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2.4. Il quadro regionale europeo

2.4.3. L’asilo e la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo

Nel contesto regionale europeo, la tutela dei diritti dei richiedenti protezione trova poi un essenziale punto di riferimento nella Convenzione europea dei diritti dell’Uomo del 1950180 (d’ora in avanti, CEDU) e, conseguentemente, nella

giurisprudenza della Corte di Strasburgo (d’ora in avanti, Corte EDU)181. A differenza

della Carta di Nizza e della Dichiarazione universale dei diritti umani, la CEDU non menziona il diritto di asilo182. Ciò nonostante, il contenzioso in materia è abbondante

dinanzi alla Corte europea che, facendo leva sulla peculiare condizione di vulnerabilità nella quale versano i richiedenti asilo183, fa derivare determinati obblighi e

180 Ratificata dall’Italia con Legge n. 848 del 4 agosto 1955 e dalla Francia con Décret n.74-360 del 3

maggio 1973. La ratifica da parte della Francia è avvenuta con evidente ritardo; invero, un primo progetto di legge di autorizzazione alla ratifica era stato depositato già nel 1953 e, a seguito del fallimento del procedimento di ratifica, nuovamente nel 1956, per poi interrompersi a causa della crisi del 13 maggio 1958. La crisi algerina contribuì alla mancata ratifica da parte della Francia, riluttante a vincolarsi a disposizioni ritenute in parte troppo stringenti, soprattutto in ragione del contesto storico. Anche quando, nel 1974, si riuscì a portare a termine il procedimento di ratifica, questa fu condizionata da tre riserve poste dalla Francia, nonché dalla mancata accettazione della clausola di accettazione della competenza della Commissione in materia di ricorsi individuali alla Corte EDU. La ratifica fu considerata completa solo quando, nel 1981, tali riserve caddero. Si veda A.PELLET, La ratification par

la France de la Convention européenne des Droits de l'Homme, in Revue du Droit public et de la science politique, 1974, pp. 1319–1379.

181 Più in generale, sul processo di internazionalizzazione dei diritti umani, con particolare riferimento

alla Convenzione EDU e la sua efficacia nel diritto interno, si veda L.MONTANARI, I diritti dell’uomo

nell’area europea tra fonti internazionali e fonti interne, Torino, Giappichelli, 2002.

182 La Corte di Strasburgo ha sottolineato a più riprese il fatto che né la Convenzione EDU né i suoi

Protocolli garantiscono il diritto di chiedere asilo e che gli Stati contraenti hanno il diritto di gestire gli ingressi, i soggiorni e gli allontanamenti sul e dal proprio territorio. Ex multis, Corte EDU, Sentenza 2 aprile 2013, ric. 27725/10, Mohamed Hussein e altri c. Paesi Bassi e Italia, par. 65: «La Corte rammenta in primo luogo che gli Stati contraenti, secondo il diritto internazionale e nel rispetto dei loro obblighi derivanti da trattati, hanno il diritto di controllare l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione di stranieri (si vedano Üner c. Paesi Bassi [GC], n. 46410/99, § 54, CEDU 2006-XII; Abdulaziz, Cabales e Balkandali

c. Regno Unito, 28 maggio 1985, § 67, Serie A n. 94; e Boujlifa c. Francia, 21 ottobre 1997, §

42, Reports of Judgments and Decisions 1997-VI) e che il diritto di asilo non è espressamente tutelato né dalla Convenzione né dai relativi Protocolli (si veda Al Husin c. Bosnia e Herzegovina, n. 3727/08, § 49, 7 febbraio 2012)». N.MOLE, Le droit d’asile et la Cour européenne des droits de l’homme, Strasburgo, Editions du Conseil de l’Europe, 2001, p. 5 : «L’un des principaux attributs de la souveraineté nationale est le droit des États d’accueillir des étrangers sur leur territoire ou de les en expulser1 . Les Etats sont tenus d’admettre les étrangers sur leur territoire uniquement si leur expulsion signifierait un manquement à une autre disposition de droit international. La notion de droit d’asile constitue l’exemple le plus important de ce dernier principe».

183 Si rimanda in particolare alla già citata Corte EDU, sentenza M.S.S. c. Belgio e Grecia, cit., spec.

par. 251: «La Cour accorde un poids important au statut du requérant qui est demandeur d’asile et appartient de ce fait à un groupe de la population particulièrement défavorisé et vulnérable qui a besoin d’une protection spéciale (voir, mutatis mutandis, Oršuš et autres c. Croatie [GC], n. 15766/03, § 147, CEDH 2010). Elle note que ce besoin d’une protection spéciale fait l’objet d’un large consensus à l’échelle internationale et européenne, comme cela ressort de la Convention de Genève, du mandat et des activités du HCR ainsi que des normes figurant dans la directive Accueil de l’Union européenne».

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responsabilità in capo agli Stati contraenti, nonché il diritto a una protezione “speciale” dei soggetti in sede di tutela dei loro diritti184.

In particolare, pur senza mai esplicitare un diritto all’asilo, il giudice di Strasburgo si è adoperato nel tempo per garantire a tali soggetti il diritto a rimanere nel territorio dello Stato ove si trovino – se parte del sistema EDU – anche in mancanza di un titolo di soggiorno legittimo. Più correttamente, tale diritto viene ricavato dall’applicazione dell’art. 3 della Convenzione, ai sensi del quale «Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti».

Se inizialmente la disposizione venne interpretata nel senso di inibire gli Stati a porre in essere comportamenti atti a configurare un trattamento inumano o degradante, la Corte ne ha esteso la portata nel tempo, arrivando ad affermare la possibilità di una violazione indiretta della norma quando la condotta illegittima non sia tenuta dallo Stato stesso ma – si noti, anche in maniera potenziale185 – da un Paese

terzo verso il quale il soggetto viene inviato. Si tratta dunque di una protezione indiretta, per questo definita par ricochet186, originariamente predisposta dal giudice di Strasburgo col noto caso Soering c. Regno Unito187, che trattava invero dell’estradizione di un cittadino tedesco da parte della penisola britannica, ritenuta contraria alla CEDU in quanto il soggetto avrebbe rischiato di subire un trattamento vietato dall’art. 3 nel Paese di destinazione (Stati Uniti d’America); il “solo” fatto che l’interessato avrebbe dovuto attendere l’inflizione della pena capitale da parte dello Stato del Virginia, ove sarebbe stato lungamente detenuto nel cd. braccio della morte qualora estradato, è tale da integrare una forma di tortura e, par ricochet, una

184 H.TIGROUDJA, L’apport de la jurisprudence de la Cour européenne des droits de l’homme, in T.

TUOT (cur.), Droit d’asile, Parigi, Pedone, 2015, pp. 203-210 ; E.CANNIZZARO, I diritti degli "stranieri"

nella CEDU, in C.PANZERA,A.RAUTI,C.SALAZAR,A.SPADARO (cur.), Quattro lezioni sugli stranieri, cit., pp. 35-50.

185 S.BORRELLI,Allontanamento dello straniero dal territorio e norme internazionali per la tutela dei

diritti umani, in L.ZAGATO (cur.), Verso una disciplina comune europea del diritto d’asilo, cit., pp. 99- 122, p. 105: «uno Stato è […] suscettibile di violare i propri obblighi in materia di diritti umani per il fatto stesso di espellere, estradare o a qualsiasi altro titolo allontanare dal proprio territorio un individuo qualora esistano, al momento dell’allontanamento, fondati motivi per ritenere che l’interessato corra un “pericolo reale” di subire violazioni dei propri diritti fondamentali nello Stato di destinazione».

186 G.COHEN-JONATHAN, La Convention européenne des droits de l’homme, Parigi-Aix en Provence,

Economica-Presses Universitaires d’Aix-Marseille, 1989, p. 84.

187 Corte EDU, sentenza 7 luglio 1989, ric. 14038/88, Soering c. Regno Unito. Per un commento si veda

W.G.VAN DER MEERSCH, L’extradition et la Convention européenne des droits de l’homme. L’affaire

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violazione della Convenzione da parte del Paese estradante188. Il principio era poi stato

ribadito due anni dopo con specifico riferimento ai richiedenti asilo, in due casi di allontanamento dal territorio a seguito di diniego di riconoscimento della protezione (casi Cruz Varas c. Svezia e Vilvarajah c. Regno Unito). Nel caso Vilvarajah, la Corte aveva mostrato un atteggiamento oscillante, probabilmente dovuto al timore di interferire con la discrezionalità statale nell’attribuzione dello status di rifugiato, che l’aveva portata a sovrapporre in maniera indistinta il principio ricavabile dall’art. 3 della CEDU con quello di non-refoulement di cui all’art. 33 della Convenzione di Ginevra189. Tuttavia, seppur simili, le due fattispecie non sono identiche; nell’ambito

della CEDU rileva il solo fatto che vi sia un rischio reale di pericolo, indipendentemente dalla dimensione collettiva di quest’ultimo (ad esempio, la minaccia ad un determinato gruppo etnico, inteso nella sua interezza) e dalle ragioni che lo giustificano. Inoltre, se la Convenzione di Ginevra protegge dal solo respingimento verso il proprio Paese di origine, la CEDU si riferisce anche all’allontanamento verso un Paese che potrebbe a sua volta respingere il soggetto in patria. Infine, è opportuno sottolineare che l’art. 3 della Convenzione di Roma garantisce protezione a chiunque si trovi nelle circostanze ivi descritte, mentre il non- refoulement ginevrino è concepito con solo riferimento ai rifugiati stricto sensu190.

Vale la pena ricordare che il limite all’allontanamento nel sistema EDU è da ritenersi come assoluto; considerato che «L'article 3 (art. 3) consacre l'une des valeurs fondamentales des sociétés démocratiques […] la Convention prohibe en termes absolus la torture ou les peines ou traitements inhumains ou dégradants, quels que soient les agissements de la victime. L'article 3 (art. 3) ne prévoit pas de restrictions, en quoi il contraste avec la majorité des clauses normatives de la Convention et des

188 La Corte sottolinea che la Convenzione EDU non garantisce il diritto a non essere estradati; ciò

nonostante, qualora l’estradizione dovesse comportare lesioni di diritti espressamente sanciti nella Convenzione, l’obiettivo di tutela dei diritti umani a cui mira il sistema EDU è tale da poter imporre allo Stato di non procedere con la procedura. A.DAMATO, Estradizione e divieto di trattamenti inumani

o degradanti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Rivista Internazionale dei diritti umani, 1991, pp. 648-668.

189 F.PEDRAZZI, Corte Europea dei diritti dell’Uomo, richiedenti asilo e procedura di riconoscimento

dello status di rifugiato. Considerazioni critiche sul caso Vilvarajah, in Rivista internazionale dei diritti dell’uomo, 1992, pp. 187-202.

190 L.NERI, Il diritto d’asilo. Sezione seconda – Profili sostanziali: lo status di rifugiato, cit., pp. 1201-

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Protocoles nos 1 et 4 (P1, P4), et il ne souffre nulle dérogation d'après l'article 15 (art. 15) même en cas de danger public menaçant la vie de la nation»191.

La giurisprudenza della Corte di Strasburgo sul punto è oramai assai copiosa e consente altresì di ricostruire le fattispecie che, secondo i giudici, possono essere annoverate tra i rischi di trattamento contrario all’art. 3 per il soggetto che lo Stato vuole allontanare192. Considerata la natura della Convenzione di trattato a tutela dei

diritti umani e delle libertà fondamentali, le disposizioni in essa sancite devono essere interpretate in maniera sostanziale, vale a dire in modo da garantire ai soggetti una protezione reale ed effettiva193.

Dunque, la mancanza di riferimenti espliciti al diritto di asilo – così come di riferimenti scarni agli stranieri genericamente intesi194 – non impedisce al sistema

EDU di costituire un essenziale strumento di tutela per questi soggetti, sulla base delle altre disposizioni. Non va infatti dimenticato che l’art. 1 della Convenzione sancisce che «Le Alte Parti contraenti riconoscono a ogni persona sottoposta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà enunciati nel Titolo primo della presente Convenzione»; à toute personne, indipendentemente dal possesso o meno della cittadinanza195. Ne deriva che «les Parties contractantes sont responsables au titre de

l'article 1 de la Convention de tous les actes et omissions de leurs organes, qu'ils découlent du droit interne ou de la nécessité d'observer des obligations juridiques internationales. Ledit texte ne fait aucune distinction quant au type de normes ou de 191 Corte EDU, Chahal c. Regno Unito, cit., par. 79. L’assolutezza del divieto è stata fortemente

contrastata da parte di molti governi nazionali, in particolare in funzione della lotta al terrorismo internazionale a seguito degli attentati del 2001; pur avendo dato vita a numerosi ricorsi dinanzi la Corte EDU, volti a stemperare la “durezza” con cui essa interpreta l’art. 3, i giudici di Strasburgo hanno comunque affermato che non è possibile bilanciare l’esigenza di protezione di una persona con quella di tutela della sicurezza interna dello Stato. Si veda E.CAVASINO, Refoulement, divieto di tortura,

sicurezza nazionale: riflessioni sulle forme di un difficile bilanciamento, in P.GARGIULO,M.C.VITUCCI

(cur.), La tutela dei diritti umani nella lotta e nella guerra al terrorismo, Napoli, ESI, 2009, pp. 379- 402.

