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Le problematiche legate all’esecuzione della casa di cura e d

Nel documento La crisi delle misure di sicurezza (pagine 176-182)

8. Curare e custodire: i contenuti di un’utopia

8.1. Le problematiche legate all’esecuzione della casa di cura e d

I soggetti destinatari della misura sono oggi distinti in due categorie. La legge prevede una triplice soglia di pericolosità a seconda della minore o maggiore gravità edittale del reato per cui si è subita la condanna.224 Il rinvio alla pena edittale dimostra ancora una volta come il legislatore non intendesse l’internamento alla stregua di un trattamento medico post poenam. Infatti la durata minima esprimeva la necessità della segregazione commisurata sulla gravità del reato commesso più che sul disagio dimostrato dal reo.

La dottrina ha posto particolare attenzione sull’interpretazione del concetto di «pena stabilita dalla legge» cui l’art. 219 c.p. ricollega l’applicabilità del ricovero e la durata minima dello stesso.

224

Per i soggetti che abbiano commesso un reato punito in via edittale con la reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni di reclusione, il periodo minimo è fissato in un anno di internamento (art. 219 comma 1), qualora si tratti di un delitto punito con l’ergastolo è elevato ad anni tre (art. 219 comma 2), infine quando si tratti di un qualsiasi altro reato punito con pena detentiva e la diminuzione di pena derivi da intossicazione cronica da alcool o da sostanze stupefacenti, il periodo minimo è fissato in sei mesi.

177 La quantificazione della pena veniva originariamente effettuata225 valutando l’esito del giudizio di comparazione ex art. 69 ed in base ai criteri previsti dall’art. 157, per cui si doveva tener conto del massimo aumento previsto per le circostanze aggravanti, nonché della minima diminuzione stabilita per le circostanze attenuanti.226

Da qui era sorta una questione ancora più interessante e problematica sul problema della valutabilità “in astratto” o “in concreto” della pena, e quindi sulla possibilità di calcolare, per determinare l’applicabilità (e la durata) della misura in esame, la diminuzione di pena concessa per vizio parziale di mente ex art. 89 c.p. nell’ambito del giudizio di comparazione ex art. 69 co. 4.

La S.C., insieme a parte della dottrina,227 era orientata in senso negativo. Si riteneva infatti che l’entità della pena dovesse essere calcolata “in astratto”, cioè indipendentemente dalle diminuzioni ex artt. 89, 95, e 96, perché tali diminuzioni attengono alla qualificazione del soggetto e alla sua imputabilità, elemento della colpevolezza, e non al fatto delittuoso commesso e alla sua gravità; perciò dovevano

225

In riferimento a questo profilo vi era stato un intervento della Corte di Cassazione sez. I, 14 luglio 1977.

226 Tale orientamento era stato criticati da Pecori che riteneva inapplicabile l’art.

157, il quale fa riferimento al massimo edittale mentre l’art. 219 richiama invece il minimo.

227

Cass. sez. I, 5 ottobre 1981; Cass. sez. I, 27 gennaio 1971; CP, 1983, 302; sez. I, 27 gennaio 1971, CP, 1972, 186; sez. I, 17 novembre 1969, CP, 1971, 765.

In dottrina: Bricola, Fatto del non imputabile e pericolosità, p. 262, Giuffrè, 1961; Nuvolone, Misure di prevenzione e misure di sicurezza, p. 654, in «Enc. Dir.», XXVI, 1976.

178 intervenire per ultime dopo il giudizio di comparazione ex art. 69 co. 4.228

Tale tesi è stata criticata, sul presupposto che essa comporterebbe l’equiparazione del reato commesso dal semi-imputabile a quello commesso dall’imputabile. Poiché l’applicabilità e la durata della misura vengono fatte dipendere, nel sistema specifico dell’art. 219, dal tipo di reato commesso, risulterebbe chiara l’impossibilità logica di impoverire la valutazione dei presupposti di applicazione della casa di cura e custodia di un elemento (la diminuzione di pena per vizio parziale di mente) estremamente significativo agli effetti dell’adeguamento della sanzione curativa al singolo reo.229

Tuttavia dopo la riforma dell’art. 69 co. 4 a seguito della D.L. 11 aprile 1974, n. 99,230 le circostanze attenuanti inerenti la persona del colpevole, ex art. 70 ultimo comma c.p., che in precedenza erano escluse dal giudizio di comparazione tra circostanze eterogenee concorrenti, sono coinvolte nel giudizio qualitativo di comparazione e devono risultare prevalenti rispetto alle concorrenti aggravanti.

