• Non ci sono risultati.

La cd “depatrimonializzazione” del diritto privato

Il danno non patrimoniale da inadempimento

2.1.2 La cd “depatrimonializzazione” del diritto privato

In primo luogo, si deve porre attenzione all’evoluzione della sensibilità (culturale, ancor prima che) giuridica contemporanea, la quale ha posto sempre più al centro delle proprie riflessioni la tutela dei valori essenziali afferenti alla persona umana. Questa accresciuta centralità dell’uomo, cui si accompagna una più sentita esigenza di difesa del medesimo, ha fatto sì che, con riferimento all’ambito del diritto privato, si sia individuata una tendenza evolutiva nota come “depatrimonializzazione”, intendendosi con tale termine “la progressiva

e sempre più spiccata sensibilità del diritto privato contemporaneo, in tutte le sue componenti (legislativa, dottrinale, giurisprudenziale), a dati non confinabili in schemi e logiche d’indole economica anche – si noti – in settori istituzionalmente riservati ai rapporti patrimoniali98. Questo fenomeno opera

sistemazione del saper giuridico consolidato […] una modifica ispirata all’esigenza di

introdurre nel tessuto del codice istituti e regole di origine dottrinale o pretoria ormai acquisiti al sapere comune è perfettamente in linea con la tradizione delle codificazioni e delle riforme dei testi già esistenti” (cfr. S.MAZZAMUTO, Il contratto di diritto europeo, Torino, 2012, pag. 439, nota n. 844).

98 Cfr. C.DONISI,Verso la “depatrimonializzazione” del diritto privato, in Rassegna di

diritto civile, 1980, pag. 649. Per una critica al concetto di depatrimonializzazione, si veda A. DE CUPIS,Sulla “depatrimonializzazione” del diritto privato, in Rivista di diritto civile, 1982, pt. II, pag. 482. Secondo questo secondo Autore (pag. 488) “mentre è ampiamente lodevole la

50

su un duplice livello99: esegetico e critico-costruttivo e si manifesta, pertanto, sia attraverso “una più aperta disponibilità verso proposte interpretative che

lasciano spazio anche a dati di valutazione eccedenti la dimensione meramente economica”, sia per mezzo di una “rimeditazione dei concetti tradizionali e di

approntamento di nuovi strumenti operativi” consistente in una “progressiva

affrancazione da supporti teorici propri della sfera patrimoniale100. L’accresciuta sensibilità alle norme della Costituzione relative a materie coinvolgenti prerogative fondamentali della persona (si pensi, ad esempio, all’art. 32 sul diritto alla salute), delle quali si è cessato di predicare la portata prevalentemente e meramente programmatica, ha dunque fatto sì che gli interpreti del diritto civile tentassero di costruire un sistema giusprivatistico che, pur lungi dall’espellere la rilevanza del momento economico (che, come sottolineato da attenta dottrina che si è occupata del tema in discorso, è ineliminabile101), fosse sensibile alle istanze di protezione della persona, rivolgendo e indirizzando a tale finalità i propri istituti102. Anche il legislatore,

ribadita affermazione dell’importanza degli interessi della personalità nel diritto privato, non può, d’altra parte, consentirsi nella <<depatrimonializzazione>> di questo, che dev’essere considerato nella sua concreta e complessa realtà anziché secondo profili e schemi deformati ed incompleti”.

99 Sul tema della depatrimonializzazione della responsabilità si veda anche M. BARCELLONA, op. cit., pag. 339 e ss.

100 Cfr. C.DONISI,op. cit., pag. 650.

101 P. PERLINGIERI, “Depatrimonializzazione” e diritto civile, in Rassegna di diritto

civile, 1983, pag. 2.

102 P.PERLINGIERI,loc. ult. cit., evidenzia come la vocazione storicamente patrimoniale di molti istituti privatistici, pur non potendo essere radicalmente obliterata, può essere rimodulata: questi, infatti, “non costituiscono normative immutabili: ora travolti dalla loro

incompatibilità con i principi di rango costituzionale ora esautorati o integrati dalla legislazione speciale o comunitaria; sempre tuttavia protesi ad adeguarsi ai nuovi <<valori>>

51

dal canto suo, si è dimostrato sensibile alle istanze di tutela della dimensione non patrimoniale dell’individuo, dando vita a una serie di testi normativi aventi tale tutela come obiettivo: si pensi, solo a titolo di esempio, alle disposizioni in materia di tutela della privacy103.

In buona sostanza, quindi, pare condivisibile l’affermazione di quanti hanno osservato che “nell’ordinamento si è operata una scelta, che lentamente

va attuandosi, tra personalismo (superamento dell’individualismo) e patrimonialismo (superamento della patrimonialità fine a se stessa, del produttivismo prima e del consumismo poi come valori)104; si è assistito (e si assiste tuttora), in altre parole, al superamento della “originaria visione

integralista della persona umana quale <<homo economicus>>, del lavoratore, del produttore di beni, abbracciandone una che contempli la maggior quantità possibile degli aspetti e dei ruoli dell’essere umano105.

E’ stato rilevato106 che l’iter di emersione della persona nel diritto privato si è articolato attraverso tre momenti essenziali, che hanno visto il graduale passaggio da una prospettiva in cui era centrale la tutela del patrimonio

nel passaggio da una giurisprudenza civile degli interessi patrimoniali ad una giurisprudenza civile più attenta ai valori esistenziali”. Secondo l’Autore bisogna tendere “a rifondare il

sistema del diritto civile nel rispetto della centralità del valore della persona nell’ordinamento che si realizza non con una riduzione o con un aumento di tutela delle situazioni patrimoniali, ma in una loro tutela qualitativamente diversa sì da non comprimere il libero e dignitoso sviluppo della persona umana mediante schemi inadeguati e superati”.

103 Introdotte, come noto, con la legge 31 dicembre 1996, n. 675 (in seguito sostituita dal D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, recante “Codice in materia di protezione dei dati

personali”).

104 P.PERLINGIERI,op. cit., pag. 2.

105 Cfr. M.SELLA,I danni non patrimoniali, Milano, 2010, pag. 3 e seg. 106 Cfr. M.SELLA,op. cit., pag. 40 e segg.

52

a un’altra, in cui l’attenzione dell’ordinamento è incentrata, invece, sulla salvaguardia degli interessi non patrimoniali dell’individuo. Secondo l’accennata ricostruzione, in una prima fase storica si attribuiva rilevanza esclusivamente all’eventuale valore patrimoniale dell’essere umano, quando e se questo fosse stato predicabile: è il caso, ad esempio, della lesione inferta allo schiavo, ritenuta sì produttiva di un danno risarcibile, ma solo in quanto rivolta a un bene patrimonialmente valutabile, vero e proprio oggetto di diritti, la cui titolarità era riconducibile a un dominus e che solo incidentalmente risultava essere un uomo107; in un siffatto sistema, qualora fosse mancata l’apprezzabilità a prix d’argent (come avveniva allorché il danneggiato fosse stato, invece, un uomo libero) si negava qualsiasi esito risarcitorio108. In un secondo momento, gradualmente, inizia ad attribuirsi rilevanza al valore della persona, anche se questa viene riguardata solamente sotto il profilo della sua idoneità a produrre reddito: quello che interessa, dunque, è il pregiudizio fisico idoneo a diminuire l’attitudine o la capacità al lavoro; significativamente, si è osservato come figura centrale di una concezione di questo tenore fosse la “versione santificata

dell’homo faber, del lavoratore e del produttore di reddito o utilità economica109. Terzo e ultimo gradino dell’evoluzione del pensiero giuridico in materia è rappresentato dallo stadio odierno, nel quale (almeno in linea di principio) si guarda alla tutela della persona umana come valore sommo, cui

107 Non a caso, secondo la famosa definizione di Marco Terenzio Varrrone, gli schiavi erano da considerarsi meri “strumenti parlanti” (“instrumenti genus vocale”), cfr. De re rustica, Ι, 17, 1.

108 In questo contesto si inserisce il passo del Digesto ove si afferma che “liberum

corpus nullam recipit aestimationem” (sul quale, cfr. supra). 109 Cfr. M.SELLA,op. cit., pag. 40.

53

deve tendere l’ordinamento tutto, prescindendo da qualsivoglia valutazione di stampo economico: si tutela la persona in sé, nella sua complessità e nei molteplici aspetti dai quali questa è composta, dalla salute alla dignità, dalla vita sessuale alle relazioni sociali.

Questa rinnovata temperie culturale, dunque, valorizzando in maniera tanto accentuata la centralità (si potrebbe quasi dire la sacralità) dell’individuo, ha fatto sì, da un lato, che si fosse meglio disposti alla “contaminazione” tra l’istituto del contratto, tradizionale regno dell’interesse economico, e l’area del non patrimoniale, tipica del momento di tutela della persona; dall’altro lato, parallelamente, ha reso meno accettabile che in passato la circostanza che potesse esistere una sorta di “zona franca”, un settore del diritto (peraltro di rilievo indiscutibile come quello rappresentato dalla responsabilità contrattuale) in cui la lesione di un interesse giuridicamente rilevante potesse andare esente da una reazione dell’ordinamento (anche da quella minima, costituita dal risarcimento) solo perché questo aveva carattere non patrimoniale.

2.1.3 La generale espansione dell’area della responsabilità

Documenti correlati