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SUBNAZIONALI NELLA GESTIONE DELLA SANITÀ ALLA LUCE DEI NUOVI MODELLI DI GOVERNANCE:

7. La possibile uniformazione delle discipline nazionali in materia di erogazione del servizio sanitario e di tutela del diritto alla salute La via

7.1. La definizione dei LEP a livello sovranazionale

Un ulteriore tassello nel complesso (e forse utopistico) mosaico che gli Stati europei sono chiamati a comporre per realizzare quella Europa sociale di cui si è detto potrebbe essere la elaborazione in sede sovranazionale dei Livelli Essenziali delle Prestazioni sanitarie.

Se l’Europa di oggi vuole davvero erigersi su solide basi che non solo non prescindano dalla costruzione di una comune casa dei diritti sociali, ma anche rendano proprio questi ultimi il fondamento stesso del processo di rafforzamento dell’integrazione europea, appare necessario che gli Stati membri dell’Unione accordino alle istituzioni europee il potere di definire livelli essenziali delle prestazioni dei diritti sociali che rappresentino una base indispensabile alla quale nessun Paese membro dell’UE è consentito di frapporre deroghe.

La proposta che qui si avanza, de jure condendo, ovviamente riguarda l’introduzione di questi livelli minimi dei diritti sociali per via legislativa, attraverso atti normativi sovranazionali.

Come è noto, il nostro Paese ha recentemente (e finalmente) definito e aggiornato il Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria con provvedimento normativo espresso, il DPCM 12 gennaio 2017, sostitutivo dell’ormai

212 Si veda Hervey T.K – McHale J.V., European Union Health Law, The Law in Context Series, Cambridge University Press, 2015 (Conclusions, pag. 535 e ss.).

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obsoleto DM 22 luglio 1996. Il merito maggiore del decreto sui LEAS è stato quello di aggiornare l’elenco di prestazioni sanitarie considerate inderogabili e da garantire a tutti i pazienti in modo uniforme sul territorio nazionale. Tra questi sono stati fatti rientrare prestazioni specialistiche molto complesse e ad altissimo contenuto tecnologico.

A livello sovranazionale, invece, manca una definizione dei LEP e, quindi, dei LEA. Si è ben consapevoli che per introdurre simili norme sarebbero necessarie profonde modifiche degli assetti della competenze dell’Unione, prevedendo una specifica attribuzione dell’Unione in ordine alla materia sanitaria, quantomeno concorrente, affinché le istituzioni europee possano adottare atti normativi vincolanti sui principi essenziali e di fondamenti della materia che gli ordinamenti nazionali sarebbero così chiamati a rispettare nella disciplina di dettaglio.

La seconda strada perseguibile per l’introduzione e l’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni europei è quella giurisprudenziale (e dottrinale). Essa, in realtà, è già stata da tempo intrapresa e ha dato molti risultati in termini di un maggiore grado di tutela accordate a cittadini dell’Unione che nel loro Stato di appartenenza non vedevano soddisfatto proprio quel nucleo di diritti considerato essenziale. Ad oggi l’elaborazione pretoria della Corte di Giustizia e della Corte EDU in materia diritti sociali è sterminata. Il problema è che essa è frammentata e disorganica. Un qualche tentativo di ricostruzione sistematica è già stato compiuto in dottrina213, ma si tratta di una materia ancora molto “vergine”.

A trattati invariati si potrebbe così profilare un sistema di tutele multilivello nel quale i diritti sociali e, quindi, il diritto alla salute sarebbero protetti in diverse sedi con diversi gradi di garanzie.

La prima sede di tutela sarebbe il piano internazionale: questo livello

213 Si veda, Panzera C., I livelli essenziali delle prestazioni secondo i giudici comuni, in Giurisprudenza costituzionale, fasc. 4/2011.

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sovranazionale consente di proteggere i diritti sociali nella loro essenzialità, attraverso l’individuazione di un nocciolo indispensabile di prestazioni inderogabili da garantire a tutti ovunque.

Il secondo ambito sarebbe il piano europeo: esso garantisce i cittadini (o residenti) europei. All’interno dello spazio comune europeo, come si è visto, vi sono diverse fonti di tutela dei diritti fondamentali e sociali. Questo livello, anche grazie alla elaborazione giurisprudenziale della Corte di Giustizia, della Corte EDU e del CEDS (decisioni), può contribuire ad approntare un grado di tutela certamente più specifico rispetto ai livelli fondamentali stabiliti in sede internazionale.

Il terzo livello è quello nazionale: la sfera dei diritti sociali può essere ampliata rispetto a livelli precedenti. Le differenze tra stati possono essere una importante risorsa da valorizzare, piuttosto che un ostacolo alla realizzazione della più ampia protezione dei diritti sociali, nel senso che gli Stati membri possono modulare la tutela delle prestazioni ultronee rispetto a quel nucleo indefettibile internazionale ed europeo in base alle tradizioni e alle concezioni nazionali.

Il quarto livello sarebbe quello subnazionale: come per il livello nazionale anche questa sarebbe quella dell’implementazione delle garanzie dei diritti sociali. Nel contesto subnazionale gli enti potrebbero finanche finanziare e sostenere prestazioni specifiche considerate accessorie o comunque che esulino dai livelli essenziali delle prestazioni come definiti in sede sovranazionale e nazionale. Tale tutela, ovviamente, è solo eventuale.

Il principio di base comune ad un simile sistema sarebbe quello del trattamento migliore. Ciascun livello di governo dovrebbe adottare misure via via migliorative degli standard di tutela dei diritti. Per fare ciò, però, sarebbe necessaria proprio la definizione di una sorta di jus communae europeo dei diritti, che consenta poi ai singoli Stati membri di adottare provvedimenti tesi a incrementare il grado di protezione dei diritti

169 medesimi214.

Ad ogni modo, appare ormai cogente l’introduzione di LEP a livello sovranazionale.

I LEP definiti dall’ordinamento nazionale possono essere fatti coincidere con quel nucleo essenziale ed incomprimibile del diritto alla salute. Tuttavia proprio gli stessi LEP sarebbero derogabili in pejus dal legislatore nazionale, il quale nei fatti potrebbe violare la sacralità del nocciolo duro del diritto alla salute, giustificando le sue azioni attraverso lo spauracchio dell’equilibrio di bilancio e della sostenibilità finanziaria del sistema (secondo il noto brocardo, salus rei publicae suprema lex esto).

Fissare e definire livelli essenziali delle prestazioni sanitarie a livello sovranazionale potrebbe consentire di superare dal punto di vista normativo i limiti di tutela intrinseci all’applicazione dei LEP nazionali. Tale innovazione potrebbe, in definitiva, giustificare il pieno riconoscimento di un gruppo di prestazioni relative alla salute umana che devono essere garantite uniformemente in tutti i Paesi membri dell’Unione e che non potrebbero essere in alcun modo limitati neppure in quel processo di bilanciamento e ponderazione tra valori costituzionali, nel quale troppo spesso il valore dell’equilibrio delle finanze pubbliche ha assunto il ruolo di vincitore a scapito della protezione di diritti così importanti, come è quello alla salute.

Si è perfettamente consapevoli che le predette considerazioni sono svolte solo de jure condendo, dal momento che, allo stato attuale, la materia della “Tutela e miglioramento della salute umana” è ricompresa tra le competenze di sostegno, coordinamento e completamento (ai sensi dell’art. 6 del TFUE)

214 Si veda Häberle P., Per una dottrina della costituzione europea, in Quaderni costituzionali, fasc. 1/1999, il quale sottolinea l’importanza di elaborare un teoria europea dei diritti fondamentali che goda di un grado sufficiente di malleabilità allo scopo di comprendere e valorizzare le differenze tra le dogmatiche dei diversi Paesi membri dell’Unione.

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dell’Unione europea. Tale fatto non consente all’Unione di adottare atti normativi vincolanti. Sarebbe, infatti, opportuno procedere ad una revisione del Trattato sul funzionamento dell’UE allo scopo di trasferire la predetta materia, magari inglobandola per evidente assonanza semantica e contenutistica alle politiche sociali, tra le competenze concorrenti di cui all’art. 5 del TFUE. Tale operazione consentirebbe all’Unione di legiferare attraverso l’adozione di atti normativi vincolanti (regolamenti, direttive e decisioni), e di delineare quei tratti essenziali del diritto alla salute umana eguali per l’intero spazio europeo.

7.2. L’Open Method of Coordination (OMC): possibile strumento di