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La distribuzione della manifattura nei territori italiani »

5. La mappa territoriale della manifattura italiana sta cambiando

5.1 La distribuzione della manifattura nei territori italiani »

La geografia della manifattura italiana sta profondamente cambiando. I grandi fenomeni di diffusione dello sviluppo del passato, che avevano gradualmente spostato il baricentro del- l’occupazione manifatturiera verso aree sempre più lontane da quelle di più antica industria- lizzazione (dal Nord Ovest al Nord Est al Centro e poi anche al Sud Est), si sono interrotti1.

L’industria ha smesso di espandersi, e, anzi, ha vissuto una lunga stagione di contrazione. In questo inedito contesto i territori che vanno meglio non sono più quelli maggiormente dinamici, ma quelli più resilienti, ossia che registrano perdite meno intense. La resilienza dipende da molti fattori e dunque la variabilità dei percorsi delle diverse aree è molto alta. Ne deriva che non si osserva più una linea di tendenza territoriale nitida delle trasformazioni in corso. Que- sto non significa che le trasformazioni territoriali siano cessate, ma significa che hanno smesso di avvenire secondo un percorso facilmente identificabile. Se osservati attraverso i dati pro- vinciali, i territori mostrano di procedere in ordine sparso.

Il CSC fornisce qui una prima, ma significativa, valutazione quantitativa delle tendenze rica- vabili da una ricognizione dei dati censuari e di quelli amministrativi ISTAT. Le variazioni as- solute dell’occupazione tra le date dei diversi censimenti e l’andamento dei tassi di industrializzazione mostrano che negli anni Duemila la manifattura ha risentito fortemente degli shock della globalizzazione, degli sviluppi delle nuove tecnologie digitali e della violenta crisi. Risulta confermata la generale tendenza dell’occupazione a ridursi nel Nord Ovest, ma – con maggiore o minore intensità – il fenomeno investe tutte le ripartizioni territoriali. Questo trend non viene modificato sostanzialmente anche includendo nei confini della manifattura le attività di servizio ad essa strettamente connesse, per tenere conto della esternalizzazione nel tempo di molte funzioni terziarie prima svolte dentro le imprese.

L’analisi del CSC parte dall’aggregazione delle regioni in ripartizioni territoriali2sulla base dei

dati di censimento. I dati si riferiscono alle unità locali manifatturiere distribuite in tutte le pro- vince italiane (attualmente 110; 103 fino al 20013). Per fornire una misura immediata della con-

sistenza delle variazioni avvenute vengono considerati i dati assoluti.

1 Il CSC ha avviato un Progetto Territorio che ha l’obiettivo di costruire un quadro aggiornato della presenza ma-

nifatturiera nelle diverse aree del Paese. È in corso una mappatura delle trasformazioni che stanno modificando in profondità l’articolazione territoriale del sistema produttivo.

2 Le ripartizioni sono le seguenti: Nord Ovest (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Lombardia), Nord Est (Friuli-Ve-

nezia-Giulia, Veneto, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna), Centro (Marche, Umbria, Toscana e Lazio), Sud Est (Abruzzo, Molise, Puglia e Basilicata) e Sud Ovest (Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna). Al fine di avere una fotografia più aggiornata possibile si è fatto riferimento anche ai dati Asia, di fonte amministrativa, ad oggi l’unico mezzo a disposizione per avere una misura up to date dell’evoluzione occupazionale del territorio italiano. Gli anni coperti dalle rilevazioni qui utilizzate sono dunque 1971, 1981, 1991, 2001 e 2011 (Censimenti); e poi 2007, 2011 e 2014 (Asia). In tutte le tavole contenute in questo capitolo la disaggregazione settoriale, condotta al livello dei due digit, segue l’Ateco 1991 per gli anni fino al 2001, e quella 2007 per gli anni dal 2001 in poi (il 2001 è disponi- bile a due digit in doppia Ateco).

3 Le nuove province sono: Monza della Brianza, Fermo, Barletta-Andria-Trani, Olbia Tempio, Medio Campidano,

A partire dal 1981 gli addetti alla manifat- tura sono in contrazione ma non nel Nord Est e nel Sud Est, che ha avuto una evolu- zione in crescita ininterrotta fino agli inizi degli anni 2000 (sebbene pesi tuttora poco, 6,9%, sul totale nazionale, Grafico 5.1). Dal 1981, punto di massimo dell’occupa- zione a livello nazionale, al 2014 l’occupa- zione manifatturiera si è ridotta di 2 milioni di unità. Il 53% di questa flessione è concentrato nel Nord Ovest, che nel 2014 rappresenta il 36% degli addetti ma- nifatturieri italiani, mentre il Sud Est ha contabilizzato la quota di perdita minore (meno del 3%).

Fino al 1981 tutte le aree considerate sono cresciute, sebbene a ritmi diversi, poi è ini- ziato un declino molto marcato per il Nord Ovest e meno marcato per il Centro e il Sud Ovest; le due ripartizioni adriati- che hanno invece continuato a crescere inin- terrottamente fino al 2001. Fino al 2001, dunque, l’andamento territoriale potrebbe essere diviso idealmente tra Est, la parte che cresce, e Ovest, il territorio in cui la pre- senza manifatturiera si ridimensiona. Se si confrontano i tassi di crescita degli occupati sulla base dei dati censuari tra il 1991 e il 2014, emerge che ancora nel primo decen- nio (1991-2001) l’Italia orientale cresce sia a Sud che a Nord, mentre negli anni Due-

mila (2001-2014) è anch’essa coinvolta nel ridimensionamento occupazionale (Grafico 5.2). L’analisi di lungo periodo mette in evidenza, dunque, due fenomeni paralleli: la base occupa- zionale si restringe a livello aggregato e si sposta in termini relativi verso le regioni di più re- cente industrializzazione, secondo una logica diffusiva. La direttrice è da Ovest a Est; il ridimensionamento investe anche il Centro. A un certo punto la dinamica relativa delle diverse aree comincia a connotarsi uniformemente in negativo. In questo nuovo e inedito quadro le aree che vanno meglio diventano quelle che si contraggono meno, ovvero quelle più resilienti. La prospettiva dell’analisi territoriale cambia. Nel nuovo secolo la ripartizione più sofferente è il Nord Ovest, mentre quella più resiliente è il Nord Est.

Grafico 5.1

Si riduce verso il basso la distanza tra le ripartizioni

(Milioni di addetti manifatturieri, peso % sul totale nel 2014)

Fonte: elaborazioni CSC su dati ISTAT. 0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 1971 1981 1991 2001 2011 2014 Nord Ovest Nord Est Centro Sud Est Sud Ovest 36,4 30,5 17,5 8,6 6,9 Grafico 5.2

Il Nord Est cade meno degli altri

(Numero di addetti manifatturieri, var. %)

Fonte: elaborazioni CSC su dati ISTAT. Nord Ovest Nord Est Centro Sud Est Sud Ovest -31,0 -26,0 -21,0 -16,0 -11,0 -6,0 -1,0 4,0 -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 5 2001/2014 1991/2001

Suddividendo il periodo in modo da seguire il profilo della crisi e scendendo nel dettaglio delle singole regioni il quadro si precisa (Grafici 5.3A e 5.3B). Nell’arco degli anni Novanta la posi- zione di tutte le regioni del Nord Est migliora in termini assoluti; ancora di più quella delle Marche e delle regioni sud-orientali (con la Puglia, però, che mostra già segni di rallentamento). Le dimensioni della manifattura si assottigliano invece già in quello stesso decennio nel resto del Centro e in tutto l’Ovest, a Nord e a Sud. La divisione in senso verticale tra Est e Ovest è netta. Negli anni Duemila la flessione è generalizzata, ma le regioni del Nord Est mostrano co- munque tutte un grado maggiore di resilienza.

La vera discontinuità emerge in ogni caso chiaramente a cavallo della crisi. Fino al 2007 la mas- sima caduta di occupazione è intorno al 15% (Val d’Aosta), mentre dal 2007 diventa all’incirca doppia (Sardegna, Grafico 5.3B).