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2.3. Il sistema internazionale di protezione dei rifugiati

2.3.2. Il principio del non-refoulement come pietra angolare del diritto d

È a questo punto necessario precisare che, nonostante esse siano sovente utilizzate in maniera indistinta, non vi è una totale sovrapposizione tra la categoria del rifugio ai sensi del sistema di Ginevra e quella dell’asilo95, il cui rapporto si configura

come di species a genus. I soggetti che possono vedersi riconosciuto lo status di 93 T.F.GRAFF, A.MARIE, Droit de l’asile, Parigi, PUF, 2019, p. 29, ove gli A. sottolineano come il

fatto che ogni Stato decida autonomamente quali migranti rientrino o meno nella categoria di rifugiati, e dunque sui soggetti ai quali offrire protezione, generi «des taux de protection extrêmement différents en fonction des Etats».

94 F.RESCIGNO, Il diritto di asilo, cit., p. 82: «La concessione dell’asilo rimane dunque sostanzialmente

un potere pieno e discrezionale che lo Stato esercita liberamente nell’ambito della sua sovranità territoriale, che può venire parzialmente ridotto solo attraverso la volontaria adesione a specifici accordi». I.ATAK, L’européanisation de la politique d’asile, cit., p. 37 : «Les décisions nationales de détermination du statut de réfugié ne sont pas fondées sur des critères objectifs communs. Les États ont des interprétations divergentes de la Convention de Genève. Un demandeur peut, ainsi, se trouver dans un pays où ses chances d’obtenir l’asile seront bien moindres ou les conditions d’instruction de sa demande seront non satisfaisantes comparées à un autre pays européen. Par exemple, d’après une étude du HCR, 98 % et 55 % des demandeurs somaliens reçoivent une décision positive respectivement à Malte et au Royaume-Uni. Le taux de reconnaissance est nul pour cette nationalité en Grèce et en Espagne». A.MARCHESI, Diritto di asilo e procedure di riconoscimento del diritto di asilo. Brevi

considerazioni, in P.BENVENUTI (cur.), Flussi migratori e fruizione dei diritti fondamentali, L’Aquila, Il Sirente, 2008, p. 168, sottolinea come da un lato il diritto internazionale imponga agli Stati di permettere di chiedere asilo e, se del caso, di goderne mentre, dall’altro, lasci un ampio margine di manovra relativo alla decisione di riconoscere o meno il diritto di asilo; la situazione risulta ancora più peculiare ove si consideri proprio che la componente procedurale del diritto dei rifugiati è costituita per lo più da norme interne e prassi statali.

95 F.LENZERINI, Asilo e diritti umani, cit., pp. 166-174. L’autore porta alla luce le differenze tra i due

istituti, evidenziando: la diversa origine storica di rifugio e asilo; il fatto che mentre il primo è internazionalmente disciplinato a livello convenzionale, il secondo trova il suo fondamento nel diritto internazionale consuetudinario; la durata tendenzialmente permanente della protezione derivante dall’asilo e quella invece condizionata al sussistere delle condizioni che configurano lo status di rifugiato; la diversa estensione applicativa dei due istituti nel diritto internazionale; la natura costitutiva dell’asilo e quella dichiarativa del rifugio. Dopo aver esperito la sua analisi, l’A. giunge alla conclusione di una «coincidenza sostanziale tra asilo e rifugio».

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rifugiato costituiscono piuttosto un sottoinsieme della più ampia categoria degli asilanti. Né la Convenzione del 1951 né il Protocollo del 1967 trattano esplicitamente del diritto di asilo; l’idea di inserirne una qualche disciplina nel testo del 1951 venne presa in considerazione durante i lavori preparatori, per essere poi successivamente accantonata nel timore che ciò avrebbe generato obblighi eccessivamente ampi e imprevedibili sugli Stati di accoglienza96.

Tuttavia, «à défaut d’expression d’une obligation d’asile dans la Convention de Genève […], c’est dans l’analyse détaillée du principe de non-refoulement que l’on trouvera une forme de droit à l’asile provisoire pour l’individu»97.

Come si è visto, l’art. 33, par. 1 della Convenzione di Ginevra sancisce che gli Stati non possono refouler, ossia respingere, una persona verso un territorio in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche98.

Nonostante dunque il sistema ginevrino riconosca la piena sovranità degli Stati 96 J-Y.CARLIER, Droit d’asile et des réfugiés – De la protection aux droits, Cours à l’Académie de droit

international de la Haye, Tomo 332, Leiden-Boston, Martinus Nijhoff Publishers, 2008, pp. 45-49.

Nella Convenzione è stato inserito un unico riferimento esplicito al diritto di asilo: nel Preambolo, tra i considerando, si legge: «considerando che dalla concessione del diritto d’asilo possano risultare oneri eccezionalmente gravi per determinati paesi e che una soluzione soddisfacente dei problemi di cui l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha riconosciuto l’importanza e il carattere internazionali non può essere conseguita senza solidarietà internazionale». Secondo M. BENVENUTI, Il diritto di asilo

nell’ordinamento costituzionale italiano, cit., p. 214, «tale considerando serviva proprio ad

autoescludere espressamente che la ratifica della Convenzione potesse comportare l’estensione del diritto di asilo a una troppo ampia categoria di soggetti. Ad avallare la tesi concernente la mancata volontà degli Stati vincolarsi a uno strumento internazionale che trattasse in maniera omnicomprensiva il diritto di asilo concorrono anche le vicende connesse all’adozione della Dichiarazione sull’asilo territoriale, approvata all’unanimità dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1967, contestualmente all’adozione del Protocollo di New York. La Dichiarazione avrebbe dovuto aprire la strada all’approvazione successiva di una Convenzione, in grado dunque di vincolare giuridicamente gli Stati firmatari, nella quale sancire i principi guida per le politiche nazionali di asilo, configurando quest’ultimo come un diritto soggettivo della persona. Tuttavia, la Convenzione non venne mai adottata, riaffermando così l’impostazione preesistente secondo la quale la concessione della protezione sarebbe interamente rimessa alla decisione dello Stato, nell’esercizio della sua sovranità». L’articolo 1 della Dichiarazione recita: «1. L'asilo garantito da uno Stato, nell'esercizio della sua sovranità, alle persone che hanno il diritto di invocare l'articolo 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, tra cui anche le persone che lottano contro il colonialismo, deve essere rispettato da tutti gli altri Stati. 2. Il diritto di cercare e di godere dell'asilo non deve essere invocato da quelle persone rispetto alle quali ci sono fondate ragioni per credere che abbiano commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l'umanità, ai sensi degli strumenti internazionali elaborati per prevedere disposizioni relative a tali crimini. 3. Compete allo Stato che garantisce l'asilo la valutazione delle ragioni per il riconoscimento dello stesso». Si veda I.BOCCARDI, Europe and Refugees. Towards an EU Asylum

Policy, cit., pp. 20-21; M.UDINA, La Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'asilo territoriale, in La

Comunità internazionale, 2, 1968, pp. 293-300.

97 J-Y.CARLIER, Droit d’asile et des réfugiés, cit., p. 49.

98 W.KÄLIN,M.CARONI,L.HEIM, Article 33, para. 1, in A.ZIMMERMAN (cur.), The 1951 Convention

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contraenti in relazione ai soggetti da ammettere o meno sul proprio territorio, il principio in questione si pone come deroga a tale sovranità territoriale, spostando il fuoco sul diritto degli individui a ottenere almeno una forma minima di protezione contro una persecuzione temuta. Qualora un soggetto fugga dal suo Paese di provenienza e si sposti in cerca di tutela, la quale non può essere accordata in base al diritto interno del luogo ove sia approdato, supplisce allora il diritto internazionale; anche qualora non sia eleggibile a rifugiato, egli potrà ugualmente invocare il diritto a non essere respinto, che si atteggia a obbligo incombente sul Paese che si trovi a valutare la situazione dell’individuo99. In questo senso, il principio di non-refoulement

costituisce un’evocazione indiretta del diritto di asilo, atta a preservare l’equilibrio tra la sovranità statale nell’ammissione degli stranieri e la necessaria protezione dei rifugiati che vedono la propria vita o le proprie libertà minacciate100.

L’art. 33, par. 1, costituisce la pietra angolare del sistema di Ginevra101. Più in

generale, è possibile affermare che il principio ivi consacrato rappresenta il fulcro del sistema internazionale di protezione dei rifugiati; in effetti, esso è stato sistematicamente riprodotto in numerosi documenti internazionali, anche a livello regionale102.

È necessario sottolineare come l’espressione francese non-refoulement non implichi la previa presenza sul territorio del soggetto in cerca di protezione, nel senso che essa può riferirsi tanto allo straniero che già abbia varcato i confini nazionali quanto a colui che si trovi alla frontiera, senza ancora averla oltrepassata103; al

contrario, quella inglese di no return presuppone che il richiedente sia fisicamente nel territorio nazionale104. La questione riveste invero notevole importanza, così come

99 Si veda la ricostruzione di F.LENZERINI, Asilo e diritti umani, cit., pp. 336-337.

100 V.CHETAIL, Le principe de non-refoulement et le statut de réfugié en droit international, in V.

CHETAIL,J.-F.FLAUSS (cur.), La Convention de Genève du 28 juillet 1951 relative au statut des réfugiés

50 ans après : bilan et perspectives, Bruxelles, Bruylant, 2001, pp. 3-61, p. 6. Sul tema del non-

refoulement nella Convenzione di Ginevra si veda anche l’approfondita analisi di G.S.GOODWIN-GILL,

J.MCADAM, The Refugee in International Law, cit., pp. 201-284.

