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L’evoluzione degli assetti societari e finanziar

5. Un caso di Internazionalizzazione: Natuzz

5.6 L’evoluzione degli assetti societari e finanziar

La Natuzzi è riuscita a superare molti vicoli ambientali con l’innovazione del prodotto, l’efficienza del processo produttivo e, last but not least, l’apertura al mercato finanziario. L’approdo a Wall Street, nel 1993, è stato un fattore centrale per lo sviluppo duraturo dell’impresa, rafforzando la sua capacità di rispondere alle dinamiche competitive del settore e favorendo le trasformazioni qualitative nell’organizzazione interna. Si punta soprattutto sul New York Stock Exchange per ovvie ragioni: il fatturato è realizzato in gran parte negli Stati Uniti e, nello stesso tempo, la quotazione nella borsa più importante al mondo non può non avere ricadute positive per l’affermazione dell’impresa in tutti i mercati esteri. Negli Stati Uniti, inoltre, sono quotate numerose aziende dell’industria del mobile, mentre presso la borsa di Milano non è quotata nessuna società del settore. Il progetto della quotazione in borsa stimola i processi di riorganizzazione interna.

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Grazie all’elevato autofinanziamento, la Natuzzi non utilizza il mercato finanziario per reperire risorse, ma lo status di società quotata potenzia l’immagine aziendale per perseguire con esiti positivi la diversificazione dei mercati e lo sviluppo a livello globale.

Alle trasformazioni produttive e logistiche, che si vanno attuando con il progetto Natuzzi 2000, si uniscono i processi di crescita manageriale sostenuti dal piano di stock option varato insieme alla quotazione. Si tratta di cambiamenti nella forma dell’impresa che segnano una netta discontinuità nella storia del settore in Italia. Pur essendo aperte al mercato internazionale, le imprese del mobile mantengono gestioni familiari chiuse. Lo sviluppo internazionale della Natuzzi avviene, per così dire, in forma compiuta e secondo “modelli” differenti dalle imprese distrettuali italiane e anche europee, che la portano a collocarsi tra le principali società del mobile-arredamento quotate negli Stati Uniti.

Nel maggio del 1994 è avviato il programma per la concessione ai dipendenti della facoltà di sottoscrivere azioni Natuzzi tramite l’esercizio di diritti di opzione. Ne sono beneficiari non solo i dirigenti, ma anche gli impiegati con specifici ruoli e professionalità. L’estensione del piano di stock option a un numero ampio di collaboratori è indicativa degli specifici caratteri della cultura aziendale e del management, costituito in gran parte da ex impiegati formatisi all’interno dell’azienda. Fino al 1990 la Natuzzi è essenzialmente una one man company. Il fondatore e direttore dell’azienda ha un ruolo determinante nella progettazione dei mobili e nei processi decisionali riguardanti le strategie industriali e commerciali.

La struttura organizzativa, che si viene a formare con l’attuazione del piano, rimane funzionale, con una crescente autonomia dei direttori delle aree aziendali e delle funzioni, alcune create ex-novo (personale e organizzazione, amministrazione e finanza, sistemi informativi, ingegneria, qualità, produzione, logistica, acquisti, vendite e marketing).

Il management della Natuzzi ha radici locali, ma si arricchisce nel corso degli anni Novanta con professionalità esterne in rapporto alla stessa crescita globale dell’impresa. L’espansione delle attività distributive con la Natuzzi Americas e Divani & Divani vedono protagonisti tanto dirigenti formatisi all’interno, quanto manager con specifiche competenze o legati ai mercati esteri.

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5.7 La crisi

Internazionalizzazione, investimenti nel brand e nella distribuzione sono le risposte della Natuzzi ai mutamenti dello scenario economico mondiale, che incidono sulla competitività del distretto murgiano e dell’intero settore italiano del mobile.

Per il comparto dei mobili imbottiti, fortemente export-oriented, nel 2002 vi è una lieve contrazione delle esportazioni. L’apertura ai mercati esteri ha costituito il fattore determinante del successo dell’azienda e ingenerale del distretto murgiano, ma si rivela ora un vincolo, data la limitata presenza sul mercato interno. Con la preminente collocazione delle imprese nella fascia medio-bassa del mercato, è esposto fortemente alla competitività di costo del prodotto, mentre la rivalutazione dell’euro rispetto al dollaro rende ancor più difficile fronteggiare la concorrenza dei paesi emergenti. La riduzione delle grandi commesse statunitensi, seppur compensate in parte dalle esportazioni nel Regno Unito, fa registrare alla Natuzzi un calo del fatturato, così il Gruppo, accelera l’attuazione del progetto strategico (politica di marca, sviluppo della distribuzione, investimenti negli stabilimenti esteri per la crescita delle produzioni Italsofa) e vara un piano di riorganizzazione della produzione negli stabilimenti italiani. Euro forte e concorrenza cinese, crescita economica debole e diminuzione dei consumi in Europa occidentale sono i fattori che portano tra il 2004 e il 2005 a una riduzione delle vendite negli Stati Uniti, Regno Unito e in altri importanti mercati europei. Nel gennaio 2004, sulla base di accordi sindacali, per 345 lavoratori “indiretti” viene stabilita la cassa integrazione straordinaria per 24 mesi. È la prima volta che il Gruppo chiede la cassa integrazione.

La Natuzzi, che chiude l’ultimo trimestre del 2004 e i primi due del 2005 con perdite, nel maggio 2005 chiese la cassa integrazione straordinaria per 1.320 dipendenti degli stabilimenti murgiani (580 addetti diretti alla produzione, 500 addetti indiretti ai servizi, 240 impiegati). Nel mese successivo, vengono collocati in cassa integrazione 1.030 dipendenti a rotazione e 250 a zero ore. In ottobre, grazie a una ripresa degli ordini che porta all’utile nell’ultimo trimestre e influenza positivamente anche buona parte del 2006, il 90% dei dipendenti in cassa integrazione sono richiamati al lavoro.

Nel febbraio 2006 il gruppo avvia la liquidazione della sussidiaria inglese e chiude otto negozi. La ridefinizione delle politiche di marchio, con una segmentazione più netta dei due brand Italsofa (fascia medio-bassa) e Natuzzi (fascia alta), ha richiesto ulteriori investimenti nella distribuzione per la riorganizzazione o l’apertura di flagship Natuzzi nelle principali metropoli occidentali (Milano, Colonia, Londra, New York) come in

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città e centri dell’Est Europa (Mosca, Pietroburgo, Praga, Varsavia), del Medio Oriente (quattro negozi, tra cui uno a Dubai), dell’Asia (13 store in Cina) e dei paesi dove il gruppo può vantare una consolidata presenza (USA, Canada, Australia).

La trasformazione della Natuzzi in una nuova realtà aziendale, capace di progettare e controllare un sistema organizzato di distribuzione in tutto il mondo, costruisce senz’altro un processo complesso, irto di difficoltà. Né facili sono la diversificazione della produzione e il riposizionamento della marca per un’azienda che ha prodotto prevalentemente grandi volumi nella fascia media del mercato (il 70% delle vendite). Insomma, si tratta di profondi cambiamenti che hanno comportato e comportano ancora, riorganizzazione produttiva e logistica, efficaci strategie distributive e comunicative nonché innovazioni negli assetti manageriali. La Natuzzi, con i suoi cospicui asset e una struttura integrata, realizza strategie flessibili e intensifica l’internazionalizzazione. Gli addetti all’estero rappresentano ormai oltre il 53%, impiegati negli stabilimenti di produzione e nelle società di distribuzione. Ma, anche per lo storico radicamento nel territorio murgiano e il suo peso nell’economia locale, il gruppo cerca di salvaguardare, per quanto è possibile, produzione e occupazione negli stabilimenti italiani. I piani industriali, rivisti nel 2002-2003 i progetti di investimento Natuzzi 2000, mirano ad una riorganizzazione degli stabilimenti di produzione per ridurre i costi e adeguarli alle nuove strategie di mercato.

L’andamento degli ordini, in diminuzione tra la fine del 2006 e la prima metà del 2007 soprattutto sul mercato statunitense, ha determinato altri eccezionali provvedimenti. Nel giugno 2007, l’azienda ha deciso un taglio della produzione attraverso una riduzione dell’orario di lavoro da 8 a 5 ore e il ricorso alla cassa integrazione ordinaria, misure che hanno interessato oltre2.000 dipendenti per complessive 12 settimane. Per queste scelte vi sono state tensioni con i sindacati, con la proclamazione di uno sciopero. Crisi e ristrutturazioni produttive hanno logorato il “modello Natuzzi” di “crescere insieme” che nel passato aveva garantito, con l’espansione dell’occupazione sul territorio attraverso l’indotto, un basso livello di conflittualità e un ruolo marginale delle organizzazioni sindacali.

È una fase difficile che, come si vedrà si riflette sugli stessi assetti manageriali. Per quanto riguarda le relazioni industriali, comunque, l’azienda ha realizzato i piani di ristrutturazione del 2006 attraverso intese con i sindacati di categoria.

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La crisi, da questo punto di vista, può essere un’opportunità per un più attivo coinvolgimento degli attori sociali e istituzionali in un processo complesso di transizione, che comporta, da un lato, sostegno alla forza lavoro che non può più trovare ricollocazione nella produzione dei mobili imbottiti, e, dall’altro, azioni efficaci per una nuova e più competitiva configurazione del sistema murgiano.

Pur delineandosi processi e attori esterni alle imprese, investimenti e strategie della Natuzzi sono determinati continuando non solo a realizzare il 50% del fatturato del distretto murgiano, ma anche a mantenere a Santeramo, con le attività di progettazione e ricerca la “testa” di una realtà aziendale ormai multinazionale. Le prospettive del Triangolo del salotto di uscire dalla crisi sono legate alla salvaguardia e allo sviluppo di attività a più alto valore aggiunto.

Oltre alle ristrutturazioni delle attività produttive, assumono pertanto particolare importanza la riorganizzazione logistica e gli investimenti in ICT, per migliorare i servizi ai clienti con una più efficiente organizzazione dei flussi delle informazioni e dei materiali.