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2.4. Il quadro regionale europeo

2.4.2. I richiedenti asilo nel diritto derivato, una questione di tutele

Oltre che stabilire i requisiti che uno straniero (rectius cittadino di uno Stato terzo) deve possedere per poter rientrare in una delle forme di protezione previste in seno al Sistema comune di asilo, le altre direttive previste in seno a questo garantiscono il riconoscimento formale di taluni diritti e alcune garanzie procedurali in capo a queste persone in condizione di vulnerabilità159. Evidentemente, la predisposizione di status

uniformi di protezione implica una comunanza di criteri per il loro riconoscimento e, al contempo, di tutele da predisporre in tutto il territorio europeo.

«Allo scopo di garantire l’accesso effettivo alla forma di protezione alla quale tali soggetti, se ne ricorrono i presupposti, hanno diritto»160, la legislazione euro-

156 CGUE, sentenza 9 novembre 2010, cause riunite C-57/09 e C-101/09, B e D, par. 121. Nello stesso

senso, CGUE, sentenza 18 dicembre 2014, causa C-542/13, M’Bodj, spec. p. 47.

157 M.CARTABIA,“Unita nella diversità”: il rapporto tra la Costituzione europea e le Costituzioni

nazionali, in Il diritto dell’Unione Europea, 3, 2005, pp. 583-611; T.GROPPI, La primauté del diritto

europeo sul diritto costituzionale nazionale: un punto di vista comparato, in AA.VV., Le fonti del diritto oggi. Giornate di studio in onore di Alessandro Pizzorusso, Pisa, Plus, 2006, pp. 427-438; si veda altresì

il volume collettaneo A.BERNARDI (cur.), I controlimiti. Primato delle norme europee e difesa dei

principi costituzionali, Napoli, Jovene, 2017.

158 C.FAVILLI, L’Unione che protegge e l’Unione che respinge. Progressi, contraddizioni e paradossi

del sistema europeo di asilo, in Questione Giustizia, 2, 2018, pp. 28-43, p. 31.

159 P.DE PASQUALE, Il diritto d’asilo nell’Unione Europea. Recenti sviluppi, in Rassegna di diritto

pubblico europeo, 2, 2011, pp. 51-80, spec. pp. 55-56.

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unitaria predispone un sistema di tutele espressamente dedicato ai richiedenti asilo, vale a dire a coloro che, una volta entrati in contatto con le autorità nazionali dello Stato di accoglienza, presentino una domanda volta al riconoscimento della protezione internazionale161. La presentazione della domanda fa sorgere in capo allo straniero

l’autorizzazione a rimanere nello Stato membro incaricato di esaminarla, senza che egli versi in condizione di irregolarità162; non viene comunque a configurarsi un diritto

al titolo di soggiorno, bensì solo alla permanenza regolare per il tempo necessario ad addivenire ad una decisione di primo grado sulla domanda163.

La direttiva procedure specifica che l’indicazione dell’autorità competente per l’esame della domanda è rimessa alla discrezionalità degli Stati membri, col solo vincolo che questi ultimi si adoperino per dotarla dei mezzi necessari ad assolvere ai compiti e agli obblighi imposti dalla direttiva stessa164.

Un ruolo essenziale è svolto dal capo II della direttiva 2013/32 (artt. 6-30), rubricato “Principi fondamentali e garanzie”, che elenca una serie di tutele predisposte nei confronti del soggetto, tenuto conto delle difficoltà e delle problematiche che potrebbe riscontrare dal momento del suo arrivo e nel corso della procedura di esame della domanda. In relazione alla presentazione di quest’ultima, ad esempio, il diritto europeo impone che «Gli Stati membri garantiscono che tali altre autorità preposte a ricevere le domande di protezione internazionale quali la polizia, le guardie di frontiera, le autorità competenti per l’immigrazione e il personale dei centri di trattenimento abbiano le pertinenti informazioni e che il loro personale riceva il livello 161 Dir. 2013/32, art. 2: «Ai fini della presente direttiva, si intende per: […] c): “richiedente”: il cittadino

di un paese terzo o apolide che abbia presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva».

