2. Il quadro normativo delineato dal Capitolo VIII della Carta ONU
2.6. Le azioni coercitive delle organizzazioni regionali ex art 53 Carta
2.6.1. La definizione della nozione di "enforcement action"
Preliminarmente, operando una lettura prescrittiva di cui all'art. 53 par.1, è opportuno chiedersi se le "enforcement actions" possano essere oggetto parimenti di decisioni vincolanti ovvero di mere raccomandazioni provenienti dall'organizzazione regionali e sub-regionali nei confronti di Stati membri.183
Ammessa tale facoltà, deve essere chiarito se suddetta tipologia
181 LUDOVICA POLI, La responsabilità di proteggere e il ruolo delle organizzazioni internazionali regionali: Nuove prospettive dal continente africano, Edizioni
Scientifiche Italiane, Torino, 2001, p. 103.
182 ROBERT KOLB, Article 53, in JEAN-PIERRE COT, ALAN PELLET e
MATHIAS FORTEAU (Eds.), La Charte des Nations Unies : commentaire article
par article, Economica, Paris 2005, p. 1413.
183 JOHN HALDERMAN, Regional Enforcement Measures and the United Nations, Georgetown Law Journal, 1963-1964, p. 101; CHRISTIAN WALTER, Security Council Control over Regional Action, in Max Planck Yearbook of
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di actions si traduca in misure implicanti l'uso della forza ovvero anche diverse da queste, quali ad esempio sanzioni economiche, finanziarie, interruzioni delle comunicazioni e trasporti e diplomatiche.184
Per quanto è di interesse del presente elaborato, lo studio riguarderà, in questa fase, l'analisi delle declinazioni che la definizione di enforcement action ha subìto nel corso degli anni, e di come, nella prassi, si sia sostanziata.
Da un punto di vista letterale, prendendo i testi delle tre lingue più importanti, da un punto di vista della diffusione, segnatamente inglese “enforcement actions” francese “mesures
coercitives” e spagnolo “melidas coercitivas”, si nota chiaramente
come nessuna delle tre definizioni prospettate subisca una restrizione di significato, lasciando, in prima battuta, spazio a qualsivoglia, almeno da un punto di vista di mero significato, operazione.
In tempi non recenti, si segnala che molti studiosi avessero proposto l'esclusione dalla prescrizione di cui all'art. 53 delle azioni meramente raccomandate. Ad oggi, tale visione è pacificamente superata. Infatti, con il termine "azione coercitiva", ci si riferisce universalmente oramai all'impatto della misura sul soggetto destinatario della stessa, e non già alla eventuale efficacia vincolante per gli Stati onerati di applicarla.185
184 EMANUELE CIMIOTTA, L’uso della forza nei rapporti tra Nazioni Unite e organizzazioni regionali e sub-regionali, Jovene Editore, Napoli, 2018, p. 58. 185 CHRISTIAN WALTER, Regional Arrangements and the United Nations Charter, The Max Planck Encyclopaedia of Public International Law, vol. iii,
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Invece, a tenere ancora banco in dottrina, è la distinzione della natura della misura in questione, cioè se l'art. 53 si riferisca globalmente, senza discrimine alcuno, a qualsivoglia misura il Consiglio di Sicurezza possa adottare ai sensi del Cap. VII (ritenendo dunque necessaria l'autorizzazione sia per le misure implicanti l'uso della forza sia le altre diverse da queste), ovvero se la norma debba intendersi in relazione al monopolio del Consiglio di Sicurezza, in materia di uso della forza armata.186
A riguardo di quest'ultima tesi, si segnala che la Carta, in verità non prescrive in alcuna parte del suo intero contenuto, competenze esclusive del Consiglio di Sicurezza in materia di sanzioni non militari, che dunque, teoricamente potrebbero essere lecitamente applicate ed intraprese, in prima istanza dagli Stati e, successivamente altresì dalle organizzazioni regionali.187
Proprio per questa operazione eziologica, quest'ultima tesi appare quella più convincente e diffusa in dottrina.188
Ad avvalorare quanto suesposto, sono le disposizioni di alcuni statuti di alcune organizzazioni regionali e sub-regionali che consentono di sanzionare i membri delle stesse che violino in modo grave e persistente uno o più valori prescrittivi fondanti, altresì giungendo alla sanzione di sospensione di
186 LUDOVICA POLI, La responsabilità di proteggere e il ruolo delle organizzazioni internazionali regionali: Nuove prospettive dal continente africano, Edizioni
Scientifiche Italiane, Torino, 2001, p. 105.
187 CHRISTIAN WALTER, Regional Arrangements and the United Nations Charter, The Max Planck Encyclopaedia of Public International Law, vol. iii,
Oxford University Press, Oxford, 2012, par. 18-19.
188 Tra i sostenitori di tale tesi, si può menzionare ADEMOLA ABASS, Regional organisations and the development of collective security – Beyond Chapter VIII of the UN Charter, Hart Publishing, Oxford and Portland, 2004, p. 43 ss.;
CHRISTIAN WALTER, Security Council Control over Regional Action, in Max Planck Yearbook of United Nations Law, vol. 1, 1997, p. 142.
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alcuni diritti derivanti dalla partecipazione all'organizzazione allo Stato sanzionato, senza la necessità di richiedere autorizzazione alcuna.189 Esempio calzante in tal senso che, nella
prassi, ha poi fatto scuola, concerne la liceità delle misure adottate dall'OAS nei confronti delle sanzionate Repubblica Dominicana e Cuba agli inizi degli anni '60.190
Se, dunque, è ben possibile ammettere la liceità delle misure, come poc'anzi descritte, adottate dalle organizzazioni regionali e dagli Stati, senza autorizzazione alcuna, altra questione riguarda le missioni di peacekeeping intraprese dalle organizzazioni regionali. Operando la medesima distinzione di cui alle misure coercitive in generale, sembra che l'art. 42 ed in particolare l'ambito applicativo del Cap. VII, anche in tal caso, faccia ricondurre le operazioni di peacekeeping, purché prive di poteri coercitivi, ad azioni non soggette alla obbligatoria autorizzazione del Consiglio di Sicurezza.191
Operando una distinzione all'interno del sottoinsieme delle peacekeeping operations, in primo luogo, appare opportuno ricordare le cosiddette tradizionali, dette anche di prima generazione, le quali, presentano caratteri peculiari che prescindono totalmente da un fondamento giuridico inerente
189 EMANUELE CIMIOTTA, L’uso della forza nei rapporti tra Nazioni Unite e organizzazioni regionali e sub-regionali, Jovene Editore, Napoli, 2018, p. 62. 190 In merito alle misure adottate dall’OAS, vedi GEORG RESS JÜRGEN
BRÖHMER Article 53, in B. Simma (Ed.), The Charter of the United Nations. A
Commentary, Oxford University Press, Oxford 2002, p. 860; SERGIO
MARCHISIO, L’ONU – Il diritto delle Nazioni Unite, Il Mulino, Bologna 2000, pp. 289-290.
191 LUDOVICA POLI, La responsabilità di proteggere e il ruolo delle organizzazioni internazionali regionali: Nuove prospettive dal continente africano, Edizioni
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all'autorizzazione del Consiglio di Sicurezza, al quale, tutt'al più è conferito un mero valore aggiunto, dal punto di vista politico. In particolare, è possibile escludere la natura coercitiva di queste proprio per i loro tratti caratteristici, quali il consenso di tutte le parti in conflitto, la funzione circoscritta ad un ruolo di mera interposizione, il carattere neutrale rispetto alle parti coinvolte, nonché la facoltà di ricorrere alle armi solo per fini di difesa personale.192
Anche nel caso delle operazioni di seconda generazione, tra cui ricordiamo, tra le altre, quelle volte alla distribuzione degli aiuti, alla protezione di zone di sicurezza, in cui, i compiti e gli oneri politico-sociali non modificano i crismi principali delineati in precedenza, l'autorizzazione del Consiglio di Sicurezza non rappresenta un ostacolo di legittimità.193
Di tutt'altra natura e scopo applicativo, sono invece le operazioni di cosiddetta terza generazione, dette anche peace-
enforcement, le quali necessitano obbligatoriamente, in ragione
della loro natura coercitiva, dell'autorizzazione preventiva del Consiglio di Sicurezza.194
Al di là della linea sottile di discrimine, che talvolta si viene a creare nella operazione di distinzione delle varie
measures, l'unico criterio che appare opportuno utilizzare,
correttamente evidenziato, soprattutto nel caso di conflitti interni, è quello riguardante la descrizione di operazioni di
192 Ivi, p. 108. 193 Ivi, pp. 108-109.
194 EMANUELE CIMIOTTA, L’uso della forza nei rapporti tra Nazioni Unite e organizzazioni regionali e sub-regionali, Jovene Editore, Napoli, 2018, p. 69.
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peacekeeping, le quali sono inquadrate come applicazioni che
potenzialmente hanno tutte le caratteristiche per trasformarsi in operazioni coercitive, e dunque, è essenzialmente il carattere della gravità della situazione il discrimine e spesso il limite al preventivo onere autorizzativo del Consiglio di Sicurezza, il quale, nella prassi, spesso è stato relegato a mero compito notarile di ratifica.195
Tenendo a mente la prescrizione di cui all'art. 54, fondamentale per garantire al Consiglio di Sicurezza, di vagliare l'opportunità di agire con un'autorizzazione, in tal caso meramente eventuale, è opportuno ricordare che la libertà rispetto al contenuto delle informazioni da inviare all'organo delle Nazioni Unite estende ulteriormente il margine di autonomia delle organizzazioni regionali.196
2.6.2. Le operazioni regionali utilizzate dal Consiglio di