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La rilevanza risarcitoria dell’interesse non patrimoniale: l’interpretazione secondo buona fede

Nel documento Il danno non patrimoniale da inadempimento (pagine 176-182)

Gli strumenti per determinare la rilevanza risarcitoria dell’interesse non patrimoniale

4.2 La rilevanza risarcitoria dell’interesse non patrimoniale: l’interpretazione secondo buona fede

La questione dell’estensione che si debba riconoscere alla tutela risarcitoria in caso di danno non patrimoniale in ambito contrattuale risulta di rilievo ancora maggiore qualora si pensi al caso in cui, non ricorrendo una delle ipotesi positivamente previste dalla legge o individuate dalle pronunzie delle Sezioni Unite della Cassazione (inadempimento che abbia arrecato una lesione – avente una minima soglia di rilevanza – a un diritto inviolabile), non si possa

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neppure fare ricorso ad un’esplicita determinazione dei contraenti, i quali non hanno previsto espressamente nessuna forma di risarcimento, né attraverso la predisposizione di una clausola penale, né in altro modo. E’ evidente che in questi casi, peraltro da ritenersi tutt’altro che infrequenti nello svolgimento quotidiano di contrattazioni aventi sovente un rilievo relativamente modesto, si potrebbe venire a creare un pericoloso vuoto di tutela: il creditore, infatti, si troverebbe privo della garanzia offerta “in automatico” dal sistema (perlomeno così come disegnato dalla Suprema Corte), non avendo – in ipotesi – subito un pregiudizio “costituzionalmente qualificato” e non potrebbe, in alternativa, fare ricorso al testo del regolamento contrattuale; quid iuris, dunque?

In un simile frangente sarà compito dell’interprete effettuare un’analisi accurata e quanto più possibile penetrante del regolamento contrattuale al fine di reperire indizi a favore o contro la rilevanza e, in secondo luogo, la risarcibilità del danno non patrimoniale. A tale riguardo, giova ribadire che, secondo le Sezioni Unite del 2008, “l'individuazione, in relazione alla specifica ipotesi

contrattuale, degli interessi compresi nell'area del contratto che, oltre a quelli a contenuto patrimoniale, presentino carattere non patrimoniale, va condotta accertando la causa concreta del negozio, da intendersi come sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare, al di là del modello, anche tipico, adoperato; sintesi, e dunque ragione concreta, della dinamica contrattuale”.

L’interesse non patrimoniale, quindi, secondo la Suprema Corte assume rilievo qualora sia stato, per così dire, “contrattualizzato” e, pertanto,

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riscontrabile analizzando l’aspetto causale del negozio309; attenta dottrina, tuttavia, ha evidenziato come, al fine di addivenire al risarcimento, non siano sufficienti la mera presenza di un interesse non patrimoniale ex art. 1174 c.c. 310 e la circostanza che questo sia rilevabile tramite l’analisi della causa concreta del contratto: non si può stabilire alcun automatismo in tal senso, in quanto “sul

terreno rimediale la causa è associata alla nullità ed è assolutamente muta e neutrale rispetto al risarcimento del danno non patrimoniale311: la risarcibilità

309 In senso analogo, v. D. SIMEOLI,voce Danno contrattuale non patrimoniale, in

Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 2010, pag. 9, ove si rileva che la necessità che “le

utilità soggettive [siano state] oggetto di comunicazione ed <<entrate>> nel contratto, venendo

a fuoriuscire dalla sfera dei motivi, influendo sull’an della contrattazione, sull’oggetto del contratto e sulla distribuzione dei rischi”.

310 Secondo D. SIMEOLI, op. cit., pag. 8, “l’art. 1174 c.c. non è fondativo

dell’ampliamento dell’oggetto del risarcimento ma offre solo un <<orizzonte>> nel quale si può inserire la costruzione di un sistema di disciplina dei danni non patrimoniali”; contra, cfr. M.COSTANZA, op. cit., pag. 128, ove si afferma che “questa generalissima norma [i.e. l’art. 1174 c.c.] contiene gli estremi sufficienti per giustificare la rilevanza e la risarcibilità dei danni

non patrimoniali contrattuali”.

311 Cfr. E.NAVARRETTA, Il danno non patrimoniale contrattuale: profili sistematici di

una nuova disciplina, cit., pag. 730 (l’Autrice, peraltro, sottolinea ivi anche che “non esiste nel

nostro sistema alcun indice ermeneutico che possa giustificare una corrispondenza biunivoca fra interesse non patrimoniale e danno non patrimoniale, sicché la rilevanza del primo nell’assetto causale non è di per sé garanzia della risarcibilità del secondo”). Parimenti contrario a forme di automatismo S. DELLE MONACHE, op. cit., pag. 727, secondo il quale

“bisogna guardarsi dal ritenere che la “contrattualizzazione” di un simile interesse [i.e. dell’interesse non patrimoniale],mediante il suo assorbimento nella causa, ne determini per ciò

solo la rilevanza sul piano risarcitorio. Se la prestazione eseguita è inidonea a realizzare un interesse non patrimoniale che mediante il contratto doveva trovare attuazione, non v’è dubbio che, almeno talvolta, essa sarà da giudicare difforme dal programma obbligatorio, dando così vita ad una fattispecie di inadempimento: riguardo al quale ultimo, tuttavia, l’interrogativo se possa costituire la fonte di una pretesa risarcitoria estesa al danno non patrimoniale derivatone non potrà considerarsi automaticamente risolto in senso positivo”. In generale, per una critica a un uso troppo disinvolto e “opportunistico” del concetto di causa in concreto, si veda, da ultimo, V.ROPPO, Causa concreta: una storia di successo? Dialogo (non reticente, né compiacente)

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del danno non patrimoniale deve ricavarsi dalla ricostruzione degli assetti cristallizzati dalle parti nel contratto, senza possibilità di “scorciatoie”, dovendosi procedere ad un’attenta analisi volta ad appurare che “l’eventuale

rilevanza assunta dall’interesse non patrimoniale sul piano della causa del contratto si specifichi e traduca in una rilevanza qualificata sul piano risarcitorio312. L’analisi del contratto, quindi, dovrà farsi carico dell’“individuazione dei comportamenti rientranti nell’obbligo del debitore”, allo scopo di “ricostruire l’equilibro economico del contratto, la struttura

dell’operazione, il complessivo assetto di ripartizione tra oneri, rischi e responsabilità313”.

L’operazione ermeneutica, dunque, si presenta alquanto articolata: appurata, in primo luogo, la presenza e la rilevanza nell’accordo dell’interesse non patrimoniale, si dovrà verificare che a questo le parti abbiano (almeno

con la giurisprudenza di legittimità e di merito, in Rivista di diritto civile, n. 4/2013, pag. 988, il quale auspica “che gli interpreti evitino di innamorarsi superficialmente della causa concreta

intesa solo come bella formula; non si appaghino di profferirla godendone il suono, ma si sforzino di afferrarne e tenerne saldamente i contenuti e i confini; rifuggano da viverla come una formula magica, come un mantra assai trendy ma vuoto; e si decidano piuttosto a trattarla più laicamente e più sobriamente, come strumento operativo da maneggiare con sapienza professionale per produrre giudizi al tempo stesso giusti e tecnicamente ben fondati”.

312 Cfr. S.DELLE MONACHE,op. cit., pag. 727.

313 Cfr. D.SIMEOLI,op. cit., pag. 9; nello stesso senso, v. C.AMATO,voce Danno non

patrimoniale da inadempimento contrattuale, in Digesto discipline privatistiche – sez. civile, VI aggiornamento, Torino, 2011, pag. 308, secondo cui “in assenza di specifiche disposizioni

legislative, soccorreranno […] i tradizionali criteri di interpretazione del contratto, al fine di

definire il contenuto dell’obbligazione e delimitare la portata dell’obbligo assunto dal debitore. In tale ottica, si apprezza la liquidazione del danno non patrimoniale nei casi in cui sono evidenti la non patrimonialità dell’interesse del creditore e, al contempo, la sua rilevanza obiettiva rispetto alla funzione assunta dal tipo contrattuale, senza dover scomodare né i diritti inviolabili né la controversa voce del danno esistenziale”.

