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I monumenta di Pompeo: un luogo di culto o di svago mondano?

1 e § 5.5] Secondo Hanson il prototipo del primo tipo dei teatri-tempio, cioè quello che prevedeva il tempio

6.1 I monumenta di Pompeo: un luogo di culto o di svago mondano?

Come si è detto [vedi §§ 1.3 e 1.1 e cfr. § 2.3 ] l'enfasi propagandistica di Pompeo posta sul tempio di Venus Victrix in summa cavea, se non proprio la sua stessa realizzazione, era dovuta per i polemici apologisti della prima età cristiana ad un'esigenza di legittimazione del suo grandioso progetto architettonico davanti agli occhi del popolo e dei senatori romani. Per le fonti come Tertulliano o Taziano l'ostentazione della devozione religiosa e della natura di spazi sacri e dedicati dei suoi monumenta serviva infatti ad aggirare le critiche di immoralità e pericolosità pubblica che per tutta l'età repubblicana avevano ostacolato con successo ogni tentativo di realizzare a Roma un teatro stabile alla maniera dei greci394 [vedi § 1.1.]. Pompeo viene

rappresentato come un uomo talmente arrogante e sprezzante del mos 394 vedi note 15-17

maiorum da prendersi gioco delle istituzioni cambiando sfacciatamente il nome di “teathrum” in “templum” e cercando quasi di far passare la cavea che egli intendeva costruire come una gradinata monumentale del tempio395 [vedi

§ 1.3]. Ma non sono solo le fonti cristiane a insinuare un uso strumentale della simbologia del sacro per il complesso pompeiano, lo stesso Tertulliano basava probabilmente il suo discorso su fonti antiche come Vitruvio e Svetonio396.

L'elegia di Properzio che ci descrive la porticus di Pompeo con le sue fontane, i suoi aulaea attalici, e i suoi ameni platani397 [vedi § 2.6] ci fornisce forse la

più preziosa testimonianza di come veniva effettivamente percepito il complesso pompeiano appena una generazione dopo di chi lo aveva fatto edificare. Il componimento si gioca tutto su un contrasto di immagini di santuari laziali come quello della Fortuna a Praeneste e di Ercole a Tivoli [cfr. § 5.3.1] dove Cinzia si reca per svolgere devotamente dei riti (anche se Properzio sembra dubitare della sincerità del sentimento religioso di lei), e il portico di Pompeo che Cinzia sdegnerebbe in quanto luogo troppo “urbano” (urbem[...]fugis) corrotto dagli sfarzi e dalle dolcezze orientali e quindi lontano dalla rustica genuinità dei luoghi di culto tradizionali, rappresentati dai santuari laziali. In particolare, viene contrapposto il nemus sacro dei santuari laziali398

[vedi Gabii al § 5.3.1] con il duplice bosco di Platani del quadriportico pompeiano. Questa contrapposizione se da un lato ci fornisce

395 vedi nota 58; sul concetto di corruzione dei costumi e luxuria vedi nota 27 al § 1.3 396 vedi §1.3 e nota 17-18

397 vedi nota 133 e [Prop.1] 398 Cfr. note 327-328

un'ennesima testimonianza del carattere mondano e di svago dello spazio verde del quadriportico pompeiano [cfr. § 2.3 e § 1.2], dall'altra ci offre una preziosa informazione di senso opposto. Il complesso pompeiano viene confrontato ai santuari laziali in quanto santuario esso stesso e in particolare il quadriportico con i platani è confrontato con il nemus sacro perchè è propro al tradizionale nemus sacro che corrisponde ed è ispirato formalmente: è in quella manifesta derivazione che trova la sua ragione d'essere (il senso dell'intera elegia è che Cinzia preferisce svolgere i suoi atti di devozione nei santuari laziali e non nel complesso pompeiano solo per evitare il poeta). È un'operazione se non arbitraria, eccessivamente interpretativa, quella di rendere la stessa parola, “nemus”, se riferita ai santuari laziali come “bosco sacro”, se riferita da diverse fonti [vedi §1.2] al quadriportico di Pompeo (“duplex neums”) come “giardino”399. Sicuramente Cadario coglie nel segno

quando individua nel complesso pompeiano un richiamo all'architettura laica e civile ellenistica. In particolare le caratteristiche architettoniche del monumentale quadriportico, rimandano al ginnasio greco così come si sviluppa a partire dalla fine del IV sec. in territorio ellenico e, in seguito, anche nell'Italia meridionale, per trovare le sue più esemplari realizzazioni in piena età ellenistica e il caso, sia pur controverso, del cosiddetto ginnasio di Siracusa, coi suoi portici costruiti a ridosso di una cavea teatrale in modo

399 È l'orientamento che cerca di suggerire Cadario (2011, pp.56-59). Chiaramente, definendo lo spazio verde come “giardino” piuttosto che come “bosco” si sceglie di porre l'accento sul gusto tutto ellenistico del Quadriportico.

assimilabile alla porticus pompeiana [vedi § 5.3.3] rende manifesta un'ispirazione greca di quest'ultima. Cadario scrive che con il Quadriportico Pompeo “aveva così offerto al popolo insieme al teatro anche una versione 'romana' del ginnasio, distaccata dall'esercizio atletico e accessibile alle donne, ma caratterizzata dala grecità dei suoi personaggi componenti il suo arredo scultoreo” 400

[cfr. Cap.2]. Ma è veramente possibile ritenere che la natura religiosa del complesso avesse come unica funzione quella di fornire una copertura ideologica per la costruzione del primo teatro stabile a Roma, nonché la realizzazione del primo monumentale complesso urbano laico- civile di derivazione ellenistica? Il valore e il significato del carattere cultuale dei monumenta di Pompeo andava ben oltre quest'uso accessorio e probabilmente giungeva in parte ad investire la stessa figura del suo committente. Si è detto che Cicerone si riferisce alla statua di Pompeo presente nella Curia col termine “simulacrum”401 [vedi § 2.6] e che Cadario

esclude ogni sfumatura cultuale considerando l'espressione usata da Cicerone una licenza poetica indotta dalla connotazione simbolica che la statua aveva assunto nell'immaginario dei romani per essere stata la testimone “bagnata dal sangue” del cesaricidio402. In realtà questa giustificazione del termine

appare superflua e priva di una concreta motivazione in quanto “simulacrum” nel latino classico di Cicerone ha un valore descrittivo del tutto neutro non

400 Cadario 2011 p.58; vedi nota 138 401 vedi nota 137

connotato in senso cultuale, significa semplicemente “statua” dunque non ha la valenza semantica che ha oggi per noi la parola “simulacro”403. Un discorso

simile è valido anche per l'altra fonte citata da Cadario, di pochi anni successiva a Cicerone, Nicolao di Damasco che si riferirà alla statua di Pompeo nella Curia con col termine “eìdolon”404.

Un dato che può assumere maggiore rilievo nel tentativo di definire le sfumature cultuali presenti nel complesso pompeiano, è invece che la Curia era di fatto un templum se Varrone poteva vantarsi di essere stato lui a suggerire di inaugurare l'edificio405. Del resto, se l'edificio non fosse stato

inaugurato non avrebbe potuto ospitare il Senato, ed è appena il caso di ricordare che l'ipotesi di La Regina, poi ripresa da Coarelli, di una derivazione del teatro-tempio di Pietrabbondante dal modello romano del complesso Curia-Comitium, si basava anche sulla natura intrinseca di “templum” di ogni Curia. [vedi § 5.2]. In seconda istanza non bisogna dimenticare che la grande esedra che poi sarà eletta a Curia si trovava sull'estremità orientale del Quadriportico e quindi dell'intero complesso, sul punto diametralmente opposto al tempio di Venere in summa cavea che invece costituiva l'estremo occidentale del complesso. I due edifici dunque erano posti in relazione l'uno con l'altro, “in dialogo”, in quanto l'inizio e la fine di un percorso ideale. Quella che Cadario chiama la “passeggiata” ricavata al centro del duplex 403 vedi per ese. la voce “simulacrum” nel “Nuovo vocabolario della lingua latina” di Campanini-Carboni o nel “Vocabolario della lingua latina” di Conte-Pianezzola-Ranucci 404 vedi nota 138

nemus interno al quadriportico era stata definita da Hanson, come “via processionale”406. Tosi ha fatto notare che l'identificazione di Hanson come

via processionale non trova sostegno nella testimonianza di Vitruvio che delle porticus post scaenam riporta solo un uso funzionale agli allestimenti scenici e alle esigenze del pubblico che vi si riparava, per esempio, in caso di pioggia407 [cfr. § 1.1]. Ma si è già detto di come Vitruvio abbia compiuto la

scelta tecnica di escludere la religio dalla sua trattazione sul teatro, trattando le sue forme archittettoniche in sedi separate rispetto agli edifici di culto, pur essendo consapevole delle valenze cultuali delle strutture teatrali [vedi §. 5.5]. Un confronto che potrebbe essere significativo riguardo alla determinazione della valenza cultuale di Curia e Quadriportico con bosco di Platani, è quello col teatro-tempio di Leptis Magna [vedi § 5.4]. Come si è detto, questo santuario presentava una duplicazione del culto perchè oltre al sacello in summa cavea era presente un tempio proprio all'interno della porticus post scaenam. Il dato che il secondo tempio fosse stato realizzato qualche anno dopo l'edificazione dell'intero complesso, non mi impedisce di vedere un possibile emulazione dei monumenta di Pompeo, dato che il santuario nordafricano, in tutte le sue fasi edilizie (dall'età augustea alla prima età di Claudio), resta comunque quello più vicino cronologicamente al complesso pompeiano ed è altamente probabile che l'ispirazione ad un modello romano tanto illustre fosse diretta ed esplicita (i due complessi presentano la stessa

406 Hanson 1959, p.54

disposizione dei tre principali elementi: tempio, teatro e porticus).

La fama di luogo libertino deputato agli incontri amorosi, le connotazioni di licenziosità che il frequentare il complesso pompeiano assume nelle stesse fonti antiche romane, soprattutto poetiche, [vedi § 1.2 e cfr. § 2.2], era incompatibile con la natura cultuale del luogo soltanto per le categorie di giudizio degli apologisti cristiani. Non bisogna dimenticare che il complesso pompeiano era dedicato alla dea dell'amore, Venere, e che con ogni probabilità la massiccia presenza di raffigurazioni statuarie femminili accertata [vedi § 2.2 e cfr. Cap.3], lungi dal testimoniare la lascivia del luogo, ne ribadiva la natura sacra. La vocazione alla passeggiata mondana di cui parla Cadario, e che è innegabile in quanto attestata da numerose fonti, introduce semmai un aspetto fondamentale di peculiarità delle strutture pompeiane rispetto a quasi tutte le altre attestazioni di teatro-tempio conosciute: il carrattere pienamente urbano del complesso che, seppur fuori dal pomerium, era situato sull'allineamento dei Saepta e della Porticus Minucia, nel cuore di un'area importante e vitale per la città di Roma, quale era il Campo Marzio [vedi § 1.1]. La tesi di una derivazione del santuario di Pompeo dal modello degli antichi santuari laziali e campani mi appare sostenibile a patto di considerare quanto il carattere straordinariamente urbano e “moderno” del complesso, nel senso dell'influsso della cultura ellenistica, abbia comportato una serie di innovazioni sostanziali nel modo di concepire gli spazi e la loro funzione. In questo senso l'originalità del complesso

pompeiano è assoluta perchè è dettata dalla trasformazione epocale che Roma, capitale ellenistica, comincia vivere, anzi, ne è essa stessa promotrice e protagonista.

La fruizione degli spazi de complesso era destinata a un pubblico molto variegato in quanto a estrazione sociale costituito dai clienti di Pompeo ma anche da frequentatori occasionali e dagli uomini politici di alto rango come i senatori. A questo pubblico così variegato corrispondeva una ricca diversificazione delle attività svolte nei vari settori: dai ludi, alle cerimonie di stato, dalle riunioni politiche, alle attività di svago. Gli stessi programmi decorativi si adeguavano a una tale compresenza di funzioni attraverso la stratificazione dei vari registri espressivi e la polisemia dei messaggi veicolati408.