162 CGUE, Sentenza 19 giugno 2018, causa C-181/16, Gnandi, par. 40: «A termini dell’articolo 7,

paragrafo 1, della direttiva 2005/85, il richiedente protezione internazionale è autorizzato a restare nello Stato membro, ai soli fini del procedimento, sino all’adozione della decisione di primo grado di rigetto della domanda di protezione internazionale. Se è pur vero che il diritto di restare non costituisce, alla luce dell’espresso tenore di detta disposizione, un diritto all’ottenimento di un permesso di soggiorno, risulta tuttavia, segnatamente dal considerando 9 della direttiva 2008/115, che tale diritto di restare impedisce che il soggiorno del richiedente protezione internazionale sia qualificato come «irregolare» ai sensi della direttiva medesima, nel periodo intercorrente dalla presentazione della domanda di protezione internazionale stessa sino all’adozione della decisione di primo in grado in merito».

163 Ivi, art. 9, par. 1: «I richiedenti sono autorizzati a rimanere nello Stato membro, ai fini esclusivi della

procedura, fintantoché l’autorità accertante non abbia preso una decisione secondo le procedure di primo grado di cui al capo III. Il diritto a rimanere non dà diritto a un titolo di soggiorno». Ai sensi dell’art. 46, par. 5, se la domanda viene rigettata in primo grado dall’autorità nazionale competente, l’autorizzazione a soggiornare si estende sino alla scadenza dei termini per ricorrere o, se del caso, fino all’esito del ricorso. Si veda infra, parte II, cap. 2, par. 2.2.3.

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necessario di formazione adeguato ai loro compiti e alle loro responsabilità e le istruzioni per informare i richiedenti dove e in che modo possono essere inoltrate le domande di protezione internazionale»165. Allo stesso modo, l’art. 8 si riferisce ai

centri di trattenimento e ai valichi di frontiera, sancendo che qualora vi siano stranieri intenzionati a presentare domanda di protezione, gli Stati membri devono fornirgli informazioni sulla possibilità di farlo, garantendo altresì un accesso agevolato alla procedura tramite servizi di interpretazione e presenza di organizzazioni e persone per consulenza e assistenza ai richiedenti166.

La portata delle disposizioni è tutt’altro che irrilevante, soprattutto ove si consideri che la vulnerabilità di questi soggetti è anzitutto connessa alla mancata conoscenza dei propri diritti e delle modalità nelle quali attivarli; è proprio questa “debolezza” del soggetto che conduce l’ordinamento europeo prima e quelli nazionali poi a prevedere deroghe alle discipline giuridiche ordinarie vigenti, flettendo regole sostanziali e processuali al fine di evitare una tutela assente o carente.

Questa particolare attenzione alla figura del richiedente asilo costituisce il filo conduttore di tutta la direttiva procedure, dei cui contenuti non è qui possibile discutere in maniera esaustiva. Come si vedrà più avanti, quando si cercherà di testare l’effettività della tutela giurisdizionale con relazione a questa specifica categoria di soggetti vulnerabili, il diritto derivato dell’Unione europea predispone un insieme di tutele che si traducono in obblighi per gli Stati membri, conseguentemente vincolati da questi ultimi nella predisposizione delle legislazioni nazionali sulle procedure amministrative e giurisdizionali di ricezione, esame ed eventuale riesame delle domande.