101 Così anche UNHCR Note on the Principle of Non-Refoulement, pubblicato nel novembre 1997,

consultabile all’indirizzo web www.refworld.org. In dottrina, F. CREPEAU, Droit d’asile : de

l’hospitalité aux contrôles migratoires, Bruxelles, Bruylant, 1995, p. 166.

102 Sul tema F.SALERNO, L’obbligo internazionale di non-refoulement, in C.FAVILLI (cur.), Procedure

e garanzie del diritto di asilo, cit., pp. 3-33.

103 Significativa in tal senso la definizione di refoulement in G.CORNU (cur.), Vocabulaire juridique,

Parigi, PUF, 1987 : «Mesure par laquelle un Etat interdit le franchissement de sa frontière à un étranger qui sollicite l’accès à son territoire ; ne pas confondre avec l’expulsion, éloignement».

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testimoniato dalle posizioni contrastanti emerse nel corso dei lavori preparatori della Convenzione ginevrina105. Il dibattito sulla questione linguistica cela un problema ben

più profondo, relativo all’ambito di applicazione del principio in questione. Tuttavia, ove si consideri la ratio di quest’ultimo, volto alla tutela dei diritti fondamentali dell’individuo indipendentemente dall’elemento territoriale, è opportuno sostenere che l’obbligo gravante sullo Stato di non respingere lo straniero la cui vita e le cui libertà siano minacciate si estenda sino a ricomprendere anche il respingimento alla frontiera, come peraltro supportato dalle ampie definizioni del non-refoulement date dai successivi strumenti internazionali in materia106. Conseguentemente, si deve dedurre

che il principio sia applicabile anche a coloro che non siano ancora stati dichiarati rifugiati; in altri termini, da quanto detto deriva l’obbligo di non respingere alla frontiera coloro che vi si affaccino per chiedere asilo, al fine di impedire a questi ultimi di presentare la propria domanda e, se del caso, vedersi riconosciuta la protezione. Nonostante ciò, come si vedrà, tale impostazione è largamente disattesa nella prassi, la quale mostra una realtà diversa, nella quale gli Stati respingono frequentemente gli stranieri senza offrirgli la possibilità di chiedere tutela, ancor prima che di ottenerla.

Se il principio di non-refoulement non può dunque essere limitato qualora vi sia un fondato timore per un soggetto di subire persecuzioni nel proprio Paese di origine, esso parrebbe non applicabile ai cd. migranti economici107. Ne deriva la non

applicabilità ai casi di respingimento verso Stati nei quali lo straniero non sia in pericolo. Vi è poi un altro caso nel quale il principio subisce un’eccezione; ai sensi dell’art. 33, par. 2, della Convenzione di Ginevra, la disposizione di cui al par. 1 «non può tuttavia essere fatta valere da un rifugiato se per motivi seri egli debba essere considerato un pericolo per la sicurezza del paese in cui risiede oppure costituisca, a causa di una condanna definitiva per un crimine o un delitto particolarmente grave, una minaccia per la collettività di detto paese». Ne consegue che nel sistema internazionale il richiedente protezione, da un lato o dall’altro della frontiera nazionale, possa comunque essere respinto verso un Paese ove egli potrebbe subire 105 Ibidem, viene evidenziato come durante i lavori preparatori abbia prevalso la concezione inglese. 106 F.LENZERINI, Asilo e diritti umani, cit., pp. 345-346. Condivide suddetta impostazione anche F.

RESCIGNO, Il diritto di asilo, cit., p. 91. Tra gli altri, la citata Dichiarazione sull’asilo territoriale del 1967, all’art. 3, par. 1, sancisce che «Nessuna persona indicata nell'articolo 1, paragrafo 1, sarà soggetta a misure quali il respingimento alla frontiera o, se già entrata nel territorio nel quale cerca asilo, l'espulsione o il rimpatrio forzato, in quegli Stati dove potrebbe essere soggetta a persecuzione».

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minacce alla sua vita o alle sue libertà se la sua presenza nello Stato di accoglienza costituirebbe un pericolo per la sicurezza interna di quest’ultimo108. L’interpretazione

e l’applicazione della disposizione è interamente rimessa alle autorità nazionali.