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Misura di sicurezza come sanzione esclusiva

Nel documento La crisi delle misure di sicurezza (pagine 106-111)

Dall’analisi sviluppata nei precedenti capitoli abbiamo visto come il destinatario naturale delle misure di sicurezza è (o almeno dovrebbe essere), l’autore di reato non imputabile. Riprendiamo quindi l’analisi della crisi del doppio binario partendo dagli interventi rivolti a quest’ultimi per capire quale parte è possibile salvare di un sistema oramai al collasso.

La nascita delle misure di sicurezza nei confronti dei soggetti non imputabili è stata fortemente condizionata dalle riflessioni e dalla discussione sulla scelta tra intervento penale ed intervento extrapenale. Ancora oggi, dopo trent’anni dal grande intervento legislativo che ha debellato dal nostro ordinamento le istituzioni manicomiali, il nodo della questione rimane il tipo di provvedimento adottabile.

Sebbene la misura di sicurezza non si sia rivelata la migliore delle soluzioni, va precisato che ancora oggi una soluzione soddisfacente non è stata ancora raggiunta.

107 L’intreccio tra finalità di cura e di difesa sociale è quanto mai difficile da ottenere e nel tempo il legislatore ha mostrato una propensione verso strumenti custodiali, in grado di soddisfare maggiormente l’esigenza di difesa sociale piuttosto che quella curativa. La stessa psichiatria in passato non concepiva un trattamento della malattia mentale al di fuori della segregazione.

Lo sbocco naturale di questa «alleanza profittevole» tra psichiatria e diritto ha portato alla nascita dei manicomi giudiziari, con i quali si alimentava la speranza e la convinzione che la pena non fosse più solo “l’espressione di una vendetta, ma di una difesa”.126 Cesare Lombroso fu un acceso sostenitore dell’introduzione in Italia del manicomio criminale quale mezzo di reazione dell’ordinamento nei confronti degli autori di reato alienati e per la creazione all’interno dei penitenziari di «comparti per condannati impazziti». Nell’analisi Lombrosiana erano due gli elementi portanti che, anche storicamente, hanno giustificato la nascita delle misure di sicurezza: la tipologia soggettiva ed i limiti delle funzioni della pena.127

Il primo manicomio criminale italiano nasce ad Aversa nel 1876, non come istituto a sé per i criminali folli non imputabili, ma come reparto

126C. Lombroso, L’uomo delinquente in rapporto all’antropologia, alla giurisprudenza

ed alla psichiatria, Roma, 1897, p. 582.

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M. Pelissero, Pericolosità sociale e doppio binario, cit. C. Lombroso, p. 79; Scriveva infatti il Lombroso che «Si può discutere a lungo sulla teoria della pena, ma

in un punto oramai tutto convergono: che fra i delinquenti e quelli creduti tali, ve n’ha molti che o sono o furono sempre alienati, per cui la prigione è un’ ingiustizia, la libertà un pericolo, a cui mal si provvide da noi con mezze misure che violavano ad un tempo la morale e la sicurezza».

108 del carcere destinato a quei detenuti che presentavano segni di alienazione mentale. Lo scopo era quindi quello di differenziare il percorso penitenziario per coloro che fossero impazziti in carcere.128 Le caratteristiche biologiche o patologiche e la pericolosità del folle- reo richiedevano un’attenzione diversificata sia dal criminale comune che dal “pazzo comune”.

La funzione preventiva della pena giustificava, in nome della difesa sociale, che la segregazione dell’internato malato-criminale fosse perpetua, salvo l’accertamento dell’avvenuta guarigione.129

L’eco del pensiero lombrosiano si ritrova, in una riflessione più organizzata, nella Scuola Positiva e nella Scuola psicologica tedesca (moderne Schule). Secondo la Scuola Positiva era infatti necessario individuare un trattamento sanzionatorio adeguato alla tipologia dell’autore di cui il reato costituisse un sintomo. Franz von Liszt, fondatore della moderne Schule sosteneva che la pena dovesse essere differenziata nei suoi scopi: pena-neutralizzazione nei confronti dei soggetti irrecuperabili, pena-risocializzazione per i delinquenti bisognosi di risocializzazione e pena-intimidazione per i delinquenti abituali e solo per questi ultimi le pene sarebbero dovute essere determinate. Non era necessario operare una distinzione tra il

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M. Pelissero, Pericolosità sociale e doppio binario, cit. Manacorda, p. 80.

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All’accertamento di guarigione, nei rarissimi casi in cui si verificava, dovevano seguire visite mediche mensili a lungo termine, per verificare le condizioni di salute del soggetto.

109 soggetto il cui reato fosse sintomo di alienazione e il soggetto la cui follia si fosse presentata nel corso dell’esecuzione della pena. In ambo i casi le caratteristiche soggettive, giustificavano l’applicazione del provvedimento restrittivo differenziato.

Nella disciplina precedente al codice Rocco trovavano collocazione anche le esigenze di cura. Infatti, con il ricovero in manicomio giudiziario i soggetti ritenuti pericolosi a causa di disturbi psichici fuoriuscivano dal sistema penale per essere affidati, pur sotto il controllo dell’autorità giudiziaria, alla psichiatria.

Il legislatore del 1930 si distingue accentuando il profilo sanzionatorio; egli mantiene ferma l’esigenza di assicurare tramite la misura di sicurezza la difesa sociale, ma introduce una componente retributiva per il fatto commesso che paradossalmente irrigidisce la risposta sanzionatoria nei confronti dei non imputabili.130

Così nei confronti degli infermi di mente veniva ad operare automaticamente la sanzione dell’ospedale psichiatrico giudiziario, il quale rappresentava per i soggetti una «doppia segregazione» sia perché autori di reato che psichicamente insani.

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M. Pelissero, Pericolosità e doppio binario, cit. p 94; Paradossalmente perché nell’ottica della scuola classica, la funzione retributiva avrebbe dovuto assolvere l’imprescindibile garanzia di applicazione di una pena proporzionata al disvalore del fatto ed alla colpevolezza del soggetto, mentre qui irrigidisce la risposa sanzionatoria. Si tratta di un segno evidente, di quanto la politica criminale del

codice Rocco, avesse piegato alle esigenze di un più severo sistema sanzionatorio, l’auspicato sincretismo culturale tra scuola classica e scuola positiva.

110 Senza ripercorrere tappe già viste, sappiamo bene come nel tempo le misure di sicurezza abbiano mostrato un ruolo particolarmente angusto e come la loro applicazione sia entrata in crisi con l’avvento della Costituzione e con l’abrogazione delle presunzioni di pericolosità. Già un decennio prima di quest’ultimo avvenimento si segnala un'altra importante rottura: quella del binomio psichiatria- diritto.

Le giustificazioni che avevano sorretto il principio del trattamento curativo in custodia tale da avallare la segregazione per i non imputabili non ricevettero più l’avvallo della scienza psichiatrica. Così l’internamento del folle delinquente resisteva con tutta la sua incoerenza di fronte ad un sistema che apre nel 1975 alle misure alternative alla detenzione per i delinquenti e abbandona nel 1978 l’idea del trattamento in custodia per i malati di mente. La conseguenza fu che l’applicazione della misura di sicurezza detentiva si prestava ad applicazioni che apparivano del tutto sproporzionate quanto ad incidenza sulla libertà personale del soggetto e controproducenti sul piano terapeutico, tutte le volte in cui a contenere il rischio di recidiva sarebbero state sufficienti strutture aperte o addirittura semplici percorsi ambulatoriali con i centri di salute mentale.

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2. Verso il superamento del binomio malattia mentale-pericolosità

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