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DICHIARAZIONE DI PRESTAZIONE

3.4 La norma UNI 1

3.4.7 L’Ambiente di Condivisione dei Dati – ACDat

L’Ambiente di Condivisione dei Dati (ACDat) o in inglese Common Data Environment (CDE), è anch’esso entrato a far parte della norma UNI 11337, dopo che era stato introdotto nel Regno Unito con la norma volontaria BS 1192- 1:2007 [BS 1192-1:2007 - Collaborative production of architectural, engineering and construction information – Code of practice] e la sua successiva specifica

tecnica PAS 1192-2:2003. Se in una prima fase il concetto inglese riguardava solamente la fase progettuale, con la PAS viene esteso a tutte le fasi del processo edilizio. In Italia, il concetto di Ambiente di Condivisione dei Dati (ACDat) è inserito nell’art. 2 lettera a del D.M. 560/2017 e viene espresso nel modo seguente:

“Un ambiente digitale di raccolta organizzata e condivisione di dati relativi ad un’opera e strutturati in informazioni relative a modelli ed elaborati digitali prevalentemente riconducibili ad essi, basato su un’infrastruttura informatica la cui condivisione è regolata da precisi sistemi di sicurezza per l’accesso, di tracciabilità e successione storica delle variazioni apportate ai contenuti informativi, di conservazione nel tempo e relativa accessibilità del patrimonio informativo contenuto, di definizione delle responsabilità nell’elaborazione e di tutela della proprietà intellettuale.” 32

Esso viene definito inoltre come

“uno spazio virtuale in cui vengono raccolti, gestiti e distribuiti sia i modelli che i set di dati e i documenti collaterali. Viene tipicamente sfruttato negli schemi collaborativi anche se può essere utilizzato per le consegne di un “BIM solitario”. […] Può trattarsi di un semplice spazio compartimento per i soli file, o di un sistema di gestione documentale che svolga ad esempio anche l’archiviazione dell’ e-mail” 32 .

La suddivisione primaria di un Common Data Environment è in quattro settori: Work-in-progress

Condivisi (Shared/Client shared area) Pubblicati (Published Documentation) Archiviati (Archive)

Il trasferimento di informazioni e modelli da una sezione all’altra avviene attraverso gate dopo che il documento o l’informazione ha subito un processo di verifica e validazione da chi è stato incaricato (team manager).

Nello specifico, nella sezione “Work- in-progress” sono presenti modelli e informazioni in fase di lavorazione depositati dai vari team di progetto, ma non ancora condivisi. In “Condivisi”, modelli e informazioni che sono stati controllati, revisionati ed approvati, in modo tale da essere condivisi con gli altri team. In “Pubblicati” vi sono i modelli e le informazioni autorizzati ed accettati dal cliente o chi per esso, a disposizione di tutti i team.

Caratteristiche:

Come già presente nel testo del Decreto e nella norma UNI 11337-5, l’Ambiente di Condivisione dei Dati, per essere considerato tale, deve possedere delle caratteristiche specifiche:

accessibilità, con regole prestabilite in funzione del ruolo all’interno del processo;

tracciabilità e successione storica di tutto il flusso;

supporto della maggior parte di tipologie e formati dati e loro elaborazioni;

possibilità di estrapolazione di informazioni mediante interrogazione; possibilità di conservazione e aggiornamento nel tempo;

garanzia di sicurezza e riservatezza. È previsto anche un ambiente di condivisione dei dati non digitali, definito Archivio di Condivisione

Documenti, ACDoc, (Data Room,

in inglese) costituito quindi da uno spazio fisico nel quale vengono raccolti, organizzati e condivisi documenti su supporti fisici che andrebbero però digitalizzati.

Proprietà e gestione:

Il tema riguardante la proprietà e la gestione dell’ambiente di condivisione dei dati è posto particolarmente al centro dell’attenzione, in quanto vi è una divergenza tra quanto espresso nelle norme e quanto viene poi effettivamente messo in pratica nei Capitolati Informativi, nei quali si specifica che questo è richiesto all’affidatario.

Si legge infatti che:

“per un processo realmente efficiente ed efficace in senso informativo, quindi, l’ACDat

deve essere centralizzato in capo al committente e deve trattare solo di dati e loro “contenitori” (modelli, file, elaborati) coordinati con gli affidatari. Gestendo solo quelli pubblicati da approvare (e approvati) dalla committenza stessa, la quale, risulta in questo modo garantita senza necessità di imporre indebite interferenze, sugli affidatari, durante le fasi intermedie di elaborazione” 33

e anche:

“Il sistema di standardizzazione del dato e di sua costituzione non può che essere guidato dalla committenza se essa vorrà, a valle, trarne reali benefici. Sia in fase di strategia, che di progettazione, costruzione ed esercizio” 34. La situazione paradossale viene espressa anche dalle parole di Ciribini:

“Così come per la detenzione dell’Ambiente di Condivisione dei Dati, la ipotesi iniziale di strutturazione dei dati non dovrebbe essere lasciata, infatti, alla controparte contrattuale, proprio perché il committente/proprietario ha, in linea di principio, il maggior interesse allo sfruttamento dei dati e delle informazioni generati” 35.

In una visione più ampia e proiettata la futuro si immagina poi che questi ACDat, non siano strutturati come semplici sistemi di condivisione di file, ma che possano venir estesi a tutta

la filiera delle costruzioni, a livello nazionale, con la creazione di una Piattaforma Collaborativa Digitale.

Considerazioni:

Attualmente sembra quindi che ciò che è necessario sia la riduzione delle stazioni appaltanti per far in modo di avere a livello nazionale, una quantità di ACDat del pubblico, più facilmente gestibili, considerando il fatto che alla loro creazione fa seguito la creazione, spesso ex novo di figure apposite che li gestiscano.

Si tratterebbe di applicare in modo deciso e completo la normativa, senza caricare di responsabilità ulteriori soggetti non preposti per farlo.

Al giorno d’oggi gli ACDat vengono sempre più spesso sostituiti da servizi di clouding, nonostante in essi non si riscontrano quelle caratteristiche richieste dalla normativa. Ciò costituisce un rischio per la sicurezza e la privacy. “Se, in teoria, in futuro, l’Ambiente di Condivisione dovrebbe essere il fattore principale, in cui i dati, tutti computazionali, di volta in volta andrebbero a generare modelli informativi mirati, allo stato attuale esso più mediocremente consente di originare o di correlare documenti che, di fatto, traducono discretamente ciò che si vorrebbe gestire in continuo”36.