Quindi l’assoggettamento a misura di sicurezza e di conseguenza il trattamento del semi-imputabile autore di reato potrà variare in modo determinante a seconda dell’esistenza di elementi accidentali aggravanti a carattere anche prettamente oggettivo, il cui valore sia

228

F. Zavatarelli, in Codice penale commentato, E. Dolcini- G. Marinucci, cit., p. 2279.

229 G. De Francesco, Giurisprudenza sistematica, cit., p. 1520. 230

179 ritenuto dal giudice, equivalente o prevalente, nell’ambito del giudizio descritto dall’art. 69.231

Secondo Padovani, “per evitare tali rischi e nell’ottica di una razionalizzazione funzionale della risposta dello Stato al fatto di reato compiuto dal soggetto portatore di gravi disagi psicofisici, si potrebbe suggerire di apprezzare come elemento di comparazione la stessa necessità di un periodo di internamento post-detentivo, in chiave specialpreventiva.”

Quindi, per determinare la pena stabilita dalla legge per il reato commesso, si dovrà tenere conto del dato edittale astratto, ovvero delle circostanze impostando il giudizio di comparazione tra circostanze eterogenee ex art. 69. Sicché non potrà essere pretermessa l’attenuante determinata dal vizio parziale di mente che deve essere considerata come uno tra gli elementi, il cui significato può essere apprezzato solo all’esito del giudizio di comparazione con eventuali circostanze eterogenee, che concorrono ad una migliore individuazione legale del disvalore del fatto.

Il terzo comma prevede una categoria di soggetti, definiti di “terza fascia”. Si tratta di condannati a pena diminuita per ragioni di infermità psichica o sordomutismo per un qualsiasi reato punito in via edittale con la pena detentiva. La norma dà la possibilità discrezionale

231

180 al giudice che accerta la pericolosità di disporre la misura della libertà vigilata in sostituzione della casa si cura e di custodia.

Tale ipotesi sembra rivestire carattere residuale e viene riservata alle ipotesi di pericolosità più attenuate legate ai reati di minore gravità. E’ vista con particolare favore in quanto offre maggiori opportunità terapeutiche e curative che abbiamo visto essere posti in secondo piano nell’esecuzione della misura di sicurezza della casa di cura e custodia.

In quest’ambito si è assistito ad un’evoluzione della giurisprudenza costituzionale. La Consulta ha recepito i più moderni orientamenti della scienza psichiatrica che attribuiscono ai trattamenti para- detentivi un ruolo ed un’efficacia residuale.

Si aprono quindi nuovi spazi per il trattamento non detentivo dei sofferenti psichici e spetterà al giudice verificare che la misura di sicurezza prevista dalla legge sia la più opportuna per quanto riguarda il tipo di pericolosità del soggetto.

La casa di cura e di custodia era astrattamente applicabile anche nei confronti dei minori infraquattordicenni affetti da vizio parziale di mente. Mancava infatti una disposizione esplicita come quella dell’art. 222 co. 4.

I principi affermati dalla Consulta in merito all’illegittimità di una misura segregante senza alcuna differenziazione tra gli adulti e i

181 minorenni trovano applicazione anche in relazione alla “casa di cura e di custodia”, sottraendo definitivamente all’esecuzione di tale misura i minori non imputabili per patologie psichiatriche e socialmente pericolosi. C’è da aggiungere che in realtà già diversi tribunali minorili, prima della sentenza avevano preferito disporre l’internamento in riformatorio giudiziario anziché la misura de qua. Inoltre in caso di concorso tra le due misure è sempre prevalente l’applicazione del riformatorio giudiziario, non solo alla luce dell’intervento della Corte costituzionale ma anche in ragione della maggiore attitudine specialpreventiva della misura che è stata in un certo senso “modellata”, dopo la riforma del processo del 1988, sul trattamento dei minori che delinquono.

L’ultimo comma della disposizione prevede che, qualora venga ordinato il ricovero in una casa di cura e di custodia, non possano essere applicate altre misure di sicurezza. Il riferimento della norma sembra essere diretto al caso del soggetto seminfermo di mente che sia stato dichiarato delinquente professionale o per tendenza a cui sarebbe possibile applicare l’assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa lavoro ex art. 216 c.p.

In questo modo il legislatore ha dato priorità alle esigenze connesse al trattamento terapeutico dell’internato nella stessa logica per cui all’art. 220, si prevede in deroga alla regola generale prevista dall’art.

182 211 co. 1, che l’esecuzione della casa di cura e di custodia può precedere, per esigenze terapeutiche, l’esecuzione della pena. La prevalenza attribuita in questo caso al trattamento medico denota una certa sfiducia del legislatore delle potenzialità di recupero sociale insite in misure di sicurezza a carattere prettamente custodiali quali la casa lavoro o la colonia agricola.

Nel documento La crisi delle misure di sicurezza (pagine 176-182)