Il danno non patrimoniale da inadempimento
2.2 Il danno non patrimoniale da inadempimento nel codice civile del
2.4.2 La tesi tradizionale: l’art 2059 c.c si applica anche all’ambito della responsabilità contrattuale
La tesi tradizionale, ancorata all’interpretazione più risalente dell’art. 2059 e del complessivo sistema del danno non patrimoniale, individuava in
210 Cfr. R. BONILINI, op. cit., pag. 215-216. Cfr. contra M. FRANZONI, Il danno
risarcibile, cit., pag. 527, secondo il quale “i fatti che costituiscono un reato ed un
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questa norma il necessario referente normativo211. L’articolo in questione, infatti, nonostante la sua collocazione nell’ambito delle disposizioni relative alla responsabilità da fatto illecito, fungerebbe da “norma di chiusura” del sistema, in quanto tale applicabile al danno non patrimoniale tout court, indipendentemente dalla sua fonte. A questa conclusione si arriva in base ad argomentazioni di vario tenore. In primo luogo gli interpreti che si sono occupati di questo tema hanno sostenuto, in maniera forse un po’ apodittica, che
“sebbene l’art. 2059 c.c. sia collocato sotto il titolo dei fatti illeciti, la sua portata non può restringersi alla sfera extra-contrattuale. Altrimenti, il legislatore avrebbe risolto il problema del risarcimento del danno non patrimoniale solo limitatamente alla sfera extra-contrattuale: esso si sarebbe preoccupato di stabilire che, nell’ambito di questa, il danno non patrimoniale è risarcibile in via d’eccezione, impregiudicato lasciando il problema per quanto concerne la diversa sfera contrattuale. In verità, ad una più matura riflessione risulta inconcepibile che il legislatore, nel momento in cui adottava una determinata soluzione di un problema così grave ed annoso, come quello concernente il danno non patrimoniale, intendesse circoscrivere la medesima soluzione alla sfera extracontrattuale. E’ più logico ritenere che esso abbia voluto adottare una soluzione generale, tale da eliminare tutte le precedenti incertezze e discussioni212”.
211 Favorevoli all’applicabilità dell’art. 2059 c.c. anche in ambito contrattuale, sono, tra gli altri: R.RUSSO, op. cit., pag. 971 e L.BARASSI,La teoria generale delle obbligazioni, vol. III – L’attuazione, Milano, 1948, pag. 467.
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Oltre a considerazioni quali quella appena riportata, la necessità di ampliare l’ambito applicativo dell’art. 2059 viene ricavata anche da (ritenute) esigenze di coerenza del sistema risarcitorio. L’assunto di partenza è costituito dalla constatazione del fatto che detto sistema appare costruito secondo una logica di graduazione delle tutele, in forza della quale la reazione dell’ordinamento sarebbe minore per l’inadempimento contrattuale, maggiore nei confronti dell’illecito civile e massima nei casi di illecito penale213. Posto ciò, risulterebbe incongruo ammettere che il danno non patrimoniale, risarcito in ipotesi fuori dai limiti posti dall’art. 2059 c.c., riceva una tutela più ampia se verificatosi a seguito di inadempimento piuttosto che in conseguenza del più grave illecito extracontrattuale214.
Dalla premessa dell’applicazione dell’art. 2059, come si è visto sopra, si ricavava la necessità di limitare il risarcimento del danno non patrimoniale in materia contrattuale a quegli inadempimenti che costituissero, al contempo, fattispecie penalmente rilevanti: ciò, evidentemente, in coerenza con la ritenuta coincidenza dei “casi determinati dalla legge”, di cui alla citata disposizione, con il danno morale da reato disciplinato dall’art. 185 c.p. (su cui, diffusamente, v. supra). La riflessione sul problema di cui ci occupiamo, dunque, si risolveva
213 I propugnatori di questa ricostruzione evidenziano, al riguardo, che la risarcibilità del danno da inadempimento è riconosciuta in maniera più restrittiva di quella del danno da illecito aquiliano: basti pensare, ad esempio, al disposto dell’art. 1225 in tema di prevedibilità del danno.
214 La tesi in parola è sostenuta da V. ZENO-ZENCOVICH, op. cit., pag. 87, il quale esplicitamente asserisce che “sarebbe incoerente che il sistema riconoscesse l’illimitata
risarcibilità del danno non patrimoniale per inadempimento contrattuale, e non invece nel caso – più grave – di illecito aquiliano”.
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sostanzialmente nell’individuare le norme del codice Rocco che si prestavano alla doppia qualificazione, in termini sia penalistici che civilistici215.