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implicitamente) inteso conferire “copertura risarcitoria314”. Di fondamentale importanza, a tale riguardo, si rivela il disposto dell’art. 1366 c.c. che, come noto, impone che il contratto debba essere interpretato secondo buona fede315. Proprio il principio di buona fede316, infatti, sembra poter fornire un insostituibile apporto per consentire un’efficace ricostruzione dell’effettiva portata del regolamento contrattuale317: come è stato significativamente rilevato da autorevole dottrina, “il criterio della buona fede dice il non detto318. L’interprete, dunque, dovrà constatare se, alla luce del complessivo assetto voluto dai contraenti, si debba ritenere implicito che essi abbiano voluto

314 Cfr., al riguardo, E.NAVARRETTA, op. ult. cit., pag. 732, ove l’Autrice sostiene che

“per avere il risarcimento del danno non patrimoniale il danneggiato non potrà, infatti, limitarsi a dimostrare il risalto dell’interesse non patrimoniale nella fonte contrattuale, ma dovrà comprovare che la violazione contrattuale abbia coinvolto proprio l’interesse non patrimoniale in condizioni tali che ex fide bona potesse reputarsi implicita la pattuizione del risarcimento del danno non patrimoniale”.

315 Sull’art. 1366 c.c. si vedano, in particolare, L.BIGLIAZZI GERI, Commento sub art.

1366, in L’interpretazione del contratto, in Il Codice Civile. Commentario, diretto da P. Schlesinger, Milano, 1991; F.CARRESI,Commento sub art. 1366 c.c., in Dell'interpretazione del

contratto: art. 1362-1371, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, diretto da F. Galgano, Bologna-Roma, 1992; G.SICCHIERO,Buona fede e rischio contrattuale, in Contratto e

impresa, n. 4-5/2006, pag. 919; N. COREA,Interpretazione ed integrazione del contratto: come opera la buona fede, in Obbligazioni e contratti, n. 2/2007, pag. 120.

316 Sulla buona fede e il risarcimento del danno non patrimoniale si vedano, oltre alle più volte citate opere di E.NAVARRETTA, anche G.COLACINO, op. cit., pag. 666 e F.TESCIONE,

op. cit., pag. 209 e segg.

317 Come rilevato da N. COREA, op. cit., pag. 123, “la buona fede, come regola di

interpretazione del contratto, vieta interpretazioni che siano in contrasto con la causa del contratto e con la sua ratio, nonché interpretazioni basate su espressioni letterali inserite per errore materiale ovvero non corrispondenti all’intesa raggiunta, pur facendo parte del testo contrattuale”.

318 Cfr. L. BIGLIAZZI GERI, voce Buona fede nel diritto civile, in Digesto discipline

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assicurare all’interesse non patrimoniale anche la tutela risarcitoria: in sintesi, allora, “per ottenere in base al contratto il risarcimento del danno non

patrimoniale, è necessario che dal confronto tra il tipo di violazione che viene attuata in concreto, il rilievo causale nel contratto dell’interesse non patrimoniale e il grado di tutela che le parti hanno implicitamente voluto attribuire a tale interesse nella distribuzione dei rischi contrattuali, possa ricavarsi ex fide bona – cioè attraverso quel canone ermeneutico che, alla luce

del verificarsi di determinate circostanze, fa dire al contratto ciò che espressamente non dice – la risarcibilità del danno non patrimoniale319.

La volontà delle parti di assicurare la tutela risarcitoria all’interesse non patrimoniale, stante il precipuo rilievo da questo (in ipotesi) rivestito nell’economia del contratto, potrà desumersi, ad esempio, dall’ammontare particolarmente elevato pattuito per la prestazione, che consentirà di ritenere che il debitore abbia assunto anche l’obbligo di risarcire il creditore per l’eventuale pregiudizio non patrimoniale da questi patito in conseguenza dell’inadempimento: è il caso – per limitarsi a citare una delle fattispecie più frequenti e conosciute alla pratica delle corti – del fotografo che si impegna a realizzare le riprese audio-video nel corso di una cerimonia nuziale, percependo – proprio per la presenza di un particolare interesse non patrimoniale da parte del creditore, che “colora” la prestazione di un significato emotivo tutto particolare – un corrispettivo di importo più cospicuo di quello che avrebbe ottenuto qualora la sua opera fosse stata richiesta in un diverso contesto; in casi di questo genere, dunque, a fronte di una simile “valorizzazione” dell’interesse

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non patrimoniale, si deve ritenere che lo stesso riceva, per volontà implicita delle parti, una protezione estesa al risarcimento del danno eventualmente derivante dall’inadempimento320.

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