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L’importanza del BRIC: una via per rinascere

5. Un caso di Internazionalizzazione: Natuzz

5.10 L’importanza del BRIC: una via per rinascere

Le imprese italiane del design e dell’arredo guardano sempre più ai paesi del BRIC per superare la difficile fase congiunturale che sta colpendo il nostro Paese e più in generale l’economia europea. Brasile, Russia, India e Cina sono visti come l’unico vero motore dell’economia mondiale, anche se nell’ultimo periodo i mercati emergenti hanno iniziato a registrare qualche segno di rallentamento. Il Gruppo Natuzzi sta investendo molto in ognuno di questi paesi, ma i mercati più importanti continuano a rimanere le Americhe e l’Europa.

Natuzzi ha un programma di sviluppo che porterà all’inaugurazione di 45 negozi e ben 150 shop-in-shop sparsi tra il Regno Unito, Francia, Giordania, Brasile e Cina. Sul radar di diverse insegne si sono anche il mercato indiano, con il suo 1,2 miliardi di abitanti, qui apriranno i punti vendita Natuzzi. Dopo anni di difficile crisi grazie a investimenti costanti per innovare i processi produttivi, i prodotti e le strategie di brand, ha ritrovato nel 2015 non soltanto il segno positivo su fronte del fatturato (+6%, a 488,5 milioni di euro) come già nel 2014, ma anche un margine operativo lordo positivo, che ha raggiunto i 6,1 milioni (contro i -22,7 milioni del 2014). Anche il risultato netto, sebbene ancora negativo, è migliorato, con perdite passate dai 49,3 milioni del 2015 ai 16,5 milioni dell’anno scorso. Il gruppo è pronto per il rilancio, attraverso quello che viene definito il «terzo cambio di pelle».

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Il secondo, avvenuto circa 15 anni fa, era stata la decisione di riposizionare i prodotti verso un segmento di fascia alta, attraverso la creazione di un brand che oggi è tra i più noti al mondo nell’arredo di alta gamma. Adesso l’obiettivo è acquisire il controllo della distribuzione e il rapporto con il consumatore, che diventa il centro della nostra strategia. Ogni attività dell’azienda si fonda sulle sue necessità.

A cominciare dallo sviluppo dei prodotti (che avviene nel Centro stile di Natuzzi, dove lavorano oltre cento persone), passando per la ricerca dei luoghi più fruibili – per il target di clientela a cui si rivolge Natuzzi – in cui aprire nuovi punti vendita, fino alle attività di marketing per attrarre i clienti nel negozio. Per fare tutto questo, l’azienda si è dotata di una Divisione Retail che segue tutto il percorso, dal prodotto alla «store experience». Attorno a questo progetto sta nascendo una rete vendita «ad hoc», che passa per il rinnovamento di alcuni store già esistenti (ad esempio, Milano, Londra e New York), ma soprattutto attraverso la creazione di nuovi negozi. Parallela a questa strategia prosegue quella di ampliamento della gamma prodotti, che agli imbottiti ha aggiunto negli anni arredi e accessori per il living, la sala da pranzo, la camera da letto e l’area relax, secondo una logica di fidelizzazione dei consumatori che punta, sul modello del fashion, a interagire più spesso con i clienti rispetto ai tradizionali store di arredamento. Negli ultimi dieci anni il gruppo ha investito oltre 550 milioni per rendere più efficienti gli stabilimenti italiani e la produttività di questi impianti è aumentata dal 65% al 74% nel solo 2015. Performance in buona parte attribuibili alla cosiddetta «Moving Line», un processo produttivo in base al quale il divano avanza lungo una linea in tutte le fasi della lavorazione, sostituendo il tradizionale ciclo organizzato per reparti con un processo integrato e continuo.

Il contenimento dei costi industriali e il conseguente miglioramento dei margini è stato dunque determinante per il raggiungimento dei buoni risultati 2015, frutto della profonda ristrutturazione industriale avviata nel 2013. Sul fronte dell’occupazione, dopo l’accordo sulla Cig dello scorso ottobre, è arrivata la proroga di un anno del contratto di solidarietà per 1.915 dipendenti, che ha scongiurato il rischio di licenziamento di 788 persone.

Anche gli investimenti per la promozione del marchio nel mondo (Natuzzi ha una quota export del 90% sul fatturato) hanno contribuito alla ripresa, consolidando il marchio Natuzzi su un mercato di fascia alta e di design, soprattutto grazie allo sviluppo della catena retail a livello internazionale, che conta oggi quasi 1.200 punti vendita (cento nell’ultimo anno) in oltre 120 Paesi.

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I mercati più importanti restano gli Usa (+6% nel 2015), primo Paese estero per il gruppo e i mercati Emea (Europa, medio Oriente e Africa), in aumento del 4,9%. È però l’area Asia-Pacifico (in particolare la Cina) a dimostrare il maggior dinamismo, con un +16% a fine 2015.

Nonostante il contesto macroeconomico ancora debole e le incertezze geopolitiche, Pasquale Natuzzi è ottimista sul futuro, ed in un’intervista al Sole 24 ore afferma: «Il lavoro avviato negli ultimi anni sul prodotto, sull’estensione della gamma, sulla distribuzione e sul marchio saranno i punti di forza per proseguire il trend positivo innescato». Entro la fine dell’anno il nuovo assetto industriale sarà completato e il nuovo processo produttivo sarà esteso a tutti gli stabilimenti».

Sempre maggiormente orientato al mercato BRIC, dopo la recente inaugurazione di quattro Natuzzi Store e cinque Natuzzi Gallery, salgono a 29 i punti vendita che il Gruppo ha in attivo sul territorio russo. Un mercato in forte crescita e dalla posizione strategica che ha indotto ad investimenti mirati. «Con queste nuove aperture continuiamo ad espanderci nei Paesi del BRIC - ha spiegato Pasquale Natuzzi, presidente e amministratore delegato del Gruppo i nuovi negozi monomarca e gli shop- in-shop Natuzzi rafforzano la nostra presenza in tutte le più grandi città del Paese». Mosca, Ekaterinburg, San Pietroburgo, sono alcune delle città nelle quali hanno trovato posto gli spazi del brand, con un design concept in linea con gli altri retail sparsi nel mondo per far risaltare ulteriormente, nella scelta dei materiali e dei colori, il gusto e la manifattura italiana dei prodotti. Un bacino, quello russo, nel quale il Gruppo ha notevolmente incrementato le esportazioni. Divani, poltrone e complementi che puntano dunque sul valore del made in Italy pur venendo adattati parzialmente alle richieste del mercato: «In Europa le differenze sono molto profonde tra i Paesi, ognuno ha le proprie preferenze in fatto di design - spiega ancora Natuzzi per lo stile, le dimensioni, i rivestimenti, i colori e la tipologia del comfort». Il nostro obiettivo è coniugare estetica e funzionalità, l’innovazione stilistica nelle funzioni applicate al comfort, insieme alla qualità sono i fattori sui quali puntiamo per costruire un brand affidabile in tutti i mercati in cui siamo presenti e nei nuovi, come Cina, Brasile e India.

Ogni crisi comporta rischi, ma anche opportunità, se l'economia globale riuscirà a limitare al minimo il conto dei subprime (che ricordiamo ha portato per la Natuzzi una battuta d’arresto, considerando che gli Stati Uniti erano il loro principale mercato), il merito andrà soprattutto alle economie emergenti che subentreranno ai paesi di più antica industrializzazione nel fungere da locomotive dello sviluppo.

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Da sempre orientato all' export e strenuo produttore di manifattura, il Belpaese ha potenzialmente buone carte da giocare in uno scenario globale trainato da nuove locomotive che si chiamano Cina, Russia, Brasile, India e Medio Oriente. Progressivamente, nei paesi emergenti cresce la consistenza di quelle nuove borghesie consumatrici che possono trovare interesse e gratificazione nell' acquisto di beni "made in Italy". Allo stesso modo, l'eccellente posizionamento del nostro paese nell' export di beni strumentali - ovvero di macchine atte a produrre altre macchine - può venire esaltato da una crescita mondiale trainata da paesi come la Cina dove gli investimenti produttivi ricoprono un peso sul Pil ben maggiore di quello assunto nei paesi di più antica industrializzazione. Riguardo al Medio Oriente, a favore dell'Italia giocano fattori quali la vicinanza geografica e la possibilità dell’industria italiana di contribuire attivamente ai grandi progetti di infrastrutturazione - strade, acquedotti, reti - su cui una parte importante del surplus petrolifero viene investita.

