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Natura normativa e natura medica della pericolosità sociale.

Nel documento La crisi delle misure di sicurezza (pagine 135-140)

2. Verso il superamento del binomio malattia mentale-pericolosità

3.4 Natura normativa e natura medica della pericolosità sociale.

Una volta chiarite le difficoltà di una prognosi così aleatoria, non risulta difficile comprendere perché la psichiatria sia sempre più riluttante nell’assumersi la responsabilità di tale giudizio e spinga verso il riconoscimento della pericolosità come categoria puramente normativa.

163

M.T. Collica, La crisi del concetto di autore non imputabile “pericoloso”, cita T.Bandini- . Lagazzi, Le basi normative e le prospettive della perizia psichiatrica nella

realtà europea contemporanea: l’imputabilità del sofferente psichico autore di reato, in Questioni sull’imputabilità (a cura di ) A. Ceretti- I. Merzagora, Padova,

136 In quest’ottica si tiene distinto l’aspetto cognitivo da quello valutativo.

Il perito dovrebbe limitarsi al mero accertamento del disturbo mentale, astenendosi quindi dalla valutazione di sussistenza dell’imputabilità, mentre spetterebbe al giudice l’analisi della capacità di autodeterminazione del soggetto agente e la valutazione della pericolosità sociale.

C’è da chiedersi se il fatto che la pericolosità sia una questione “normativa di ultima competenza del giudice”,164 sia in effetti motivazione sufficiente ad estromettere i periti dalla seconda fase del giudizio di imputabilità, rinunciando così alla possibilità che l’analisi qualitativa e quantitativa del disturbo possa rilevare indizi sulla pericolosità sociale del soggetto.

In questo senso un apporto importante viene dalle tecniche di neuroimaging.165 Dagli anni ottanta del secolo scorso, le neuroscienze hanno visto un notevole sviluppo, in particolare per quanto riguarda

164

M. Romano, Artt. 85/8, in M. Romano- G. Grasso, Commentario sistematico del

codice penale, 3° Edizione, Milano 2005.

165 Si tratta di sofisticati strumenti di visualizzazione cerebrale, quali l’analisi

computerizzata del tracciato EEG, che realizza un mappaggio selettivo dell’attività elettrica di specifiche aree celebrali, la tomografia assiale computerizzata (TAC), la tomografia ad emissione di positroni (PET), la tomografia computerizzata ed emissionale di fotoni singoli (SPECT) e non da ultimo le acquisizioni sull’attività neurotrasmettitoriale e neuromodulatoria fino ad arrivare allo studio della neurobiologia molecolare. Riferimenti in M.T. Collica, Ruolo del giudice e del perito

137 le metodologie di esplorazione metabolico-funzionale del cervello, conosciute appunto come “brain imaging”.166

Si sono così aperti nuovi scenari e interessanti spunti nell’ottica di mantenimento della categoria de qua, nutrendo la convinzione che sia oggi possibile tramite la neuroanatomia, misurare la struttura del cervello e la sua funzionalità, potendo notare le alterazioni cerebrali e i problemi strutturali nelle aree temporale e libica, come l’ippocampo, l’amigdala ed il lobo frontale.

Sarebbe quindi possibile trarre indizi sulla probabilità di commissione di nuovi reati già nelle prime fasi del giudizio con parametri scientifici,167 tramite la diagnosi in sede, individuando la struttura nervosa alterata che sta alla base del sintomo. Questa, coadiuvata dalla diagnosi funzionale con la quale si esplora la personalità globale del soggetto, sono in grado di fornire indicazioni sulle conseguenze di un certo disturbo.

166

La grande rivoluzione nello studio delle funzioni cerebrali si è avuta con la messa a punto di metodologie che hanno consentito di misurare parametri di attività cerebrale in maniera non invasiva, nei soggetti sani. La prima osservazione in questo senso, viene da Angelo Mosso, fisiologo italiano, che nel 1981 dimostrò che le pulsazioni ematiche nel cervello, potevano essere messe in relazione ai diversi compiti mentali che il paziente eseguiva. Per approfondimento v. P. Pietrini,

Responsabilmente: dai processi cerebrali al processo penale, prospettive e limiti dell’approccio neuroscientifico, (a cura di) Luisella de Cataldo Neuburger, La prova scientifica nel processo penale, p. 317 ss, Cedam;

167

M.T. Collica, La crisi dell’autore non imputabile “pericoloso” del reato, cit. p. 280 ss. E’ possibile supportare con parametri scientifici le indagini volte ad individuare la probabilità di recidiva in presenza di alcune tipologie di disturbi e tenendo conto delle caratteristiche personologiche e situazionali del reo.

138 Le tecniche di neuroimaging sembrerebbero consentire lo studio dell’attività celebrale nel corso dell’esposizione ad una stimolazione emotiva o durante la risposta comportamentale in condizioni fisiologiche. Spunti molto interessanti per il giurista provengono quindi dai nuovi studi sull’amigdala, considerata una vera e propria sentinella del cervello, o ancora dal lobo frontale grazie al quale sembrerebbe possibile valutare i correlati neuronali della coscienza, determinanti per la pianificazione dell’atto e per il controllo degli impulsi.

Queste funzioni opererebbero in modo diverso nel soggetto sano rispetto a quello disturbato, per cui quest’ultimo non riuscirebbe a bloccare le risposte automatiche.168Sarebbe così possibile distinguere un soggetto infermo e operare una differenziazione all’interno dello stesso disturbo, superando così uno dei limiti che si riscontra nei manuali diagnostici, quali ad esempio il DSM che avendo natura categoriale, non consentono una diversificazione in termini di intensità del disturbo. Si potrebbe operare una distinzione non solo tra disturbi psicotici, quali ad esempio la schizofrenia, ma a anche tra i

168

M.T. Collica, La crisi del concetto di autore non imputabile “pericoloso” cit., p. 284; I soggetti con un lobo frontale mal funzionante potrebbero quindi essere maggiormente indotti alla commissione di delitti, anche se non esposti ad ambienti particolarmente sfavorevoli. E ancora, in presenza di una certa componente genetica, si potrebbero generare reazioni aggressive abnormi non altrimenti non verificabili.

139 disturbi di personalità, essendo presenti solo nei casi più gravi i correlati microstrutturali evidenziabili alla c.d. VBM.169

Una grande attenzione viene poi rivolta ai recenti studi sul genoma comportamentale da parte della biologia molecolare. Questi ricercano la presenza e l’influenza di determinati geni nel patrimonio genetico, che hanno un’influenza sul comportamento e sulla personalità.

Per quanto questi scenari si rivelino utili per il giurista, il loro contributo deve essere valutato con estrema prudenza e senso critico dal giudice, senza tralasciare che esistono in materia anche voci dissonanti, volte a ridimensionare la portata scientifica di tali studi e talvolta auspicando un ritorno al metodo “organico”.170

Questa nuova prospettiva ha una validità probabilistica e non assoluta che si coniuga perfettamente con la nuova concezione di scienza secondo la quale, non esistono più assiomi di tipo assoluto. I dati ottenuti con i metodi sperimentali di neuroimaging sono sottoponibili sia ad un controllo di affidabilità esterno che ad una convalida incrociata dei risultati, procedure che consentono di accrescere quel “tasso di oggettività” che la prova richiede.171

169

La morfometria basata sui voxel (Voxel Based Morphometry) è una tecnica di analisi in neuroimaging che consiste nell’investigazione di differenze focali nell’anatomia del cervello, usando l’approccio statistico noto come mappatura statistica parametrica.

170

I disturbi mentali venivano infatti distinti in organici (es. demenza) e funzionali (es. depressione o psicosi) a seconda della presenza o meno di alterazioni della struttura celebrale.

171 M.T. Collica, La crisi del concetto di autore non imputabile “pericoloso”, cit., p.

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Nel documento La crisi delle misure di sicurezza (pagine 135-140)