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L’associazionismo civile nel periodo precoloniale e coloniale

Il Ruolo della Società Civile nella Transizione Democratica in Kenya

3.1. Inquadramento storico della Società Civile in Kenya

3.1.1. L’associazionismo civile nel periodo precoloniale e coloniale

Per capire l’evoluzione e la dimensione che l’associazionismo ebbe nel processo di transizione democratica in Kenya è fondamentale analizzare il ruolo che l’associazionismo ebbe nel periodo precoloniale.

La storia del Kenya è caratterizzata nel periodo precoloniale dalla presenza di gruppi informali di dimensioni più o meno ampie che la vita sociale ed economica. Nella società kenyana tradizionale gli accordi che regolarizzavano le questioni di pubblico interesse venivano presi all’interno di un sistema sociale orizzontale regolato dai legami di parentela all’interno delle famiglie estese.

Ai singoli era garantito l’accesso ai mezzi di produzione in virtù della propria posizione all’interno di questo sistema familiare esteso e l’unirsi in associazioni divenne un esigenza per promuovere sia i propri interessi, sia per aumentare il proprio peso all’interno delle comunità e per confrontarsi con gli ambienti non familiari.94

94

Chazan N. Politics and Society in Contemporaney Africa, Boulder, Lynne Rienner, 1988, p.172

91 Queste istituzioni sociali naturalmente costituite (specialmente il sistema della famiglia estesa, i legami parentali, la struttura del clan e la gerontocrazia) garantivano la sicurezza sociale, facilitavano la trasmissione del potere e l’inviolabilità di questo ordine sociale egualitario.

Questa struttura egalitaria garantiva la democrazia e non creava le condizioni nelle quali potessero emergere l’elitarismo sociale e uno stato dittatoriale e come osserva Owiti:

L’antagonismo sociale (…) era quasi assente nel Kenya precoloniale come in molte parti dell’Africa95.

Fu l’avvento del Colonialismo a rompere in maniera definitiva questo associazionismo primitivo che per secoli aveva garantito ordine nella vita sociale kenyana.

L’avvento del colonialismo in Kenya provocò l’emergere di una duplice società: da una parte vi era quella dei colonialisti dominata da un’economia capitalista e dall’altra quella che aveva caratterizzato la società africana pre-capitalista.

Il capitalismo importato dai colonizzatori giocò sistematicamente contro l’integrazione istituzionale nazionale e generò un meccanismo di esclusione politica di tutte quelle porzioni di società civile che non si adeguavano al nuovo sistema.

Le Agenzie Statali stabilitesi in Kenya, e in tutti gli altri paesi anglofoni, godettero di ampia autonomia secondo il modello dell’Indirect Rule. Nella maggior parte delle situazioni, il governo coloniale bypassò le associazioni civili, stabilendo il controllo diretto sulle comunità locali attraverso la cooptazione di collaborazionisti locali e adottando un modello top-down cioè di totale controllo verticale della società kenyana.96

95 Owiti J., Political Aid and the Making and Re-making of Civil Society, Brighton, Research

Report Institute of Development Studies, 2000, p.8

96

Bratton M., Peasant-State Relations in Post-Colonial Africa: Patterns of Engagement and

92 La frustrazione di fronte a questa politica coloniale di esclusione politica, economica e sociale della maggioranza della popolazione spiega l’emergere di movimenti sociali pionieristici in Kenya fra gli anni Venti e Quaranta del Novecento fra i quali si ricordano lo Young Kavirondo Association (più tardi Kavirondo Taxpayers’ Welfare Association), la Young Kikuyu Assiciation, la Ukambani Members Association e la Taita Hills Association.

Questi movimenti pionieristici erano di orientamento riformista e auspicavano un maggiore coinvolgimento nel sistema socio-politico, un ridimensionamento della punitiva tassazione coloniale e del sistema dei lavori forzati ma non riuscirono ad ottenere le concessioni che auspicavano dallo stato coloniale.

Le nuove organizzazioni furono presto cooptate in un sistema di collaborazione con il regime coloniale e compromisero così il loro ruolo di portatrice delle rimostranze Africane.97

Conseguentemente, nuove organizzazioni emersero nell’arena dell’associazionismo militando trasformando la loro natura. Primi esempi furono Dini ya Msambwa (DYM) nel Kenya Occidentale e Kikuyu Karing’a (Kikuyu Ortodossi) nel Kenya centrale.

Questi movimenti costruirono un’ideologia che univa la Teologia del Vecchio Testamento ai miti della creazione della tradizione africana e si schieravano apertamente contro tutte quelle forze, interne ed esterne al paese, che stavano depredando il Kenya emarginando la maggioranza della popolazione.

Basate e ispirate su un profondo senso di ingiustizia sociale, l’ideologia di questi movimenti ebbe un forte impatto attraendo seguaci di etnie diverse come nel caso del DYM che ottenne un forte sostegno non solo fra i gruppi

Transformation in the Third World, Cambridge, Cambridge University Press, 1994, pp. 231-

253

97

Muigai G., Ethnicity and the renewal of competitive politics in Kenya, in Glickman H.,

Ethnic Conflict and Democratization in Africa, The Africa Studies Association Press, Atlanta,

93 Bukusu e Kabras appartenenti all’etnia Luhyia ma anche fra i Sabaot e i Pokot. Lo stato coloniale rispose a questa crescita attuando una restrizione sulla legislazione che regolava la concessione della registrazione per le organizzazioni sociali. 98

Contemporaneamente l’amministrazione coloniale alimentò lo sviluppo di un sistema clientelare basato su elaborate gerarchie di potere personale che, simultaneamente, diede una nuova società civile che trovava il proprio fulcro nel sistema governativo coloniale.

Parallelamente a questo atteggiamento, lo Stato Coloniale prese le distanze dallo sviluppo rurale, focalizzandosi invece nella funzione di tutore della legge e dell’ordine.

È in questo contesto che le CSO, soprattutto nella forma di Chiese e Società Missionarie, divennero i principali fornitori di servizi sanitari ed educativi, in particolare nelle aree rurali.

L’atteggiamento governativo davanti a questo fenomeno variò dal lassez

faire al tentativo di spezzare i legami fra il sistema delle chiese missionarie

e i movimenti nazionalisti.99

Questo tentativo era facilitato dal fatto che, nonostante stesse emergendo nel ruolo di legittima voce all’interno dell’Arena politica, la Chiesa di presentava divisa fra Anglicani e Cattolici. Questa divisione era accentuata dal fatto che le due confessioni fossero predominanti in aree diverse del paese e di conseguenza riflettessero gli orientamenti etnici dominanti delle aree di appartenenza.100

98 Gecaga M.G., Religious Movements and Democratisation in Kenya: Between the Sacred

and the Profane, in Murunga G.R. & Nasong’o W., Kenya: The Struggle for Democracy,

Codesria, Dakar, 2007, p. 6

99 Bratton M., op. cit., pp. 231-253 100

Katumanga M., Civil Society and the Politics of Constitutional Reforms in Kenya: A Case

Study of the National Convention Executive Council (NCEC), Brighton, Research Report

94 Le organizzazioni religiose stabilirono forti relazioni con i propri territori di appartenenza ma non riuscirono mai a costruire dei canali di confronto e di trattativa con il governo centrale.

È in questo contesto che le NGO emersero come elementi della società civile andando a raccogliere ed articolare le domande sociali dei nuovi africani urbanizzati

Queste NGO formarono il blocco costitutivo dei partiti politici nazionalisti e giocarono uno specifico ruolo politico nel contestare l’autorità del governo coloniale.

Effettivamente, formazioni politiche come Abaluhya Political Union, Masai United Front, Kaleijin Political Alliance furono un diretto prodotto di queste associazioni sociali e spesso rappresentarono i precursori della nuova società civile che emerse nel periodo post coloniale.