8. Omero, il suo mito e i suoi versi
8.2 Luciano e le sue “palinodie” di Omero
Più che di vere e proprie ritrattazioni alla maniera di Stesiroco di un avvenimento omerico – che come abbiamo visto non avrebbero senso per il Nostro –, Luciano propone delle specie di sequel dell’epica omerica in cui rappresenta parodicamente alcuni avvenimenti, facendo così emergere nuovamente la sua critica all’elevazione a modelli di comportamento positivi o negativi dei personaggi dell’epica.
Alla fine di II, 20 si dice che Omero subì un processo: la causa gli fu intentata da Tersite, per via dell’ingiusto trattamento ricevuto in Il., II, 225-264; egli accusa Omero di ὕβρις, la stessa tracotanza usata da lui stesso nel suo discorso. Odisseo, ancora una volta, attraverso la sua abilità oratoria prende le difese di chi era accusato da Tersite: se nell’Iliade prendeva le difese di Agamennone, adesso prende le difese di Omero e, in entrambi risulta fondamentale per la vittoria dell’agone retorico.
Se, però, nell’Iliade Odisseo difendeva un personaggio che, come tale, aveva la sua stessa funzione nell’economia dell’opera, adesso difende il suo ‘ideatore’: Omero diventa personaggio di un’opera intrisa dei suoi poemi epici e interagisce con i personaggi da lui stesso creati. Per di più, non interagisce con loro con un atteggiamento di superiorità, come se essi fossero ad esempio delle marionette, o al limite con parità di relazione, ma al contrario, ha bisogno di Odisseo per vincere la causa.
Così facendo, cade bruscamente l’esaltazione di Omero come τεχνίτης τῶν λόγων (De
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sull’analisi della presenza in Omero dell’arte retorica, ἧς [scil. ῥητορικὴ τέχνη] ἐντὸς Ὅµηρος πρῶτος γέγονεν, ὡς φαίνεται333 ed Odisseo è più volte considerato come esempio delle varie tecniche oratorio (§§ 166, 169, etc.), definendo τὸν δὲ Ὀδυσσέα πολλῇ καὶ πυκνῇ <καὶ κατα>πληκτικῇ τῇ δεινότητι τῶν λόγων κεχρηµένον334. È evidente come, date queste premesse, Luciano stia rappresentando un Omero privo di tutte le sue abilità retoriche, che necessità addirittura dell’intervento di Odisseo per salvarsi nel processo intentatogli da uno che egli stesso, quale autore dell’opera, ha definito per mezzo del Laerziade uno che ἀκριτόµυθε, λιγύς περ ἐὼν ἀγορητής335.
Un altro esempio di sequel palinodico è la storia di Cinira ed Elena. In II, 25, infatti, Cinira, il figlio di Scintaro, innamorato di Elena, decide di rapirla e di portarla via con sé nelle isole vicine. Quando Menelao si accorge della partenza della moglie lancia un urlo, prevedendo già il motivo dell’assenza della moglie, e si reca dal giudice Radamanto che manda cinquanta eroi su una barca ad inseguire l’imbarcazione di Cinira ed Elena, che già si trovava al largo e riuscendo alla fine a riportarli a terra.
Evidente l’analogia con il rapimento della donna da parte di Paride, evento che per Omero ha scatenato la guerra di Troia: nella storia letteraria dei Greci, però, non è stato sempre così. Abbiamo già parlato di Esiodo e di Stesicoro con la sua doppia palinodia, ma dobbiamo ricordare anche Euripide e lo sviluppo che avrà nella sofistica con l’Encomio di Gorgia e, poi, nella retorica di Isocrate: la linea comune di questa parte di tradizione è di scagionare Elena dall’accusa di essere il fattore scatenante della guerra. Menelao, colpito nell’onore per il ratto della moglie si recherà in guerra per riconquistare l’amata. Il Menelao che esce da questo episodio delle Verae Historiae non ha alcun tratto epico: se in Il., VI, 37 è definito “Menelao dal grande grido di guerra” (βοὴν ἀγαθὸς Μενέλαος)336, il grido che lancia appena si accorge della scomparsa della moglie non è di certo un grido bellico. Insieme al fratello, Agamennone, non intraprendono una guerra – come suggerirebbe l’imitazione del modello – ma si recano dal giudice Radamanto a
333 Ps.-Plut., De Hom., 161: “in cui, come sembra, Omero fu il primo ad avventurarsi”.
334 Ps.-Plut., De Hom., 172: “Odisseo esperto nel districarsi tra molte, difficili ed ammirevoli tipologie
di discorsi”.
335 Il., II, 246: “parla a vanvera, pur essendo un oratore eloquente”.
336 Si veda VAN MAL-MAEDER 1992, pp. 140-141. L’epiteto è presente anche in Il., II, 408 e 586; III,
chiedere giustizia. La riduzione del valore eroico di Menelao era già prerogativa dell’Elena euripidea, in cui il marito della donna assomiglia molto più ad un eroe comico – per via dei diversi equivoci della tragedia – che ad un eroe epico o tragico337. Proprio con quanto narrato nell’esodo (vv. 1512-1692) di questa tragedia si ricollega la partenza di Cinira ed Elena sulla nave ed il loro allontanamento sul mare: anche Elena si allontana sulla nave fornitagli da Teoclimeno con Menelao e quando il re lo scopre, adirato, desidererebbe raggiungere la nave (Hel., 1622-1623) per poter riavere Elena. Se in Euripide i due, già lontani sul mare, riescono a scappare e a fare rotta verso Sparta, in Luciano Cinira ed Elena non hanno la stessa fortuna e vengono catturati dai marinai di Radamanto.
Prendendo elementi dalle diverse tradizioni su Elena, Luciano crea una nuova vicenda sull’eroina che conferma il cliché più diffuso su di lei, cioè quello che fosse propensa al tradimento e mettendo in ridicolo il marito, che nuovamente si è lasciato scappare la moglie, evitando questa volta di riconquistarla con una guerra, ma rivolgendosi alla giustizia del re.
Entrambe queste vicende – il processo ad Omero da parte di Tersite e il rapimento di Elena da parte di Cinira – sono in due modi diversi ritrattazioni della tematica omerica: come visto nel primo caso Luciano crea un nuovo episodio che si presenta come successivo al solo fatto iliadico. Se il passo iliadico voleva essere un esempio di arte oratoria e anche di gestione del popolo da parte del sovrano338, Luciano lo ribalta parodicamente nel suo rifacimento: il fatto che il poeta si debba servire dell’aiuto di una sua ‘creazione’ per superare l’agone giudiziario, oltre ad indebolirne molto le abilità retoriche universalmente riconosciute, ridicolizza il rapporto tra personaggio ed autore, rendendo il personaggio temibile da parte dell’autore.
Nel secondo caso la vicenda si inserisce nella lunga serie di revisione della storia di Elena: il Nostro crea la sua storia, che si pone successivamente a tutte le altre storie su Elena, ma anche nell’isola dei Beati la donna non ha perso la sua tradizionale propensione al tradimento e lo sposo legittimo, Menelao, perso già da tempo il carattere eroico, comprende subito l’accaduto come se fosse abituato.
337 Per Menelao nell’Elena di Euripide si veda BELARDINELLI 2003.
338 Ad esempio, Massimo di Tiro, Dissertatio, XXVI, 5 ritiene Tersite esempio di oratore senza giudizio
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