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La funzione educativa dei romanzi deleddiani.

Angelo Rescaglio65 durante il Convegno Nazionale di Studi Deleddiani, tenutosi a

Fossataro nel 1972, ha messo in luce il messaggio etico- umano di Grazia Deledda e la funzione educativa della scuola mediante la lettura dei suoi romanzi. Rescaglio fa riferimento a Paolo Orefice che su una rivista culturale intitolata “La Scuola e

l'Uomo”, scrive: “la forza dell'educazione stra proprio in questa scommessa costante con la vita, in questo suo misurarsi incessantemente con lei, in questo suo confondersi quasi con lei nello sforzo di coglierne il significato più profondo e di portarlo a compimento. Un'educazione che non parla il linguaggio del suo tempo all'uomo, qualunque età egli abbia, che non sa leggere permanentemente in ogni esperienza per indicare delle risposte adeguate a quell'esperienza e non ad un'idea, astratta e precostituita, è un'educazione inutile e dannosa: è una discussione istituzionalizzata”.

Secondo Francesco Alziator, antropologo e letterato italiano, quando si parla della funzione educativa svolta dalla scuola è necessario comprendere che quest'ultima deve educare ai valori fondamentali della vita pur in un'epoca priva di modelli da seguire. Il legame tra letteratura e scuola è fondamentale. La scuola si ravviva accostandosi alla vita: la letteratura, quella che imita la vita, offre piccole fette di verità globale. Un romanzo deve possedere la capacità di poter consolare, di comandare, di esortare, di rievocare e far commuovere. Alla scuola spetta il compito di rivalutare questa “ letteratura delle idee”, nella sua funzione di intervento sulla realtà e nella scoperta dell'uomo.

Francesco De Sanctis, in una sua pagina ricca di contenuti, riassumeva il valore

65 Angelo Rescaglio, docente di Lettere nelle scuole di primo e secondo grado nella regione lombarda, è stato un importante senatore Durante il convegno di studi deleddiani, Rescaglio, nel suo intervento “Il

messaggio etico-umano di Grazia Deledda e la funzione educativa nelle scuole”, ha espresso l'importanza

della letteratura: “La vera scienza è azione e vita... io brucerei tutti i miei libri e

prenderei la vanga, se potessi pur sospettare che i miei studi non siano per riuscire ad altro mai che ad uno sterile batter di mano”.65 bis E ancora in un altro testo: “La

letteratura non è già un fatto artificiale; essa ha sede al di dentro di voi. La letteratura è il culto della scienza, l'entusiasmo dell'arte, l'amore di ciò che è nobile, gentile, bello”.66

Grazia Deledda, letta in chiave umana, con la certezza di ritrovare esempi di virtù e ideali che vanno al di là dei tempi e che rappresentano un valido coronamento di ogni personalità, ci permette di valutare e confrontare un patrimonio di valori, sui quali la scuola avrebbe il compito di far riflettere i propri fanciulli.

La motivazione, che l'Accademia di Stoccolma proferì nel consegnarle il premio Nobel, è assai fondamentale per mettere in luce i motivi che legano la Deledda alla vita e all'uomo di ogni età, e tutti noi che siamo chiamati a trasmettere, nella scuola, la voce del passato nella sua immutabile problematica: “Grazia Deledda si sente

per certo legata con forti vincoli al passato, alla vita del suo popolo e della sua razza in tempi che furono. Ma ha saputo anche vivere e sentire col suo tempo. Soltanto per le teorie Essa non prova interesse, ma ben ne prova per tutto ciò che è vita umana”.67 La Deledda afferma l'importanza di dover trattenere la vita, di

intensificarla, dandole il più ricco contenuto possibile. Ella si definisce “un'anima

che si appassiona ai problemi della vita e che lucidamente vede gli uomini tali quali sono, pur credendo che potrebbero esser migliori”.

I problemi della vita devono essere affrontati dalla scuola anche nella ricca problematica deleddiana, per presentare alle nuove generazioni il contributo delle

65 bis Francesco De Sanctis Lettere a Pasquale Villari, a cura di Felice Battaglia, Einaudi, Torino 1955. 66Prolusione letta nell’Istituto Politecnico di Zurigo, pubblicata per la prima volta nella «Rivista contemporanea» di Torino, IV, 8, 1856, pp. 289-96,

67 Discorso tenuto dall'assemblea svedese, durante la celebrazione del premio Nobel, a Grazia Deledda, in ed. critica a cura di Dino Manca al romanzo “Edera”.

tradizioni alla soluzione del dramma esistenziale. Grazia Deledda ha deciso di rivelare al pubblico la realtà della sua esperienza umana: la sua vasta produzione testimonia la passione di analisi dell'interiorità individuale. Ella riporta l'uomo entro i confini della sola esperienza esistenziale. I suoi personaggi sono sempre in lotta con se stessi e con il destino, in una prepotente affermazione di individualità. L'autentico “segreto dell'uomo solitario” sta tutto in questa grande riscoperta della propria autentica umanità. La scrittrice concentra il senso di ogni sua opera: nella ricerca della difficile soluzione dei problemi di ogni giorno, di ogni stagione della vita, dove questi uomini, spinti per tutte le strade possibili desiderano guadagnarsi quella felicità che sfugge sempre, con la consapevolezza che la vita è un viaggio romantico alla ricerca del loro destino, scoprono in se stessi le radici di una profonda speranza.

L'alto significato morale, che è racchiuso nelle pagine deleddiane, è un valore di sempre, è uno dei momenti fondamentali della riscoperta umana della scuola. La vera risposta, mentre portiamo avanti il nostro “mestiere di vita”, la cogliamo nelle parole di uno dei suoi personaggi: è ancora l'amore che conta per poter benedire e apprezzare il dono prezioso della vita. Tralasciare le grandi definizioni di Grazia Deledda significa rinunciare alla conoscenza di tanti suoi sentimenti: lei vera testimone dolorosa della miseria del mondo sa trasmettere al lettore la vera essenza dei protagonisti. La scuola può rileggere, tenendo presente i valori umani di sempre, Grazia Deledda: le generazioni future potranno riconsiderare questa “ vicenda poetica” per promuovere un pieno umanesimo, coscienti che l'esperienza della scuola è molto prossima all'esperienza esistenziale.

Grazia Deledda è un ausilio per gli educatori, per tramandare veri modelli di vita; da ogni pagina della sua vasta produzione letteraria sembra uscire il grido tanto più significativo in una donna spesso taciturna.

Anche la nostra scrittrice ha compiuto una “avventura”, che nella scuola bisogna saggiamente interpretare, nelle sue ansie più autentiche.

In primo luogo è da mettersi in risalto il suo messaggio di carattere umano, quel messaggio incentrato sui temi fondamentali della vita umana, che sono il bene e il male, la colpa e l'espiazione, la tentazione e la caduta, il peccato ed il pentimento. Tutto questo messaggio è impostato a sua volta sul problema etico-religioso. Ciò che la scrittrice esprime consiste nel dimostrare che non esistono particolari, ma che per il fatto stesso che l'uomo è eterno e uguale dovunque nel suo bene e nel suo male, nella sua sofferenza e nella sua speranza quotidiana, ogni cultura è

universale.

La grandezza di Grazia Deledda sta nell'aver tratto dalla realtà sarda figure e tipi disparati analizzandoli in modo perfino esasperato talvolta, ed elevandoli alla vita dell'arte, facendone quindi dei personaggi di valore universale. Consiste nella costante tensione e nello stesso tempo nella spontaneità e freschezza istintiva delle sue risorse fantastiche e di immaginazione.

Prepotentissima, dunque, la Deledda, perché istintivamente forte e dotata di ingegno, ricca di passionalità e di fantasia creatrice e ordinatrice; e più appariva chiusa, dura, scontrosa e diffidente e più era fervido e intenso, e proficuo il colloquio con se stessa, con la sua terra, con la sua gente67 bis. Nelle sue opere riuscì

a portare la vita della società pastorale nuorese, con i suoi conflitti e le sue contraddizioni, con una profonda penetrazione psicologica. Ed è mediante lei che le campagne montuose, le solitudini dei pastori, la loro diuturna lotta per la vita, in un'insoddisfatta sete di giustizia, si trasfigurano in una interpretazione immortale. Questa sua potente personalità si rivelava in ogni atto e in ogni aspetto della sua