165 Ivi, art. 6, par. 1, c. 3.

166 Ivi, art. 8: «Qualora vi siano indicazioni che cittadini di paesi terzi o apolidi tenuti in centri di

trattenimento o presenti ai valichi di frontiera, comprese le zone di transito alle frontiere esterne, desiderino presentare una domanda di protezione internazionale, gli Stati membri forniscono loro informazioni sulla possibilità di farlo. In tali centri di trattenimento e ai valichi di frontiera gli Stati membri garantiscono servizi di interpretazione nella misura necessaria per agevolare l’accesso alla procedura di asilo. 2. Gli Stati membri garantiscono che le organizzazioni e le persone che prestano consulenza e assistenza ai richiedenti abbiano effettivo accesso ai richiedenti presenti ai valichi di frontiera, comprese le zone di transito, alle frontiere esterne. Gli Stati membri possono adottare norme relative alla presenza di tali organizzazioni e persone nei suddetti valichi e, in particolare, subordinare l’accesso a un accordo con le autorità competenti degli Stati membri. I limiti su tale accesso possono essere imposti solo qualora, a norma del diritto nazionale, essi siano obiettivamente necessari per la sicurezza, l’ordine pubblico o la gestione amministrativa dei valichi interessati, purché l’accesso non risulti in tal modo seriamente ristretto o non sia reso impossibile».

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Tuttavia, come si è già avuto modo di accennare, nei Paesi europei è riscontrabile una tendenza a guardare al diritto di asilo come via privilegiata d’accesso al soggiorno regolare sul territorio nazionale, tale da generare un diffuso “sospetto” nei confronti dei richiedenti e della veridicità delle loro richieste; questo conduce sovente a «presunzioni di infondatezza delle domande di asilo, le quali preludono a procedure accelerate nell’ambito delle quali tali presunzioni sono difficilmente rovesciabili»167. Detta tendenza trova riscontro anche nel sistema di procedure comuni

previsto in seno all’Unione europea, per il quale la distinzione alla frontiera tra coloro che hanno realmente bisogno di protezione e chi invece non ha titolo al diritto di asilo costituisce «un véritable enjeu»168. Ne consegue che le garanzie di cui alla direttiva

procedure incontrano importanti limiti, in quanto la loro applicazione è esclusa (dalla direttiva stessa) in relazione alle procedure accelerate previste in determinati casi nei quali si suppone che lo straniero non sia eleggibile a ricevere la protezione internazionale; si pensi, su tutte, alla infondatezza di una domanda di un soggetto proveniente da uno Stato classificato come sicuro169. Sul punto, si avrà modo di

ritornare.

La previsione di diritti procedurali da assicurare in tutti gli Stati membri è comunque senz’altro significativa dell’avanzato livello di integrazione europea, che segna un deciso cambio di passo rispetto alla mera previsione delle condizioni di eleggibilità allo status di rifugiato del sistema convenzionale di Ginevra. È in questa prospettiva che bisogna altresì leggere l’implementazione di un sistema volto a determinare quale sia lo Stato membro competente per ricevere ed esaminare la domanda di protezione internazionale170 che, come si è detto, ha avuto origine per via

intergovernativa con la Convenzione di Dublino del 1997, nata allo scopo di evitare il

167 A.MARCHESI, Diritto di asilo e procedure di riconoscimento del diritto di asilo, cit., p. 170. 168 A.BIAD, Le droit d’asile (article 18) : l’effectivité en question, in A.BIAD,V.PARISOT (cur.), La

Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne. Bilan d’application, Bruxelles, Anthemis,

2018, pp. 305-330, p. 311.

169 Ex multis B.LEIMSIDOR, The Concept of Safe Third Country in Asylum Legislation, Regulation and

Practice: Political, Humanitarian and Practical Considerations, in L. ZAGATO (cur.), Verso una

disciplina comune europea del diritto d’asilo, cit., pp. 39-54; G.GAEREMYNCK, Pays d’origine sûrs et

demandes de protection, in J.FERNANDEZ,C.LALY-CHEVALIER (cur.), Droit d’asile. Etat des lieux et

perspectives, Parigi, Pedone, 2015, pp. 43-56.

