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L’insidia stradale quale limite all’obbligo di garanzia

3. Il caso fortuito e la forza maggiore

4.3. L’insidia stradale quale limite all’obbligo di garanzia

Nel senso che la nozione di insidia stradale rileva al fine di delineare (e limitare) l’obbligo di garanzia ebbe modo di esprimersi Cass. Pen., Sez. IV, 16 gennaio 1998, n. 478219.

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Cfr. Cass. Pen., Sez. IV, 29 luglio 2004, n. 32970, in dejure.giuffrè.it, nonché quanto esposto

infra p. 130 ss.

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A tal proposito si potrebbe tuttavia osservare che siffatta limitazione sarebbe implicata dal concetto stesso di posizione di posizione di garanzia. La presenza della posizione di garanzia con connessa responsabilità è infatti giustificata unicamente sulla scorta di un bisogno di tutela rispetto alla fonte di pericolo per l’impossibilità di autoproteggersi. La visibilità e prevedibilità del pericolo farebbero venir meno proprio questa impossibilità.

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Il caso portato all’attenzione dei giudici riguardava un soggetto che sedutosi su di un muretto alto circa 35 centimetri posto a delimitazione di uno spazio pubblico nel centro storico di una cittadina precipitava nella via sottostante riportando lesioni letali. Nella circostanza, il sindaco veniva tratto a giudizio, quale responsabile della sicurezza del territorio, per aver omesso di munire di idonea inferriata il muretto che fungeva da parapetto. La Corte d’Appello, nel confermare la sentenza assolutoria di primo grado, aveva sostenuto “che la situazione dei luoghi come descritta nell'imputazione non poteva essere ritenuta alla stregua di una insidia o di un trabocchetto, sulla base di quanto risultava dalla descrizione fattane ad opera del Comando di Polizia Municipale che induceva ad escludere l’imprevedibilità e la non visibilità proprie del trabocchetto e portava, anzi, alla conclusione che la situazione stessa doveva essere ben conosciuta dalla vittima, nativo del posto”. Contro il riferimento alla nozione di trabocchetto di palese importazione civilistica insorgeva l’accusa, secondo cui si sarebbe trattato di un istituto “del tutto estraneo alla materia della colpa penale”.

I giudici di legittimità affrontarono all’epoca il problema ermeneutico prendendo le mosse dall’obbligo di garanzia220. Per la Corte di Cassazione, nel caso di specie, si sarebbe innanzitutto dovuto chiarire “se il Sindaco (imputato) avesse assunto, nei confronti di un numero indeterminato di cittadini una posizione di protezione di determinati interessi e beni (nella specie: quello dell'incolumità individuale) minacciati nella loro integrità da un qualsiasi pericolo, quale che ne fosse la fonte di provenienza ed in forza di un obbligo (dedotto in imputazione) derivatogli dall'essere «responsabile della sicurezza del territorio comunale»”221.

Sul punto la Corte ebbe a ritenere che nell’ordinamento non sia dato rinvenire un obbligo di protezione di tale latitudine. Tuttavia, subito dopo, il Collegio si affretta a precisare che da ciò non può “dedursi il principio che il Capo dell’Amministrazione non sia destinatario di alcun obbligo di protezione o di controllo in relazione proprio all’assetto del territorio comunale, nell’ambito dei

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Va tuttavia evidenziato come, almeno nei premi passaggi della pronuncia, la Corte sembri riferirsi più ad un obbligo di protezione dell’incolumità di tutti i cittadini (ritenuto insussistente) che non ad un obbligo di controllo della fonte di pericolo costituito dalla conformazione dei luoghi (poi ammesso seppur limitatamente alle ipotesi di pericolo occulto).

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Capitolo V – Argomentazioni difensive

suoi poteri organizzativi e di disposizione, e che non vi siano specifiche fonti normative che lo rendano, in taluni casi, destinatario dell’obbligo di impedire eventi dannosi rispetto a determinate fonti di pericolo derivanti proprio dalla conformazione o dalle modificazione del territorio. Ed, infatti, quanto alle strade ed alle pertinenze di esse destinate al transito ed alla sosta dei veicoli e pedoni è previsto dalla legge (art. 28 L. 20.3.1865 n. 2248) a carico dell’Ente proprietario l’obbligo della manutenzione, rientrante, perciò, nelle funzioni della P.A. che vi provvede secondo il suo insindacabile apprezzamento e nell’interesse generale, compatibilmente con le disponibilità finanziarie e con l’unico obbligo di garantire la sicurezza dei cittadini in ossequio al principio fondamentale del «neminem

laedere» che si pone come limite generale esterno alla discrezionalità

amministrativa e che non esime la P.A. dall’obbligo di protezione ogni volta che il territorio comunale destinato al transito ed alla sosta dei veicoli e pedoni (secondo il concetto lato accolto dall'art. 1 del C.d.S) presenti una insidia o un trabocchetto che sia pericolosa per l’incolumità degli utenti i quali facciano ragionevole affidamento sulla sua regolarità. Occorre, quindi, che si ravvisi una situazione obiettiva (ex re) potenzialmente lesiva cui si aggiunga l’elemento subiettivo della imprevedibilità e, cioè, della impossibilità di evitarla con l’uso della normale diligenza. In tali casi il Sindaco è tenuto a porre rimedio alla situazione di pericolo eliminandone la fonte od anche apprestando adeguate protezioni, ripari, cautele ed opportune segnalazioni fino ad interdire l’uso della strada o di altro spazio con l’esercizio dei poteri ordinatori in via contingibile ed urgente”222.

La citata pronuncia fa di fatto proprio l’orientamento della giurisprudenza civile quanto all’estensione degli obblighi gravanti sull’ente proprietario della strada: la nozione di insidia o trabocchetto viene in questo senso a costituire un limite all’obbligo penalistico di garanzia ex art. 40, comma 2, c.p., tanto quanto

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La Corte giustifica poi la posizione assunta richiamandosi apertamente alla giurisprudenza civile: “Non va sottaciuto che nella fattispecie in esame l’eventuale esercizio di una azione civile per danni da parte degli eredi del defunto li avrebbe esposti ad una sicura soccombenza sulla base dei principi elaborati dalla giurisprudenza in materia (cfr. per tutte e di recente: Cass. Civ. Sez. III, 17.1.1996, Audio Light System c. Provincia di Varese; Cass. Civ. III, 11.8.1995 n. 8823, Arfelli c. Comune di Ravenna). Sarebbe, quindi, del tutto assurdo se in un caso di irresponsabilità dell’Amministrazione per i danni, per mancanza di una specifica norma istitutiva dell’obbligo inadempiuto, dovesse ravvisarsi per l’organo esponenziale della stessa Amministrazione una responsabilità penale, che nell’ordinamento (anche costituzionale) è presentata da maggiori garanzie di tipicità, determinatezza e «suitas» della condotta”.

costituisce un limite ai doveri di manutenzione sottesi alla responsabilità risarcitoria di cui all’art. 2043 c.c.

4.4. L’insidia stradale ed il nesso di causa.

L’orientamento secondo cui l’imprevedibilità e la non visibilità della fonte di pericolo per la circolazione stradale sarebbero un prerequisito affinché si possa affermare la sussistenza di un obbligo di protezione in capo alla pubblica amministrazione è stato ripreso anche da Cassazione Penale, Sez. IV, 29 luglio 2004, n. 32970223 che tuttavia apre poi ad un diverso inquadramento della questione, riconoscendo a suddetti aspetti la capacità di incidere non tanto (o non solo) sull’obbligo di garanzia, ma piuttosto sul nesso di causa. La prevedibilità e visibilità del pericolo sposterebbero l’imputazione causale dell’evento dal difetto di manutenzione alla condotta della vittima.

Nel dettaglio, la citata pronuncia si è occupata della vicenda di un bambino di sette anni deceduto a causa delle lesioni riportate a seguito della caduta da una scarpata che delimitava, senza alcuna protezioni, la strada dallo stesso percorsa. In tale contesto, la Corte di Cassazione, con riferimento alle posizioni del sindaco e del responsabile dell’ufficio tecnico, ebbe innanzitutto a ribadire che “l’obbligo per il proprietario della strada, sia pubblica che privata, quando sul suolo privato si attui un traffico indiscriminato e privo di controllo, sostanzialmente aperto al pubblico, di eliminare la fonte di pericolo ed anche di apprestare adeguate protezioni, ripari, cautele ed opportune segnalazioni sorge nel momento in cui la strada presenti situazioni tali da costituire un’insidia o trabocchetto per gli utenti sicché venga a costituire una fonte di pericolo inevitabile con l’uso della normale diligenza”. Tuttavia, subito dopo, gli stessi giudici danno accesso all’accennato diverso inquadramento dell’insidia stradale in termini di nesso causale: “Tutte le volte in cui, invece, adottando la normale diligenza che si richiede a chi conduce un autoveicolo e più in generale a chi usi una strada pubblica, la situazione di disagevole transito sia conoscibile e superabile, la causazione di un eventuale

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