67 bis Lina Sacchetti, Umanità di Grazia Deledda, intervento durante il Convegno di studi deleddiani tenutosi a Nuoro nel 1972 in atti del Convegno di studi deleddiani, Editrice Sarda Fossataro. Cagliari.

vita: per esempio, se aveva letto una semplice cronaca di giornale e sentiva il bisogno di comunicarla in famiglia, ecco che arricchiva il fatto di nuovi motivi e significati, attraverso un pronto e perspicace lavoro di introspezione psicologica: vi inseriva la sua carica umana, con la massima naturalezza. Possedeva il dono del racconto e un'istintiva felicità narrativa. Così la realtà senza essere alterata, acquistava rilievo.

Ella sapeva cogliere il senso delle cose e delle azioni in profondità: scopriva le pieghe più riposte dell'animo umano. Ecco perché percepiva anche il dolore più nascosto, l'eterno compagno della vita, necessario per valutare il bene.

Il progetto letterario della Deledda è un progetto che sin dall'inizio si realizza in italiano. Questo perché vi era in lei uno spirito di avventura che somigliava in qualche modo a quel desiderio di misurarsi con il mondo grande e terribile. La lingua fu dignitosa e nobile nella misura in cui aveva reso il dramma dei singoli personaggi. Era una lingua che rivelava un'esperienza umana; era una lingua che rivelava soprattutto un problema umano.

Come ha sostenuto il critico letterario Francesco Alziator: “ La Deledda era un

uomo che scriveva per gli uomini: se gli uomini non si capiranno, la civiltà e il mondo finiranno”68. Fin da giovane, Grazia svolse una concreta attività di

ricercatrice, di analisi riguardo alle tradizioni popolari di Nuoro. I suoi romanzi ci permettono di approfondire e rivivere gli usi e i costumi del suo paese.

Il mondo al quale la scrittrice guardò fu un sistema diverso da ogni altro, anche se simile agli altri, un mondo nel quale gli universali furono i suoi universali, la legge la sua legge, la poesia ebbe un suo tono, il cui sacro fu espressione di concezioni pre-cristiane, un mondo in cui il valore della vita umana fu diverso che altrove e la

68Cfr. Francesco Alziator, Grazia Deledda e le tradizioni popolari, relazione tenuta durante il Convegno nazionale di studi deleddiani, in atti del Convegno nazionale di studi deleddiani, Editrice Sarda Fossataro- Cagliari .

natura e i sentimenti sarebbero stati considerati altrove sconvolgenti. Un mondo che, con un'unica parola, potrebbe dirsi non contemporaneo al resto della cultura italiana o europea.

Grazia Deledda come narratrice fu dentro l'ambiente che indagava: il mondo che ella espresse furono i suoi luoghi, la misura dei sentimenti fu quella di quei luoghi e l'avversione che certa parte dei sardi ebbe per la scrittrice fu proprio perché essa, rivelando quei posti crudeli ed anacronistici in tutta la loro essenza, fu come se avesse messo in piazza le vergogne o comunque le cose più riservate, abbandonandole impietosamente alla compassione degli altri. Lei fu oggetto piuttosto che soggetto, elemento che vive all'interno del fenomeno piuttosto che osservatore esterno del fatto, fu soprattutto espressione in atto di una cultura piuttosto che storica di quella cultura.

Possiamo concludere dicendo che la Deledda fu espressione di cultura sarda, forse la più alta, la più incisiva e poeticamente sconvolgente espressione della cultura nuorese.

La mia tesi di laurea ha cercato di analizzare una scrittrice alla quale, spesso, non si attribuisce il posto che le spetta all'interno dell'ambito letterario. Aiutandomi con il romanzo Cenere69, ho potuto rilevare i tratti distintivi e peculiari della personalità di

una donna impegnata, quasi completamente, nella percezione e interpretazione di sentimenti, di sofferenze ed emozioni del suo popolo, un popolo che viveva, ed è reso da lei, come isolato dal resto di Italia.70

69 Grazia Deledda, Cenere, Arnoldo Mondadori editore. 70 Lina Sacchetti, Umanità di Grazia Deledda.

Bibliografia di riferimento: