25 OSSERVATORIO UNICREDIT PICCOLE IMPRESE
3.2 Made in Italy
Made in Italy è un'espressione che evoca in tutto il mondo l'idea dei prodotti italiani. Il motivo della fama di questa espressione che nel tempo è diventata un vero e proprio brand, è la qualità.
È uno dei primi brand conosciuti e apprezzati al mondo, il marchio di un saper fare che ci distingue agli occhi degli altri Paesi. Creatività, qualità, italian life style, sicurezza e sapore inconfondibile, caratterizzano le eccellenze artigianali e industriali italiane, che si esprimono principalmente nelle aree dell'abbigliamento, arredamento, automazione meccanica, agroalimentare28.
26CAROLI M. G., FRATOCCHI L., Nuove tendenze nelle strategie di internazionalizzazione
delle imprese minori, Franco agnelli s.r.l., Milano
27 DE MARTINO M., (2002), L'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese del Mezzogiorno, Alfredo Guida, Napoli
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3.2.1 Definizione
Nella letteratura economica sono presenti moltissime interpretazioni del Made in Italy, tuttavia, la definizione che meglio delle altre riassume tale concetto “è quella fornita da Fortis (1998), secondo il quale il Made in Italy si riferisce a prodotti e servizi in cui l’Italia vanta un effettivo grado di specializzazione e in cui il nostro Paese è rinomato in tutto il mondo relativamente a profili quali la qualità, l’innovazione, il design, l’assistenza ai clienti, la tempestività delle consegne, i prezzi competitivi.” (Gubitta, 2013). Perciò, sebbene il significato letterale di Made in Italy faccia riferimento ad una dimensione esclusivamente tangibile del prodotto, in realtà, secondo una visione più ampia, tale dicitura è rappresentativa di una serie più estesa di elementi intangibili tipicamente legati allo stile e al know-how italiano. Il Made in Italy è la parte più vitale dell’economia italiana, quella capace di conquistare posizioni di leadership sui mercati di tutto il mondo.
Esso non è solamente un fenomeno industriale ed economico, ma anche culturale, artistico, un modello di vita che l’Italia esporta in tutto il mondo. A livello strettamente tecnico, non esiste una definizione unitaria di Made in Italy, il fatto che non si sia seguita una strategia unitaria di marca, ha portato alla creazione di diverse accezioni. Esistono almeno tre differenti accezioni:
1. Il Made in Italy riguarda beni e servizi il cui possesso produttivo è realizzato
interamente in Italia. Secondo una definizione offerta del Ministero delle attività
produttive, si intendono realizzati interamente in Italia i prodotti finiti per i quali l’ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano. Questo, è un concetto purista, che rispecchia il Made in Italy com’era in passato, quando era più facile e frequente che tutto il processo produttivo fosse realizzato interamente nel mostro paese. Tale definizione è usata soprattutto dalle PMI, aziende di piccole dimensioni, appartenenti a diversi distretti che portano avanti la filosofia purista del Made in Italy. Non a caso il CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa) definisce l’iniziativa”[…] un passo importante per la tutela della produzione italiana [che …] supporterà in maniera importante le nostre produzioni italiane [in quanto …] la tutela della produzione italiana è propedeutica al sostegno e alla promozione del sistema Italia in generale29.
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È tuttavia difficile mantenerlo, poiché l’Italia non è molto competitiva sotto il profilo del costo del lavoro, impedendo di conseguenza di rendere competitivo il prezzo del prodotto. Ci sono infatti una serie di costi oggettivi che impediscono lo sviluppo del Made in Italy: nel nostro paese c’è un gran numero di artigiani, piccole aziende, lavoratori manuali, il cui costo del lavoro è superiore a quello della macchina, e più alto è il prezzo di mercato, meno competitivo risulta il prodotto. A ciò si aggiungono difficoltà come: la configurazione geografica, le carenze dei trasporti, il fatto che l’Italia sia un Paese Importatore di svariate materie prime. Quindi, le produzioni interamente Made in Italy hanno dei costi troppo alti, rendendo così il prodotto meno competitivo. 2. I beni e servizi Made in Italy sono prodotti per i quali almeno l’ultima fase di
lavorazione sia svolta sul territorio italiano.
Questo è un concetto più diffuso, che offre una definizione di Made in Italy più vaga, non purista, ma sicuramente realista. Viene utilizzata da aziende che si appropriano della dicitura di Made in Italy, ma che non producono interamente in Italia, bensì svolgono lì solo l’ultima parte del processo produttivo (ossia rifinitura e controllo di qualità).
Si tratta di una produzione delocalizzata, che non intacca la qualità del prodotto ma permette di diminuire i costi di produzione, per la quale l’ultima parola spetta comunque a soggetti italiani30.