170 G. RATTI, La determinazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda di

protezione internazionale, in E. GERMANO CORTESE, G.RATTI, M. VEGLIO, S. VITRÒ (cur.), Lo

straniero e il giudice civile. Aspetti sostanziali e processuali di diritto dell’immigrazione, Torino,

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fenomeno dei cd. rifugiati in orbita e, al contempo, quello del cd. asylum shopping, ossia gli spostamenti dei richiedenti verso i Paesi ritenuti più favorevoli ad accogliere le domande di asilo. Il fondamento del sistema di Dublino, la cui disciplina è oggi racchiusa nel Regolamento n. 604/2013 (cd. Dublino III), consiste nel fatto che «Una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro»171, esonerando così gli altri

Paesi dell’Unione dagli obblighi derivanti dalla Convenzione di Ginevra172. Sono a tal

fine elencati (in maniera gerarchica) una serie di criteri oggettivi per la determinazione dello Stato competente, nell’individuazione del quale il richiedente non ha alcun margine di scelta173; criterio residuale ma di prevalente applicazione è quello che

designa come competente lo Stato membro di cui il soggetto ha per primo varcato la frontiera illegalmente174, quando il suo passaggio sia accertato tramite elementi di

prova o circostanze indiziarie, tra cui la registrazione nel sistema Eurodac.

Il sistema di Dublino si fonda sul principio di mutual trust tra gli Stati membri, ossia sull’assunto che essi, «tutti rispettosi del principio di non respingimento, sono

171 Reg. 604/2013, art. 3, par. I.

172 S.AMADEO,F.SPITALERI, Il diritto dell’immigrazione e dell’asilo dell’Unione europea, cit., p. 107. 173 M.DI FILIPPO, The Allocation of Competence in Asylum Procedures Under EU Law: The Need to

Take the Dublin Bull by the Horns, in Revista de Derecho Comunitario Europeo, 59, 2018, pp. 41-95,

spec. pp. 57-60 ove l’autore si interroga sulla compatibilità di questo meccanismo con gli obblighi derivanti dalla Convenzione di Ginevra, partendo dalla considerazione che questa riconosce, seppur in maniera implicita, il diritto del migrante di scegliere lo Stato al quale presentare la sua domanda di protezione tra quelli che l’hanno ratificata, escludendo dunque l’obbligo di rivolgersi al primo Paese sicuro che incontri nel suo viaggio.

174 È stata proprio l’applicazione preponderante di questo criterio a generare una fortissima pressione

migratoria alle frontiere greche e italiane nel corso del triennio 2014-2016, durante il quali l’afflusso di migranti verso le coste europee è stato assai importante; i dati parlano di 1 milione e mezzo di arrivi, di cui un milione solo nel 2015, mentre tra il 2008 e il 2013 erano stati 277mila. Tutti i dati sono consultabili all’indirizzo web https://data2.unhcr.org/en/situations/mediterranean. È proprio all’apice di questo periodo definito di crisi migratoria che si è mostrato con forza lo scollamento tra il ricordato principio di solidarietà di cui all’art. 80 del TFUE (dunque, di diritto primario) e il diritto derivato, in particolare il Regolamento di Dublino III in commento, in funzione del quale le maggiori responsabilità sono state accollate proprio a Grecia e Italia, causando un collasso dei sistemi nazionali di accoglienza. Per alleviare la pressione e far fronte all’emergenza, nel 2015 è stato deciso dalla Commissione un meccanismo di relocation dei richiedenti asilo in tutto il territorio europeo, in cambio di uno sforzo dei due Paesi mediterranei a potenziare il procedimento di identificazione, accoglienza e rimpatrio dei migranti (decisione [Ue] 2015/1601). Al di là delle criticità del sistema di relocation implementato, sulle quali non è qui opportuno soffermarsi, ciò ha generato una spaccatura in seno all’UE, in quanto la decisione è stata adottata col voto contrario di Repubblica Ceca, Romania, Ungheria e Slovacchia, riluttanti all’accoglienza. La Repubblica Slovacca e l’Ungheria hanno anche sollevato un ricorso in annullamento dinanzi alla Corte di giustizia contro le decisioni di relocation. I motivi di ricorso sono stati tutti rigettati dai giudici di Lussemburgo, i quali hanno ribadito la centralità del principio di solidarietà di cui all’articolo 80 TFUE, dal quale viene fatta derivare la possibilità per le istituzioni europee di operare scelte discrezionali volte a ripartire gli oneri tra gli Stati membri (CGUE, sentenza del 6 settembre 2017, Cause C-643/2015 e C-647/2015, Repubblica Slovacca e Ungheria c. Consiglio

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considerati Stati sicuri per i cittadini di paesi terzi»175, in ragione del quale si presume

l’equivalenza dei sistemi nazionali di asilo, conseguente dal presunto rispetto dei diritti

fondamentali176. È opportuno evidenziare come, al contrario del suo predecessore, il

regolamento n. 604/2013 prevede l’evenienza che sia impossibile trasferire il richiedente verso il Paese competente, ove vi siano fondati motivi di ritenere che sussistano carenze sistemiche nella procedura di asilo e nella condizione di accoglienza dei migranti, in violazione dell’art. 4 della Carta di Nizza; in quel caso, qualora non sia possibile indicare un altro Stato come responsabile ai sensi di Dublino, è il Paese che ha avviato la procedura di trasferimento a divenire competente177. La

disposizione tiene invero conto della giurisprudenza della Corte di giustizia in argomento – peraltro fortemente influenzata dalle decisioni della Corte di Strasburgo – la quale aveva portato il fuoco sulla tutela dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo, anche qualora ciò implicasse una “deroga” al principio di mutua fiducia, pur sempre essenziale nel CEAS178. Il giudice di Lussemburgo ha aperto un cammino

importante sul punto179, elaborando la possibilità di derogare all’applicazione fino a

poco fa sostanzialmente automatica dei criteri di Dublino e prevedendo così meccanismi correttivi volti ad evitare che la presunzione di sicurezza possa comportare un sacrificio dei diritti dell’individuo, la cui centralità nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia non può e non deve essere messo in discussione.

175 Reg. 604/2013, Preambolo, par. 3.

176 Il concetto è stato peraltro chiarito dalla Corte di giustizia, in particolare con il noto parere 2/13

relativo all’adesione dell’UE alla Convenzione EDU. Cfr. K.LENAERTS, La vie après l’avis: Exploring

the principle of mutual (yet not blind) trust, in Common Market Law Review, 3, 2017, pp. 805-840. La

Corte di giustizia, con il noto parere 2/13 relativo all’adesione dell’Unione europea alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali5 , ha avuto modo di chiarire come, in effetti, la reciproca fiducia tra gli Stati si basi proprio sulla presunzione del rispetto dei diritti fondamentali da parte degli altri Stati membri

177 Ivi, art. 3, par. 2. Si veda H.BATTJES, Mutual trust in asylum matters: the Dublin system, in H.

BATTJES,E.BROUWER,P.DE MORREE,J.OUWERKERK (cur.), The principle of mutual trust in European

asylum, migration and criminal law. Reconciling trust and fundamental rights, Utrecht, FORUM, 2011,

pp. 8-18.

178 L.M.RAVO, La giurisprudenza N.S. e altri c. Regno Unito e il problema della solidarietà tra Stati

membri in materia di asilo, in S.AMADEO,F.SPITALERI (cur.), Le garanzie fondamentali dell’immigrato

in Europa, Torino, Giappichelli, 2015, pp. 245-290.

179 È stato essenziale il rapporto con la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che

prima ancora del giudice di Lussemburgo aveva posto l’attenzione sul rispetto dei diritti a discapito dell’applicazione della mutua fiducia. Si vedano C.FAVILLI, Reciproca fiducia, mutuo riconoscimento

e libertà di circolazione di rifugiati e richiedenti protezione internazionale nell’Unione Europea, in Rivista di diritto internazionale, 3, 2015, pp. 701-747; G.VICINI, The Dublin regulation between

Strasbourg and Luxembourg: reshaping non-refoulement in the name of mutual trust?, in European Journal of legal studies, 2, 2015, pp. 50-72; P.GILLIAUX, CJUE et Cour EDH: «Pourquoi la guerre

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