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Conclusione

La tesi qui esposta, ha avuto come fulcro lo studio delle strategie di internazionalizzazione poste in essere dalle aziende al fine di conquistare e/o consolidare i livelli di esportazione nei mercati in cui si detiene o si vuole acquisire una posizione di rilievo. Per le piccole e medie imprese italiane il tempo di decidere se intraprendere o meno un cammino internazionale è ormai passato. Il fenomeno della globalizzazione ha determinato un cambiamento irreversibile nel modo di individuare e interpretare i mercati da parte di tutti gli attori coinvolti in scambi e operazioni commerciali internazionali.

La presenza di settori in cui l’Italia può ancora vantare una forte attrazione, quale quello della moda, del lusso e dell’agroalimentare, insieme a diverse esperienze di successo imprenditoriale a livello familiare, incoraggiano il cammino delle imprese verso scenari competitivi oltre confine. Sulla base delle precisazioni concettuali così introdotte è intuibile come le imprese italiane, di qualsiasi dimensione, debbano rivedere il loro approccio competitivo verso un mercato estremamente variegato, differenziato e, per questi motivi, complesso. L’importanza di una gestione integrata dei vari strumenti del marketing operativo è in continua crescita e in particolar modo il legame che unisce le decisioni relative al prodotto, al prezzo, alla comunicazione e alla distribuzione con quelle relative al brand sono di vitale importanza per il raggiungimento di una posizione competitiva vantaggiosa. Gestire un marchio in modo efficace è oggi una leva indispensabile.

La strategia di espansione all’estero delle imprese è la diretta conseguenza della scelta di indirizzi di crescita nati dall’esigenza di mettere in atto strategie più aggressive. La presenza sui mercati esteri è avvertita come un’opportunità da cogliere per poter formulare quelle strategie offensive nel sistema della subfornitura internazionale che permettano di conservare ed in breve tempo aumentare la quota di mercato nei business markets esteri. Si può ipotizzare che l’internazionalizzazione sia soltanto uno degli effetti prodotti dall’impulso al cambiamento dell’economia e in particolare sia un effetto della globalizzazione.

L’orientamento strategico volto a perseguire l’espansione internazionale ha l’obiettivo di creare e migliorare quelle condizioni oggettive o di contesto, cioè esterne all’impresa, che costituiscono il presupposto a questo tipo di sviluppo, che pur resta condizionato in parte dal modello imprenditoriale adottato: le conoscenze possedute dall’imprenditore e

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le sue motivazioni sono fattori che rivestono un ruolo importante nella scelta di investire all’estero. Per quanto riguarda invece la modalità d’ingresso nei mercati esteri, sebbene le joint venture sembrino essere la forma che offre i maggiori vantaggi, in realtà sono gli IDE a rappresentare la modalità attualmente più adeguata a garantire lo sviluppo dell’impresa nazionale e a produrre effetti sinergici tra le due unità aziendali. Per poter affrontare il tema dell’internazionalizzazione occorre considerare una più profonda ridefinizione della competitività delle imprese, dei territori che le ospitano e dei sistemi industriali e sociali che le circondano: non deve essere quindi considerata come mera strategia a sostegno dell’export o ridurne le motivazioni a semplici incentivi e strumenti a supporto della penetrazione commerciale. “le politiche per l’internazionalizzazione devono quindi necessariamente saldarsi con le politiche per l’innovazione, con cui favorire lo sviluppo sul territorio di attività innovative attraverso cui rilanciare la competitività del sistema produttivo e del tessuto imprenditoriale.”

Da quanto è stato esposto nell’elaborato, si evince che i Paesi BRIC presentano una forte attrattività per quelle aziende che intendono sviluppare al meglio la loro attività d’internazionalizzazione. I motivi principali che spingerebbero le imprese all’apertura verso questi nuovi mercati, come abbiamo visto, non riguardano soltanto la possibilità di produrre le proprie merci a costi inferiori rispetto a quelli che maturerebbero producendo nei paesi più industrializzati, sfruttando quindi la vicinanza delle materie prime e la possibilità di usufruire di una mano d’opera specializzata a basso costo; ma quella che sta diventando la principale causa di questo “mescolamento di carte” sul piano del commercio mondiale è la presenza, in questi Paesi, di una buona possibilità di guadagno spostando non solo la produzione, ma anche l’offerta di prodotti aziendali in loco, in poche parole ciò che più sta agendo da input alle imprese di tutto il mondo ad aprirsi verso i mercati BRIC è sostanzialmente la presenza di una domanda interna che sta letteralmente trainando l’economia mondiale verso una più rapida ripresa. La coesistenza però di questi numerosi fattori che attirerebbero le imprese ad un investimento in suddetti mercati non deve portare ad una sorta di cecità da parte di quest’ultime. Infatti, chi intende investire nel BRIC deve anche prestare molta attenzione alla diversificazione del proprio portafoglio in quanto questi mercati presentano un alto grado di profittabilità ma anche un elevato grado di rischio che può essere compensato con altri investimenti in mercati più stabili.

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L'internazionalizzazione deve essere intesa come un processo atto ad entrare nei mercati emergenti, che sono predisposti verso la cultura enologica, e che quindi offrono oggi opportunità di espansione di indiscusso valore per i principali produttori. Per far ciò le aziende hanno bisogno di strategie efficienti e ben architettate rispetto alle caratteristiche e alle dinamiche di mercato riscontrate nei diversi paesi oggetto, in modo di poter cogliere le opportunità con tempestività, le potenziali redditività e i trend di crescita dei volumi, dando così la possibilità di scegliere la modalità migliore di insediamento.

Dalla prima analisi di carattere generale, svolta soprattutto dal punto di vista letterario, emerge la criticità nel sistema imprenditoriale italiano di sostenere quelle piccole imprese, che spesso faticano ad intraprendere un processo di espansione estera il quale può richiedere investimenti onerosi e impegnativi, come l'acquisizione o la creazione ex novo di attività produttive all'estero. L’orientamento strategico volto a perseguire l’espansione internazionale ha l’obiettivo di creare e migliorare quelle condizioni oggettive o di contesto, cioè esterne all’impresa, che costituiscono il presupposto a questo tipo di sviluppo, che pur resta condizionato in parte dal modello imprenditoriale adottato: le conoscenze possedute dall’imprenditore e le sue motivazioni sono fattori che rivestono un ruolo importante nella scelta di investire all’estero.

Le fiere internazionali rappresentano un fattore imprescindibile; esse vengono considerate un canale di eccellenza per l’export poiché fanno in modo che domanda e offerta si incontrino, riuscendo a creare un contatto umano tra venditori e acquirenti. Soprattutto la partecipazione agli eventi internazionali nelle nuove aree è un’opportunità difficile da snobbare, e volta a creare un punto di incontro in cui generare nuovi rapporti commerciali, conoscere le nuove mode, le tendenze dei vari settori e selezionare potenziali partner. A supporto di tali conclusioni si è potuto evidenziare nel case study analizzato, la Natuzzi SpA che rappresenta un vincente modello per tutto il comparto dell’arredo italiano. Infatti, sin dagli inizi della sua storia ha sempre avuto una vocazione internazionale iniziando ad esportare i propri prodotti, improntando da sempre la loro mission nella ricerca maniacale di una produzione di alta qualità e di una comunicazione efficiente dove brand, reputazione e legame con il territorio sono state la base delle proprie strategie e che hanno portato la Natuzzi ad eccellenti risultati ed essere la maggiore azienda privata nel settore a livello di fatturato, produzione ed export.

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Il processo d'internazionalizzazione dell'azienda dopo una prima fase che si basava su un’esperienza di learning by exporting evolvendosi poi in accordi e alleanze strategiche con la costituzione di nuovi stabilimenti e acquisizioni strategiche, al di là dei vantaggi extra gestionali e di natura fiscale, questo tipo di alleanza ha facilitato l’entrata nei mercati esteri.

L’internazionalizzazione dell’impresa rappresenta di per sé fonte di vantaggio competitivo in quanto l’azienda ha avuto così l’opportunità, non solo di diversificare il rischio aumentando la possibilità di stabilizzare l’andamento delle performance economiche e finanziarie, ma anche di mantenere e sfruttare conoscenze e competenze molto più ampie di quelle utilizzabili dai concorrenti nazionali. Un secondo elemento di vantaggio, derivante dall’espansione estera della Natuzzi, consiste nell’effetto “made– in”, la Natuzzi ha fatto infatti del concetto di Made in Italy un “life style”, forse oggi più che mai, il lusso può essere definito come la materializzazione di un’ “esperienza”, che combina innovazione e prodotti al di fuori del comune, ma che soprattutto custodisce e gestisce nel modo più esatto il sogno che fa da ponte fra il creatore del prodotto e i suoi acquirenti, inconfutabili i valori e l’attaccamento territoriale che caratterizzano l’intera storia del Gruppo. I prodotti che l’impresa offre, frutto di passione, conoscenze e competenze trasmesse nella quotidianità in ogni aspetto del lavoro affrontato, sono l’emblema dell’eccellenza del “gioiello” italiano riconoscibile grazie ad uno stile elegante, coerente e originale. La Natuzzi dimostra di essere una sintesi perfetta di un patrimonio culturale che non dimentica le proprie origini ma rivolge costantemente lo sguardo verso l’evoluzione creativa e le esigenze dei propri.

In conclusione si può evidenziare che il settore dell’arredamento italiano appare come uno dei pochi capace di superare la crisi continuando a garantire risultati eccellenti in tutto il mondo e di valorizzare il fattore Made in Italy grazie alla forte reputazione a livello internazionale. Sta alle imprese e al sistema paese, dunque, operare in modo da rendere queste opportunità dei successi reali ridando il completo e giusto vigore ad un prodotto e ad un settore di eccellenza italiano, si può quindi affermare che, tramite un coraggioso utilizzo di tutte le leve del marketing internazionale, la battaglia per uno sviluppo economico oltre confine si può e si deve vincere.

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Ringraziamenti

Eccomi giunta alla fine di questa tesi e di questi splendidi anni di Università, è difficile scrivere i ringraziamenti per molti motivi.

Tantissime persone hanno contribuito a formare la persona che sono oggi, sono tante le conoscenze che ho fatto durante questo percorso, le amicizie che ho coltivato e i rapporti che ho stretto ed è impossibile elencarli tutti, inoltre, accanto all’enorme gioia di tagliare un traguardo importante come la laurea, si ha sempre paura di perdere qualcosa, ad esempio gli amici “colleghi” di questi anni, l’ambiente stesso di un’esperienza che costituisce una parte di vita fondamentale.

Vorrei quindi, cogliere l’occasione e dedicare queste ultime pagine per ringraziare tutte le persone che in me hanno sempre creduto e che mi hanno sempre sostenuto sia nei momenti di difficoltà sia in quelli felici e spensierati. Vorrei che questi ringraziamenti sia un punto di arrivo da una parte, ma anche un punto di inizio, perché credo che non si finisca mai di crescere e spero di poter raggiungere nuovi traguardi importanti nella mia vita con tutte loro ancora al mio fianco.

Desidero ringraziare il Professore Vincenzo Zarone, relatore di questa tesi, per la grande disponibilità e cortesia dimostratemi, e per tutto l’aiuto fornito durante la stesura.

Ringrazio i miei genitori per essermi stati vicini sempre, per avermi incoraggiato e sostenuto nelle mie scelte, per avermi permesso di studiare e di conseguire prima una laurea e poi una specializzazione.

Ringrazio tutta la mia famiglia zii, nonne, cugini e mio fratello Dario per il sostegno e l’amore.

Vorrei ringraziare una persona speciale che è presente nella mia vita da più di 7 anni, infatti adesso non potrei immaginarla senza di lui, naturalmente questa persona è il mio ragazzo Michele, lo ringrazio perché mi ama e mi sostiene quotidianamente in tutto quello che faccio e soprattutto perché capisce e asseconda tutte le mie pazzie.

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Ringrazio gli amici e compagni di questa bellissima avventura, in particolare Nadia che mi ha sopportato e supportato fin dal primo giorno in cui ci siamo conosciute, Giusy che con la sua solarità ha rallegrato tutti i nostri giorni, è impossibile essere tristi con lei vicino, ringrazio la mia collega e compagna di “avventura” Fabiana con la quale ho condiviso ogni giorno gioie e dolori di questo percorso di studio. È stato molto bello conoscervi e condividere con voi ogni momento, inoltre ringrazio in generale tutti quelli che ho incontrato in questo percorso di studi, poiché ognuno in misura diversa, ha contribuito alla realizzazione di questo “sogno”.

Ringrazio gli amici di sempre, anche se ormai le occasioni di vedersi sono sempre