3. Il Made in Italy non si riferisce ai beni e servizi prodotti esclusivamente in Italia, ma al “concetto” (Italian concept) evocato da beni e servizi.
In questa definizione c’è un passaggio dall’idea di “prodotto Made in Italy” a quella di “complesso di soluzioni Made in Italy”, ossia un insieme di caratteristiche che si avvicina a un concetto i cui cardini sono rappresentati da creatività, ideatività, imprenditorialità e servizio. È la definizione più dibattuta, emersa da ciò che pensano all’estero del Made in Italy, del suo concetto evocato e simbolico, come marca e vissuto del prodotto, del concetto di italianità. Se mal interpretata, questa definizione porta al fenomeno della contrattazione: prodotti che vengono definiti italiani ma in realtà non hanno niente della qualità italiana, è una sorta di imitazione, molto diffusa all’estero. Il prodotto viene quindi acquistato per ciò che comunica (italiano = qualità) e non per ciò che è effettivamente.
30 Tale concetto esiste dal 2005 ed è stato strutturato da Confindustria, denominato “Italy
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Talvolta questa pratica può diventare una sorta di frode, per cui prodotti con un nome diverso ma simile all’originale vengono venduti all’estero e creduti originali dai consumatori stranieri.
3.2.2 La forza del marchio
La storia, la cultura e i valori, sono le radici storiche del Made in Italy, che non possono essere comprate, né tantomeno copiate.
Esse sono il frutto millenario delle tradizioni di un’incredibile varietà di popoli che, nei secoli, sono venuti in contatto con gli abitanti del suolo italiano. Il groviglio di questa matassa socio-culturale, ha mantenuto alcuni tratti distintivi, come la ricerca del bello e del ben fatto, la creatività, il genio e la sregolatezza, l’eleganza e la funzionalità.
Questi aspetti inevitabilmente hanno caratterizzato le imprese italiane e la loro offerta, ma allo stesso tempo sono entrate nella mente e nel cuore dei consumatori in tutto il mondo. Il fenomeno del country branding, che riguarda anche altre importanti nazioni come la Francia e gli Stati Uniti, è riassumibile nella capacità che la marca ha di costruire la fiducia dei consumatori in base all’identità e all’immaginario della sua nazione di origine.
Non a caso l’immagine di un paese e di una marca si rinforzano l’una con l’altra31.
Quest’ultimo aspetto, in particolare, può essere visto positivamente ma, al suo interno, può nascondere anche lati oscuri. Il forte legame fra il brand e la sua origine geografica può portare anche, in caso di eventi e circostanze nefaste, a modificare negativamente la percezione dei consumatori.
Questo “patriottismo”, se gestito in modo scontato e approssimativo, rischia di risultare frammentario ed eccessivamente sfruttato. Detto questo, è innegabile come “l’immagine positiva di una nazione, può migliorare la percezione commerciale di una marca”32. In
questo senso il branding nazionale può essere lo spartiacque che separa i prodotti e i servizi di un’azienda, da quelli delle altre imprese nell’oceano della competizione globale, in particolar modo nel settore del lusso, dove la ricerca della legittimazione al premium price ha, nella rivendicazione del proprio Paese di origine, una delle chiavi di volta fondamentali per attrarre nuovi clienti.
31 CORBELLINI E., SAVIOLO S., La scommessa del Made in Italy e il futuro della moda italiana, Etas, Milano, 2004
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Oggi più che mai lusso, brand e Made in italy, sono aspetti strettamente legati fra di loro, perché nell’era di Internet e della globalizzazione, in cui virtualmente non esistono più barriere fisiche e ideologiche, i “cittadini del mondo” avvertono l’importanza simbolica dei brand in quanto rappresentanti di origini e identità culturali diverse che possono essere vissute tramite l’acquisto dei prodotti che simboleggiano.
Infondo il connubio di questi tre fattori permette ai consumatori, nei più disparati angoli della Terra, di identificarsi in un modo di essere e di vedere le cose in una prospettiva armonica ed elegante. In altre parole il brand legato al Made in Italy permette di trasformare l’acquisto di un prodotto italiano, in particolare nei prodotti legati alla moda e al lusso, nell’accesso a una comunità caratterizzata dal bello e dal buon gusto.
Le ragioni che hanno contribuito al raggiungimento di posizioni di leadership da parte dei prodotti e dei settori che rientrano nel cosiddetto Made in Italy sono da ricercare generalmente in due ambiti tra loro collegati. Innanzitutto, il posizionamento dei prodotti; il Made in Italy si è affermato spesso all’interno di nicchie e non a livello settoriale, ponendo al tempo stesso sia dei notevoli vantaggi dal punto di vista competitivo che delle forti limitazioni dal punto di vista della dimensione del mercato. La nicchia è per definizione uno spazio competitivo a sé stante e come tale va servita con un’offerta particolare che abbia caratteristiche di valore e di originalità superiori rispetto all’offerta media del settore.
Oltretutto, le minori dimensioni del mercato, ne riducono il grado di attrattività e rappresentano una forma di prevenzione rispetto all’ingresso di potenziali competitor. In questo contesto, le capacità manifatturiere storicamente affermatesi nei comparti del Made in Italy hanno la possibilità di svilupparsi fino ai massimi termini. Un secondo elemento che ha contribuito all’affermazione del Made in Italy è la capacità manifatturiera diffusa. La concentrazione nei distretti industriali ha favorito nel tempo l’accumulo e la sedimentazione di saperi condivisi tra imprese e generazioni di lavoratori, innescando processi di innovazione e di miglioramento continuo. Tutto ciò ha sicuramente contribuito ad alimentare percorsi di crescita di competenze manifatturiere di eccellenza in determinati settori, permettendo alle imprese di distinguersi per lo sviluppo di elementi di design, creatività e per l’attenzione al particolare e alla personalizzazione, vale a dire tutti elementi che oggi rappresentano vantaggi competitivi riconosciuti al Made in Italy. Grazie a questi due aspetti, oggi il Made in Italy rappresenta una certezza dell’economia italiana, contribuendo per il 40%
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all’export e consentendo al nostro paese di occupare il secondo posto a livello europeo in termini di vocazione manifatturiera.
Nonostante l’indubbio vantaggio offerto nella commercializzazione dei prodotti sui mercati mondiali, oggi il Made in Italy sta andando incontro ad una perdita di competitività. Quando si parla di perdita di competitività del Made in Italy, non è in discussione il Made in Italy inteso come un insieme di valori, ma semmai le imprese che operano in quei comparti.
Infatti, molte di queste hanno dovuto chiudere o, in altri casi, cedere le quote di maggioranza ad imprese più grandi, spesso estere. Innanzitutto, la minor competitività è da attribuire alla progressiva apertura dei mercati internazionali. Tale apertura da un lato ha contribuito a creare opportunità di crescita, ma dall’altro ha provocato una perdita di competitività in quei settori dove le imprese non hanno saputo affrontare le sfide emergenti.
Per competere su una scala più ampia, infatti, sono necessarie competenze complementari rispetto a quelle manifatturiere, che impongono percorsi di crescita e di adeguamento dell’intero modello di business, unitamente a percorsi di innovazione del prodotto e della proposta di valore dell’offerta. Oltre a ciò, il confronto con i sistemi produttivi di altri paesi europei ha permesso di evidenziare come la minore propensione internazionale basata su forme stabili di ingresso e sviluppo nei mercati esteri abbia costituito un ulteriore elemento di perdita competitiva. Limitarsi ad accedere ai mercati internazionali sfruttando esclusivamente forme di esportazione indiretta, senza considerare le opportunità offerte anche dalle altre attività della catena del valore, significa cogliere solo in parte i benefici dell’internazionalizzazione.
A ciò si aggiunga che l’ancoraggio al territorio di origine sembra essere una condizione irrinunciabile solo per alcune produzioni (specialmente in ambito alimentare), mentre per altre rischia di tradursi in un limite rispetto a una più efficace ed efficiente copertura dei mercati internazionali.
3.3 Il successo internazionale delle piccole imprese
Le varie indagini empiriche effettuate nel corso degli ultimi anni hanno indicato alcuni tratti caratterizzanti il successo internazionale delle PI che operano su scala internazionale. Questi tratti comuni sono riassumibili in quattro fattori: qualità imprenditoriale, sviluppo del capitale intangibile, competizione focalizzata, capacità innovativa diffusa.
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Il primo aspetto è stato più volte descritto nei precedenti paragrafi è potremmo sintetizzarlo come l’“energia propulsiva” per l’espansione estera delle piccole imprese. Lo sviluppo del capitale intangibile è la capacità che le imprese di dimensioni minori che operano con successo all’estero hanno di esportare le proprie competenze distintive, sviluppate nel mercato di origine, e adattarle ai contesti sovra locali. Non solo esso si traduce nell’apprendimento e nell’arricchimento di competenze tecniche e organizzative. Per ciò che concerne le strategie focalizzate, si nota, come, esse siano in molti casi una potenziale via per il raggiungimento di un vantaggio competitivo per le PI, che riescono a replicare, naturalmente sempre adattandosi al mercato straniero, quei processi e prodotti di successo e di nicchia, dai mercati di origine a quelli esteri. Infine, altro aspetto caratterizzante la competitività delle piccole imprese internazionalizzate è la loro elevata capacità innovativa per ciò che riguarda i loro prodotti e processi di produzione.