La giurisprudenza condivise diffusamente questo orientamento, prestando attenzione soprattutto a mantenere fermo il principio per cui il riconoscimento del danno non patrimoniale andasse subordinato al ricorrere di un reato: il fatto che alla base del danno medesimo vi fosse un inadempimento o un illecito era sovente considerato dato meramente contingente, irrilevante ai fini della decisione; ciò che spingeva a riconoscere il danno, in questi casi, era la presenza di un reato che, incidentalmente e senza che ciò avesse particolare importanza, poteva anche, nel caso specifico, integrare gli estremi di un inadempimento contrattuale216. Se manca il reato, quindi, viene meno anche il risarcimento: significativa, in questo senso, la pronunzia della Cassazione n. 472 del 28 gennaio 1985, ove si afferma chiaramente che “tale responsabilità [i.e. la responsabilità del datore di lavoro nei confronti del lavoratore ex art. 2116 c.c.]
essendo di natura contrattuale, non obbliga anche al risarcimento del danno non patrimoniale, essendo questo risarcibile solo nei casi di responsabilità
215 Secondo P.PETRELLI, op. cit., pag. 303, “il problema della risarcibilità del danno
non patrimoniale da inadempimento del contratto può essere risolto tenendo presente quella che è l’ipotesi principale di risarcibilità e cioè quando il danno in questione sia la conseguenza di un reato”. Per un’elencazione delle ipotesi di reato individuate all’esito dell’esame delle norme del codice penale, v. sopra.
216 Significativa, in questo senso, la già citata pronunzia del Tribunale di Milano del 13 maggio 1982 ove si afferma che l’unico presupposto che l’ordinamento richiede ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale è che il fatto generatore costituisca un’ipotesi di reato, “indipendentemente dalla circostanza che esso inerisca ad un titolo di responsabilità contrattuale od aquiliana”. Sulla necessaria ricorrenza a fini risarcitori di un inadempimento-reato, v. anche Tribunale di Trieste 30/4/1993.
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extracontrattuale da fatti illeciti costituenti reato (art. 2059 c.c. e art. 185 c.p.)217”.
In tempi più recenti, tuttavia, interpreti sensibili alla nuova temperie di maggiore attenzione alla tutela della persona hanno ritenuto di poter assentire ad una più ampia apertura al riconoscimento del danno non patrimoniale da inadempimento, pur mantenendo ferma la necessità di fondarlo sull’art. 2059 c.c. (sia pure nella sua interpretazione in chiave “costituzionalmente orientata” adottata dalle Sezioni Unite della Cassazione nel 2003); ciò, evidentemente, al fine di evitare i più volte menzionati vuoti di tutela derivanti da un sistema troppo restrittivo. Si è ammesso, pertanto, che possa darsi luogo a risarcimento anche a prescindere dal ricorrere di un illecito penale, in modo che risulti assicurata la tutela degli interessi costituzionalmente rilevanti dell’individuo indipendentemente dalla circostanza che la loro lesione sia avvenuta nell’ambito di un rapporto contrattuale, di un contatto casuale inter extraneos o che il fatto dannoso integri anche una fattispecie di reato218. Giova precisare che questa
217 In senso analogo, v. Corte di Appello di Catanzaro 30 giugno 1953 (in Repertorio
del Foro italiano, 1954, voce Responsabilità civile), che, pronunziandosi su quello che oggi chiameremmo “danno da vacanza rovinata”, afferma che “il mancato godimento della
villeggiatura in una data località per un determinato periodo, quale conseguenza dell’inadempimento contrattuale dell’altra parte in sé considerato e cioè come privazione dei vantaggi relativi alla villeggiatura, costituisce danno non patrimoniale e come tale non risarcibile, essendo il risarcimento dei danni non patrimoniali possibile solo quando essi siano ricollegati alla esistenza di un reato”.
218 Si veda, al riguardo, C.M. BIANCA, Diritto civile – vol. V, cit., pag. 170: “la tesi
secondo la quale solo l’illecito civile sarebbe suscettibile di provocare danni morali rilevanti era in passato giustificata principalmente dall’idea che danni morali risarcibili sono esclusivamente quelli derivanti da reato. Poteva allora osservarsi che hanno carattere del tutto eccezionale le ipotesi d’inadempimento previsto dalla legge penale come fattispecie di reato. La riconosciuta risarcibilità del danno biologico ha ora tuttavia dato largo ingresso al danno non
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interpretazione “ampia” dell’art. 2059 c.c. giunge solo sino a consentire la tutela dei diritti fondamentali lesi dal contratto: si ribadisce, infatti, che “al di fuori
della lesione dei diritti fondamentali (e delle rare ipotesi di inadempimenti- reati) il danno non patrimoniale contrattuale è giuridicamente irrilevante. Anche se l’obbligazione è diretta a soddisfare interessi non patrimoniali il creditore potrà dolersi solo dei riflessi economici negativi dell’inadempimento219”.
2.4.3 La tesi contraria all’applicabilità dell’art. 2059 alla