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L’interpretazione dell’art 31 della legge 663/1986

Nel documento La crisi delle misure di sicurezza (pagine 42-48)

L’intervento con il quale il legislatore ha bandito le presunzioni di pericolosità, sebbene accolto favorevolmente, non ha mancato di suscitare delicati problemi interpretativi in merito alla sua portata. La tesi42 che assegna valore pregante al dato letterale espresso dal legislatore, fa leva sulla puntualizzazione del momento in cui la pericolosità deve essere accertata, quello in cui le misure vengono

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In merito un’analisi approfondita viene svolta da C. De Vito, Camosci e girachiavi, Storia del carcere in Italia, Laterza Editori, 2009.

42 Manacorda, Applicazione ed esecuzione delle misure di sicurezza: due momenti

43 «ordinate» nel giudizio di cognizione. Il verbo “ordinare” coincide con quello utilizzato nell’art. 205 c.p. per designare l’attività con la quale il giudice dispone le misure di sicurezza. Da ciò deriverebbe che l’accertamento incombe sul giudice della cognizione che ha il dovere di accertare l’esistenza e non la persistenza della pericolosità che spetta invece al magistrato di sorveglianza ai sensi dell’art. 21 della legge 663/198643

Malgrado il testo sembri circoscrivere il proprio effetto al solo momento nel quale le misure vengano ordinate dal giudice della cognizione, parte della dottrina44 ha ritenuto che il dettato normativo vada ben oltre quello letterale. La norma avrebbe inciso non solo sulle presunzioni di esistenza della pericolosità ma anche su quelle relativa alla persistenza, nel momento in cui la misura dovrà essere eseguita. Le ipotesi presuntive nella loro dimensione sostanziale non sarebbero però rimosse in toto, bensì degradate a mere ipotesi indizianti del sintomo.45 Risulterebbero così idonee ad indicare al giudice i casi in cui è più probabile il rischio di recidiva, senza però sottrargli la verifica e la discrezionalità in ordine all’effettiva pericolosità del reo.

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Il magistrato di sorveglianza è investito del potere di procedere al riesame della pericolosità sociale in ogni momento, sia durante il corso dell’esecuzione della misura di sicurezza, sia nel caso in cui constati che la pericolosità sociale è venuta meno. Nel primo caso dispone la revoca anticipata della misura, nel secondo ad una

previa revoca prima che questa abbia avuto esecuzione.

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In questa direzione Canepa-Merlo, Manuale di diritto penitenziario, Giuffrè, 1987, p. 285; A. Pagliaro, Principi di diritto penale, parte generale, 3° ed., Giuffrè, 1987, p. 665.

45 A. Calabria, Sul problema dell’accertamento della pericolosità sociale, in Riv. It.

44 Altri Autori46 muovendo dall’abrogazione del solo art. 204 c.p. e non di tutte le fattispecie contenenti presunzioni di pericolosità e dall’assenza di strumenti atti a consentire al giudice di cognizione un giudizio prognostico realmente attendibile, in relazione al perdurante stato di pericolosità dell’imputato47, propendono per una lettura dell’art. 31 in chiave più restrittiva, con la quale sarebbero state rimosse solo le presunzioni di persistenza della pericolosità.

A conferma di questa tesi vi sarebbe una valutazione di ordine sistematico che vede l’art. 31 inserito in una legge di riforma dell’ordinamento penitenziario, per cui esplicherebbe i suoi effetti solo nella fase dell’esecuzione delle misure, in cui è necessario procedere alla verifica della persistenza della pericolosità, già acclarata in fase di cognizione (eventualmente anche tramite presunzioni).48

La Corte costituzionale chiamata a pronunciarsi in tema di pericolosità si è assestata sull’orientamento in base al quale, la disposizione in questione debba trovare applicazione nel momento in cui deve essere disposta la misura di sicurezza, per cui avrebbe espulso dall’ordinamento le presunzioni di esistenza e non anche quelle di

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In questa direzione Bricola, Riforma del processo penale e profili di diritto penale

sostanziale, in Indice Pen., 1989, p. 325; F. Mantovani, Diritto penale, parte generale, 2° ed., Cedam, 1988.

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Ci si riferisce al divieto di perizia criminologica fissato in armonia con il disposto dell’art. 220, 2° comma , c.p.p., che contempla limitate aperture in relazione alla fase esecutiva delle pene e delle misure di sicurezza.

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45 persistenza. Lo deduciamo dalla motivazione della sentenza 13 dicembre 1988, n. 110249, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 219, comma 3, c.p. «nella parte in cui, per i casi ivi previsti, subordina al previo accertamento della pericolosità sociale, derivante dalla seminfermità di mente, soltanto nel momento in cui la misura di sicurezza viene disposta, e non anche nel momento della sua esecuzione».50

In effetti, è più corretto localizzare il tema della rimozione delle presunzioni di persistenza della pericolosità sociale intorno al disposto dell’art. 679 c.p.p.

Quest’ultimo prende in considerazione l’esecuzione di tutte le misure sicurezza (ad eccezione della confisca) stabilendo che, l’organo di competenza in ordine all’esecuzione, ossia il magistrato di sorveglianza, deve accertare, prima di procedere alla medesima «su richiesta del pubblico ministero o d’ufficio […] se l’interessato è persona socialmente pericolosa»; perciò solamente dopo tale verifica il magistrato di sorveglianza potrà adottare i provvedimenti necessari e conseguenti per l’applicazione della misura di sicurezza. A tal fine, in base all’art. 658 c.p.p., quando deve essere eseguita una misura di sicurezza diversa dalla confisca, il pubblico ministero presso il giudice che l’ha disposta, trasmette gli atti al pubblico ministero presso il

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Sentenza n. 1102 13 dicembre 1988, in Giur. Cost., 1988, p. 5347.

50 Per la ricostruzione dei passaggi che hanno condotta a tale decisione si veda M.

46 magistrato di sorveglianza competente per i provvedimenti previsti dall’art. 679. Risulta quindi una inequivocabile scansione dei tempi e delle competenze sul versante dell’accertamento della pericolosità sociale del soggetto che deve essere sottoposto alla misura di sicurezza.

Il magistrato di sorveglianza potrà avvalersi di un apparato di strumenti di conoscenza atto a garantire un esame più approfondito della personalità del soggetto, essendo autorizzato ai sensi dell’art. 220, 2°comma, c.p.p. a disporre perizie miranti all’accertamento delle qualità psichiche indipendenti da cause patologiche, che sono invece vietate al giudice di merito.

Nonostante il combinato disposto di questi articoli ci mostri come vi sia un riparto di competenze tra il giudice della cognizione ed il magistrato di sorveglianza in merito all’accertamento della pericolosità, la Cassazione51 ha statuito che, nel concorso di determinate circostanze, l’esame della pericolosità sociale del soggetto da sottoporre a misura di sicurezza prima dell’esecuzione di quest’ultima, devoluto dalla legge al magistrato di sorveglianza, può essere considerato come «non necessario o, addirittura superfluo». Versandosi in un’ ipotesi di proscioglimento dell’imputato in ragione del suo stato di infermità mentale, si è precisato che il giudizio di

51 Sez I, 26 settembre 1990; F. Mantovani, Giurisprudenza sistematica di diritto

47 pericolosità sull’internamento del soggetto in ospedale psichiatrico giudiziario sarebbe inderogabilmente necessario nei solo casi in cui «avvenga a distanza di tempo dalla sentenza di proscioglimento, che ha accertato la totale infermità di mente»; non vi sarebbe la medesima necessità se l’esecuzione dovesse avvenire «a distanza di poche ore dall’accertamento della pericolosità da parte del giudice di merito».

La soluzione della Cassazione da un punto di vista meramente razionale appare sicuramente plausibile. Infatti, nel caso di proscioglimento per vizio totale di mente, la pericolosità sociale del soggetto è strettamente connessa alla patologia psichica accertata. In questo caso il potere di accertamento del giudice di merito è della stessa ampiezza di quello di cui gode il magistrato di sorveglianza (ex art. 220, comma 2°, c.p.p.). Quindi, una volta che questo con tutti i mezzi a sua disposizione abbia accertato la pericolosità sociale, disponendo il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, appare inverosimile che il magistrato di sorveglianza possa giungere a diverse conclusioni.

Nonostante ciò, la decisione è stata esposta a numerose critiche da parte di quanti vi hanno ravvisato un evidente contrasto con le scelte legislative in merito alla delimitazione delle competenze tra i due giudici operate dal codice di rito.

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