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Premessa: il problema dell’individuazione del regime giuridico di riferimento e dei criteri di selezione dell’area del pregiudizio rilevante

Nel documento Il danno non patrimoniale da inadempimento (pagine 141-145)

Danno non patrimoniale da inadempimento e limiti alla risarcibilità tra autonomia privata ed

3.1 Premessa: il problema dell’individuazione del regime giuridico di riferimento e dei criteri di selezione dell’area del pregiudizio rilevante

Le sentenze della Corte di Cassazione, pur salutate con generale favore in quanto utili a fugare (definitivamente?) ogni residua perplessità in merito alla ammissibilità nel nostro ordinamento del danno non patrimoniale da inadempimento, ponendo così un autorevole punto fermo in un dibattito ormai ultracentenario, non hanno incontrato un plauso generale e incondizionato da parte degli interpreti e non hanno sciolto in maniera incontroversa tutti i nodi che il problema affrontato presentava.

In primo luogo, infatti, esse, intervenute in maniera solo incidentale sulla questione che ci interessa, vi hanno dedicato (relativamente) poche parole nell’ambito di una più ampia ricostruzione generale, suscitando, per via di una formulazione probabilmente perfettibile quanto a chiarezza ed esaustività, un acceso dibattito relativo alla cornice in cui la responsabilità per il danno non patrimoniale debba essere inserita. Gli interpreti, pertanto, hanno iniziato a discutere, partendo da un dato letterale alquanto scarno, su quale sia stato l’intento dei giudici di Cassazione: estendere sic et simpliciter all’ambito contrattuale quanto estesamente predicato con riferimento alla risarcibilità del danno non patrimoniale tout court o ammettere, viceversa, un regime maggiormente elastico, più attento alle specificità di un danno che si produce nel contesti di una relazione negoziale?

La questione dell’individuazione di una precisa cornice di riferimento è fondamentale e necessaria innanzitutto per poter affrontare compiutamente uno

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degli snodi problematici maggiormente avvertiti dalla pressoché totalità dei commentatori anche prima delle pronunzie di S. Martino, costituito dall’esigenza di trovare un accettabile punto di equilibrio tra la possibilità (ormai affermata in maniera sostanzialmente pacifica) di riconoscere il danno non patrimoniale conseguente ad inadempimento e la necessità di individuare una ragionevole limitazione delle ipotesi in cui il debitore sarà chiamato a rispondere. Far arretrare eccessivamente la linea che separa l’area della responsabilità dal mondo del “giuridicamente irrilevante” comporterebbe una

deminutio ingiustificata delle tutele offerte al creditore; al contrario, eccedere nel senso opposto esporrebbe il debitore a una responsabilità dai confini vaghi, scarsamente definiti, con il menzionato possibile detrimento del corretto, fluido ed economicamente efficiente svolgimento delle negoziazioni. A questa esigenza di bilanciamento hanno cercato di rispondere le Sezioni Unite della Cassazione, che, nell’ambito contrattuale come in quello aquiliano, hanno predisposto – lo si è detto in precedenza – un sistema di filtri e contrappesi idoneo (almeno nelle intenzioni) a conciliare ragioni di tutela della persona e istanze di contenimento dell’estensione dell’ambito di responsabilità.

Al riguardo, è evidente che determinare l’inquadramento normativo del danno non patrimoniale da inadempimento serve, in primis, a chiarire attraverso quali parametri – solo, cioè, quelli propri degli art. 1218 e ss. c.c. o anche quelli stabiliti con riguardo all’art. 2059 c.c. – se ne possa valutare di volta in volta la rilevanza, definendo più in dettaglio quando questo tipo di danno possa concretamente essere lamentato dal creditore. In altre parole, insomma, compito dell’interprete è tentare di circoscrivere concretamente, nel contesto di un

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perimetro normativo di riferimento assodato, l’ambito nel quale il soggetto inadempiente sarà tenuto a rispondere, individuando, a tal fine, le modalità attraverso le quali enucleare e valorizzare l’interesse non patrimoniale eventualmente tenuto presente dalle parti nella regolazione dei loro rapporti. Questa operazione, evidentemente, è finalizzata, oltre che ad assicurare al creditore insoddisfatto un risarcimento soddisfacente, anche a limitare l’ambito della responsabilità debitoria, dovendosi scongiurare il rischio di addossare al contraente tenuto alla prestazione un eccessivo onere, onde evitare la compromissione di quei “sottili equilibri su cui si regge, in un libero mercato,

la contrattazione256.

* * *

La Cassazione – come si è visto – ha tentato di dare una risposta al problema in esame, individuando un punto di equilibrio ritenuto accettabile tramite il riferimento a requisiti quali la natura di diritto inviolabile dell’interesse leso e i caratteri di serietà della lesione e di gravità dell'offesa: proprio questo snodo argomentativo si è attirato le critiche di quanti hanno denunziato le supposte incongruenze dogmatiche della ricostruzione operata,

256 G. COLACINO, op. cit., pag. 665; l’Autore (pag. 664) mette altresì in luce due possibili conseguenze legate all’espansione delle “poste risarcitorie”, individuate nella “crescita

esponenziale del costo della prestazione” e nel possibile “incentivo all’abbandono dell’affare”; nello stesso senso, v. R. PARTISANI, Il danno non patrimoniale da inadempimento della obbligazione, nella rilettura costituzionalmente orientata dell’art. 1218 c.c., in La

responsabilità civile, n. 1/2009, pag. 72: “la depatrimonializzazione del sinallagma

contrattuale, attuata attraverso l’art. 1174 c.c., non può certo legittimare il danno non patrimoniale quale conseguenza di ogni inadempimento. Insieme alla responsabilità civile, il contratto resta uno strumento di governo della circolazione della ricchezza che va incentivata e rassicurata, ciò che non sarebbe ove il risarcimento fosse concesso con tanta apertura da dissuadere la intrapresa di attività umane”.

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causate dalla (ritenuta) indebita estensione di coordinate normative e dogmatiche proprie della responsabilità ex delicto al diverso ambito della responsabilità per inadempimento. Trascurare il diverso contesto in cui si produce il danno sarebbe – si è sostenuto – lesivo dell’autonomia privata e cagionerebbe anche problemi di ordine pratico: per via della eccessiva presenza di limitazioni, l’effettivo riconoscimento del risarcimento diverrebbe eventualità remota, di rilievo pressoché solo teorico. La soluzione, secondo gli interpreti maggiormente critici delle sentenze del 2008, sarebbe espungere qualsiasi riferimento a disposizioni e coordinate di riferimento diverse da quelle dettate specificamente per le obbligazioni e i contratti: solo così il sistema manterrebbe una sua complessiva coerenza e si potrebbero evitare incongruenze dogmatiche e pratiche.

Altri interpreti, al contrario, hanno avuto un approccio maggiormente favorevole nei confronti dell’arresto della Cassazione, operandone una lettura in chiave di compatibilità con il rispetto del principio della libertà contrattuale, ritenendo che il sorgere del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale da inadempimento non sia necessariamente connesso alla lesione di un diritto inviolabile della persona, potendo i contraenti determinare liberamente quale spazio assegnare alla tutela dei loro interessi non patrimoniali257.

257 Oltre alle opere citate nella sede opportuna, si veda, al riguardo C.SCOGNAMIGLIO,

Il danno non patrimoniale nel tempo della complessità, su www.cortedicassazione.it, pag. 15, secondo cui “è del tutto coerente alla natura stessa dell’obbligazione di fonte contrattuale,

quale schema di contatto sociale progettato dalle parti di esso, rendere decisiva, ai fini dell’attivazione della tutela risarcitoria, la scelta dei contraenti, che avevano, in ipotesi, inteso far rientrare nello ‘scopo di protezione’ del contratto una specifica situazione giuridica soggettiva, pur non appartenente all’area dei diritti inviolabili”.

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Nel prosieguo della trattazione, pertanto, si darà conto delle diverse ricostruzioni teorizzate dopo il 2008, con specifico riferimento sia al problema del “regolamento di confini” tra autonomia privata ed eteronomia sia alla (connessa e conseguente) questione dell’individuazione degli strumenti idonei a perimetrare l’area di rilevanza della lesione dell’interesse non patrimoniale in ambito contrattuale.

Nel documento Il danno non patrimoniale da inadempimento (pagine 141-145)

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