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6. La ripresa dei flussi nel 2013: tragedie e risposte

6.2. L’operazione “Triton”

L’operazione congiunta “Triton” è espressione della volontà dell’Unione Europea di supportare l’Italia nel delicato processo di gestione dell’emergenza immigrazione che si verifica, negli ultimi anni più che mai, sulle sue coste meridionali. Essa ha avuto inizio il primo novembre 2014, quindi circa un anno dopo la tragedia di Lampedusa, proprio durante il semestre italiano di presidenza europea. Prevede un budget mensile di 2,9 milioni di euro e coordina una quantità di mezzi significativa: tre navi per i pattugliamenti in mare aperto, due navi per i pattugliamenti sotto costa, due motovedette per pattugliamenti sotto costa, due aerei e un elicottero. Inoltre, FRONTEX ha messo a disposizione delle autorità italiane cinque squadre speciali al fine di elaborare delle informazioni precise sulle attività di smuggling condotte nei paesi di origine e transito dei migranti, nonché due squadre addette alla vigilanza. L’area operativa di “Triton” copre le acque territoriali dell’Italia così come parte delle zone SAR di Malta e Italia, fino a un massimo di 30 miglia dalla costa. Nonostante “Triton” abbia preso il via ufficialmente il 1 novembre, già il 24 settembre 2014 era stato deciso che una

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nuova operazione congiunta avrebbe dovuto occuparsi delle attività di sorveglianza di quella parte di mar Mediterraneo compresa tra l’Italia e il nord- Africa. Fino ad allora, l’Agenzia FRONTEX era intervenuta in questa particolare area marittima tramite l’operazione congiunta “Hermes”, sempre in parallelo alle attività condotte invece a livello nazionale dall’Italia. Quest’ultima, infatti, già qualche giorno dopo la tragedia di Lampedusa, precisamente il 18 ottobre 2013, interveniva tramite l’operazione militare e umanitaria “Mare Nostrum”. Si trattava in realtà di un potenziamento dell’attività di sorveglianza del Canale di Sicilia effettuato dalla Marina Militare italiana già dal 2004 tramite mezzi navali e aerei e l’impiego di circa 1000 risorse umane. L’operazione “Mare Nostrum” è terminata proprio in corrispondenza del lancio di “Triton”, quindi il 30 ottobre 2014; da questa data quindi autorità italiane ed autorità europee cooperano nell’ambito della stessa missione congiunta.

Mettendo a confronto “Triton” con la precedente operazione “Mare Nostrum”, è innegabile che la prima appaia un intervento più limitato e circoscritto. Innanzitutto vi è la questione del budget: l’Italia stanziava per la propria operazione militare oltre 9 milioni al mese, oltre il triplo rispetto alla cifra impiegata dall’operazione europea. Inoltre bisogna sottolineare che tale budget copre un periodo di tempo predeterminato, in quanto gli stanziamenti sono previsti fino a maggio 2015; non è ancora noto come “Triton” si evolverà dopo questa data. In secondo luogo, l’operazione condotta da FRONTEX non nasce come una missione SAR, a differenza della precedente “Mare Nostrum”; in aggiunta al fatto che essa si limita ad intervenire entro le trenta miglia dalla costa europea, pertanto oltre questa distanza interviene comunque la Marina Militare Italiana.

Infine, anche i mezzi coinvolti risultano irrisori se si considera che provengono da diversi Stati membri dell’Unione Europea; anche in questo caso, i mezzi impiegati dall’Italia nell’ambito di “Mare Nostrum” risultavano decisamente superiori. Per verificare se l’operazione “Triton” si sia rivelata realmente efficace bisognerà aspettare ancora qualche mese. Tuttavia, nonostante si tratti di un’iniziativa di minore intensità rispetto a “Mare nostrum”, la missione congiunta costituisce già di per sé un segnale forte che l’Agenzia ha voluto fornire ai suoi Stati membri,

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affermando la propria presenza e smentendo, almeno sulla carta, quelle voci che la volevano ormai depotenziata e, di fatto, sempre meno efficace. Qualunque ulteriore valutazione su di essa potrà essere svolta solo a posteriori: al momento attuale è ancora troppo presto per pronunciarsi.

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Conclusioni

Quali conclusioni si possono trarre dall’analisi di questo primo decennio di vita dell’Agenzia per la gestione delle frontiere esterne dell’Unione Europea? Come si evince dalla presente trattazione, non possiamo darne un giudizio totalmente positivo, ma anche una valutazione del tutto negativa sembrerebbe fuori luogo. FRONTEX appare ad oggi come uno strumento potenzialmente efficace nelle mani delle istituzioni europee, le quali tuttavia presentano qualche difficoltà nella sua gestione. Prova ne sono i tre progetti di riforma del regolamento istitutivo dell’Agenzia, due già portati a termine, nel 2007 e nel 2011, e uno tutt’ora in corso. Essi tuttavia dimostrano anche che se da un lato vi è il riconoscimento di qualche aspetto ancora da migliorare nel modus operandi dell’Agenzia, dall’altro lato vi è anche una grande volontà da parte delle stesse istituzioni di apportare quelle migliorie che renderebbero FRONTEX davvero efficace. Pensiamo alla riforma del 2011: essa costituisce a mio parere un’implicita ammissione di colpa, poiché affermare di voler porre più enfasi sui diritti umani significa anche riconoscere che fino ad allora vi è stata un’effettiva carenza in tal senso, e pertanto volersi impegnare nel porvi rimedio.

Dall’analisi delle condizioni operative dell’Agenzia è emerso come FRONTEX sia ancora uno strumento in evoluzione, anche da questo punto di vista. Se le prime operazioni congiunte apparivano come forme di cooperazione elementari, lo stesso non si può dire delle operazioni più recenti, sicuramente più e meglio organizzate rispetto alle precedenti. Gli strumenti recentemente approvati, come il sistema di sorveglianza EUROSUR, apportano un ulteriore valore aggiunto per l’Agenzia, anche se valutarne l’efficacia dopo appena un anno di esercizio appare comunque prematuro. C’è tuttavia un aspetto che non può essere sottovalutato: quello quantitativo. I dati da me ottenuti circa gli esiti delle singole operazioni congiunte condotte da FRONTEX negli anni mostrano che l’intervento dell’Agenzia nel Mar Mediterraneo è stato di grande aiuto nella gestione dei momenti di emergenza relativi ai flussi migratori irregolari diretti sul territorio europeo. Prova ne è che ben due operazioni condotte dall’Agenzia, in due punti

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opposti del Mediterraneo quali la Spagna e la Grecia, siano state trasformate in missioni permanenti, cioè continuative, sui territori di tali Stati, anche adesso che la situazione non presenta le condizioni di gravità tipiche dei primi mesi. E non solo in questi due casi, ma anche nella maggior parte delle altre operazioni analizzate si nota come in realtà in seguito all’intervento dell’Unione Europea l’immigrazione si sia ridotta, i trafficanti siano stati costretti a cercare vie alternative per trasportare i migranti sul suolo europeo, e la presenza degli ufficiali di FRONTEX si sia quindi anche trasformata in un deterrente nei confronti dei malintenzionati per i quali adesso risulta molto più difficile continuare a condurre le attività illecite che conducevano prima.

Relativamente alle critiche mosse all’Agenzia da attori ad essa esterni, siano essi rappresentanti istituzionali sia autori o studiosi del campo, la mia analisi ha dimostrato come alcune di esse appaiono attendibili e pertanto condivisibili, altre meno.

Per quanto riguarda l’accusa più grave, cioè il mancato rispetto dei diritti umani e in particolare del principio di non-refoulement, analizzando da vicino le pratiche condotte dall’Agenzia emerge che effettivamente essa ha tenuto dei comportamenti dubbi in tal senso ed è risultata passibile di condanna. Tuttavia, come già sottolineato, la riforma del 2011 ha apportato notevoli cambiamenti al regolamento istitutivo da questo punto di vista, focalizzandosi principalmente sul rispetto dei diritti umani dei migranti intercettati.

Venendo ad un altro dei punti maggiormente critici, e cioè la questione della securitizzazione dell’immigrazione, sulla quale si dibatte ormai da tempo, appare evidente come essa non sia altro che una scontata conseguenza delle pratiche condotte dall’Agenzia, piuttosto che un’azione intenzionale. FRONTEX nasce per fornire supporto agli Stati membri nel contrastare l’immigrazione illegale, pertanto è normale che identifichi il suo “nemico” nei clandestini, perché intercettarli è il suo compito. In seguito a ciò può passare il messaggio secondo il quale l’Agenzia percepisca gli immigrati irregolari come una minaccia per l’Europa, ma si tratta di un messaggio falsato, perché FRONTEX si pone il mero obiettivo di far sì che tutti coloro che accedano al territorio europeo abbiano le carte in regola per farlo. Qui ci si potrebbe ricollegare al punto precedente, cioè

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alla questione dei diritti umani, in quanto è legittimo che coloro che non posseggano i requisiti per soggiornare o stabilirsi in Europa vengano rimandati al loro paese d’origine, purché però questo avvenga nel totale rispetto dei diritti umani delle persone coinvolte; come abbiamo visto, sono stati compiuti dei passi avanti in tal senso.

Altro punto problematico: l’accountability. Da questo punto di vista, tramite la mia analisi sono giunta alla conclusione che l’Agenzia risulta abbastanza ferrata nell’output legitimacy, cioè nella sua stessa responsabilità nei confronti degli atti da essa emessi e delle operazioni da essa condotte. Tale aspetto è stato sottolineato anche dal gruppo di consulenza internazionale COWI. Nel caso invece dell’input legitimacy, cioè nella legittimazione dell’Agenzia da parte delle istituzioni esterne, quest’ultima appare depotenziata, in quanto nonostante il direttore esecutivo venga dichiarato dal regolamento istitutivo formalmente indipendente, in realtà egli opera all’interno di un Consiglio d’Amministrazione composto da rappresentanti nazionali, i quali non possono non portare avanti gli interessi degli Stati che rappresentano.

Infine, la questione più problematica, relativa alla trasparenza. È innegabile che l’Agenzia presenti una carenza sostanziale in tal senso, e ho potuto constatarlo in prima persona, durante la fase di ricerca preliminare alla stesura della mia tesi. L’Agenzia non solo manca di un database che fornisca in tempo reale informazioni relative alle operazioni congiunte, ma spesso fornisce essa stessa dati contraddittori, che differiscono da documento a documento, per cui risulta difficile identificare le informazioni attendibili. Ciò può avvenire solo in seguito ad indagini più approfondite o comunque tramite ricerche incrociate, quindi attenendosi ad altre fonti.

Guardando agli avvenimenti più recenti, essi mostrano come il processo di evoluzione dell’Agenzia di cui ho accennato sopra non possa dirsi ancora concluso. La tragedia di Lampedusa, il naufragio avvenuto al largo delle coste italiane il 3 ottobre 2013, seppur non imputabile direttamente all’azione di FRONTEX, ha prodotto un grande sconcerto sia tra l’opinione pubblica sia tra le istituzioni europee nonché nazionali. L’Europa intera si è impegnata nel fornire all’Agenzia i mezzi utili per l’avvio di una nuova operazione congiunta,

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denominata “Triton”, la quale va a sostituire la precedente missione di ricerca e soccorso italiana “Mare Nostrum”. Riuscirà “Triton” a fare la differenza nel contrasto all’immigrazione irregolare relativamente alle acque italiane? Come si evince dal confronto da me effettuato tra l’operazione FRONTEX e la precedente operazione condotta dalla Marina Militare italiana, la prima appare molto ridimensionata in costi e dimensioni rispetto alla seconda. Tuttavia ritengo che sia ancora troppo presto per sbilanciarsi, in quanto valutazioni approfondite potranno essere svolte solo a posteriori o comunque dopo un lasso di tempo sufficientemente ampio.

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