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La tesi contraria all’applicabilità dell’art 2059 alla responsabilità da inadempimento

Nel documento Il danno non patrimoniale da inadempimento (pagine 114-119)

Il danno non patrimoniale da inadempimento

2.2 Il danno non patrimoniale da inadempimento nel codice civile del

2.4.3 La tesi contraria all’applicabilità dell’art 2059 alla responsabilità da inadempimento

Si è sinora dato conto della posizione della dottrina tradizionale che, in massima parte, ha sostenuto l’applicazione della norma di cui all’art. 2059 anche alle ipotesi di danno non patrimoniale conseguente a inadempimento di obbligazione. In epoche successive, tuttavia, diversi studiosi hanno cominciato a porre in discussione questo assunto, affermando che “occorre […] abbandonare

la via delle capacità estensive dell’art. 2059 c.c. e della ricerca di eventuali norme di cerniera tra le discipline della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, per indagare, invece, se non esistano disposizioni che

patrimoniale da inadempimento. L’integrità psicofisica e la salute – e gli altri diritti fondamentali dell’uomo – possono infatti essere lesi da fatti inquadrabili sia nell’illecito civile sia nell’inadempimento e dar luogo al risarcimento del danno senza riferimento alla norma penale (si pensi alle lesioni personali provocate da una mal fatta operazione chirurgica). In tali casi la pretesa risarcitoria prescinde dal riferimento alla legge penale, ed essa può avere ad oggetto i danni non patrimoniali anche se basata sulla responsabilità contrattuale del danneggiante”.

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attribuiscano direttamente rilievo giuridico ad interessi contrattuali non patrimoniali e, quindi, in via mediata ai danni conseguenti alla loro lesione220. La necessità di addivenire ad una differente individuazione del fondamento normativo della fattispecie risarcitoria di cui ci occupiamo poggia, ad avviso degli interpreti che sostengono questo orientamento “critico”, su diverse possibili considerazioni.

Pare, in primo luogo, di poter sollevare obiezioni circa le ricostruzioni che fondano l’idea dell’applicabilità dell’art. 2059 c.c. al danno contrattuale sulla sua (asserita) natura di norma di chiusura del sistema risarcitorio, argomentando che il legislatore, nel dettare l’unica norma del codice civile che si occupa di danni non patrimoniali, non potrebbe aver voluto limitare il proprio intervento al solo ambito extracontrattuale. Orbene, un ragionamento di questo genere parrebbe ritenere prevalente una (ipotetica e non altrimenti dimostrata) volontà del legislatore rispetto alla sua scelta (concretizzatasi in una ben precisa opzione redazionale) di collocare l’art. 2059 nell’ambito delle norme sui fatti illeciti; sembra perciò di poter affermare che, se è vero che la posizione di una norma non è, di per sé, elemento sufficiente ad orientare in maniera sicura l’interprete (anche se in questo caso la significatività starebbe non tanto nella mera collocazione, ma nel fatto che questa parrebbe discendere da una precisa scelta) è altresì indiscutibile che pare ancor più azzardato ricavare soluzioni di portata generale dalla ricostruzione di una ipotetica mens legis (la cui effettiva esistenza, peraltro, anche qualora fosse effettivamente dimostrata, in base agli ordinari canoni interpretativi non vincolerebbe comunque l’interprete).

220 Cfr. M.COSTANZA,op. cit., pag. 128.

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Ricorrendo a considerazioni di ordine topografico e sistematico, si è inoltre osservato221 che, tramite il rinvio operato dall’art. 2056 c.c. agli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c., “il legislatore estende i canoni risarcitori del danno

contrattuale a quello extracontrattuale e non viceversa222: è la responsabilità aquiliana a mutuare (eventualmente) criteri e regole da quella contrattuale, non viceversa; il rapporto tra le due responsabilità non è, quindi, biunivoco. Affermare che, al momento della redazione del codice civile, si sia deciso di invertire tale regola generale per il solo caso dell’art. 2059 c.c. risulta alquanto difficile, specie in assenza di argomenti ulteriori rispetto a quelli fondati su considerazioni “di principio”, prive di un appiglio testuale o sistematico solido. In altre parole, se avesse voluto sottoporre anche il danno contrattuale alla disciplina limitativa di cui all’art. 2059 c.c. il legislatore, applicando anche in questo caso il criterio redazionale seguito per le altre norme in materia di responsabilità, avrebbe provveduto a inserire tale disposizione nel corpus dei precetti dedicati al contratto (così come ha, appunto, provveduto a fare per altri articoli che delimitano il perimetro e introducono limiti alla risarcibilità del danno, come nel caso dell’art. 1223) per poi, eventualmente, richiamarla ed estenderla all’ambito extracontrattuale tramite l’art. 2056 c.c. Ritenere diversamente significherebbe “ammettere – quanto meno – che il legislatore ha

al proposito eluso i corretti criterii di tecnica legislativa223.

221 Cfr. specialmente G.BONILINI,op. cit., pag. 230. 222 Cfr. G.BONILINI,loc. ult. cit., pag. 230.

223 Cfr. G.BONILINI,loc. ult. cit. Si veda, però, quanto sostenuto da C. Bona, op. cit., pag. 191, laddove l’Autore, tracciando il quadro storico della genesi dell’art. 2059 c.c., rileva che “in questo contesto è ovvio che l’art. 2059 c.c., con i suoi limiti, sia stato collocato in

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E’ stato inoltre osservato che pretendere di estendere l’area di operatività dell’art. 2059 c.c. alla responsabilità per inadempimento vorrebbe dire anche ignorare il “diverso fondamento strutturale e funzionale delle due forme di

responsabilità (contrattuale ed aquiliana) operanti nell’ordinamento224: il canone tipizzante presente nella norma in esame troverebbe la sua ragion d’essere (oltre che nelle considerazioni di ordine storico su cui ci si è soffermati in precedenza) nell’esigenza (propria di ogni sistema di responsabilità) di individuare un punto di equilibrio tra le istanze del danneggiato ad ottenere la riparazione integrale del pregiudizio subito e quelle del danneggiante a non essere gravato da pretese eccessive ed irragionevoli. Orbene, la riserva di legge prevista dall’art. 2059 c.c. non è altro che lo strumento tramite il quale il legislatore del 1942 ha affrontato questo problema, scegliendo di rendere operante un filtro dato dalla previa selezione normativa delle fattispecie risarcibili225. Ciò posto, si rileva come una tale architettura normativa non risulterebbe adatta a regolare il diverso ambito della responsabilità contrattuale: la necessità di operare una accurata ponderazione degli interessi risarcibili viene soddisfatta in un momento necessariamente successivo all’evento dannoso e ad opera di una fonte esterna “eteronoma” (data, appunto, dalla riserva di legge

del danno non patrimoniale, mentre in quello contrattuale si dava per scontato che non fosse risarcibile. Alla luce di questo background storico, si comprende perché il dato sistematico, relativo alla collocazione dell’art. 2059 c.c., non sia decisivo a risolvere il problema dell’applicabilità della norma in ambito contrattuale. E si comprende perché sia maggiormente sostenibile la tesi che vede nell’art. 2059 c.c. l’espressione di un principio generale, di un limite di fondo alla risarcibilità (in ogni settore) del danno non patrimoniale”.

224 Cfr. G.COLACINO, op. cit., pag. 662.

225 In questo senso la riserva di legge prevista dall’art. 2059 c.c. avrebbe la stessa funzione di selezione dei danni meritevoli di risarcimento che la clausola generale di ingiustizia contenuta nell’art. 2043 c.c. svolge per i pregiudizi patrimoniali.

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prevista dalla norma in argomento) solo nei casi di responsabilità aquiliana, laddove manca un vincolo preesistente tra danneggiato e danneggiante. In altre parole, la “ponderata selezione degli interessi risarcibili […], in assenza di un

vincolo preesistente, non può che avvenire successivamente all’evento lesivo: ciò spiega e giustifica, nella responsabilità ex delicto, l’esistenza […] del

canone tipizzante dell’art. 2059 c.c.226. Nel caso della responsabilità contrattuale, invece, “l’esistenza di un vincolo (legale o convenzionale)

preordinato alla realizzazione di determinate aspettative ed utilità (economiche e non), risolve ex ante il problema della selezione degli interessi risarcibili, rendendo in tal modo superfluo ogni riferimento ai canoni (aquiliani) dell’iniuria e dell’art. 2059 c.c.227. Secondo questa ricostruzione, pertanto, l’opera di perimetrazione dei pregiudizi passibili di risarcimento non dovrà essere svolta tramite l’applicazione di una “strettoia” normativa, pensata per un sistema di responsabilità strutturalmente diverso, ma attraverso un’accorta opera ermeneutica del regolamento contrattuale.

Alla luce delle considerazioni che precedono, pare di poter affermare che le ragioni addotte dagli interpreti che hanno rifiutato l’idea dell’applicabilità dell’art. 2059 c.c. anche ai casi di responsabilità per inadempimento di obbligazione risultano sostanzialmente convincenti, in quanto poggiano su motivi di ordine storico, testuale e sistematico che risultano difficilmente controvertibili (o, che comunque, non vengono scalfiti dalle tesi sostenute dai propugnatori dell’orientamento opposto); di conseguenza, si può concordare con l’opinione di quanti ritengono che l’art. 2059 c.c., lungi dal recare un precetto a

226 Cfr. G.COLACINO, op. cit., pag. 662. 227 Cfr. G.COLACINO, op. cit., pag. 662.

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portata generale, rappresenta una regola speciale, voluta espressamente per la responsabilità extracontrattuale e a questa limitata228.

2.4.4 Il fondamento normativo autonomo del danno non

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