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La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea

3. Il quadro giuridico in cui si inseriscono le attività di FRONTEX

3.1. Strumenti giuridici con finalità umanitarie

3.1.2. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea

La proposta di redigere una Carta che elencasse tutti i diritti fondamentali riconosciuti dall’Unione Europea è stata presentata dagli Stati membri durante il Consiglio Europeo di Colonia del 1999. È stata dunque creata una convenzione ad

hoc composta da un rappresentante di ogni paese europeo, un membro della

Commissione Europea e membri sia del Parlamento Europeo sia dei Parlamenti nazionali. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea è stata proclamata dalle istituzioni europee a Nizza il 7 dicembre 2000; in seguito è stata modificata e poi nuovamente proclamata a Strasburgo nel 2007. Il Trattato di Lisbona, al quale essa è stata allegata sotto forma di Dichiarazione, le ha conferito carattere giuridico vincolante al pari dei Trattati, cosa che non era avvenuta in seguito alle due proclamazioni del 2000 e del 2007. La Carta comprende 54 articoli, suddivisi in 7 capi: dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia, disposizioni generali.

Anche la Carta dei diritti fondamentali, come già la Convenzione di Ginevra, contiene un riferimento al principio di non- refoulement. L’art. 19 recita infatti:

“Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti”49

.

Lo stesso articolo, inoltre, vieta anche le espulsioni collettive, cioè quelle operazioni di rimpatrio nei confronti di gruppi di migranti intraprese senza prima averne analizzato la situazione individuale o senza aver verificato se effettivamente sussistano le condizioni per una loro richiesta di asilo presso il paese che li ospita temporaneamente.

Oltre all’appena citato art.19, altri due articoli sono di particolare interesse per l’attività che FRONTEX svolge quotidianamente alle frontiere nel corso delle sue missioni. Il primo è l’art. 4, il quale afferma il divieto assoluto di sottoporre

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qualunque individuo a tortura o trattamenti inumani o degradanti; si tratta di una raccomandazione generica, non indirizzata a particolari gruppi di cittadini, ma che proprio per questo suo carattere di universalità può essere ricondotta anche ai migranti, i quali costituiscono la categoria di persone più a rischio dal punto di vista dei trattamenti che vìolano i diritti umani. Il secondo articolo sul quale vale la pena di soffermarsi relativamente all’attività svolta da FRONTEX è l’art. 18. Esso recita:

“Il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma del trattato che istituisce la Comunità europea”50.

Viene qui introdotto il diritto di asilo, cioè il diritto di ogni persona che sia sottoposta a persecuzione nel suo paese d’origine a richiedere la protezione temporanea di uno Stato diverso dal proprio. Il diritto d’asilo interessa l’attività svolta da FRONTEX in quanto l’Agenzia, una volta effettuate le operazioni di sbarco dei migranti e aver loro consentito l’accesso sul suolo europeo, deve procedere all’identificazione di tutte le persone coinvolte e verificare quante tra esse presentino la volontà di o i requisiti per presentare richiesta d’asilo. Anche questo tuttavia, come già il principio di non-refoulement, costituisce un punto critico per il lavoro delle guardie di frontiera, le quali sono state spesso accusate di respingere i migranti a priori, senza quindi accertarsi che tra essi vi fossero individui bisognosi di protezione temporanea.

L’organo incaricato di vigilare sul pieno rispetto della Carta dei diritti fondamentali è la Corte di Giustizia dell’Unione Europea poiché, come già sottolineato, dal 2009 la Carta ha assunto valore giuridico vincolante al pari dei Trattati. Gli Stati membri hanno inoltre creato una vera e propria Agenzia a tutela dei diritti fondamentali, dedicata alla vigilanza sull’avvenuta applicazione di tali diritti. Al contrario di quello che si potrebbe pensare, tuttavia, essa non ha un accesso privilegiato alla Corte di Giustizia nel caso in cui rinvenga delle violazioni51. Alla luce di ciò, essa risulta vincolata dalla Carta dei diritti

50 Ibidem.

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fondamentali esattamente allo stesso livello di FRONTEX; rimane quindi un semplice strumento consultivo concepito allo scopo di fornire dei pareri ma senza alcun potere pratico che le altre Agenzie non abbiano già.

3.1.3. La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

Un altro strumento che può essere citato come vincolante per l’Agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne è la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). Non bisogna confondere tale Convenzione con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, citata nel paragrafo precedente; oltre ad una differenza qualitativa tra le due, è presente anche una differenza di carattere tecnico: mentre la seconda è stata pienamente integrata nella legislazione comunitaria, la prima non ha ancora subito questo processo di integrazione, configurandosi pertanto come un accordo esterno all’UE, stipulato tra i paesi facenti parte del Consiglio d’Europa. Pur avendo infatti i ventotto paesi europei aderito alla Convenzione, questa non vede ancora la partecipazione dell’Unione come attore istituzionale. In realtà della possibile adesione dell’Unione Europea alla CEDU si discute ormai da oltre trent’anni. Già nel 2004 il Protocollo n.14 modificante il testo originale della Convenzione prevedeva una futura adesione dell’Unione, pur senza specificare le condizioni in cui questo sarebbe avvenuto. Un passo avanti è stato fatto grazie al Trattato di Lisbona, il quale prevede all’art. 6 che

“L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei trattati.

I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali.”52

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Refugee Law, with focus on EU Policies and EU Co-operation with UNHCR”, Documento CEPS in “Liberty and Security in Europe”, No. 59, settembre 2013, http://www.ceps.be/book/current- challenges-regarding-international-refugee-law-focus-eu-policies-and-eu-co-operation-un

52 Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull’Unione Europea e il trattato che istituisce la

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Tuttavia dalla teoria non si è ancora passati alla pratica. I lavori per concretizzare le previsioni contenute nel Trattato sono cominciati nel 2010, quando il Comitato direttore in Materia dei Diritti Umani del Consiglio d’Europa è stato formalmente incaricato dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa di istituire un gruppo di lavoro che elaborasse lo strumento giuridico necessario alla futura adesione dell’UE alla CEDU. Tale gruppo, divenuto operativo già nello stesso 2010, era composto da 7 esperti provenienti dagli Stati membri e 7 esperti provenienti da Stati non membri. Dopo tre anni di trattative, si è giunti nel 2013 alla formulazione di un accordo; esso è stato presentato alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea allo scopo di verificarne la compatibilità con i trattati. Due udienze si sono tenute il 5 e il 6 maggio 2014, ma la Corte non si è ancora pronunciata in merito.

Il motivo per il quale non si è ancora giunti ad un risultato concreto consiste nel fatto che non è mai stato ben definito quali siano le modalità operative in base alle quali l’Unione debba diventare membro della CEDU. Inoltre, guardando alle conseguenze dell’adesione si evincono dei nuovi problemi con i quali l’UE dovrà fare i conti. Innanzitutto, vi è la questione della compatibilità con la Carta dei diritti fondamentali, la quale, come abbiamo già sottolineato, proprio in virtù del Trattato di Lisbona è diventata un atto giuridico legalmente vincolante per l’Unione. In secondo luogo, l’adesione dell’Unione alla CEDU comporterebbe la presenza di due corti a livello europeo: la Corte di Giustizia dell’UE e appunto la Corte Europea dei Diritti Umani, l’organo deputato ad assicurare il rispetto della CEDU, istituito dalla Convenzione stessa; ciò provocherebbe un accavallamento di competenze a livello giudiziario.

Tornando comunque ai contenuti della Convenzione, anch’essa, come già la Carta dei diritti, contiene una base giuridica per il principio di non-refoulement, precisamente all’art. 3, il quale afferma genericamente che “nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”53. Sebbene non vi sia alcun riferimento esplicito ai migranti, nella pratica tale articolo è stato interpretato dalla Corte Europea dei Diritti Umani come un divieto ad inviare persone che hanno raggiunto le frontiere degli stati membri verso paesi in cui

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rischiano appunto la morte o la tortura, e pertanto anche questo risulta uno strumento al quale FRONTEX deve attenersi nello svolgimento delle sue missioni.