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Le Nazioni Unite e la Convenzione sui diritti del minore

L’obiettivo di questo lavoro è la descrizione dei provvedimenti relativi alla prole nelle situazioni di crisi della famiglia avendo riguardo, nello specifico, a quello che accade in ambito europeo. Tuttavia, al fine di comprendere in modo chiaro il contenuto della normativa comunitaria, occorre brevemente descrivere l’attività svolta dall’ONU: la più importante organizzazione internazionale in materia di diritti dell’uomo. Non bisogna infatti dimenticare il profondo legame esistente fra il contenuto dei documenti elaborati in ambito regionale e quello che viene proclamato all’interno delle Convenzioni redatte in seno alla Nazioni Unite. La profonda connessione fra l’obiettivo della tutela dei diritti umani a livello universale e il mantenimento di rapporti pacifici fra le Nazioni ha dato luogo ad una condivisione profonda di valori che a loro volta hanno indirizzato la volontà degli Stati verso comuni obiettivi.

Nella presente trattazione, l’esigenza di anticipare, alla descrizione dei provvedimenti decisi in sede comunitaria, l’elencazione del contenuto di alcuni dei documenti elaborati dalle Nazioni Unite in materia di diritti della persona umana, risponde all’evidente necessità di vedere nella famiglia il luogo principale di difesa dei diritti fondamentali, in particolare dei soggetti che necessitano di maggiore protezione: i minori.

In seno alle Nazioni Unite sono stati approvati sia strumenti generali in materia di diritti dell’uomo, sia strumenti volti alla protezione dei famigliari in condizioni di debolezza.

Occorre citare, in particolare, da un lato la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948), il Patto internazionale sui diritti civili e politici e il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, entrambi del 1966; dall’altro la Convenzione sul consenso al matrimonio, l’età minima per contrarre matrimonio e la registrazione dei matrimoni del 1962, la Convenzione sui diritti del minore del 1989, la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne del 1979 e la Convenzione sulla nazionalità della donna coniugata del 1957. Tali strumenti si caratterizzano, rispetto ad analoghi strumenti elaborati in altri ambiti 4, per l’assenza a

4 Il riferimento va in primo luogo alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali redatta in seno al Consiglio d’Europa di cui si parlerà in seguito.

118 livello internazionale di un sistema efficace di monitoraggio e sanzione delle violazioni.

Le dichiarazioni sono in sé prive di efficacia vincolante. Per le Convenzioni e i Patti, il sistema consiste nella presentazione da parte degli Stati contraenti di rapporti che illustrano le misure adottate per dare attuazione nell’ordinamento interno ai diritti riconosciuti nel singolo strumento: non sono dunque ammessi ricorsi individuali. I rapporti sono esaminati da comitati istituiti ad hoc che successivamente possono formulare raccomandazioni, con efficacia meramente persuasiva. Gli Stati contraenti possono segnalare presunte violazioni da parte di altri Stati. È evidente che il sistema, così come costituito, incrementa in modo esponenziale il rischio di un recepimento meramente formale e astratto delle disposizioni enunciate a livello extranazionale.

La mancanza di un meccanismo efficace di sanzione costituisce in effetti il principale limite del più noto strumento internazionale in materia minorile approvato nell’ambito delle Nazioni Unite: la Convenzione sui diritti del minore (Convention on the Rights of the Child), adottata dall’Assemblea Generale con la Risoluzione n. 44/25 del 20 novembre 1989 e aperta alla firma a New York il 26 novembre 1990,5 dopo una elaborazione di dieci anni e a trent’anni esatti dalla Dichiarazione sui diritti del minore del 1956 (che riprendeva a sua volta una analoga Dichiarazione approvata nel 1924 in seno alla Società delle Nazioni).6 La Convenzione è composta da un preambolo seguito da 54 articoli, divisi in tre parti: la prima (artt. 1- 41) riguarda i diritti dei minori; la seconda (artt. 42- 45) istituisce il Comitato dei diritti del minore; la terza (artt. 46- 54) detta norme tecniche concernenti firma, ratifiche, entrata in vigore, riserve ed emendamenti. La novità della Convenzione risiede anzitutto nel fatto che si tratta del primo strumento giuridicamente vincolante che riconosce i minorenni come soggetti di diritti, ponendosi dunque in aperto contrasto con il tradizionale orientamento paternalistico che vedeva nei minori dei meri oggetti di diritti. La popolarità di questo strumento è sicuramente dovuta in larga parte ad una norma precisa, l’art. 3 c. 1º, che enuncia il principio del superiore interesse del minore: “in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore

5 In Italia l’autorizzazione alla ratifica e l’ordine di esecuzione sono stati dati con legge 26 maggio 1991, n. 176.

6 Per un excursus storico sulla tutela internazionale dell’infanzia e dell’adolescenza nell’ambito della Società delle Nazioni prima e delle Nazioni Unite poi e sull’elaborazione della Convenzione del 1989, cfr. S.DETRICK (a cura di), The United Nations Convention on the Rights of the Child. A Guide to the

“Travaux Préparatoires”, The Hague -Boston- London, 1992, p. 19 ss. e M.R.SAULLE, La Convenzione dei diritti del minore e l’ordinamento italiano, Napoli, 1992, p. 11 ss.

119 del fanciullo deve essere una considerazione preminente”. In forza di questo principio dunque, nel bilanciamento tra più interessi contrapposti uno dei quali sia l’interesse del minore, quest’ultimo dovrà sempre essere considerato “preminente”. Ciò non significa in effetti che dovrà necessariamente prevalere, ma che dovrà comunque essere tenuto in particolare considerazione: solo gravi e fondati motivi potrebbero determinare una sua limitazione. Uno dei pregi della Convenzione è che essa non si limita a ripetere i diritti riconosciuti da altri strumenti internazionali ad ogni essere umano: molti di essi, infatti, sono specificati e adattati alla singolare situazione del soggetto minorenne.7 Al minore, inoltre, sono riconosciuti diritti nuovi, espressione della peculiarità della condizione minorile. Alcune norme proteggono il minore nella famiglia,8 mentre altre lo proteggono dalla famiglia.9 L’aggregato sociale primario riceve protezione in quanto luogo dove la personalità del bambino cresce e si sviluppa. La relazione familiare riceve una tutela particolare, si afferma il diritto del bambino alla propria famiglia, a stabilire e conservare relazioni con i genitori e con gli altri parenti. Solo in casi limite, con le garanzie necessarie, questo rapporto può essere allentato o interrotto a tutela del preminente interesse del bambino.10 La Convenzione detta infine norme che garantiscono il rispetto dei diritti del minore in relazione a fenomeni specifici.11

7 Si pensi ad esempio al diritto all’identità personale, che è articolato nel diritto ad essere registrato immediatamente al momento della nascita, nel diritto al nome, alla cittadinanza e “nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e ad essere allevato da essi” (art. 7) o al diritto riconosciuto al minore “capace di discernimento di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa (art. 12).

8 Si pensi al diritto del minore a non essere separato dai genitori contro la volontà (a meno che ciò risponda al suo interesse) (art. 9) e al principio della responsabilità comune dei genitori nell’educazione e nell’allevamento del figlio (art. 18).

9 Si pensi al diritto del minore alla protezione da ogni forma di violenza “per tutto il tempo in cui è affidato all’uno o all’altro, o a entrambi i genitori, al suo legale rappresentante, oppure ad ogni altra persona che abbia il suo affidamento” (art. 19).

10 G.FERRANDO, I diritti dei minori nella famiglia in difficoltà, in Fam. e Dir., 2010, p. 1176.

11 Tali fenomeni possono essere gli “spostamenti e non-ritorni illeciti” (art. 11), l’adozione (art. 21); la situazione dei minori mentalmente o fisicamente handicappati (art. 23); la situazione dei minori appartenenti a minoranze etniche, religiose o linguistiche (art. 30).

120 2. Conferenza di diritto internazionale privato dell’Aja e diritto di famiglia.

In questa sede sembra opportuno fare riferimento anche ad un’altra fonte di origine extranazionale che risulta inevitabilmente connessa a quanto enunciato in campo europeo in materia di diritto di famiglia. La Conferenza di diritto internazionale privato dell’Aja è una organizzazione il cui scopo è “lavorare per la progressiva unificazione delle norme di diritto internazionale privato” (art. 1 dello Statuto). In quest’ottica sono state elaborate Convenzioni in materia di protezione dei minori (Convenzione sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori del 5 ottobre 1961, Convenzione sulla giurisdizione, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori del 19 ottobre 1996), di alimenti (Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari del 2 ottobre 1973, Convenzione concernente il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni relative alle obbligazioni alimentari del 2 ottobre 1973), di rottura del rapporto matrimoniale (Convenzione sul riconoscimento dei divorzi e delle separazioni personali del 1º giugno 1970), di adozione (Convenzione sulla protezione dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale del 29 maggio 1993), di sottrazione internazionale di minori (Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori del 25 ottobre 1980). La maggioranza di questi documenti detta esclusivamente norme di diritto internazionale privato classico. Le recenti Convenzioni in materia minorile del 1980, 1993, e 1996 si distinguono invece dalle altre Convenzioni, in quanto mirano pragmaticamente a garantire il rispetto del principio del superiore interesse del minore in ambiti specifici, mediante la costruzione di un sistema di garanzie procedimentali fondato sulla cooperazione internazionale fra autorità centrali, una per ciascuno Stato contraente.12

Per quanto riguarda il Vecchio continente, il 5 ottobre 2006, il Consiglio dell’Unione Europea, ha deciso sull’adesione della Comunità alla Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato. Tale provvedimento ha confermato la volontà della Comunità di acquisire uno status conforme al suo nuovo ruolo di grande attore internazionale nel settore della cooperazione giudiziaria e civile, capace di esercitare le sue competenze esterne partecipando come membro titolare ai negoziati delle Convenzioni dell’Aja di

12 J.LONG, Il diritto italiano della famiglia alla prova delle fonti internazionali, cit., pp. 18- 19.

121 diritto internazionale privato nei settori di sua competenza.13 La partecipazione alle attività di unificazione del diritto privato costituisce, appunto, una tappa fondamentale nel percorso della istituzione dell’Europa in soggettività politica internazionale.14

13 V. Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 26 ottobre 2006, decisione dei Consiglio del 5 ottobre 2006 sull’adesione della Comunità alla Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato

(2006/719/CE), in www.eur-lex.europa.eu.

14 M.BARCELLONA, Per un Codice civile europeo, in L’armonizzazione del diritto privato europeo, il piano d’azione 2003, a cura di M.MELI e M.R.MAUGERI, Milano, 2004, p. 183.

122 3. La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali: la più importante fonte internazionale del diritto di famiglia.

Nel procedere alla trattazione del panorama europeo relativo al tema dell’affido della prole nelle situazioni di disgregazione della cellula sociale primaria, è indispensabile descrivere brevemente il percorso evolutivo che ha interessato la tutela dei diritti umani e della famiglia a livello comunitario. Fra i documenti indirizzati alla promozione e alla effettiva protezione dei diritti fondamentali a livello universale, la Convenzione europea sui diritti dell’uomo e le libertà fondamentali, firmata a Roma nel 1950, e ratificata da ormai più di quaranta Stati, costituisce, nel quadro europeo, uno dei principali strumenti di garanzia dei diritti inerenti la persona umana, grazie, in modo particolare, alla giurisprudenza della Corte Europea di Strasburgo. Invero, l’attività della Corte è stata decisiva per rendere effettivi i principii contenuti nella Carta e, allo stesso tempo, per garantire la flessibilità necessaria a rendere possibile il loro adeguamento all’evoluzione dei tempi. Nata con lo scopo, enunciato nel preambolo, di “rafforzare” e di “rendere più visibili i diritti fondamentali”, “alla luce dell’evoluzione della società, del progresso sociale, degli sviluppi scientifici e tecnologici”, il documento costituisce la ricognizione del contenuto dei diritti fondamentali comuni ai Paesi europei tenuto conto delle tradizioni costituzionali, della normativa comunitaria e della giurisprudenza delle Corti Europee di Strasburgo e di Lussemburgo.15 Questa Convenzione è oggi, secondo molti autori, “la fonte principale di protezione dei diritti fondamentali”16 e costituisce il

“più efficace strumento internazionale per la difesa dei diritti umani nel mondo”17; si è addirittura arrivati a sostenere che essa rappresenti la più importante fonte internazionale del diritto di famiglia.18

La Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali, entrata in vigore il 3 settembre 1953, costituisce al contempo il primo dei grandi trattati di carattere generale in materia di tutela dei diritti della persona (includendo nel novero tanto quelli regionali, quanto quelli universali) e quello più avanzato sotto il profilo del

15 G.FERRANDO, Gli interventi della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in materia di famiglia e il loro rilievo per la disciplina interna: gli artt. 8 e 12 della Convenzione, CSM, Incontro di studio dal titolo: La famiglia nel diritto internazionale privato, nel diritto comunitario e nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Roma 25 Gennaio 2005, in www.appinter.csm.it, p. 1 ss.

16 A.DEBET, L’influence de la Convention Européenne des droits de l’homme sur le droit civil, Ed.

Dalloz, Paris, 2002, p. 3.

17 L.R.HELFER, Consensus, Coherence and European Convention on Human Rights, in 26 Cornell Int’l L. J., 1993, p. 133.

18 J.LONG, Il diritto italiano della famiglia alla prova delle fonti internazionali, cit., p. 21.

123 sistema internazionale di controllo sul rispetto dei diritti tutelati, essendo l’unico a prevedere un meccanismo di garanzia che, nella sua configurazione attuale, è integralmente giurisdizionale. La Convenzione è stata adottata in seno al Consiglio d’Europa, una organizzazione regionale che ha dedicato parte rilevante delle sue risorse alla collaborazione fra gli Stati europei nel campo giuridico e della promozione dei diritti umani e dello Stato di diritto, specialmente attraverso la predisposizione di una serie di Convenzioni internazionali, tra le quali la Convenzione di Roma del 1950 riveste un ruolo di assoluta preminenza.

Allo scopo di evidenziare il nesso profondo che lega la codificazione dei diritti umani nell’ambito regionale europeo a quella realizzata in campo universale dalle Nazioni Unite, si deve sottolineare la diretta ispirazione che i redattori della Convenzione di Roma hanno tratto dalla Dichiarazione universale dei diritti umani (1948), di fatto sviluppando e specificando una parte delle disposizioni di quest’ultima, nonché dai lavori della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani. Tuttavia, nonostante il rilevabile legame che esiste fra quanto enunciato a livello universale e ciò che è stabilito nella sfera regionale, singolare, e strettamente correlato con l’unicità del suo sistema di controllo, è il ruolo “costituzionale” o paracostituzionale assunto dalla Convenzione di Roma, sotto il profilo della tutela dei diritti fondamentali, tanto nell’ambito della grande Europa, quanto nel quadro della più piccola Unione Europea.19 Ciò che rende straordinario il sistema istituito dalla Convenzione è il ruolo esercitato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo: si tratta di un organo giurisdizionale, quindi con ampi poteri di accertamento dei fatti e di interpretazione del diritto applicabile, nonché con il potere di emettere pronunce giuridicamente vincolanti. La novità di tale meccanismo di controllo è costituita dalla possibilità che l’accertamento della Corte possa essere attivato dalle vittime di presunte violazioni della Convenzione. Nel sistema della Corte europea l’individuo può non solo attivare il procedimento giudiziario internazionale, ma anche prendere parte al processo. Davanti alla Corte si fronteggiano quindi l’accusatore (la vittima o la pretesa vittima di una grave violazione dei diritti umani) e l’accusato (lo Stato, spesso quello in cui l’individuo ha la cittadinanza) che deve difendersi dall’accusa di aver calpestato un diritto fondamentale di quell’individuo.20

19 M.PEDRAZZI, La Convenzione Europea sui diritti umani e il suo sistema di controllo, in La Tutela internazionale dei diritti umani. Norme, garanzie e prassi, a cura di L.PINESCHI, Milano, 2006, pp. 281- 282.

20 A.CASSESE, I diritti umani oggi, Roma - Bari, 2005, pp. 107- 108.

124 Dopo aver sommariamente descritto i profili generali riguardanti il funzionamento dei meccanismi di garanzia previsti dalla Convenzione, occorre procedere all’analisi testuale del documento, focalizzando l’attenzione sull’oggetto di ricerca della presente trattazione. Alla famiglia la CEDU dedica solo due articoli (che vanno naturalmente letti in relazione con i principii generali della Convenzione, specie il divieto di discriminazione enunciato all’art. 14):

- L’art. 8, che tutela la vita privata e familiare: “Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza”: I limiti che il secondo comma prevede possano essere apportati a tale diritto debbono essere previsti con legge e solo in vista di determinate finalità intese come prevalenti sui diritti della persona (“Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell’esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui”).