192 A.FRONEROD, L’article 3 de la Convention européenne des droits de l’homme et l’éloignement forcé

des étrangers : illustration recente, in Revue trimestrelle des droits de l’homme, 2010, pp. 315-340.

193 A. SACCUCCI, Diritto d’asilo e Convenzione europea dei diritti umani, in C. FAVILLI (cur.),

Procedure e garanzie del diritto di asilo, cit., pp. 147-184, spec. p. 151.

194 Le uniche disposizioni esplicitamente riferite agli stranieri sono: art. 16 CEDU, Restrizioni

all’attività politica degli stranieri; art. 4, Protocollo n. 4, Divieto di espulsioni collettive di stranieri; art. 1, Protocollo n. 7, Garanzie procedurali in caso di espulsione di stranieri.

195 F. JULIEN-LAFFERIERE, Les droits de l’étranger, in C. TEITGEN-COLLY (cur.), Cinquantième

anniversaire de la Convention européenne des droits de l'homme. Actes du colloque organisé les 26 et 27 octobre 2000 par l'Ecole nationale de la magistrature, la Faculté Jean Monnet (Università de Paris- Sud), l'Ordre des avocats à la cour de Paris et l'Association française pour l'Histoire de la Justice,

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mesures en cause et ne soustrait aucune partie de la « juridiction » des Parties contractantes à l'empire de la Convention»196. Com’è stato affermato, i giudici di

Strasburgo hanno dunque progressivamente svelato le potenzialità della CEDU in materia, tramite una interpretazione feconda di quest’ultima tale da renderla uno strumento vivente197, in grado di adattarsi alle esigenze sorte nel corso del tempo e

colmare così i vuoti del testo.

Evidentemente, l’art. 3 non è l’unica disposizione atta a tutelare i richiedenti asilo198; al contrario, la CEDU stabilisce una serie di garanzie, tanto sostanziali quanto

procedurali, al punto che è stato affermato che essa pare rappresentare uno strumento di protezione più efficace di quello predisposto in seno al sistema di Ginevra199,

soprattutto poiché si accompagna al controllo giurisdizionale autonomo e indipendente svolto dalla Corte di Strasburgo, che veglia al suo rispetto da parte degli Stati contraenti200. In effetti, com’è stato notato, l’interpretazione dinamica della CEDU

operata dai giudici conduce ad una protezione dei soggetti che si estende sovente al di là del perimetro ginevrino, aumentando così lo standard di tutela201.

Dal punto di vista dei diritti sostanziali, la protezione par ricochet trova applicazione anche in relazione all’art. 2 della Convenzione, che tutela il diritto alla vita202, sovente interpretato in combinato disposto con l’art. 3. Concorre altresì a

196 Così Corte EDU, sentenza 30 giugno 2005, ric. 45036/98, Bosphorus Hava Yolları Turizm ve Ticaret

Anonim Şirketi c. Irlanda, par. 153.

197 C.TEITGEN-COLLY, Le droit d’asile, Parigi, Que sais-je?, 2019, pp. 36-37.

198 Si veda anche G. CILIBERTO, A.M. ROSU, Asilo e protezione internazionale nella CEDU, in

Questione Giustizia, Speciale, La Corte di Strasburgo, a cura di F. Buffa e M. G. Civinini, aprile 2019.

199 L. MARZANO, La protection offerte par la Convention européenne des droits de l’homme aux

demandeurs d’asile et aux réfugiés, in Révue universelle des droits de l’homme, 1992, pp. 176-189,

spec. p. 178.

200 V.TCHEN, Le droit des étrangers, Parigi, LexisNexis, 2020, p. 225, afferma che «La Convention

européenne des droits de l’homme se présenterait comme un instrument presque banal si elle ne s’accompagnait pas d’un contrôle juridictionnel autonome et indépendant». L’autore specifica che, ciò nonostante, non vanno ignorati l’assenza di strumenti giuridici in mano alla Corte per costringere gli Stati a non eseguire un allontanamento in contrasto con la CEDU, così come la mancata incidenza diretta di una sentenza di condanna di Strasburgo sui giudici nazionali, al punto che lo straniero non può sfuggire a una decisione nazionale invocando l’effetto sospensivo dei ricorsi dinanzi il giudice EDU.

201 C. GAUTHIER, Convention européenne des droits de l’homme et protection internationale des

réfugiés, in A.-M.TOURNEPICHE (cur.), La protection internationale et européenne des réfugiés, cit., pp. 25-50, spec. pp. 42-43.

202 Convenzione EDU, art. 2: «1. Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può

essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il reato sia punito dalla legge con tale pena. 2. La morte non si considera cagionata in violazione del presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario: (a) per garantire la difesa di ogni persona contro la violenza illegale; (b) per eseguire un arresto regolare o per impedire l’evasione di una persona regolarmente detenuta; (c) per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o un’insurrezione». Esso non si riferisce anche alla pena di

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vincolare la discrezionalità statale nell’implementazione delle sue politiche migratorie quanto disposto all’art. 8, relativo al rispetto della vita privata e familiare delle persone203, utilizzato dalla Corte con riferimento ai familiari di un soggetto a cui sia

già stata riconosciuta la protezione internazionale o, almeno, il diritto di rimanere sul territorio in ragione dell’illegittimità dell’eventuale allontanamento204. L’art. 4 del

Protocollo n. 4 poi, dispone che «Le espulsioni collettive di stranieri sono vietate». Ne deriva che gli Stati contraenti non possono decidere l’allontanamento di un gruppo di soggetti complessivamente intesi, in quanto persiste in capo alle autorità nazionali l’obbligo di un esame individuale delle situazioni degli stranieri sul territorio prima dell’eventuale espulsione. La ratio è evidentemente quella di garantire al soggetto la possibilità di presentare e vedere esaminata la propria richiesta di protezione205.

morte, che è invece espressamente considerata dal Protocollo n. 13, il cui art. 1 sancisce che «La pena di morte è abolita. Nessuno può essere condannato a tale pena, né può essere giustiziato». L’art. 2 specifica poi che «Non è ammessa alcuna deroga alle disposizioni del presente Protocollo in virtù dell’articolo 15 della Convenzione».

203 Convenzione EDU, art. 8: «1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare,

del proprio domicilio e della propria corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui».

204 In questo caso la protezione è diretta, e non par ricochet, in quanto la condotta in violazione della

CEDU è attuata dallo Stato che rifiuta l’ingresso o esegue l’allontanamento, e non avviene dunque in un Paese terzo. Si veda A.DEL GUERCIO, Il diritto dei migranti all’unità familiare nella giurisprudenza

della Corte europea dei diritti umani e nell’ordinamento dell’Unione europea, in A.CALIGIURI,G.

CATALDI,N.NAPOLETANO (cur.), La tutela dei diritti umani in Europa, Padova, CEDAM, 2010, pp. 387-413.

205 Corte EDU, sentenza 23 febbraio 2012, ric. 27765/09, Hirsi Jamaa et autres c. Italie, par. 177: «La

Cour a déjà relevé que d’après la jurisprudence bien établie de la Commission et de la Cour, le but de l’article 4 du Protocole no 4 est d’éviter que les Etats puissent éloigner un certain nombre d’étrangers sans examiner leur situation personnelle et, par conséquent, sans leur permettre d’exposer leurs arguments s’opposant à la mesure prise par l’autorité compétente. Si donc l’article 4 du Protocole no 4 devait s’appliquer seulement aux expulsions collectives effectuées à partir du territoire national des Etats parties à la Convention, c’est une partie importante des phénomènes migratoires contemporains qui se trouverait soustraite à l’empire de cette disposition, nonobstant le fait que les agissements qu’elle entend interdire peuvent se produire en dehors du territoire national et notamment, comme en l’espèce, en haute mer. L’article 4 se verrait ainsi privé d’effet utile à l’égard de ces phénomènes, qui tendent pourtant à se multiplier. Cela aurait pour conséquence que des migrants ayant emprunté la voie maritime, souvent au péril leur vie, et qui ne sont pas parvenus à atteindre les frontières d’un Etat, n’auraient pas droit à un examen de leur situation personnelle avant d’être expulsés, contrairement à ceux qui ont emprunté la voie terrestre». Sul tema si veda F.L.GATTA, Le espulsioni collettive di

stranieri alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, in F.CORTESE,G. PELACANI (cur.), Il diritto in migrazione, cit., pp. 219-256.

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Con riferimento alle garanzie processuali predisposte in seno all CEDU, il riferimento obbligato è agli artt. 5206, 6207 e 13208, rispettivamente relativi al diritto alla

libertà e alla sicurezza, al diritto a un equo processo e al diritto a un ricorso effettivo. Essi si intersecano tra loro senza sovrapporsi, formando un quadro di garanzie a tutela dei soggetti vulnerabili nelle fasi contenziose, permettendo così di concretizzare le

206 Convenzione EDU, art. 5: «1. Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere