L'azione delle Organizzazioni Non Governative nel processo di democratizzazione in Kenya
5.2 Le NGO in Kenya negli anni Novanta
5.2.1. The Non-Governmental Organization Coordination Act,
Le preoccupazioni per l’incremento del settore delle NGO erano già vive nel governo kenyano a partire dal 1986: la necessità di un intervento legislativo che potesse coordinarle e indirizzarne l’azione sulla via di uno “sviluppo di stato” è evidenziata da Ndengwa che, nel suo volume “The Two Faces of Civil Society”, riporta l’intervento del segretario permanente dell’ufficio del presidente Hezekiah Oyugi alla NGO Conference di Nyeri:
“quando si hanno 350 e più organismi attivi in uno o più aspetti legati allo
sviluppo del paese, si corre il rischio di perdere di vista le sfide principali dello sviluppo e di raddoppiare inutilmente gli sforzi…nel nostro paese occorre un piano di sviluppo che agevoli il raggiungimento degli obiettivi sociali ed economici”220
La soluzione messa in campo da Moi fu quella di obbligare tutte le NGO a coordinare la propria attività con le rappresentanze dei Districts Developmente Committees (DDC) che erano gestiti dai membri locali del KANU e direttamente controllate dal governo centrale.
190 È in questo sistema che le NGO furono costrette a rendere pubblici le strategie e le azioni dei loro progetti operativi con relativi budget: il passo successivo fu l’imposizione di un adeguamento dei progetti operativi delle NGO alle strategie di sviluppo economico del Ministero delle Finanze e del Ministero dello Sviluppo.
Questo ulteriore passo fece si che i progetti delle NGO assumevano a pieno titolo la qualifica di “progetti di stato”.
La mossa successiva di Moi, in risposta all’attività sovversiva che le organizzazioni svolgevano contro il regime, fu quella di annunciare che tutti i fondi destinati alle NGO sarebbero stati raccolti e poi ridistribuiti dal governo221.
Nel gennaio del 1987 le NGO furono costrette, per poter operare nel paese, a registrarsi presso il Ministero delle Finanze ma solo 70 organizzazioni sulle 400 operanti nel paese ricevettero la circolare governativa contenente queste direttive a dimostrazione dello scarso controllo che il regime aveva sul settore.
Nel 1989, il Presidente Moi annunciò l’intenzione del governo di creare una commissione di coordinamento delle NGO con il compito di garantire la compatibilità dei progetti operativi con l’interesse nazionale.
Nello stesso periodo furono imposte ulteriori restrizioni sia sulla registrazione delle nuove NGO sia sulle agevolazioni che le organizzazioni avevano da sempre goduto in Kenya come per esempio l’esenzione del dazio doganale sul materiale importato per i progetti e la concessione dei visti d’ingresso e di soggiorno per gli staff espatriati.222
In questa situazione le NGO iniziarono ad adoperarsi per creare un sistema di coordinamento interno: in un seminario organizzato dall’Institute for Development dell’Università di Nairobi, le organizzazioni formularono
221
Daily Nation, 10 Settembre 1986
222
Amutabi M. N., The NGO factor in Africa : the case of arrested development in Kenya, New York, Routledge, 2006, pp. 1-28
191 alcune proposte con lo scopo di favorire il loro lavoro e cercare di allentare i controlli governativi e le presentarono al Kenya National Council of Social Service (KNCSS).223
È in questo periodo che esplose lo scontro fra il governo e il Green Belt Movement (GBM) che accelerò il processo di creazione di una legislazione capace di creare un sistema diretto di controllo dello Stato sulle NGO. Le tensioni con il GBM esplosero a seguito della decisione del governo di chiudere una parte dell’Uhuru Park, l’unico parco pubblico di Nairobi, e costruirci il più grande centro comunicazione dell’Africa Sub – Sahariana. Il GBM si oppose fermamente a questo progetto intentando una causa contro il governo e attivandosi in un’azione di lobby politica a livello internazionale per ladifesa dell’integrità dell’Uhuru Park.
La dura reazione del governo si scatenò non solo sul GBM ma su tutte le NGO e rese indispensabile, agli occhi di Moi, la creazione della legislazione
ad hoc per le organizzazioni non governative.
Nel Novembre del 1990, l’NGO Coordination Bill fu pubblicato e presentato in Parlamento e senza spiegazione ritirato per poi essere ripresentato nel mese di Dicembre dello stesso anno.
La velocità con cui la legge passò in Parlamento dimostrò quanto fosse debole il confronto politico all’interno delle istituzioni e quanto fosse forte la macchina statale sviluppata da Moi.
Il lavoro e l’apporto delle 400 NGO operanti sul territorio kenyano non fu menzionato in nessuno degli interventi dei deputati che parteciparono al dibattito: l’esigenza comune era quella di mettere sotto controllo le NGO. Nel suo intervento conclusivo a sostegno del progetto di legge, il sottosegretario Burudi Nabwera sottolineò come:
223
Waruhiu R., Development of Mechanism for NGO Coordination and Capacity Building: a
192 “le NGO dovranno operare all’interno del sistema strutturale organizzato
dal governo. Se una NGO si adopererà in attività considerate ostili al paese verrà eliminata dall’elenco delle NGO autorizzate ad operare in Kenya. Un’organizzazione come il Green Belt Movement potrà piantare alberi ma non operare in altri contesti”.224
Seppur deficitaria su molti aspetti, l’NGO Act diede uno schema per le azioni delle NGO. Prima di tutto perché si trattava di una singola legge che governava l’intero settore in sostituzione di una serie di provvedimenti che avevano cercato di imbrigliare le NGO precedentemente. 225
Stabiliva inoltre una struttura di coordinamento, l’NGO Bureau, con il compito di sovraintendere l’amministrazione del settore delle NGO e concedere la registrazione delle NGO stesse; dava vita l’NGO Board con il compito di analizzare le politiche tese al miglioramento dell’azione delle NGO e creava il National Council of Voluntary Agencies. 226