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La multifunzionalità debole, media e forte

1. Nascita, definizione, interpretazione e aspetti normativi sul concetto di multifunzionalità

1.5 La multifunzionalità debole, media e forte

In agricoltura la multifunzionalità assume un valore economico nel momento in cui diventa una strategia per diversificare le attività aziendali, in risposta alla nuova domanda di beni e servizi espressa dai cittadini consumatori nei confronti del settore primario. Questa strategia determina una ricollocazione dei fattori produttivi dalla produzione agricola in senso stretto, a favore di funzioni ambientali, sociali, etc., che consentono di generare redditi aggiuntivi. La multifunzionalità dunque, è divenuta, per buona parte, una scelta esplicita delle aziende agricole per contrastare gli effetti negativi come bassi redditi e perdita di autonomia, derivanti dal paradigma di tipo produttivistico.

62MINISTERO DELL’AGRICOLTURA DEL GIAPPONE, 1998, citato in VELAZQUEZ B.E, op.cit., p.106 63VELAZQUEZ B.E, 2001, op. cit., p. 106.

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A livello micro, la multifunzionalità rappresenta una strategia aziendale ovvero una modalità di organizzazione delle risorse interne adoperata per perseguire gli obiettivi di lungo periodo dell’azienda. A livello macro, invece, la multifunzionalità delinea una delle possibili traiettorie lungo le quali si realizza il processo di sviluppo del settore agricolo e del mondo rurale.

La multifunzionalità non è un tratto caratteristico esclusivo né della piccola agricoltura familiare né, tanto meno, di quella marginale. A tal riguardo la multifunzionalità può risultare una strategia volta a migliorare la remunerazione del lavoro familiare e a conquistare una maggiore autonomia. Alla riuscita di tale strategia contribuisce, ovviamente, in modo essenziale il contesto territoriale e sociale in cui l’azienda opera. È il territorio, infatti, che offre le condizioni necessarie affinché l’azienda possa inserirsi in un sistema di relazioni che favoriscono il processo di diversificazione e stabilizzazione dei redditi.64

L’agricoltura multifunzionale include tre funzioni centrali, che riguardano le relazioni - con lo spazio ovvero ambiente e paesaggio,

- con la produzione ovvero salubrità e sicurezza degli alimenti ma anche diversificazione, e infine

- con i servizi ovvero gestione delle aree rurali, biodiversità e amenità.

Le modalità e l’intensità con cui si combinano queste funzioni con l’agricoltura stabilisce una sorta di gradiente di multifunzionalità dell’agricoltura.65

Ciascuna azienda esprime un certo grado di multifunzionalità grazie a due forze che contribuiscono a creare un continuum; ci si riferisce da un lato alla domanda espressa dalla società nei confronti dell’agricoltura, e dall’altro lato si fa riferimento alle politiche che si orientano a favore del sostegno alla diversificazione e alla valorizzazione delle funzioni secondarie dell’agricoltura.66

Il grado di consapevolezza delle potenzialità multifunzionali delle aziende agricole è evidente soprattutto in quelle il cui livello di imprenditorialità riesce ad esprimere una strategia di sviluppo e di crescita in questa direzione. Da un lato infatti la domanda espressa dalla società per le funzioni secondarie dell’agricoltura viene più facilmente captata da

64HENKE R, SAVIONI C, 2010, Diffusione, struttura e reddittività delle aziende multifunzionali, Associazione

“Alessandro Bartola”

65WILSON, 2007, citato in AGUGLIA L, HENKE R, SAVIONI C, Un gradiente di multifunzionalità, in

“Agricoltura multifunzionale. Comportamenti e strategie imprenditoriali alla ricerca della diversificazione”, Studi & Ricerche Inea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2008, p. 22

66BELLETTI et al., 2003, citato in HENKE R, SAVIONI C in Diffusione, struttura e redditività delle aziende

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imprenditori agricoli che riescono a organizzare fattori della produzione in modo da modificare l’assetto tradizionale dell’azienda. Dall’altro, la profonda revisione del sostegno al settore primario porta la PAC a valorizzare sempre più gli aspetti di multifunzionalità, non tanto nell’ottica della giustificazione internazionale del sostegno, quanto piuttosto per dare un nuovo senso al pagamento disaccoppiato e trovare un equilibrio tra le componenti settoriali e territoriali del sostegno complessivo.67

Nella classificazione di multifunzionalità proposta da Wilson nel 2008, viene ripresa questa classificazione, secondo cui si possono identificare tre diversi livelli di riferimento di multifunzionalità, definita debole, media e forte.

La multifunzionalità debole rappresenta una sorta di livello di base comune a tutte le principali tipologie aziendali. In parte essa corrisponde alla concezione “classica” di multifunzionalità ovvero quella legata alla produzione congiunta di beni agricoli e di esternalità ma che non implica, se non in maniera marginale, una riorganizzazione dei fattori produttivi in azienda. L’obiettivo delle imprese che ricadono in questa tipologia di multifunzionalità è principalmente quello di mantenere l’impresa agricola vitale e autonoma, attraverso un modello di integrazione dell’agricoltura con il resto del sistema economico e con un limitato ricorso alla diversificazione.

La multifunzionalità media implica un percorso intenzionale di riorganizzazione delle risorse aziendali, che coinvolge sia il lavoro familiare che le strutture, basti pensare agli edifici dedicati all’agriturismo o al recupero di vecchie stalle che diventano luoghi di vendita dei prodotti aziendali.

Infine per quanto riguarda invece la multifunzionalità forte l’elemento fondamentale è il profondo processo di trasformazione culturale e sociale che viene a sostenere la trasformazione dentro l’azienda.

Tale livello di multifunzionalità non riguarda necessariamente agricolture “marginali” dal punto di vista economico e sociale; l’elevato grado di multifunzionalità si esprime attraverso una diversificazione dell’uso dei fattori della produzione e delle fonti di reddito familiare che traggono vantaggio dallo sviluppo di relazioni funzionali e dalla valorizzazione della eterogeneità territoriale. Le imprese multifunzionali forti hanno, in genere, un’elevata consapevolezza del loro ruolo ambientale e del contributo attivo che possono dare al bilancio dell’uso delle risorse naturali. Inoltre, tendono a mostrare una forte interrelazione con le comunità locali e con le attività che coesistono sul territorio, con le istituzioni e con gli altri

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attori sociali nella circolazione delle informazioni, nell’accesso alla comunicazione, nella promozione delle proprie attività, nella formazione, ecc.68 Altro elemento che caratterizza l’agricoltura multifunzionale forte è la tendenza allo sviluppo di filiere corte in contrapposizione alla tendenza, tipica del modello di agricoltura industriale e produttivista, all’affermazione di filiere in cui la fase di produzione e del consumo sono fisicamente ed economicamente molto distanti.69

Secondo la prospettiva della teoria della transizione, la multifunzionalità si inserisce nello spazio lasciato vuoto tra un approccio prettamente produttivistico e quello che può essere definito come non produttivistico. Più precisamente, secondo Wilson e altri, esiste un’ampia varietà di percorsi di transizione aziendale caratterizzati temporalmente dalla non linearità e spazialmente eterogenei. Tali percorsi, che segnano il passaggio da uno stato organizzativo ad un altro, prendono forma all’interno di uno spettro di possibilità, definito multifunctionality spectrum, i cui margini, secondo Wilson, sono costituiti da due modelli di azione e di pensiero: quello produttivista e quello post-produttivista. Questa impostazione teorica consente di concettualizzare i tre diversi livelli di organizzazione aziendale caratterizzati da forte, medio e debole grado di multifunzionalità. (Vedi fig 6)

La multifunzionalità forte fa riferimento a percorsi endogeni di sviluppo incentrati su risorse locali come il capitale sociale, ossia l’insieme delle relazioni sociali consolidate che facilitano il coordinamento e la cooperazione tra soggetti, il capitale culturale, costituito dalla conoscenza e dai valori sedimentati nell’organizzazione territoriale, il capitale umano, espresso dalle competenze, abilità e conoscenze della popolazione locale, il capitale istituzionale, costituito da forme organizzative specifiche come le pubbliche amministrazioni, servizi, istituzioni, etc., che interagiscono tra di loro, il capitale naturale, rappresentato dalla ricchezza della comunità locale riflessa nella qualità del suolo, dell’acqua, dell’aria della biodiversità e della conoscenza locale di esse. Il limite massimo di multifunzionalità implica il simultaneo raggiungimento di tutte le possibili opportunità dimensionali offerte dal capitale territoriale, di cui fanno parte il capitale sociale, culturale, umano, naturale e istituzionale, mentre, al contrario, il limite della multifunzionalità debole è caratterizzato da dimensioni completamente diverse. Nella realtà, difficilmente sarà possibile osservare situazioni con un perfetto grado di forte multifunzionalità, che rappresenta più un modello teorico che un obiettivo effettivamente raggiungibile.

68HENKE R, SAVIONI C, 2010, Diffusione, struttura e reddittività delle aziende multifunzionali, Associazione

“Alessandro Bartola”.

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Molteplici autori ritengono che l’eterogeneità e la non linearità dei percorsi di sviluppo aziendale dipendano da una serie di fattori endogeni e contestuali come ad esempio la situazione finanziaria, le forme di successione, le pratiche ereditarie, i cicli di vita familiare, la locazione geografica, la possibilità di diversificazione delle attività.

Le traiettorie di sviluppo, in ogni caso possono essere molto diverse da azienda ad azienda e anche nell’ambito della stessa azienda possono variare, in maniera costante o repentinamente, nel corso del tempo.

Figura 6 - Traiettorie di transizione aziendale. Fonte: Wilson, 2007 p. 367

Questa evidenza è coerente con la teoria sistemica. Le diverse sfere di relazioni con cui viene rappresentata l’impresa agraria sono strettamente correlate l’una all’altra ed in equilibrio tra loro: infatti il cambiamento di assetto di una di esse provoca una serie di reazioni che, a loro volta, si ripercuotono sulle altre parti del sistema. Pertanto si realizza un processo a catena che tiene in movimento tutte le parti del sistema, realizzando un cosiddetto equilibrio dinamico. Questa impostazione consente di rappresentare l’impresa agraria come una rete relazionale organizzata in forma di sistema autoreferenziale capace di auto-organizzare sé stessa in relazione al senso.

In tale contesto, l’impresa aumenta le proprie possibilità di scelta, grazie all’aumento del numero di relazioni, e pertanto aumenta la propria autonomia e il proprio potere.

Il momento di ridefinizione delle scelte nell’ambito delle opzioni disponibili viene definito da Wilson come punto nodale ovvero il punto in cui la traiettoria cambia. La storia di ogni azienda può essere illustrata come un susseguirsi di cambiamenti nodali collegati da una

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serie di periodi caratterizzati da un percorso evolutivo relativamente lineare in cui non si sono verificati cambiamenti o, eventualmente, si sono verificati cambiamenti di piccola entità (vedi fig 7). A seconda delle aziende questi cambiamenti possono essere più graduali o susseguirsi in una rapida successione. In linea di massima non esistono delle regole precise per identificare questa diversità che può dipendere da molteplici fattori, quali adattamento a mutamenti esterni, motivazioni dell’imprenditore, contesto territoriale, ricerca di innovazioni, etc., oltreché essere soggetta a vari effetti di feedback. Si potrebbe pensare, in relazione a quanto detto in precedenza che, all’aumentare della complessità dell’impresa corrisponda un maggiore dinamismo della traiettoria evolutiva.

Figura 7 - Traiettoria evolutiva di un’ipotetica azienda. Fonte Wilson, 2007, p.374

È possibile, dunque, affermare che:

• Il punto iniziale, definito punto nodale 0, in cui ha inizio la transizione aziendale è fortemente influenzato dalle conoscenze accumulate nel tempo e tramandate attraverso le generazioni che si sono susseguite in azienda;

• in ogni azienda le azioni che tendono al post-produttivismo si intrecciano con azioni di tipo produttivista;

• i cambiamenti di traiettoria avvengono entro dei confini definiti, i quali segnano il sentiero di dipendenza; questo significa che la direzione del percorso evolutivo dell’impresa è fortemente influenzata dallo stato delle conoscenze esistenti.

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Il sentiero di dipendenza risente della posizione di partenza del sistema; esso dipende anche dal paradigma “tecnologico” dominante, cioè dall’insieme di regole, all’interno della società, sia a livello locale che a livello regionale o nazionale, che determinano, sulla base delle conoscenze accumulate, i bisogni rilevanti, la conoscenza, le modalità di soluzione di determinati problemi. Pertanto, aziende differenti, avranno opportunità diverse di intraprendere percorsi specifici a seconda del capitale sociale, umano, culturale e istituzionale disponibile, del grado di interazione con altri stakeholders, del sentiero socio-tecnologico di dipendenza; • la traiettoria del sistema è influenzata dalle decisioni prese in precedenza;

• i margini del sentiero di dipendenza si allargano nel tempo poiché, allontanandosi dal punto di partenza il processo decisionale risente sempre meno dell’influenza di scelte precedenti, mentre nuovi fattori acquistano importanza e modificano, ampliandola, la gamma delle possibili scelte; ne consegue che alla fine di un ipotetico periodo temporale di riferimento il corridoio del sentiero di dipendenza è largo quasi quanto lo spettro di multifunzionalità. (Fig 8)

Figura 8 - Corridoio delle possibilità decisionali. Fonte Wilson, 2008, p.374

Secondo questa concettualizzazione, ogni cambiamento di scelte produce uno slittamento dei confini decisionali, perché ogni punto nodale implica la creazione di nuovi legami che rendono controllabili e praticabili nuove possibilità; quindi ogni punto nodale può essere interpretato come un punto di partenza di una nuova gamma di possibili opzioni di scelta. Secondo Wilson (2008) le imprese, a fronte della gamma di possibilità definite dai confini decisionali, tendono a scegliere percorsi situati al centro del corridoio, sia che tendano verso

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una strategia produttivista che nel caso contrario. È comunque improbabile che l’impresa possa intraprendere percorsi che la conducono rapidamente verso un elevato grado di multifunzionalità, o viceversa, perché tali traiettorie si collocano al di fuori dei confini decisionali.

Nel 1995 Rogers afferma che imprenditori innovatori dotati di un certo entusiasmo e spirito di ricerca interessati a introdurre nuove idee, potrebbero operare in un corridoio più ampio in quanto potrebbero ritenere meno restrittivo il rischio associato ad ogni cambiamento nodale. Diversamente, gli altri imprenditori introdurranno piccoli cambiamenti incrementali, realizzati attraverso una serie di aggiustamenti progressivi che fanno leva sulle conoscenze esistenti. Il ruolo degli imprenditori innovatori, nelle aree rurali, può essere fondamentale per garantire l’introduzione nelle pratiche produttive di cambiamenti radicali maggiormente improntati su criteri di sostenibilità. Infatti, osservando il loro comportamento, altri agricoltori possono essere incoraggiati a cambiare radicalmente le loro tecniche colturali ed a percorrere nuove traiettorie.

Non tutte le imprese agricole possono intraprendere un percorso evolutivo che tende al massimo grado di multifunzionalità. Infatti come possiamo osservare nella fig 9 il percorso decisionale, senza tenere conto dell’influenza esercitata dalle politiche, dalle dinamiche del mercato o dalla società, è influenzato da una serie di fattori facilitanti che variano secondo la struttura organizzativa dell’impresa, il titolo di possesso, il contesto ambientale e paesaggistico e infine i fattori storici e culturali locali.

Per quanto concerne la struttura organizzativa dell’impresa, le grandi aziende professionali hanno una gamma relativamente ampia di possibilità di scelta e, di conseguenza, un potenziale transizionale elevato imputabile alla dimensione elevata, al livello di integrazione verticale e ad un buon grado di capitalizzazione. Generalmente queste aziende tendono a ridurre i costi attraverso la specializzazione e l’intensificazione dei processi produttivi; non è però escluso che possano intraprendere dei percorsi di multifunzionalità sulla base di motivazioni ideologiche e attitudinali dell’imprenditore.

Anche le grandi aziende in espansione hanno un elevato potenziale transizionale che le spinge ad implementare percorsi con un elevato grado di multifunzionalità. La vivacità di cui godono le spinge a sperimentare percorsi di sviluppo qualitativamente diversi, anche in contemporanea ad una produzione intensiva e specializzata.

Le cosiddette aziende modello sono istituite da soggetti istituzionali e si collocano vicino al limite estremo di multifunzionalità queste aziende nascono per mostrare ad un pubblico

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composto da agricoltori, cittadini e istituzioni, come sia possibile realizzare un’agricoltura sostenibile ed i benefici che ne possono derivare per l’intera collettività.

Le aziende marginali, che costituiscono il gruppo più numeroso, adottano processi di elevata multifunzionalità più per necessità che per scelta, in quanto non hanno molte possibilità di intraprendere percorsi evolutivi differenti. Le aziende marginali situate in paesi in via di sviluppo intraprendono, generalmente, processi produttivi con un basso grado di multifunzionalità sostenuti da aiuti di stati produttivisti. Le potenzialità di scelta per questa tipologia di aziende rimangono molto limitante, nonostante recentemente, in aree ad alto valore naturalistico, l’introduzione di schemi agro-ambientali ed il turismo rurale sembrino offrire nuove alternative di sviluppo.

Riguardo al contesto territoriale di riferimento le aziende situate in aree montane o collinari sono caratterizzate da un’agricoltura più intensiva e focalizzata sulla creazione di valore, maggiormente multifunzionale rispetto ad aziende di pianura che tendono verso modelli produttivistici. Tra queste ultime, quelle che praticano una diversificazione delle colture sono caratterizzate da pratiche produttive meno intensive e da una maggiore integrazione orizzontale rispetto ad aziende monoculturali.

In relazione al tempo impiegato nell’attività agricola, le aziende part-time intraprendono percorsi di sviluppo con un moderato grado di multifunzionalità perché un’attività di tipo produttivistico richiederebbe un maggiore impegno e un maggior grado di multifunzionalità richiederebbe tempo ed energie non disponibili. Le aziende di tipo hobbystico generalmente sono condotte da nuovi arrivati che, potendo contare su redditi esterni, sono orientati ad utilizzare la terra come bene di consumo piuttosto che come bene produttivo. Esse, pertanto, possono orientarsi verso un elevato grado di multifunzionalità, senza tenere conto di trend di mercato o delle politiche agricole.

Anche il titolo di possesso dell’azienda agraria può incidere sul potenziale di transizione dell’impresa. Le aziende di proprietà a conduzione familiare sono libere di assumere decisioni orientate alla multifunzionalità e godono di una maggiore flessibilità rispetto ai cambiamenti. Le aziende societarie, rispetto a ogni decisione, sono vincolate dalla maggioranza, in cui possono riscontrarsi pareri e motivazioni differenti; anche per questo motivo la transizione da un modello di agricoltura ad un altro può essere più lenta che nelle aziende familiari. Nelle aziende in affitto, infine, le decisioni sono più vincolate sia per la mancanza di un pieno controllo sulle risorse, che per la possibile ingerenza della proprietà.

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Relativamente agli aspetti ambientali e paesaggistici, la presenza di risorse da valorizzare a fini turistici e ricreativi favorisce, ad esempio, il passaggio da modelli convenzionali di agricoltura a modelli multifunzionali. Anche i fattori storici e culturali possono svolger un ruolo molto importante; infatti, la concettualizzazione del ruolo dell’agricoltura varia da un paese ad un altro a seconda delle radici storiche e del relativo grado di sviluppo.70

Figura 9 – Raffigurazione delle possibilità decisionale per diverse tipologie di impresa. Fonte: Wilson, 2008, p.369

1.6 La relazione tra multifunzionalità e diversificazione