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L'ipotesi di una derivazione ellenistica del modello.

1 e § 5.5] Secondo Hanson il prototipo del primo tipo dei teatri-tempio, cioè quello che prevedeva il tempio

5.3 L'ipotesi di una derivazione ellenistica del modello.

5.3.1 Le attestazioni di teatro-tempio nel Lazio: i santuari repubblicani di Gabi, Tivoli e Palestrina.

Difficilmente oggi si può pensare di poter inquadrare l'origine e lo sviluppo del teatro-tempio al di fuori di quel vivace eclettismo che caratterizza l'ellenismo italico del II sec d. C. È in questo periodo che nel campo dell'architettura si manifesta la tendenza alla monumentalizzazione di importanti santuari laziali, campani e sannitici all'insegna di un gusto che si potrebbe definire “scenografico”. Le varie attestazioni di teatri-tempio che conosciamo appartengono generalmente alle fasi mature di questo processo. Una possibile derivazione di questo modello e, più in generale, una dipendenza dell'architettura santuariale del Lazio, della Campania e del Sannio dalle esperienze architettoniche greco-orientali del periodo ellenistico è stata messa in evidenza da diversi studiosi seppure facendo riferimento a matrici specifiche diverse [vedi § 5.4].

Come si è detto nel paragrafo introduttivo i tre santuari laziali di Giunone a Gabi [Fig. 18], di Ercole Vincitore a Tivoli [Fig. 20] e della Fortuna Primigenia a Palestrina [Fig. 19] erano già stati annoverati fra le attestazioni del modello del teatro-tempio dallo stesso Hanson. Si tratta di santuari che a partire dall'età medio-repubblicana manifestano una marcata vocazione alla monumentalità in piena recezione delle tendenze architettoniche ellenistiche

che a cominciare da questa fase si diffondono in tutta l'area italica.

L'antica città di Gabii si trovava a metà della via Praenestina332 a non molti

chilometri di distanza da Roma. Il suo santuario si ergeva ad ovest della città all'interno dell'area urbana, e nella sua fase risalente alla metà del II a.C. era rappresentato da un complesso unitario che includeva un tempio compreso entro un triportico aperto sulla fronte, in associazione con una cavea teatrale assiale333. Nell'ampio spazio esistente tra il triportico e il tempio doveva

essere presente un nemus, ricostruito grazie all'attestazione di alcune fosse interpretate come alloggiamenti per gli alberi334. Gli spazi allestiti come bosco

sacro erano una realtà molto diffusa nei santuari italici. All'origine della loro tradizione secondo Catone vi era l'operazione di ritagliare un'area all'interno di un bosco selvaggio, un rito del tutto assimilabile all'inaugutatio di un templum tanto è vero che veniva praticata dagli auguri e prevedeva la purificazione dell'aria prescelta e l'allontanamento delle presenze divine non benevole335. L'area esterna al templum-bosco sacro, veniva designata col nome di tescum. È possibile che lo spazio alberato del santuario di Gabii rappresentasse proprio il tescum e cioè si estendesse insieme al triportico a coprire l'area dell'intero nemus entro in quale era stato ritagliato il templum- lucus il cui sito originario corrispondeva forse alla superficie del podio del 332 Il cui primo e originario tratto era chiamato proprio “Via Gabina” in quanto congiungeva Roma a Gabii; Coarelli 1987, p.11

333 Coarelli 1987 pp.13-15 334 Coarelli 1987 pp.16-17

tempio di età tardo-repubblicana che ne aveva quindi preso il posto336.

Le caratteristiche e le proporzioni dell'edificio templare, in particolare l'ampiezza dello spazio tra il colonnato frontale e la cella, sono di chiara ascendenza ellenistica337. Il tempio non era immediatamente addossato alla

cavea e prevedeva la presenza di un altare in asse nel piazzale antistante la sua fronte. L'altare si veniva dunque a trovare tra il livello delle scalinate frontali d'accesso dell'edificio templare e quello della cavea digradante fungendo da congiunzione visiva tra le due rampe.

Il vicino santuario della Fortuna Primigenia di Praeneste, l'odierna Palestrina, rappresenta l'esempio più monumentale di complesso santuariale tardo- ellenistico del territorio italico. Il complesso sorgeva in area urbana e si articolava su sei terrazze artificiali erette sulle pendici del monte Ginestro, contenute da muri in opera incerta e poligonale e collegate da un sistema di rampe e scalinate338.

