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5. Una prima valutazione critica su FRONTEX

5.2. La visione securitaria dell’immigrazione

Il termine securitization è stato introdotto in ambito sociologico da quella che viene definita la “Scuola di Copenaghen”, consistente nel gruppo di ricercatori guidato da Ole Waever113. Tali studiosi sostengono che il mondo sia costruito socialmente, per cui risulta difficile comprendere quali minacce siano reali e quali no: tutto dipende da come gli uomini guardano ad esse. Nel momento in cui una minaccia viene identificata come un pericolo, ecco che scattano una serie di meccanismi per contrastarla e, se è il caso, annientarla. Cosa c’entra l’immigrazione con il concetto di securitization? Diversi ricercatori hanno sostenuto e continuano a sostenere che l’occidente abbia costruito nel tempo un’immagine dei migranti falsata, dipingendoli come potenziali fattori di rischio per la società nella quale essi vanno ad inserirsi. Già nei primi anni ’90 Myron Weiner identificava una serie di pericoli collegati all’immagine del migrante, il quale già per lo stesso fatto di voler scappare dal proprio paese è da considerarsi un criminale. Secondo Weiner, spesso i migranti giunti nel mondo occidentale rischiano di essere coinvolti nel traffico di armi o droga, sono degli oppositori del regime vigente nella loro madrepatria, o si oppongono addirittura al regime

113 Léonard Sarah, FRONTEX and the Securitization of Migrants through Practices, documento

presentato al seminario del “Migration Working Group” tenutosi presso l’Istituto Universitario Europeo di Firenze il 9 febbraio 2011.

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vigente nello Stato che li accoglie114. Oggi, circa due decenni dopo la formulazione della teoria di Weiner, le cose non sono purtroppo cambiate. I migranti continuano a rivestire un ruolo scomodo nell’immaginario comune, associato al pericolo e alla minaccia. In particolare, essi sono considerati delle insidie capaci di sconvolgere gli equilibri creatisi in due settori della società che fanno propria: l’economia e la cultura. Nel primo caso, gli stranieri possono essere considerati minacciosi sotto una duplice prospettiva: sia perché si appropriano del lavoro che potrebbe invece essere svolto dalla gente autoctona, sia perché minano il sistema di welfare che sta alla base delle nazioni più sviluppate. Dal punto di vista culturale, invece, i migranti personificano la paura di perdere i propri valori e diventare tutti “un’unica grande famiglia” cosmopolita, all’interno della quale viga un amalgama dei popoli e della loro identità culturale. Brochmann sostiene che questo avvenga perché i migranti non sono mai stati visti nella loro specificità, ma come un gruppo indefinito, a cui ci si è sempre riferiti come “flusso”, “ondata”, “invasione”, tutti termini che effettivamente hanno una connotazione negativa o la assumono all’interno del contesto nel qual vengono utilizzati115. Possiamo dunque attenerci all’affermazione di Bermejo, secondo la quale:

“In this way securitisation seems to be the concluding result of a desire of avoiding immigration and not the pre-condition that allows restrictive and ‘control’ policies towards migrants”116

.

Che ruolo ha svolto FRONTEX, primo grande tentativo di gestione integrata delle frontiere esterne, nella presentazione dell’immagine del migrante alla comunità europea? Tra gli esperti vigono pareri contrastanti. Alcuni, come Léonard, sostengono che l’Agenzia abbia svolto un ruolo fondamentale nel presentare l’immigrazione come una minaccia, poiché la sua stessa creazione è stata concepita come mezzo per proteggere le frontiere esterne dell’UE dagli “invasori”. Léonard analizza punto per punto i sei ambiti di attività di FRONTEX

114 Bermejo Rut, Migration and Security in the EU: Back to Fortress Europe?, in “Journal of

Contemporary European Research”, vol. 5 (2), pp. 207-224, 2009,

http://www.jcer.net/index.php/jcer/issue/view/13.

115 Ibidem. 116

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e mette in evidenza come ciascuno di essi abbia contribuito nella pratica a securitizzare un particolare settore delle politiche migratorie gestite dall’Agenzia. In particolare, per quanto riguarda le operazioni congiunte, Léonard afferma che esse costituiscono delle vere e proprie pratiche di securitizzazione sotto due punti di vista: innanzitutto perché una tale forma di cooperazione tra Stati membri è stata utilizzata in passato soprattutto in risposta a situazioni che minacciavano di turbare la sicurezza dei paesi membri, quali il traffico di droga, la pirateria o attacchi da parte di Stati terzi; in secondo luogo, le operazioni congiunte svolte da FRONTEX alle frontiere esterne appaiono come straordinarie, nel senso di fuori dall’ordinario, motivo per il quale esse rimandano a minacce serie che rischiano di giungere a turbare gli equilibri europei117.

La prospettiva illustrata da Léonard contribuisce alla teoria secondo la quale l’Agenzia per la gestione delle frontiere esterne avrebbe contribuito all’identificazione del migrante con la figura del terrorista. Il legame tra FRONTEX e il terrorismo è stato ampiamente studiato in letteratura. Spesso la creazione dell’Agenzia è stata interpretata come una risposta agli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle di New York; si potrebbe quindi essere portati a pensare che l’Europa abbia cominciato a chiudersi nei confronti degli stranieri dopo questi avvenimenti cruciali per la storia dell’America e non solo. In realtà non è stato verificato alcun legame diretto tra gli attacchi terroristici e la politica di immigrazione dell’Unione Europea; anzi, afferma Bermejo:

“European Union policies before and after 11 September 2001 have been particularly careful in separating immigration and terrorism. The discourse of the European institutions has evidently differentiated both phenomena. For example, in terms of strategies, there are detached strategies to cope with immigration dilemmas and terrorist threats. No mention of migration is contained within the EU Counter-Terrorism Strategy which set out a framework to prevent radicalisation and the recruitment to terrorism, to protect citizens and infrastructure, to pursue and investigate terrorists, and to improve the response to the consequences of attacks”118

.

117 Leonard Sarah, op. cit.

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La minaccia terroristica è sopraggiunta in un periodo storico in cui il processo di securitizzazione dell’immigrazione da parte dell’Occidente era già in corso; dal punto di vista delle politiche migratorie europee, essa non ha generato nessun allarmismo e non ha dato luogo ad alcuna risposta immediata. Le istituzioni europee hanno continuato a gestire le questioni relative all’immigrazione proseguendo nel cammino da esse intrapreso sin dalla fine degli anni ’80119

. Già nel primo capitolo del presente lavoro ero potuta giungere alla stessa conclusione, analizzando le proposte presentate dalla Commissione nei periodi immediatamente successivi al 2001, dalle quali si evince come l’Unione Europea intendesse mantenere separate la problematica del terrorismo dalla questione della gestione dell’immigrazione.

Se da un lato una folta schiera di studiosi afferma che FRONTEX abbia contribuito al processo di securitizzazione dell’immigrazione, un altro ampio filone di pensiero sostiene esattamente il contrario. Neal ad esempio ritiene di poter affermare con certezza che l’Agenzia costituisca un fallimento del processo di securitizzazione dell’immigrazione:

“FRONTEX was not the outcome of that securitization, but rather of its failure. The creation of FRONTEX was not the urgent and exceptional policy that the logic of securitization theory would expect”120

.

A sostegno della sua ipotesi, Neal analizza il linguaggio adottato dagli esperti dell’Agenzia nella redazione dei suoi documenti ufficiali. Egli sottolinea come esso non segua la classica logica della securitizzazione, ma piuttosto risulti infarcito di termini riconducibili al campo semantico del rischio. Ad esempio, già nello stesso Regolamento istitutivo di FRONTEX, il termine security compare una sola volta, con riferimento alla definizione di “area of freedom, security and

justice”, mentre il termine “rischio” compare ben nove volte. E al rischio si rifà

anche una delle sei attività fondamentali svolte dall’Agenzia, l’analisi dei rischi

119 Edler Daniel, Securitization and (In)security Practices in Europe: The creation of Frontex,

articolo per la 43esima Conferenza Annuale di UACES, Leeds, 2-4 settembre 2013, http://www.uaces.org/archive/papers/abstract.php?paper_id=743.

120 Neal Andrew W., Securitization and Risk at the EU Border: The Origins of FRONTEX, in

“Journal of Common Market Studies”, vol. 47 (2), pp. 333-356, 2009, http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1468-

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appunto, intrapresa allo scopo di fornire agli Stati membri delle informazioni precise riguardo le minacce che potrebbero presentarsi alle frontiere esterne. In conclusione, secondo Neal, la prevalenza del concetto di rischio sarebbe indice di un’azione più tecnocratica dell’Agenzia, rispetto all’ipotesi che la vorrebbe invece più orientata alle azioni di emergenza nell’ambito della securitizzazione.

Un’analisi simile a quella di Neal è stata compiuta anche da Edler, il quale effettua una disamina lessicale questa volta però rivolta agli oltre 300 documenti tramite i quali è stata istituita l’Agenzia FRONTEX. Egli giunge alle stesse conclusioni di Neal, focalizzandosi inoltre sul concetto di technology e soprattutto di border management, molto più presente in tali testi istituzionali rispetto ai concetti di emergency, urgency o exception, appartenenti ad un linguaggio più attinente alla logica della securitizzazione121.

Trattando il tema della securitization dell’immigrazione tanto dibattuta nel caso dell’Agenzia per la gestione delle frontiere esterne, non ci si può esimere dall’analizzare uno dei concetti chiave ad esso collegati: quello di Fortress

Europe. Bermejo da una definizione molto chiara di cosa si intenda per Europa-

fortezza:

“the ‘fortress Europe’ concept relates to the character of the European Union due to its exclusionary practices towards non European nationals; the concept was opposed to an ‘open’ or ‘welcoming Europe’”122

.

L’Europa è sempre più vista come una vera e propria fortezza inespugnabile per coloro che vogliono accedervi dall’esterno. Tuttavia, anche in questo caso gli studiosi si dividono in due schieramenti: coloro che ritengono che FRONTEX abbia contribuito alla creazione dell’immagine di Europa-fortezza e coloro che invece credono sia vero il contrario.

Tra coloro che individuano nell’Agenzia la responsabile della chiusura europea verso i cittadini di Stati terzi, Rooney afferma:

“this search for security has increased the risks that migrants face as they attempt to reach Europe, and contributed to the high numbers of migrant deaths at sea. For example, evidence suggests that, migrants use more hazardous routes getting to Europe, to avoid

121 Edler Daniel, op.cit. 122 Bermejo Rut, op.cit.

110

Frontex […] Likewise, traffickers, who wish to reduce the fuel costs associated with the return journey, may take advantage of Frontex’s search and rescue capacity by using cheap materials to build their boats and requiring migrants to sink the boat they are travelling in.”123

.

Dall’altro lato, Marin sostiene che invece FRONTEX si stia muovendo verso lo smantellamento della Fortress Europe, grazie agli emendamenti del 2011 che hanno reso l’Agenzia molto più “umana” nei confronti dei migranti che essa quotidianamente soccorre e in generale hanno posto l’enfasi sui diritti umani. Tuttavia, come afferma la studiosa, nonostante vi siano le premesse per presupporre un cambiamento di rotta, sarà solo pratica intrapresa dall’Agenzia che potrà dimostrare se queste previsioni si avvereranno o no.

Relativamente alla definizione di “Fortress Europe”, potrebbe essere utile adottare nei suoi confronti un atteggiamento distaccato, esaltandone la neutralità, senza considerarla quindi totalmente negativa. L’Europa potrebbe essere vista come una fortezza, non accessibile a tutti, ma semplicemente solo a chi ha le carte in regola per farlo. Che poi questo sia collegato al concetto di securitization è innegabile, poiché solo i migranti che non siano considerati “minacce” potranno avere accesso ai territori europei; ma d’altronde, aprire le frontiere a tutti gli extracomunitari indistintamente sarebbe un errore grave e ingiustificato. Ecco che in tale prospettiva FRONTEX e tutti i meccanismi di controllo dei flussi migratori da essa attivati assumono un’importanza fondamentale, in quanto permettono ai cittadini di stati terzi di accedere regolarmente ai territori europei e ai cittadini comunitari stessi di vivere nella sicurezza di essere protetti contro arrivi non voluti di clandestini che non hanno le carte in regola per vivere sul suolo europeo.