto, i componenti della famiglia in crisi e il giudice interagiscono insieme consapevoli del fatto che i diritti delle persone possono essere riconosciuti solamente in un iter procedurale e giudiziario capace di interpretare, attraverso l’assunzione dell’opportuna conoscenza del caso e l’ascolto dei soggetti coinvolti, i legami ed i bisogni delle persone stesse, assumendo come criterio guida dell’intero procedimento l’interesse del bambino. 156

Venendo ora all’esame dei profili applicativi della prima parte dell’art. 155 sexies, è importante evidenziare che “il giudice … specie nell’eventualità in cui non esista accordo fra le parti, può disporre attività istruttoria anche “prima dell’emanazione in via provvisoria” dei provvedimenti di cui all’art. 155 c. c.”157 La nuova norma si applica, quindi, sia alla fase presidenziale che a quella istruttoria.

È importante rilevare che prima della Riforma, nella fase presidenziale, non era prevista l’assunzione di alcun mezzo di accertamento delle condizioni in cui versavano le parti genitoriali. Nella previgente regolamentazione, non era nemmeno stabilito che il giudice, in sede di prima comparizione delle parti, si adoperasse per un’indagine inerente le caratteristiche del fanciullo oggetto del provvedimento di affidamento.

L’art. 708 c. p. c. stabiliva solo che il presidente sentisse la parti. L’art. 4/8 della legge 898/1970, dettato per il divorzio, ma applicabile alle separazioni ai sensi dell’art. 23 della legge 74/1987, aggiungeva poi che il presidente poteva sentire i figli minori della coppia, qualora l’avesse ritenuto strettamente necessario, ma non mutava la situazione

156 M.F.PRICOCO, Sull’ascolto del minore, Riflessione proposta al corso di formazione per tutori organizzato dalla sede AIAF di Catania nell’anno 2006, in www.affidamentocondiviso.it, pp. 11- 12.

157 M.FINOCCHIARO, Riconosciuto anche alla prole il diritto di frequentare i genitori, in Guida al Diritto, 2006, p. 29.

102 in relazione ai mezzi di prova.158 Ciò premesso, se è vero che nei procedimenti di separazione e divorzio, il principio inquisitorio era già stato introdotto, rispettivamente dall’abrogato art. 155, comma 7, c. c., e dall’art. 6, comma 9, legge 898/1970159; è altrettanto vero che, a seguito della riformulazione dell’inciso iniziale della disposizione di cui all’art. 155 sexies, comma 1, c. c. (“prima dell’emanazione dei provvedimenti di cui all’art. 155”), rispetto a quella contenuta nell’abrogato art. 155, comma 7, c. c.

(“nell’emanare i provvedimenti relativi all’affidamento dei figli e al contributo al loro mantenimento”), nonché con l’introduzione dell’espressione “anche in via provvisoria”, il legislatore ha previsto specificatamente la possibilità per il giudice di assumere mezzi di prova, ad istanza di parte o d’ufficio, anche nella fase presidenziale in sede di prima comparizione delle parti, prima di adottare un qualunque assetto di interessi relativo all’affidamento e al mantenimento dei figli minori.160

Dalla lettura della norma in oggetto, emerge la chiara e univoca volontà del legislatore di accentuare ed enfatizzare l’attività istruttoria della fase presidenziale dei procedimenti di separazione e divorzio, di modo che il protocollo degli assetti familiari, proposto con i provvedimenti presidenziali, possa diventare una sorta di “progetto definitivo di sentenza”, da adottarsi solo allorché il magistrato abbia acquisito e disponga di informazioni sufficienti al fine di prendere una decisione nell’interesse superiore del minore. Le predetta disposizione consente, finalmente, di delineare un thema decidendum del giudizio di separazione personale (e di divorzio) prima dell’udienza presidenziale, essendo ciò “assolutamente necessario per una corretta instaurazione del principio del contraddittorio e per assicurare al libero interrogatorio delle parti la sua concreta utilità rispetto al provvedimento presidenziale”.161 A ben vedere, la preventiva delimitazione del thema decidendum, se, da un lato, consente al presidente di arrivare preparato all’udienza e di meglio indirizzare le domande ai coniugi, dall’altro, permette allo stesso magistrato di poter assumere, ad istanza di parte

Dalla lettura della norma in oggetto, emerge la chiara e univoca volontà del legislatore di accentuare ed enfatizzare l’attività istruttoria della fase presidenziale dei procedimenti di separazione e divorzio, di modo che il protocollo degli assetti familiari, proposto con i provvedimenti presidenziali, possa diventare una sorta di “progetto definitivo di sentenza”, da adottarsi solo allorché il magistrato abbia acquisito e disponga di informazioni sufficienti al fine di prendere una decisione nell’interesse superiore del minore. Le predetta disposizione consente, finalmente, di delineare un thema decidendum del giudizio di separazione personale (e di divorzio) prima dell’udienza presidenziale, essendo ciò “assolutamente necessario per una corretta instaurazione del principio del contraddittorio e per assicurare al libero interrogatorio delle parti la sua concreta utilità rispetto al provvedimento presidenziale”.161 A ben vedere, la preventiva delimitazione del thema decidendum, se, da un lato, consente al presidente di arrivare preparato all’udienza e di meglio indirizzare le domande ai coniugi, dall’altro, permette allo stesso magistrato di poter assumere, ad istanza di parte