Sviluppandosi su un'area considerevolmente vasta, la questione della sua datazione non può prescindere dalla cronologia relativa dei diversi settori e livelli di cui si compone l'intero complesso, ma ai fini di questa trattazione si considererà esclusivamente la datazione della sesta e ultima terrazza, e cioè quella interessata da una realizzazione del tutto peculiare del modello di

336 Coarelli ibid.

337 Coarelli 1987 pp.13-15 338 Coarelli 1987 p.35

teatro-tempio, che coincide con la fase di massima monumentalità del santuario. Tale datazione, originariamente fatta risalire all'età sillana, venne messa in discussione negli anni Cinquanta dagli archeologi che curarono la prima edizione del complesso339 attribuendolo alla metà del II sec.a.C. Le più

recenti considerazioni basate sui ritrovamenti epigrafici che menzionano i nomi delle gentes a cui i senatori della città appartenevano al momento dell'edificazione del santuario nella sua fase più monumentale, hanno infine fatto posticipare la datazione alla fine del II. a.C340.

La sesta e ultima terrazza del santuario, oggi detta “Piazza della cortina”, è delimitata su tre lati da un doppio triportico corinzio aperto sul lato frontale con al centro quella che appare come una cavea teatrale sotto la quale il lato di fondo del triportico continua come criptoportico. La struttura centrale semicircolare e digradante pone un problema di interpretazione, non è possibile infatti affermare con sicurezza che si tratti di una cavea teatrale. Se come si è detto [vedi §5.1] l'assenza di attestazione di un edificio scenico non è sufficiente a invalidare l'identificazione di una cavea come struttura teatrale, in questo caso, le misure dei gradini che, almeno per come si sono conservate, presentano un'alzata di 20 cm, non sembrano compatibili con la funzione di sedili tanto che per Gullini la struttura semicircolare non rappresenterebbe nient'altro che una monumentale gradinata di accesso al tempio341.

339 F.Fasolo, G.Gullini 1953.

340 Per una sintesi dettagliata della questione cronologica del santuario di Praeneste cfr. Coarelli 1987. pp.61-65.

La summa cavea, o almeno cioè che corrispondeva alla summa cavea, era a sua volta sormontata da un altro doppio portico corinzio che ne riproduceva l'andamento curvilineo, sopra di esso, in posizione mediana e assiale, sorgeva la piccola tholos della quale restano solo le fondazioni e dove si trovava la statua della Fortuna. Il culto di questa dea originariamente legato alla fecondità aveva prerogative oracolari ed era con ogni probabilità assimilato o associato a quello egiziano di Iside fin dalla fine del II sec.

Un altro complesso sacro dalle dimensioni imponenti dell'area romana e di età repubblicana è il santuario di Ercole Vincitore a Tivoli342. Il santuario sorgeva

su un tratto della via Tiburtina subito fuori le mura occidentali dell'antica Tibur in un territorio che collegava il Latium vetus alle aree appeninniche interne originariamente occupate da stirpi sabelliche e che rappresentava per tutte le popolazioni dell'Italia centro-meridionale uno snodo economico cruciale legato a doppio filo alla pastorizia e alle attività mercantili. Il culto storico della città di Ercole Vincitore derivava dall'assimilazione di una divinità locale originaria legata alla protezione del gregge e dei pastori e all'antica tradizione della transumanza.

342 I resti archeologici del santuario sono stati interessati nel corso dei secoli da numerose sovrapposizioni di strutture preindustriali e industriali, un ricovero, un convento, una fonderia, una centrale idroelettrica, e infine una cartiera. Anche a causa della difficoltà di lettura e di indagine dovuta a queste sovrapposizioni il complesso è stato per lungo tempo identificato erroneamente come la “Villa di Mecenate”. Fu lo storico Antonio Nibby che nel 1849 capì che i resti visibili attenevano al santuario di Ercole. Tra il 2008 e il 2009 l'area del santuario è stata oggetto di una serie di interventi di restauro che hanno interessato soprattutto il teatro; M.G. Fiore 2012, pp.271-280; A. Blanco, D.Rose 2011, pp.33-44; G.Fratini, F.Moriconi 2011, pp.41-48; Coarelli 1987, pp.85-111

Dai dati architettonici ed epigrafici il santuario appare oggi come una ricostruzione tardo-repubblicana degli inizi del primo sec. a.C. Era costituito da un area a pianta rettangolare che si articolava in tre settori: un teatro, una grande piazza porticata e il tempio. Questo complesso sorgeva sull'ultimo di una serie di terrazzamenti artificiali realizzati a picco sul fiume Aniene attraverso imponenti sistemi di sostruzione. Un triportico a due livelli cingeva l'intera superficie del terrazzamento lasciandone aperto il lato frontale. Il tempio vero e proprio era addossato al lato di fondo del triportico in posizione centrale ed è stato ricostruito come un periptero sine postico343, davanti ad esso sorgeva una struttura teatriforme la cui cavea, ricavata all'interno del volume dello stesso terrazzamento digradava fino a coprirne l'intero livello in modo simile alle rampe poste su entrambi i suoi lati che fungevano da collegamento alla terrazza immediatamente inferiore.

I complessi santuariali di Gabi, Palestrina e Tivoli oltre alla struttura teatrale o teatriforme e il tempio posto assialmente sopra la summa cavea, hanno in comune un terzo elemento che ricorre in stretta associazione ai primi due, una struttura monumentale porticata che si sviluppa su tre lati delimitando un'area rettangolare aperta frontalmente. Quello che cambia da complesso a complesso è la posizione di questo triportico all'interno del santuario. A Gabii il triportico è posto a perimetro della terrazza al cui interno si erge il tempio e

le sue ali laterali si estendono fino all'altezza del colonnato frontale di questo senza comprenderne la scalinata d'accesso e l'area destinata all'altare. La cavea antistante dunque non è compresa dentro il triportico diversamente da quanto accade nel santuario di Tivoli dove le due ali della doppia struttura porticata entro cui si erge il tempio si estendono fino ad abbracciare l'intera struttura teatrale. A Praeneste invece troviamo una soluzione totalmente diversa dai primi due casi, il triportico non include né la tholos né la cavea (è la cavea ad includere per un tratto il lato frontale del triportico [vedi sopra]) ma è posto davanti alle due strutture a perimetrare l'area rettangolare della terrazza sottostante ad esse. Tale soluzione appare del tutto peculiare anche rispetto agli altri possibili confronti di complessi santuariali con teatro-tempio in territorio italico e non solo [vedi § seg.], e con ogni probabilità è l'esito di un ingegnoso adattamento degli elementi del “canone” alle restrizioni dovute alla particolare conformazione geomorfologica del Monte Ginestro nel tratto in cui le ultime terrazze artificiali del santuario si innestano alle sue pendici rocciose. A conclusione dell'analisi dei tre grandi complessi santuariali laziali è utile considerare che la percezione della differenza di posizione del triportico nei santuari doveva essere ridotta in modo significativo dalla visione prospettica marcatamente frontale dell'intero complesso che comportava uno schiacciamento della profondità di campo in modo tale che, per esempio, le due ali del triportico di Gabii apparivano inglobare idealmente anche la cavea. Le variazioni della posizione del triportico non dovevano

stravolgere l'idea di una sostanziale uniformità e somiglianza dei vari complessi santuariali laziali dedicati ai teatri-tempio.

5.3.2 La direttrice di penetrazione medio-italica del modello architettonico. I teatri-tempio di Teano, Pietravairano e Pietrabbondante.

Sono soprattutto i nuovi dati emersi negli ultimi anni di scavi dalle aree del teatro-tempio di Teano [Fig. 22] e di Pietrabbondante [Fig. 21] e soprattutto dal sito, scoperto nel 2001, di Monte San Nicola di Pietravairano [Fig. 23], a condurre in una direzione diversa rispetto all'ipotesi di un origine del teatro- tempio da una modello architettonico schiettamente romano.

A Teano, nel territorio sidicino, sulle pendici del massiccio vulcanico di Roccamonfina, oggi in provincia di Caserta, la ripresa degli scavi del teatro di Grotte a partire dal 1998344 ha permesso di acquisire ulteriori indicazioni sulla

sua più antica fase edilizia datata all'ultimo ventennio del II sec.a.C. Sulla base delle evidenze portate alla luce, Sirano ha ipotizzato che il sito del teatro fosse occupato nella prima metà del II sec. a.C. da una primitiva installazione posta in relazione con un luogo di culto che, secondo quanto lasciano

344 Gli scavi sono stati condotti sotto la responsabilità scientifica di G.Gasparetti prima e di F.Sirano; Sirano 2011, p.13

supporre i rinvenimenti epigrafici, doveva essere dedicato ad Apollo345. Un

progetto unitario dunque doveva legare l'edificio scenico, la cavea teatrale e la terrazza superiore sin dalle prime fasi di realizzazione del complesso. L'edificio teatrale di età tardo-repubblicana, in seguito inglobato in un altro teatro di età medio-imperiale, fu realizzato in opera incerta, quasi reticolata ed apparteneva ad un complesso architettonico articolato su tre terrazze. Sulla base dei materiali rinvenuti nei livelli di abbandono del tempio, il complesso è stato datato tra la fine del II sec. e gli inizi del I sec. a.C. Tale datazione inserisce questo progetto architettonico all'interno della temperie sorta tra Lazio e Campania tra le media e la tarda età repubblicana che vide l'affermarsi dell'uso dell'opera cementizia per realizzare gli elevati di edifici sempre più monumentali346. Essendo la cavea del teatro costruita

completamente in piano, quello di Teano risulta dunque uno dei teatri più antichi, se non il più antico, ad essere stato costruito, senza sfruttare un pendio naturale e senza riempimenti di terra pressata del tipo ad aggestus, ma interamente su sostruzioni a volte in opera cementizia347 [cfr. §1.1]. La

terrazza superiore del complesso si impostava invece sulle pendici di una collina regolarizzandone il profilo ed ospitava un tempio inserito al centro di una spazio porticato. Al santuario era possibile accedere tramite due rampe dalla summa cavea del teatro anche se probabilmente queste non

345 Sirano 2011, p. 31 346 Sirano 2011 p.32

rappresentavano l'unico accesso alla terrazza più alta, ma altre rampe collegavano il santuario alla parte più bassa del complesso cioè la piazza posta alle spalle della scena. Non è solo l'assialità di tutti i corpi di fabbrica delle terrazze e il loro stesso collegamento tramite rampe a dimostrare come alla base della realizzazione dell'intero complesso vi fosse un progetto unitario, ma anche la corrispondenza esatta degli angoli della fronte del basamento del tempio alle due estremità delle sottostanti sostruzioni e l'identità delle tecniche costruttive dei diversi edifici348. Il santuario di Teano

dunque può essere inserito a pieno titolo all'interno della tipologia del teatro- tempio elaborata da Hanson.

Il sito di Teano sorge in una posizione geografica strategica per il controllo delle vie naturali che collegano la pianura costiera con il Matese e l'area del Latium adiectum con la piana campana349. È soprattutto per l'importanza di

questa sua collocazione topografica che Teano è potuta diventare uno dei centri di elaborazione architettonica più attivi nell'età di Mario e Silla, esercitando una notevole influenza fino al territorio del Sannio Pentro Campano [cfr. infra].

Non molti chilometri a nord-est di Teano, nell'area subappeninica campana alle falde orientali del monte Caievola, si trova un'altra sicura attestazione di teatro-tempio dal carattere marcatamente monumentale e scenografico.

348 Sirano 2013, p.107 349 Sirano 2011, p.9

Nell'estate del 2001, in seguito alla segnalazione di un appassionato di volo aereo, venne identificato un complesso santuariale di notevoli dimensioni di età tardo-repubblicana nella località di Monte San Nicola, subito ad est del comune di Pietravairano350. Il complesso era costituito da un tempio e un

teatro disposti quasi in asse su diversi livelli e racchiuso da una cinta muraria. Dopo le prime parziali esplorazioni, a partire dal 2005 e fino al 2013 sono state effettuate numerose campagne di scavo che hanno portato all'esposizione di resti della cavea e del tempio351. Quest'ultimo sorge sul punto più elevato

dell'altura su una terrazza artificiale quadrata che ne regolarizza il profilo. È stato possibile ricostruire la tipologia planimetrica dell'edificio come un tempio “tuscanico” tetrastilo a tre celle realizzato con una certa corrispondenza ai “canoni vitruviani”352.

Il teatro è posto a una ventina di metri più in basso rispetto al livello della terrazza del tempio. Per le sue caratteristiche architettoniche può essere definito, secondo la terminologia adottata da P. Ciancio Rossetto, “greco- romano”, una tipologia che si ispira ai teatri greci dell'Italia meridionale e della Sicilia e molto diffusa in Campania e nel Sannio353. Date le evidenti

connessioni planimetriche (teatro e tempio sono solo lievemente dissassati) e l'identità delle tecniche costruttive dei vari edifici, non vi è dubbio che un

350 Pietravairano (nelle diverse edizione degli scavi di Pietravairano non sono indicati nomi di curatori) 2014, p.1

351 op.cit. p.2

352 Pietravairano 2014 p.9; Vit. The Arch. 4.7.1

progetto unitario doveva caratterizzare la realizzazione del complesso sin dalle prime fasi.

Secondo gli archeologi che ne hanno eseguito lo scavo, qualunque sia l'effettiva origine della tipologia del teatro-tempio cui il santuario può essere ascritto senza riserve, “è verosimile ritenere, almeno nel caso di Pietravairano, che l’adozione di un tipo planimetrico, come quello del tempio “tuscanico”, ad elevata valenza ideologica e simbolica, e a forte valenza connotativa in chiave tradizionale, assuma il significato di una affermazione identitaria locale in senso romano-latino. Il linguaggio attraverso il quale questa viene espressa, nei modi e nei toni, si rifà alle coeve esperienze dell’ellenismo italico (campano, in particolare).”354

Nella sua veste di santuario d’altura, posto a dominio della sottostante pianura e a controllo di un’importante via di comunicazione, il complesso di Pietravairano costituì verosimilmente un punto di riferimento e un polo di aggregazione per la popolazione circostante, che viveva ancora dispersa sul territorio fungendo, dunque, da evidente marker territoriale e da forte simbolo di identità collettiva.

Come quello di Teano e soprattutto di Pietravairano anche il santuario di Pietrabbondante[cfr. §5.2] nell'Alto Molise, ai piedi monte Caraceno, imposta i suoi edifici monumentali su elevate terrazze, e doveva godere di un effetto

scenografico di grande suggestione secondo un gusto marcatamente ellenistico. Per l'ultima fase del suo santuario, cioè quella del teatro-tempio (il tempio B) è possibile rintracciare modelli ed esperienze di origine diversa. Nella sistemazione dell'area sacra recintata con un muro in opera poligonale si può cogliere un richiamo alle tradizioni locali, mentre il modello planimetrico tuscanico a tre celle rinvia alla tradizione antica etrusco-romana e il gusto per la scala monumentale e gli accentuati caratteri scenografici rimandano ai modelli ellenistici probabilmente mediati dalla tradizione tardo-repubblicana laziale e campana.

In conclusione, i nuovi dati oggi a nostra conoscenza per la Campania settentrionale e interna, consentono di inquadrare il caso di Pietrabbondante all'interno di un processo di diffusione e assimilazione di un modello che ha previsto tappe e modalità di passaggio dalla Campania al Sannio pentro. Non è facile ricostruire quelle che possono essere state le vie di penetrazione del modello nelle varie aree perchè l'incertezza che persiste tutt'oggi su alcune datazioni rende impossibile individuare l'ordine cronologico relativo dei vari complessi santuariali. Ma sulla base dei dati più attendibili sembrerebbe essere stata la Campania a costituire l'originario centro di irradiamento per tutta l'area medio-italica. Nello specifico si può ipotizzare che il teatro-tempio si sia diffuso nelle aree appenniniche interne, attraverso una direttrice di penetrazione che, partendo da Teanum Sidicinum, abbia toccato Pietravairano

per approdare a Pietrabbondante. È anche possibile ipotizzare un passaggio intermedio tra Pietravairano e Pietrabbondante rappresentato dal centro fortificato di Roccavecchia di Pratella, ritenuto da La Regina l'antica Callifae355. Sull'acropoli del Monte Cavuto di questo centro, infatti, è accertata la presenza di un teatro con una cavea ricavata nel banco roccioso e un edificio scenico in muratura356. Nonostante il cattivo stato di conservazione

questo teatro appare del tutto confrontabile con quello della vicina Pietravairano, un dato che oggi può essere considerato come un ulteriore indizio che rafforza l'ipotesi originaria di Caiazza di una possibile associazione del teatro del sito da lui indagato con un edificio templare, posto sempre sull'area acropolare del Monte Cavuto e probabilmente connesso ad una vicina struttura a pianta circolare interpretabile come cisterna357.

5.3.3 I possibili confronti con l'architettura ellenistica orientale o greca- orientale.

Secondo Sirano il modello architettonico del teatro-tempio recepì le suggestioni scenografiche tipiche dell'architettura ellenistica di Sicilia, della

355 Callifae è un centro fortificato (oppidum) citato da Livio (VIII, 25,4) conquistato dai romani insieme a Rufrae e Allifae nel 326.C., fu Caiazza ad identificarlo per primo col sito di Roccavecchia di Pratella, La Regina accolse e confermò questa identificazione; La Regina