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L’antro delle Ninfe tra Porfirio e Numenio

5. Nel ventre della balena

5.2 L’antro delle Ninfe tra Porfirio e Numenio

Un altro ἄντρον importante dell’Odissea è quello sull’isola di Itaca, dove Odisseo giunge alla fine del suo lungo viaggio e dove i Feaci, sotto consiglio di Atena, depongono i doni.

Porfirio191, che era allievo del filologo Longino presso la scuola di Atene e del filosofo neoplatonico Plotino, in una perfetta sintesi tra poesia e pensiero filosofico, scrive un’opera dal titolo De Antro Nympharum192, dove interpreta in chiave allegorica Odisseo come simbolo dell’anima193 che, dopo essersi immersa nella materia, simboleggiata dall’acqua, tenta di tornare alla sua vera patria e tutte le sue peripezie per mare sono testimonianza dei diversi cicli che l’anima deve superare (si veda Plotino, Enneadi, I, 6, 8), secondo dei concetti tipicamente orfico-pitagorici ma che si ritrovano già in alcune dottrine platoniche; e ragionamenti di questo tipo erano presenti anche in Celso194, secondo quanto possiamo evincere dalle citazioni di Origene.

Le due vie di cui Omero parla (δύω δέ τέ οἱ θύραι εἰσίν, | αἱ µὲν πρὸς Βορέαο καταιβαταὶ ἀνθρώποισιν, | αἱ δ᾽ αὖ πρὸς Νότου εἰσὶ θεώτεραι: οὐδέ τι κείνῃ | ἄνδρες ἐσέρχονται, ἀλλ᾽ ἀθανάτων ὁδός ἐστιν195) sono interpretate come le due vie dell’anima, che, scesa nel mondo sensibile – rappresentato dall’antro – attraverso la via di Borea (vento freddo e umido e che da nutrimento), tende a tornare al mondo divino, imboccando la via della porta di Noto (vento caldo e secco e che dissolve)196.

L’opera di Porfirio non rappresenta, però, una novità nel panorama interpretativo di Omero, piegato alla filosofia platonica e ai forti influssi pitagorici che essa aveva ricevuto. Come egli afferma più volte nel corso dell’opera si rifà alle idee di Cronio e Numenio di Apamea, due filosofi medioplatonici più o meno contemporanei di Luciano.

191 Si veda, tra gli altri, GIRGENTI 1997.

192 Per il rapporto di Porfirio e del De Antro Nynpharum con Omero si veda DE PIANO 2014; più in

generale, per il rapporto tra Porfirio e Omero si veda PÉPIN 1996.

193 Si vedano BUFFIÈRE 1956, pp. 419-437; PÉPIN 1982, pp. 8-9; LAMBERTON 1986, pp. 130-133. 194 Si veda SIMONINI 2006, n. 116, pp. 241-246.

195 Od., XIII, 109b-112: “Due sono le porte: una scende verso Borea, per gli uomini; l’altra verso Noto

è riservata gli dei: per quella gli uomini non passano ma è la via degli immortali”.

5. NEL VENTRE DELLA BALENA

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Secondo quanto riporta Porfirio, ὁ Κρόνιος φησὶν ἔκδηλον εἶναι οὐ τοῖς σοφοῖς µόνον, ἀλλὰ καὶ τοῖς ἰδιώταις ἀλληγορεῖν197. Su Numenio aggiunge anche:

Οὐ γὰρ ἀπὸ σκοποῦ οἶµαι καὶ τοῖς περὶ Νουµήνιον ἐδόκει Ὀδυσσεὺς εἰκόνα φέρειν Ὁµήρῳ κατὰ τὴν Ὀδύσσειαν τοῦ διὰ τῆς ἐφεξῆς γενέσεως διερχοµένου καὶ οὕτως ἀποκαθισταµένου εἰς τοὺς ἔξω παντὸς κλύδωνος καὶ θαλάσσης ἀπεῖρους· εἰς ὅ κε τοὺς ἀφίκηαι οἳ οὐκ ἴσασι θάλασσαν ἀνέρες, οὐδέ θ᾽ ἅλεσσι µεµιγµένον εἶδαρ ἔδουσιν [Od., XI, 122-123] Πόντος δὲ καὶ θάλασσα καὶ κλύδων καὶ παρὰ Πλάτωνι ἡ ὑλικὴ σύστασις198.

Anche altri frammenti in cui si cita il filosofo di Apamea ricordano il suo impegno nella lettura allegorica dell’Odissea199. Della sua vita sappiamo pochissimo200: possiamo pensare il suo floruit intorno al 150 d.C. e dalle fonti – come visto in Porfirio – è spesso associato (lo si definisce ἑταῖρος in alcuni passi) ad un certo Cronio – figura altrettanto evanescente201 – che però potrebbe essere quel Cronio a cui Luciano dedica l’opera De

morte Peregrini nel 165 d.C. In Vita Plotini, V, Porfirio riporta una lettera di Longino in

cui sia Numenio che Cronio sono etichettati come coloro che, insieme ad altri, hanno tentato di conciliare pitagorismo e platonismo. Interessante notare, poi, che molti frammenti – sia citazioni dirette che indirette – ci sono trasmessi dalla Praeparatio

Evangelica di Eusebio di Cesarea e alcuni anche dal Contra Celsum di Origene, che lo

qualifica come “migliore di Celso”202, perché considera anche i Giudei come depositari di un sapere degno di nota. Infatti, è proprio il suo profondo rapporto con l’Ebraismo che è da rilevare: più volte si riferisce a Mosè interpretando allegoricamente il Pentateuco203

197 Porf., De Antr. Nymp., 3: “è evidente non soltanto ai sapienti, ma anche agli stolti che il poeta parli

in modo allegorico”.

198 Porf., De Antr. Nymp., 34 = Num., fr. 33 Des Places (T45 Leemans): “Non senza scopo – credo –, anche

secondo Numenio e quelli con lui, Odisseo nell’Odissea rappresentava per Omero l’immagine dell’uomo che passa attraverso le generazioni e che così giunge fra coloro che sono lontani da ogni tempesta e non hanno esperienza del mare:

‘Affinché tu giunga presso coloro che non conoscono il mare e mangiano un cibo non condito col sale’. [Od., XI, 122-123]

Del resto anche in Platone la profondità̀, il mare e i flutti rappresentano la sostanza materiale”.

199 Si vedano i frr. 32, 34 e 35 Des Places = T44, T47 e T42 Leemans. 200 Si veda, in generale, DILLON 1996, pp. 361-379.

201 Si veda DILLON 1996, pp. 379-380.

202 Origene, Contra Celsum I, 15 = Num. fr. 1b Des Places (9b Leemans).

203 Si vedano, e. g., Orig., Contra C., IV, 51 = Num. fr. 1c Des Places (T17 Leemans); Euseb., Praep.

e arriva a dire del profeta Τί γάρ ἐστι Πλάτων ἢ Μωσῆς ἀττικίζων;204. Inoltre, interpretò allegoricamente anche una storia riguardante Gesù205.

Insomma, pare chiaro che Numenio, oltre ad interpretare in chiave allegorica l’Odissea, fondendovi platonismo e pitagorismo, avesse anche un profondo rispetto oltre che una chiara conoscenza dell’Ebraismo e, probabilmente, anche del Cristianesimo. E sembra proprio che quella vena di misticismo e trascendenza che entrerà nel modus

operandi degli interpreti omerici derivi da lui, forse tramite la mediazione di Filone

d’Alessandria, che nel secolo precedente aveva applicato alla Bibbia i criteri allegorici tipici dello Stoicismo206.

Non sappiamo se Luciano avesse avuto modo di conoscere le opere e il pensiero di Numenio, suo compatriota207, ma nelle Verae Historiae ci sono molti indizi che ci spingono a ritenere fondata questa ipotesi208: non solo all’interno dell’opera lucianea non sembra mancare una riutilizzazione parodica della ‘mistica dei numeri’ pitagorica, ma anche la presenza della radice di malva e i divieti di Radamanto (VH, II, 28) richiamano il pitagorismo209, e non sembra nemmeno difficile immaginare la balena come parte di questo ciclo di reincarnazioni, immaginato nell’antro delle Ninfe, per ritornare alla patria celeste. Se nell’allegoria di Numenio la via di uscita verso il cielo è possibile, nella Balena, però, questo procedimento non sembra andare a buon fine perché Luciano e i compagni escono dal ventre della balena percorrendo la stessa via dell’ingresso e, dunque, non c’è un vero progresso.

204 Euseb., Praep. Ev. XI, 10, 12-14 = Num. fr. 8 Des Places (17 Leemans): “Cos’è, infatti, Platone se

non un Mosè che parla attico?”.

205 Orig., Contra C., IV, 51 = Num. fr. 10a Des Places (19 Leemans). 206 Si veda LAMBERTON 1986, 44-54; NIEHOFF 2007e CALABI 2017. 207 Sia Samosata che Apamea erano due città della provincia di Siria. 208 Si veda GROSSARDT 2011.

209 Sette le trasformazioni di Pitagora (VH, II, 24); sette i giorni per arrivare sulla Luna (VH, I, 10); sette

giorni che Luciano trascorre nella casa di Endimione (VH, I, 21); sette i mesi che gli sono concessi sull’isola dei beati (VH, II, 10 e 25); sette le isole che deve attraversare prima di arrivare al nuovo continente (VH, II, 27). Si veda ancora GROSSARDT 2011.

5. NEL VENTRE DELLA BALENA

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Dunque, se una conoscenza – anche superficiale – delle opere e del pensiero di Numenio da parte di Luciano può essere ammessa210, di conseguenza non gli sarà passato inosservato il grande peso che Numenio attribuiva all’Ebraismo e a quello che lui intendeva come primo filosofo dei Giudei, Mosè. Certo è che per un orientale di II sec. d. C. – come erano Luciano, Numenio, Cronio e (sembra) anche Celso – pare assolutamente impossibile ignorare totalmente il contesto ebraico o cristiano: proprio Samosata, la patria di Luciano, è stata una città molto importante per la diffusione del Cristianesimo nel I sec. d. C. ed è impensabile che durante la sua attività di conferenziere in giro per l’Impero (tra Atene, Roma, l’Asia Minore, l’Egitto e la Gallia) non abbia avuto contatto diretto con il fenomeno cristiano211.