- L’art. 12 garantisce il diritto al matrimonio. “Uomini e donne in età adatta hanno diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio di tale diritto”.21

Le disposizioni appena citate, le quali, da sole, potrebbero sembrare insufficienti e imprecise nel perseguire lo scopo di garantire la protezione dei diritti dei membri della famiglia, nei fatti, per mezzo dell’attività di interpretazione svolta dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, che provvede alla lettura dei suddetti articoli in relazione ai principii generali della Convenzione, risultano idonei al mantenimento di un sistema all’interno del quale la cellula sociale primaria costituisce il luogo principale di promozione e di tutela dei diritti fondamentali.

Nei fatti, l’attività di interpretazione svolta dalla Corte, è supportata non solo dagli strumenti normativi indicati all’interno della Convezione che l’ha istituita, ma si avvale

21G.FERRANDO, Gli interventi della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in materia di famiglia e il loro rilievo per la disciplina interna, cit., pp. 1- 2.

125 del supporto di altri documenti il cui ruolo integrativo risulta utile al fine di attribuire ai suddetti articoli un contenuto più specifico.

Nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000) sono infatti più numerose le norme che riguardano la famiglia: l’art. 7 assicura il rispetto della vita privata e familiare, l’art. 9 garantisce il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia, l’art. 14 afferma il diritto dei genitori di provvedere all’educazione e all’istruzione dei figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, l’art. 23 codifica il diritto alla parità fra uomo e donna, l’art. 24 i diritti del bambino, l’art. 25 quelli degli anziani, l’art. 26 quelli dei disabili, mentre l’art. 33 enuncia il principio di ordine generale secondo cui “è garantita la protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale”. Se si guarda alla Carta con un atteggiamento costruttivo, la si può considerare come un punto di arrivo e allo stesso tempo come un punto di partenza. Un punto di arrivo, in quanto strumento che riassume i valori e i principii che hanno ispirato il percorso comune fino ad ora compiuto. Un punto di partenza in quanto strumento da cui muovere per dare più piena attuazione ai diritti fondamentali in ambito europeo.

Si deve rilevare che sia nella Convenzione di Roma che nella Carta di Nizza la famiglia non viene guardata come istituzione portatrice di interessi superiori. Ad essere oggetto di tutela sono piuttosto i diritti delle persone come componenti della famiglia. Da questo punto di vista, la protezione che l’art. 33 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE garantisce alla famiglia, va intesa come protezione dei vincoli di solidarietà che in essa si dispiegano e delle responsabilità che in essa si affermano e che richiedono, come chiarisce il secondo comma, che la legge sostenga le responsabilità familiari.22 La Corte di Strasburgo ha d’altra parte già da tempo affermato che dalla Convenzione sorgono per gli Stati non solo obbligazioni negative, che consistono nel dovere dello Stato di evitare ingerenze arbitrarie di autorità pubbliche nella vita privata e familiare degli individui soggetti alla sua giurisdizione e nel corrispondente diritto dell’individuo di non subire tali ingerenze, ma anche obbligazioni positive di attivarsi affinché il rispetto dei diritti proclamati sia effettivo.23 Ponendo in capo agli Stati delle obbligazioni di fare i giudici di Strasburgo da un lato hanno superato la concezione classica dei “diritti civili

Si deve rilevare che sia nella Convenzione di Roma che nella Carta di Nizza la famiglia non viene guardata come istituzione portatrice di interessi superiori. Ad essere oggetto di tutela sono piuttosto i diritti delle persone come componenti della famiglia. Da questo punto di vista, la protezione che l’art. 33 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE garantisce alla famiglia, va intesa come protezione dei vincoli di solidarietà che in essa si dispiegano e delle responsabilità che in essa si affermano e che richiedono, come chiarisce il secondo comma, che la legge sostenga le responsabilità familiari.22 La Corte di Strasburgo ha d’altra parte già da tempo affermato che dalla Convenzione sorgono per gli Stati non solo obbligazioni negative, che consistono nel dovere dello Stato di evitare ingerenze arbitrarie di autorità pubbliche nella vita privata e familiare degli individui soggetti alla sua giurisdizione e nel corrispondente diritto dell’individuo di non subire tali ingerenze, ma anche obbligazioni positive di attivarsi affinché il rispetto dei diritti proclamati sia effettivo.23 Ponendo in capo agli Stati delle obbligazioni di fare i giudici di Strasburgo da un lato hanno superato la concezione classica dei “diritti civili