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I personaggi principali.

Rosalia, soprannominata Olì, è il personaggio che appare subito nelle prime pagine del romanzo. La Deledda ce la descrive in questi termini:

“ Era una ragazza quindicenne, alta e bella, con due grandi occhi felini, glauchi e un po' obliqui, e la bocca voluttuosa il cui labbro inferiore, spaccato nel mezzo, pareva composto da due ciliegie. Dalla-cuffietta rossa, legato sotto il mento sporgente, uscivano due bende di lucidi capelli neri attorcigliati intorno alle orecchie: questa acconciatura ed il costume pittoresco, dalla sottana rossa e il corsettino di broccato che sosteneva il seno con due punte ricurve, davano alla fanciulla una grazia orientale.”18

Olì appartiene ad una famiglia povera ed è la maggiore di quattro fratelli, orfana di madre, lei si prende cura dei bambini mentre il padre lavora.

Appena conosce Anania, più grande di lei e disonesto, si lascia facilmente conquistare dal suo fascino e ingannare dalle vane parole che lui le rivolge.

Olì si dimostra ingenua quando si fida delle promesse di quest’uomo, dopo aver scoperto che è sposato con un’altra donna e che le ha mentito sulla sua vera identità.

Olì è una anima fragile, non in grado di stabilire un rapporto con il figlio dopo l’essere stata abbandonata dal mezzadro.

Rosalia non saprà reagire all’abbandono e si lascerà umiliare da uomini che la sfrutteranno, riducendola alla miseria. Per gran parte della vicenda ella compare sotto forma di un’ossessione che perseguita il piccolo Anania, il quale desidera ritrovarla e sottrarla aduna vita di sbagli e sofferenze.

Durante il colloquio finale con Anania ( figlio), ci troviamo davanti una donna che ha sacrificato la propria vita per amore del figlio, non esitando a fuggire pur di garantirgli un futuro ricco di successi e gioie.

Ora, che potrebbe ricominciare una nuova vita accanto a lui, lo prega di lasciarla andare per non ostacolarlo con la sua presenza sgradita. Leggiamo nelle ultime pagine:

“Senti- disse con voce umile, sempre più umile,- perché vuoi rovinarti, «figlio mio»?(Si, ella ebbe il coraggio di dir così, ed egli non protestò). Io so tutto… Tu devi sposarti con un a fanciulla ricca e bella : se ella viene a conoscere che tu non mi rinneghi, ti rifiuterà. Ed ha ragione: perché una rosa non può stare vicina ad una immondezza...Fallo per lei; lasciami andare, ella crederà sempre che io non esista più. Ella é un’anima innocente; perché dovrebbe soffrire? Io andrò lontano, cambierò nome, sparirò portata via dal vento”.

In questo punto Rosalia si dimostra una donna forte e coraggiosa, in grado di rinunciare per sempre alla persona tanto amata. Ella, sapendo che Anania vorrà nonostante tutto occuparsi di lei, decide di togliersi la vita, sperando che il figlio possa vivere tranquillamente con l’affetto di zia Tatàna e la bontà e la generosità del suo padrino.

Olì sa riscattarsi dagli errori del passato, si rivela una donna altruista verso quel bambino che tanti anni prima era stata costretta ad abbandonare, consapevole di non potersi dedicare a lui dignitosamente. Anche se il personaggio principale è senz'altro il giovane Anania, la madre, Olì, è protagonista assoluta, giganteggia sullo sfondo, con la sua assenza che si fa presenza ingombrante e destino segnato, con l’infamia del suo lavoro, con l’umiliazione dell’abbandono, con l’odio e amore che ella genera nel figlio. Vittorio Spinazzola, nella prefazione all’edizione Mondadori,

definisce Cenere “una sorta di Bildungsroman incentrato su un complesso

edipico”.

Anania diventa il protagonista del romanzo in seguito alla sua nascita. Nelle prime pagine possiamo leggere:

“Il figlio di Olì nacque a Fonni, al cominciare della primavera.Per consiglio della

vedova del bandito, che lo tenne a battesimo, fu chiamato Anania:egli passò a Fonni la sua infanzia, e ricordò sempre con nostalgia quel bizzarro paese adagiato sulla cima d'un monte come un avvoltoio in riposo.”

Inizialmente vive con la madre a Fonni, trascorrendo le giornate con l’amico Zuanne, figlio della vedova che li ha ospitati nella propria casa. Quando la madre lo affida alle cure del padre, il piccolo Anania a Nuoro non riesce ad accettare l’abbandono né l’iniziale rifiuto del padre.

L’amore incondizionato di zia Tatàna gli permette di vivere un’adolescenza abbastanza serena.

A Nuoro conosce Margherita, figlia del suo padrino, se ne innamora perdutamente tanto che arriva a chiederle di diventare sua moglie. La prima volta che si incontrano entrambi sono due bambini innocenti:

“Questa protezione, quel tono da padrona, quella figurina grassa e rossa, vestita di flanellina turchina, quel nasetto prepotente rivolto all’insù fra due guancie molto paffute, quei due occhi scintillanti alla luna, fra due bende ricciolute di capelli

rossicci, piacquero immensamente ad Anania.”19

L’ossessione di dover ritrovare la madre lo accompagna sempre, quando si trasferisce a Cagliari crede di aver riconosciuto Olì in una prostituta che incontra poco lontano dal suo appartamento.

Il giovane è sempre più inquieto e deciso di riscattare la madre dal tipo di vita condotto fino a quel momento.

A Roma è convinto di averla ritrovata in Maria Obinu, una signora di mezza età, di origini sarde e che affitta camere, il cui passato è un vero e proprio mistero. Nella sua pensione Anania si affanna per reperire informazioni sulla donna, infine decide di lasciare la capitale senza affrontare una discussione con Maria.

A Nuoro il suo tormento è sempre più acceso, decide di tornare a Fonni con la speranza di rincontrare Rosalia. Sappiamo che Anania nutre per la madre un sentimento ambivalente di odio-amore, crede di non riuscire a perdonarla e pensa:

“Fate che ella sia morta, Dio mio, Dio mio! Abbiate pietà di me, Signore! Singhiozzava egli a tarda notte, tormentato dall’insonnia e dai tristi pensieri.”20

L’estenuante ricerca a cui si dedica nasconde, oltre a un forte senso del dovere, un bisogno di rivalsa nei confronti di una madre che ha preferito allontanarsi da lui. Il protagonista si rivela molto tenace e risoluto; ha la forza di interrompere la relazione con Margherita, nonostante ne sia innamorato, la disprezza perché nota l’egoismo della ragazza che non comprende i sentimenti del giovane:

“ Un fremito di passione lo percorreva tutto, dai piedi alla nuca; le invocazioni di Margherita gli davano un desiderio cupo dei baci di lei, e a lungo lottò acerbamente contro il folle bisogno di rileggerla tutta sino in fondo.

Ma a poco a poco riprese coscienza di sé e di ciò che provava. Gli parve di aver veduto Margherita nuda, e di sentire per lei un amore delirante e un disgusto così

profondo che annientava lo stesso amore.”21

Dopo aver capito le intenzioni di Margherita Anania ne rimane sconvolto e deluso:

20 Grazia Deledda, Cenere, p.126. 21 Grazia Deledda, Cenere, pp. 234-235.

“ No! No! No! Disse convulso Anania, torcendo la lettera senza leggerne le ultime righe. Non verrò! Sei vile,vile,vile! Morrò ma non mi vedrai mai più.”22

Anania, consapevole di non poter stare insieme a lei, la lascia andare. Egli è deciso e risoluto perfino con la madre:

“ E’ deciso tutto, e non c’è da discutere oltre. Voi non muoverete un passo senza che io lo sappia. E badate bene, e tenete a mente le mie parole come se fossero le parole di un morto: se finora ho sopportato il disonore della vostra vita vergognosa era perché non potevo impedirlo, e perché speravo di por fine a tale obbrobrio. Ma d’ora in avanti sarà altra cosa. Se voi vi permettete di andar via di qui vi seguirò, vi ucciderò e mi ucciderò!”23

Nonostante le preghiere e le lacrime della madre, Anania non cede minimamente alle suppliche, il senso del dovere prevale su tutto, per questo Olì decide di suicidarsi.

Morta Rosalia, Anania diventa un uomo più maturo e consapevole, ha compreso il vero senso della vita. Anche senza Margherita e la madre riesce a intravedere un futuro migliore:

“Mai, come in quel momento, davanti al terribile mistero della morte, egli aveva

sentito tutta la grandezza ed il valore della vita. Vivere! Non bastava soltanto vivere, muoversi, sentire la brezza profumato mormorare nella notte serena, per essere felici? La vita! La cosa più bella e più sublime che una volontà eterna ed infinita abbia potuto creare! Ed egli viveva;ed egli doveva la vita alla misera creatura che ora gli stava davanti immobile e priva si questo sommo bene. Perchè egli non aveva mai pensato a questo? Ah, egli non aveva mai capito, pechè non aveva mai veduto da vicino l’orrore e il vuoto della morte.

22 Ibidem.

Ed ecco ella, ella sola s’era riserbata il compito di rivelargli col dolore della sua morte, la gloria suprema di vivere: ella, a prezzo della sua propria vita, lo faceva nascere una seconda volta, e questa nuova vita era incommensurabilmente più grande della prima.” 24

Anania, grazie all’ultimo disperato gesto di Olì, comprende che tutto il rancore covato negli ultimi anni non ha nessun valore di fronte alla grandezza della vita. Egli si rende conto dei sentimenti veri di Olì, di Margherita e anche i suoi, superando le leggi ferree della convenienza e della tradizione.

Margherita è una giovane donna molto bella e affascinante, che appartiene ad una famiglia agiata, capace di rapire il cuore di Anania.

Sin da bambini iniziano a frequentarsi, da una semplice infatuazione infantile nasce un amore profondo ed intenso che coinvolge soprattutto il giovane Anania.

Ella si rivela ben presto una persona cinica ed egoista, incapace di accettare la presenza di Rosalia. Mentre il giovane si sposta da Nuoro a Cagliari a Roma, i due mantengono contatti tramite corrispondenza scritta.

In una di queste lettere, ella rivela la sua viltà, la sua crudeltà:

“ No, io non dico di abbandonare tua madre, debole e infelice, come essa ti ha abbandonato: no, noi l'aiuteremo, noi lavoreremo per lei, se occorre, ma che essa stia lontana da noi, che essa non venga a mettersi fra noi, a turbare la nostra vita con la sua presenza. Mai! Mai! Perché dovrei ingannarti, Anania? Io non posso neppure lontanamente ammettere la possibilità di vivere assieme con lei...Ah no! Sarebbe una vita orrenda, una continua tragedia; meglio morire una buona volta che morire lentamente di rancore e disgusto. Io non ho mai amato quella disgraziata; ora ne sento pietà, ma non posso amarla, e ti scongiuro di non insistere nel tuo pazzo progetto, se non vuoi farmela nuovamente odiare mille volte

più di prima. Questa la mia ultima decisione; si, aiutarla, ma tenerla lontana, che io non la veda mai, che possibilmente il mondo dove vivremo noi ignori che ella esista.”25

Margherita dimostra tutto il suo egoismo, non accetta di vivere con Anania e la madre, probabilmente, visto il suo status sociale, si vergogna di condividere la casa con Rosalia.

Margherita non presenta un notevole spessore psicologico, solo da queste lettere emergono alcuni tratti della sua personalità. A livello affettivo si rivela una persona cinica ed estremamente arida.

Nella maggior parte dei romanzi deleddiani, le figure femminili sono accomunate dalla fedeltà incondizionata che dimostrano nei confronti degli uomini di cui sono innamorate, spesso accettando qualsiasi cosa per amore; questo non è il caso di Margherita che egoisticamente si preoccupa esclusivamente di salvare la dignità della propria persona.

Zia Tatàna è una donna estremamente dolce, accudisce Anania come un figlio biologico, le riserva tutto l'affetto che Olì non ha potuto dargli. Si preoccupa nel vedere i turbamenti di Anania dovuti all'abbandono della madre. Lo accoglie subito nella sua casa intenerita dal bambino impaurito:

“Avvertita del caso accorse zia Tatàna, la moglie del mugnaio, una donna non più

giovane , ma ancora bella, grassa e bianca con dolci occhi castanei circondati di piccole rughe, e un po' di baffi biondi sul labbro rialzato. Era tranquilla, quasi lieta; appena entrò nel molino prese Anania per gli omeri, si chinò, lo esamino attentamente.

-Non piangere, poverino,- gli disse con dolcezza.- Or ora ella verrà. E voi zitti!- impose agli uomini...”26

25 Grazia Deledda, Cenere, p. 233. 26 Grazia Deledda, Cenere, p.40.

Tatàna vuole accontentare il giovane ed è disposta ad intercedere per lui presso il signor Carboni e riuscire ad accordare il matrimonio tra i due ragazzi.

Ella lo ama, lo protegge e Anania ben presto si affeziona alla donna. Nonostante questo, egli non è in grado di dimenticare la vera madre e i pensieri si concentrano sempre su di lei:

“Egli anelava a qualche cosa di ignoto, voleva sua madre perché tutti avevano la

madre, e perché il non averla gli causava, più che dolore, umiliazione. Capiva che ella non poteva stare con il mugnaio, perché costui aveva un'altra moglie: ma fra i due, egli avrebbe preferito vivere con lei. Forse istintivamente intuiva già che ella era la più debole, e anche per ciò si sentiva dalla sua parte.”27

Zia Grathia, la vedova che ospita Olì e il bambino, è descritta come una donna apprensiva, pronta a consolare Anania durante la ricerca della madre, sa farlo riflettere sulle difficoltà affrontate da Rosalia per amore del figlio e ciò, nonostante tratti indubbi di primitività, l'ammirazione per i banditi, il lutto animalesco ecc... Nelle pagine seguenti la donna, con tutte le sue forze, si impegna nel farlo ragionare: “Io non so raccontarti precisamente come ella visse e ciò che fece. So

che ella, dopo averti lasciato, e fece benissimo, perché altrimenti tu non avresti avuto mai un padre e non saresti stato fortunato come lo sei...”

Il padre di Olì e quello di Margherita sono estremamente duri nel tipo di trattamento che riservano alle rispettive figlie. Zio Micheli, padre di Rosalia, impedisce ad Olì di frequentare Anania dopo aver scoperto che è sposato e che le ha mentito, la ragazza trasgredisce il suo divieto e viene allontanata da casa e vengono interrotti i rapporti tra lei e la famiglia.

“Solo in autunno zio Micheli si accorse che sua figlia aveva peccato. Una collera

feroce invase allora l' uomo stanco e sofferente che aveva conosciuto tutti i dolori della vita, fuorché il disonore. A questo si ribellò. Prese Olì per un braccio e la

cacciò via di casa.

Ella pianse, ma zio Micheli fu inesorabile. Egli l'aveva avvertita mille volte;e forse avrebbe perdonato se ella avesse peccato con un uomo libero; ma così no, non poteva perdonare.”28

Anche il padre di Margherita si rivela autoritario e risoluto. Lo percepiamo soprattutto dalla discussione tra Anania e zia Tatàna riguardo alla questione del matrimonio:

“-Ma infine che avete concluso?- gridò Anania, facendosi anche egli serio e

pensieroso. - Che bisogna aspettare, Santa Caterina bella! Non hai ancora capito? Ma la padrona disse:<< Bisognerebbe interrogare anche Margherita>>. <<Eh, credo proprio che non occorra>>, rispose il padrino, battendo le mani. Io sorrisi. Anche Anania sorrise.

-Abbiamo dunque concluso... Va via, gatto!- gridò zia Tatàna, tirando il lembo della tunica, sul quale il gattino s'era comodamente adagiato leccandosi i baffi con orribile soddisfazione.- Abbiamo concluso che bisogna aspettare. Il padrone mi disse: <<Che il “fanciullo” pensi a studiare ed a farsi onore. Quando egli avrà un posto onorevole noi gli daremo la nostra figliuola: intanto si amino pure, e che Dio li benedica>>.”29

Anania teme il padrino e incarica zia Tatàna di convincere il signor Carboni ad approvare il matrimonio tra i due giovani. L'uomo pretende che il ragazzo termini gli studi e trovi un'occupazione prima di sposare Margherita.

Queste due figure maschili sono i tipici padri che ritroviamo anche nei romanzi successivi. Entrambi si rivelano uomini profondamente legati alle tradizioni e ai valori, essi impartiscono un'educazione severa alle figlie ed esigono esclusivamente obbedienza e rispetto. I personaggi deleddiani vivono sino in fondo, senza sconti, la

28 Grazia Deledda, Cenere, p. 17. 29 Grazia Deledda, Cenere, pp. 185-186.

loro incarnazione in personaggi da tragedia. L'unica ricompensa per il dolore, che li affligge, è la sua trasformazione in vissuto, l'esperienza di una vita senza pace né conforto. L'insondabile disegno di Dio costituisce lo sfondo delle vicende degli esseri umani. Colui che accetta il limite dell'esistere e sa riconoscere la grazia del Creatore non teme il proprio destino. L'individuo matura uscendo dalla cecità del male alla luce e alla rivelazione del bene. I personaggi di Grazia Deledda appaiono pervasi dall’orrore che il violare le leggi gli provoca, ma, nello stesso tempo, non sono in grado, né desiderano resistere all’impulso dell’agire. La scrittrice non dà alcun giudizio morale sui personaggi, ma vive con loro il tormento e lo affronta, lasciando sempre al destino l’ultimo gesto . La sua è una narrazione nella quale i personaggi, individui-protagonisti, tentano possibili percorsi individuali che meglio rispondono alle esigenze del soggetto e costantemente sperimentano, con la trasgressione di regole prestabilite, l'angoscia e l'insicurezza dell'io, di fronte ad un universo oscuro e ignoto nel quale solo il ricorso alla solidarietà del gruppo allevia l'ansia e permette di frenare le pulsioni. Da qui nasce la rassegnazione a una vita mediante precisi rituali di sopravvivenza.

Su tutti i personaggi si distende la civiltà arcaica con i suoi miti remotissimi della forza e del prestigio, dell'onore, della reputazione, della fedeltà e della vendetta. La scrittrice interpreta tutto questo attraverso la fantasia, il romanticismo che le fa esaltare i caratteri epici e primitivi , la grandezza di questi popolani sardi, il loro muoversi spinti da potenti impulsi e da lontane ragioni religiose e magiche.

Anche il folklore è chiamato ad illuminare le loro azioni, anzi a divenire l'anima stessa di questi personaggi.

3.6 L'ambiente

Il paesaggio in Grazia Deledda può essere considerato un vero e proprio specchio degli stati d'animo dei protagonisti; anche in Cenere l'ambiente in cui i personaggi si spostano riflette ed enfatizza i loro sentimenti, le loro paure, le incertezze e le speranze che li agitano e li stravolgono.

Già nelle prime pagine ne abbiamo un esempio:

“Olì ascoltava e tremava. Intorno era profondo silenzio;le stelle brillavano sempre più perlate, come occhi sorridenti d'amore, e sempre più dolci erano nell'aria i profumi delle erbe aromatiche.”30

Questo è il paesaggio che fa da sfondo alle dichiarazioni d'amore di Anania per Rosalia. La felicità e la dolcezza della giovane innamorata del mezzadro e desiderosa di sposarlo, trovano un parallelo nelle campagne sarde, i profumi delicati dei fiori, la luce luminosa delle stelle creano un'atmosfera in perfetta armonia con la passione e le emozioni vissute dai personaggi in quel momento.

Olì è terrorizzata dai racconti della vedova ma anche dall'idea di non rivedere il fidanzato, si sente abbandonata, sola, il luogo dove ella soggiorna esprime bene il suo stato d'animo, leggiamo:

“L'ombra addensavasi, il vento urlava sempre più forte, con un continuo rombo di

tuono:pareva di essere in una foresta sconvolta dall'uragano, e le parole e la figura cadaverica della vedova, in quell'ambiente nero, illuminato solo a sprazzi dalla fiamma lividognola del misero fuoco,davano ad Olì una infantile voluttà di terrore.”30 bis

Il freddo della notte invernale rispecchia il gelo nel cuore di Olì appena abbandonata da Anania e contemporaneamente cacciata dalla casa del padre:

30 Grazia Deledda, Cenere, p. 16. 30 bis Grazia Deledda, Cenere, p. 20

“Olì si senti gelare il cuore. Oh, che tristezza, che tristezza immensa! Fuori cadeva la notte, faceva freddo, il vento rombava con un fragore di mare agitato.” 31

Quando Anania lascia Nuoro per recarsi a Roma, l'ambiente appare malinconico e nostalgico come la tristezza che invade i pensieri del ragazzo, quella sera d'autunno sembra non accettare la partenza del giovane: