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La multifunzionalità delle aziende agricole in Sardegna

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in Strategia Management e controllo

TESI DI LAUREA SPECIALISTICA

LA MULTIFUNZIONALITA’ DELLE AZIENDE AGRICOLE

IN SARDEGNA

RELATORE

Prof.ssa Maria Andreoli

CANDITATO Daniela Tilocca

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1

Indice

INTRODUZIONE ... 4

Primo Capitolo: LA MULTIFUNZIONALITA’ ... 6

1. Nascita, definizione, interpretazione e aspetti normativi sul concetto di multifunzionalità. .... 6

1.1 Nascita e sviluppo della multifunzionalità. ... 6

1.2 Definizione di multifunzionalità ... 9

1.2.1 La normativa nazionale ... 16

1.3 Aspetti tecnico-economici più importanti... 18

1.3.1 Le interdipendenze tecniche tra i diversi prodotti dell’agricoltura. ... 20

1.3.2 Le caratteristiche di esternalità e beni pubblici dei prodotti secondari ... 23

1.4 Le diverse interpretazioni sulla multifunzionalità ... 30

1.4.1 L’approccio dell’OCSE ... 30

1.4.2 L’approccio del WTO. ... 32

1.4.3 L’approccio della FAO. ... 33

1.4.4 La posizione dell’Unione Europea ... 35

1.4.5 La posizione della Norvegia ... 38

1.4.6 La posizione del Giappone ... 40

1.5 La multifunzionalità debole, media e forte ... 41

1.6 La relazione tra multifunzionalità e diversificazione ... 50

1.6.1 Verso un nuovo modello di sviluppo ... 52

1.6.2 Le tre direzioni della diversificazione ... 54

1.6.3 Le attività connesse e la relativa normativa fiscale ... 60

Secondo Capitolo: LA POLITICA AGRICOLA COMUNITARIA E LA MULTIFUZIONALITA’ ... 64

2. La nascita della PAC e la Politica di sviluppo rurale. ... 64

2.1 La nascita della PAC ... 64

2.2 La politica di sviluppo rurale ... 69

2.2.1 La Riforma Mc Sharry ... 70

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2

2.2.3 La Riforma Fischler e la programmazione 2007-2013 ... 72

2.2.3.1 Reg CE. 1783/2003 ... 73

2.2.3.2 Reg CE. 1698/2005 ... 75

2.2.4 La PAC e la programmazione 2014-2020 ... 77

2.3 Percorsi di promozione dell’agricoltura multifunzionale ... 79

2.4 Normativa nazionale dell’attività agrituristica. ... 80

2.4.1 Contesto normativo dell’attività agrituristica in Sardegna ... 83

Terzo Capitolo: I CASI DI STUDIO ... 86

3. Alcuni dati sul settore agricolo sardo, le attività multifunzionali e i casi aziendali ... 86

3.1 Alcuni dati generali relativi il settore agricolo sardo... 87

3.2 Le attività che si possono svolgere nell’ azienda multifunzionale. ... 90

3.2.1 L’agriturismo ... 90

3.2.2 La trasformazione e la vendita diretta dei prodotti agricoli. ... 95

3.2.3 Le attività didattiche ... 97

3.3 Presentazione Azienda “Agave” ... 99

3.3.1 Storia ... 99

3.3.2 Transizione aziendale ... 99

3.3.3 Le Attività connesse ... 100

3.3.3.1 Le Produzioni ... 100

3.3.3.2 Agriturismo, trasformazione e vendita diretta dei prodotti ... 101

3.3.3.3 Fattoria didattica ... 101

3.3.4 Tutela dell’ambiente ... 102

3.4 Presentazione Azienda Agrituristica Sa Mandra ... 103

3.4.1 Storia ... 103

3.4.2 La Transizione aziendale... 104

3.4.3 Le attività connesse ... 105

3.4.3.1 Le produzioni ... 105

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3 3.4.4.2 La Fattoria didattica ... 107 3.4.4.3 Inghiros e Su Passu. ... 108 3.4.5 tutela dell’ambiente. ... 108 Conclusioni. ... 109 Bibliografia ... 112 DECRETI ... 115

D.lgs n. 228 del 18 Maggio 2001, Orientamento e modernizzazione del settore agricolo a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57, Gazzetta ufficiale delle Repubblica Italiana del 16 Giugno del 2001, www.gazzettaufficiale.it ... 115

Decreto Ministeriale del 13 Febbraio 2015, Individuazione dei beni che possono essere oggetto delle attività agricole connesse, di cui all'articolo 32, comma 2, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi. ... 115

Sitografia ... 115

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INTRODUZIONE

Il presente lavoro di tesi è volto ad analizzare il concetto di multifunzionalità sia da un punto di vista teorico che pratico attraverso la presentazione di due casi aziendali, quali l’Azienda Agrituristica Sa Mandra e l’Agriturismo Agave, entrambe localizzate nel nord-ovest della Sardegna, più precisamente nella città di Alghero.

Spesso il significato della parola “multifunzionalità” agricola sfugge ai più, in quanto il tema è affrontato e conosciuto quasi esclusivamente dagli addetti ai lavori e i cittadini, sia appartenenti a ceti urbani, e quindi lontani dalle realtà agricole, sia appartenenti ai ceti rurali, ma ignoranti delle possibilità inespresse dei propri territori, non conoscono che cosa si intenda per multifunzionalità del settore agricolo.

La multifunzionalità invece è un’opportunità importante da cogliere per il settore agricolo, in quanto permette di offrire una serie di beni e servizi altrimenti impossibili da realizzare, anche da parte degli organismi pubblici, come, ad esempio, la tutela del paesaggio, la trasmissione della cultura e delle tradizioni rurali, l’offerta di alcuni servizi sociali e permette agli imprenditori di trovare nuove fonti di finanziamento e di reddito.

Il lavoro presentato è suddiviso in tre parti, ad ognuna delle quali corrisponde un singolo capitolo. Nel primo capitolo viene illustrato come nasce e si sviluppa il concetto di multifunzionalità per darne poi una definizione più dettagliata. Vengono, inoltre, presi in considerazione sia alcuni degli aspetti tecnici - economici più rilevanti, che le diverse interpretazioni del concetto di multifunzionalità fornite dalle varie organizzazioni internazionali (OCSE, WTO, FAO). Ed infine viene spiegata la relazione tra multifunzionalità e diversificazione attraverso “Il triangolo del valore dell’agricoltura

moderna” di Van Der Ploeg, il quale attraverso una nuova concezione della

multifunzionalità, ha tentato di fornire una misura di quanta diversificazione fosse già in atto nelle imprese agricole europee.

Nel secondo capitolo vengono trattate le politiche comunitarie che hanno influenzato e, in parte indirizzato, il cambiamento dell’agricoltura, un percorso che tra riforme, revisioni, fallimenti e nuovi tentativi, ha determinato un diverso modello di agricoltura basato sulla multifunzionalità. La Politica di sviluppo rurale, secondo pilastro della PAC, rappresenta un grande investimento dell’Unione Europea per lo sviluppo dell’agricoltura multifunzionale, sostenibile, e capace di migliorare la capacità di vita dei cittadini che operano nelle aree rurali.

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Nel terzo capitolo, dopo un breve escursus su alcuni dati relativi il comparto agricolo sardo, vengono presentati due casi applicativi.

Si tratta di due Aziende Sarde che si occupano: una di agricoltura l’altra di allevamento prevalentemente ovi-caprino.

All’inizio parlerò di come sono nate e si sono evolute, per poi andare a descrivere quali sono le principali attività che vengono svolte all’interno delle aziende.

Verranno trattate le varie facce della multifunzionalità agricola dalla produzione di derrate alimentari, alla difesa dell’ambiente e del paesaggio agricolo e naturale, all’offerta di servizi turistici e prodotti tradizionali, all’offerta di servizi sociali e formativi.

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Primo Capitolo: LA MULTIFUNZIONALITA’

Il primo capitolo del mio elaborato ha lo scopo di spiegare il concetto di multifunzionalità, sotto vari punti di vista.

Nel primo paragrafo illustro come nasce e si sviluppa il concetto di multifunzionalità per darne poi una definizione più dettagliata. Vengono presi in considerazione non solo alcuni degli aspetti tecnico-economici più importanti, quali ad esempio le interdipendenze tecniche tra i diversi prodotti dell’agricoltura e le caratteristiche di esternalità e beni pubblici dei prodotti secondari, ma anche le diverse interpretazioni del concetto di multifunzionalità che vengono fornite dalle varie organizzazioni internazionali (OCSE, WTO, FAO).

Nel secondo paragrafo affronto i concetti di multifunzionalità debole, media o forte proposti da Wilson.1

Nel terzo paragrafo invece prendo in esame la relazione tra multifunzionalità e diversificazione, spiegando innanzitutto, come si arriva ad un nuovo modello di sviluppo e i percorsi alternativi praticabili dalle imprese, e successivamente, le attività connesse all’agricoltura, anche da un punto di vista fiscale.

1. Nascita, definizione, interpretazione e aspetti

normativi sul concetto di multifunzionalità.

1.1 Nascita e sviluppo della multifunzionalità.

La multifunzionalità comincia ad affermarsi nell’ambito delle politiche comunitarie alla fine degli anni ’80, più precisamente con il Libro Verde di Andriessen del 1985 e con il documento sul Futuro del mondo rurale del 1988, quando da un lato emerge l’insostenibilità finanziaria di una politica agricola finalizzata essenzialmente all’aumento delle produzioni

1WILSON G.A, “From 'weak' to 'strong' multifunctionality: Conceptualising farm-level multifunctional

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7

e dall’altro si diffonde nella società la consapevolezza di un ruolo delle attività agricole che va ben al di là del garantire la sola autosufficienza alimentare.

In Europa il concetto di multifunzionalità si afferma a partire dalla riforma Mc Sharry del 1992, la quale ha tenuto conto sia del Libro Verde del 1985 e del negoziato dell’Uruguay

Round del GATT, che dei nuovi orientamenti di politica generale dell’Unione Europea,

contenente una serie di misure innovative volte a modificare radicalmente il volto dell’agricoltura europea.2 Tale riforma ha cercato di ridimensionare l’intervento sui mercati

in favore di misure per lo sviluppo rurale; in questo modo ha potuto incidere in maniera positiva sull’agricoltura europea così che, da un lato, potesse assorbire le esternalità negative della originaria politica dei prezzi e dei mercati e, dall’altro, reagisse alle pressioni provenienti dalla avversione dei membri del GATT all’utilizzo di meccanismi di “sostegno accoppiato”. Va ricordato, infatti, che la Politica Agricola, fino alla seconda metà degli anni Ottanta, è stata caratterizzata da un meccanismo di intervento e di regolazione dei mercati che ha accoppiato sostegno ai redditi e produzione, promuovendo un modello di agricoltura, di tipo intensivo improntato al produttivismo ovvero, il modello agricolo prevedeva un sostegno al reddito degli agricoltori commisurato (“accoppiato”) alla quantità prodotta. Con la conferenza di Cork del 1996, voluta dalla Commissione Europea, il cui obiettivo è stato quello di definire una strategia di riforma della PAC che ridimensionasse gli interventi sui mercati a favore del potenziamento degli interventi per lo sviluppo rurale, e successivamente con Agenda 2000, il concetto di multifunzionalità viene ulteriormente sviluppato.

Al tema della multifunzionalità dell’agricoltura, ufficialmente riconosciuta da parte dei Paesi aderenti alla Conferenza ministeriale di Parigi del 1998, hanno dedicato studi anche istituzioni internazionali come ONU, OCSE, WTO. Al riguardo notevoli sono i lavori, svolti nell’ambito del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, della “Commissione per lo sviluppo sostenibile e l’Agenda 21”; e quelli “dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura”.3

2 CASINI L, “Il concetto di multifunzionalità nell’Unione Europea” in Guida per la valorizzazione della

multifunzionalità dell’agricoltura. Per i cittadini, le imprese, le pubbliche amministrazioni. Firenze University

Press, 2009, pp. 6-7

3 NAZZARO C, “La politica di sviluppo rurale e il modello agricolo europeo nella PAC del nuovo millennio”

in Sviluppo rurale, multifunzionalità e diversificazione in agricoltura. Nuovi percorsi di creazione del valore

per le aziende agricole delle aree interne del Mezzogiorno d’Italia, Dipartimento di Analisi dei sistemi

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Molti trattati internazionali si sono ricollegati ad essa per sottolineare le relazioni tra attività agricola e la sostenibilità dei processi di sviluppo, dalla convenzione di Rio del 1992 ad Agenda 21.

Da un punto di vista politico, la multifunzionalità ha avuto un suo pieno riconoscimento alla fine degli anni Novanta con Agenda 2000, la cui riforma della politica agricola comune era incentrata sull’obiettivo di assicurare un’agricoltura sostenibile, competitiva e multifunzionale, attraverso la cura del paesaggio e dell’ambiente agrario, la vitalità delle aree rurali, il controllo sull’uso delle risorse naturali, l’attenzione alle preoccupazioni dei consumatori e alla crescente domanda di qualità e di salubrità degli alimenti e al benessere degli animali allevati.

Agenda 2000 ha evidenziato un modello di agricoltura europeo incentrato sulla multifunzionalità dell’attività agricola e sul ruolo centrale delle aree rurali per la diversificazione delle attività economiche degli agricoltori. In particolare con il vertice di Lussemburgo dei capi di Stato e di governo del 1997 vengono riconosciute al modello di agricoltura europeo specifiche caratteristiche strutturali ed economiche quali: la piccola dimensione delle aziende, il carattere familiare della conduzione e della forza lavoro, la diffusione della pluriattività aziendale ed extra-aziendale e del contoterzismo, la forte integrazione con il territorio su cui esse insistono che contribuiscono tutte alla specificità di tale modello e alla sua sostenibilità economica, sociale ed ambientale.4 Con Agenda 2000 la politica di sviluppo rurale è potuta diventare il “secondo pilastro” della PAC, dando concreta attuazione alle direttive della Commissione Europea contenute nel documento “il Futuro del Mondo Rurale” del 1988.

Il primo documento a riguardo risale al 1998 nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio:

“Il ruolo dell’agricoltura non coincide con la sola produzione di beni al minor costo possibile […]. L’agricoltura fornisce servizi che sono legati al territorio e assumono principalmente il carattere di bene pubblico […]. Le funzioni dell’agricoltura riguardano la tutela, la gestione e la valorizzazione del paesaggio rurale, la protezione dell’ambiente, il contributo alla vitalità delle aree rurali […]. È un dato di fatto che la società europea è interessata alle funzioni dell’agricoltura e, di conseguenza, risulta necessario realizzare delle politiche che

4HENKE R, “Introduzione. Agricoltura multifunzionale, intervento pubblico e sviluppo rurale” in Verso il

riconoscimento di una agricoltura multifunzionale. Teorie, politiche e strumenti, Studi & Ricerche Inea,

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ne assicurino il sostegno […]. Per garantire che le funzioni dell’agricoltura siano assolte è necessario l’intervento pubblico.”5

Tuttavia con la riforma Fischler del 2003, che ha preso il nome dal commissario europeo all’agricoltura Fischler il quale ha fortemente voluto questa riforma, si verifica una perdita di importanza del concetto di multifunzionalità quale elemento guida della PAC a favore di quello di sostenibilità. La principale preoccupazione del primo pilastro della politica agricola comunitaria sembra quello di promuovere un’agricoltura che non abbia effetti negativi sull’ambiente, anziché tutelare e incentivare un’agricoltura che svolga le funzioni paesaggistiche, ambientali e sociali importanti in molte aree europee. Conseguentemente gli strumenti da applicare diventano legati al monitoraggio della compatibilità ambientale piuttosto che ai pagamenti mirati per la produzione di esternalità positive.

Tutto il tema della valorizzazione delle funzioni non di mercato dell’agricoltura viene affidato al secondo pilastro della politica agricola comunitaria, che nonostante stia assumendo maggiore importanza, è tutt’ora dotato di risorse finanziarie molto inferiori. Il regolamento fondamentale diviene quello sullo sviluppo rurale (Reg. CE n. 1698/2005) a cui è rimandato il compito di prevedere possibili strumenti per la gestione della multifunzionalità.6

1.2 Definizione di multifunzionalità

Il termine “multifunzionalità” è entrato da un po' di tempo nel linguaggio comune di chi, a vario titolo, si occupa di agricoltura e sviluppo rurale. Negli ultimi vent’anni il concetto di multifunzionalità dell’agricoltura è stato trattato con differenti approcci e interpretazioni, in relazione al contesto nel quale il dibattito e le relative ricerche si sono sviluppate: gli approcci economici si focalizzano sulla produzione congiunta di commodities e non commodities associati a problemi di esternalità7; quelli politici sulle funzioni che

l’agricoltura svolge, o dovrebbe svolgere, per il mantenimento e la tutela dell’ambiente8;

5EUROPEAN COMUNITY, 1998 citato in CASINI L, “Il concetto di multifunzionalità nell’Unione Europea”

in Guida per la valorizzazione della multifunzionalità dell’agricoltura. Per i cittadini, le imprese, le pubbliche

amministrazioni. Firenze University Press, 2009, p.6.

6CASINI L, op. cit., pp. 6-7.

7DURAND G., VAN HULEYNBROEK G., 2003 citato in “La multifunzionalità a livello aziendale: quadro

teorico e analisi di un percorso di sviluppo legato alla didattica” in Le reti della transizione. Impresa e lavoro

in un’agricoltura che cambia”, Felici Editore, Pisa, 2012, p. 20.

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mentre approcci più olistici vedono la multifunzionalità come il risultato di un rafforzamento delle relazioni locali e di un cambiamento delle percezioni sociali dell’agricoltura.9

Tale nozione non è completamente nuova, ha acquisito una dimensione operativa in seguito alla crescente attenzione della società ai numerosi e svariati “servizi” ambientali, paesaggistici, turistici e ricreativi forniti dall’agricoltura.10 Effettivamente il concetto di multifunzionalità esprime il passaggio da una visione essenzialmente produttiva dell’agricoltura a una visione più ampia, che associa al settore agricolo funzioni ambientali, sociali e culturali oltre che economiche.11

Buona parte della letteratura in materia riconduce il concetto di multifunzionalità alla capacità dell’agricoltura di produrre un effetto positivo in termini di beni di interesse collettivo; di conseguenza il tema della multifunzionalità è sovente utilizzato come una “nuova” giustificazione del sostegno pubblico in agricoltura, necessario, per preservare la produzione di beni pubblici e delle esternalità che il settore produce.12 Con esso ci si riferisce

alla capacità del settore primario di produrre beni e servizi secondari, di varia natura, congiuntamente alla produzione di prodotti destinati alla alimentazione umana e animale. Il concetto di produzione congiunta, in agricoltura non è nuovo, in quanto ci si riferiva tradizionalmente alla tipica associazione di prodotti derivanti da uno stesso processo quali latte e carne, o cereali e paglia; ciò che è relativamente nuovo è l’estensione del concetto alla produzione di beni e servizi immateriali, spesso prodotti senza una precisa consapevolezza da parte degli agricoltori e che, nella maggior parte dei casi non hanno un riconoscimento ed una conseguente remunerazione. Oggi l’uso corrente del termine è spesso utilizzato come sinonimo di agricoltura “ambientalmente corretta” o produttrice di prodotti di qualità o ancora intendendo un processo di diversificazione del reddito all’interno dell’azienda agricola.

Nonostante un’ampia produzione scientifica che ha cercato di dare una rigorosa definizione di multifunzionalità sussiste ancora una buona dose di “soggettività” nelle definizioni più ricorrenti, ma anche un certo grado di diversità nei linguaggi utilizzati e nei riferimenti della letteratura.13 Infatti quando si tratta di delinearne concettualmente il significato l’unanimità

9 MARDSEN T,2003, CLARK J, 2005, WILSON G.A, 2007, ibidem,

10 VELAZQUEZ B.E, Il concetto di multifunzionalità in agricoltura: una rassegna, QA Rivista

dell’Associazione Rossi-Doria, QA- La Questione Agraria n. 3, 2001, p.76.

11 CASINI L, op. cit., XI.

12 VELAZQUEZ B.E, op. cit., p. 76.

13 AGUGLIA L., HENKE., SALVIONI C, L’Articolazione della multifunzionalità in “Agricoltura

Multifunzionale. Comportamenti e strategie imprenditoriali alla ricerca della diversificazione”, Edizioni

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di consensi che si riscontra attorno all’accettazione del valore della multifunzionalità viene meno, tanto da poter affermare che non esiste alcun accordo internazionale sull’esatta accezione del termine. La ragione di ciò risiede nel fatto che la multifunzionalità viene spesso usata dai vari paesi in maniera strumentale al perseguimento dei propri obiettivi politici. Nella sua più intima essenza la multifunzionalità può essere considerata quale insieme di contributi che il settore agricolo apporta al benessere sociale ed economico della collettività e che quest’ultima riconosce come proprie dell’agricoltura. Questa definizione comprende almeno tre aspetti che devono essere richiamati.

Il primo attiene al fatto che con l’attribuzione del requisito della multifunzionalità si ammette implicitamente che le funzioni svolte dall’agricoltura non possano essere compiute, date certe condizioni, dalle altre componenti del sistema economico. All’agricoltura, cioè, è riconosciuto indirettamente il ruolo di unico produttore delle funzioni in discussione, e ciò o perché queste ultime sono effettivamente esclusive del settore agricolo o perché la loro produzione non può essere effettuata dagli altri segmenti dell’economia con la medesima efficienza.

Il secondo elemento invece concerne il ruolo della collettività nello stabilire, sulla base delle proprie esigenze e dei propri obiettivi generali, quali siano le funzioni da assegnare all’agricoltura e quale importanza relativa debba avere ciascuna di esse. Dipendono infatti, dal modo con cui ogni società valuta la propria agricoltura e le connesse funzioni, modo che, a sua volta, discende dal grado di sviluppo socio-economico, dalle condizioni territoriali e ambientali, dalla presenza o meno di problemi alimentari, e così via dicendo.

L’ultima considerazione riguarda la pratica attuazione di tali funzioni che, una volta riconosciute dalla collettività, divengono vere e proprie mansioni, cioè compiti precisi assegnati dalla società al settore primario. La conseguenza di ciò è che la società medesima deve assicurare un adeguato supporto politico-normativo al settore affinché assolva questi compiti nel migliore dei modi.14

Il termine multifunzionalità, prima di ogni altra definizione, fa riferimento alle molteplici funzioni svolte dall’agricoltura. Le funzioni secondarie più citate in bibliografia sono

14IDDA L., FURESI R., PULINA P., Agricoltura multifunzionale in “Alimentazione e turismo in Italia”, Atti

dell’XI Convegno SIEA, Sassari, 2002, pp. 19-21.

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relative all’ambiente, allo sviluppo rurale e alla sicurezza alimentare, come citato nella seguente tabella.

Tabella 1- Le funzioni dell'agricoltura

Le funzioni ambientali possono essere connotate positivamente o negativamente in quanto alcune attività collaterali all’agricoltura pur avendo un ruolo economico-culturale positivo possono implicare effetti negativi sul territorio circostante.15

La stessa definizione di multifunzionalità è stata fonte di discussione in quanto utilizzata nel dibattito sulle politiche agricole con significati diversi a seconda dei paesi e dei contesti.16

15FINOCCHIO R, L’approccio dell’Ocse in “Processi di diversificazione multifunzionale nelle aziende

agricole marchigiane”, Phd Studies Series: Volume 3, Associazione “AlessandroBartola”, Studi e ricerche di

economia e politica agraria, Ancona, 2008, p.9.

16CAHILL C, 2001, Multifunzionalità: definizione, aspetti tecnico-economici e strumenti in “Verso il

riconoscimento di un’agricoltura multifunzionale. Teorie, politiche, strumenti”, Studi &Ricerche Inea,

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Da un punto di vista teorico-metodologico, la definizione più completa del concetto di multifunzionalità è stata sviluppata dall’ Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) che ha assunto la multifunzionalità tra i principi ispiratori della politica agricola. In “Multifunctionality: Towards an analytical framework” si afferma che, oltre all’offerta di cibo e fibre, l’attività agricola può anche modificare il paesaggio, provvedere alla gestione sostenibile dell’ambiente attraverso la conservazione del territorio, la gestione sostenibile delle risorse naturali, la preservazione della biodiversità e il mantenimento della vitalità socio-economica delle aree rurali.17 Le molteplici funzioni dell’agricoltura danno luogo, dunque, alla produzione di una serie di prodotti secondari cui ci si riferisce genericamente come “servizi non alimentari” oppure come “prodotti non diretti al mercato”. È importante però precisare che diversi prodotti secondari dell’agricoltura, pur essendo “servizi non alimentari” sono diretti al mercato come, ad esempio, i servizi ricreativi o didattici, i servizi sanitari o riabilitativi. In buona parte della letteratura, però, l’approccio alla multifunzionalità concentra l’attenzione su quei prodotti secondari cui il mercato è incapace di assegnare un prezzo, i cosiddetti “prodotti non diretti al mercato”.18 È proprio

con tale definizione che l’OCSE vuole dare risposta ad alcune questioni di base per sostenere la produzione dei beni e servizi non di mercato prodotti dall’agricoltura. Si tratta dei cosiddetti Non Commodity Output (NCO), in contrapposizione ai Commodity Output (CO) che, viceversa, possono trovare adeguata collocazione sul mercato. Il punto di partenza del lavoro dell’OCSE consiste nell’attribuire all’agricoltura funzioni che assumono il carattere di bene pubblico, per le quali il mercato può non rappresentare uno strumento adeguato a riconoscere il loro valore economico e, di conseguenza, a garantire che l’erogazione di tali funzioni sia sufficiente a soddisfare la domanda. In questo contesto, a livello teorico, gli elementi fondamentali per lo sviluppo di azioni pubbliche volte al raggiungimento della soluzione ottimale dal punto di vista sociale, in assenza di soluzioni allocative efficienti da parte dei soli strumenti di mercato, riguardano due aspetti principali:

• la definizione dei rapporti di produzione congiunta esistenti tra i beni e servizi di mercato e non di mercato;

• la valutazione delle esternalità positive, ovvero dei benefici sociali prodotti e non compensati, o compensati solo parzialmente, dal mercato.19

17CASINI L, 2009, op. cit., p. 3. 18VELAZQUEZ B.E, op. cit., pp. 78-79. 19 CASINI L., op. cit., p. 3

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Nello stesso documento la multifunzionalità viene definita attraverso due differenti approcci: l’approccio positivo, il quale si basa sull’interpretazione della multifunzionalità come caratteristica di ogni attività economica che ha prodotti ed effetti congiunti. Prodotti che possono essere positivi-negativi, intenzionali o accidentali, complementari o conflittuali, sinergici o alternativi, commodities o non-commodities. Secondo questa interpretazione quindi la multifunzionalità non è una peculiarità dell’agricoltura, ma delle attività economiche in generale. Il secondo approccio, quello normativo, riconosce invece all’attività agricola vari ruoli. La multifunzionalità quindi, proprio per il fatto di garantire diverse funzioni alla società, smette di essere una caratteristica e diventa un valore/obiettivo in sé per il benessere sociale, economico e ambientale di cui può beneficiare la collettività. Per tale motivo implementare e stimolare la multifunzionalità in agricoltura può diventare un obiettivo politico da conseguire con opportuni interventi pubblici.20 Nel 2005 Brunori e altri

ampliano il concetto di multifunzionalità dell’approccio OCSE, definendola come capacità dell’agricoltura di rispondere alle nuove domande espresse dalla società e dai consumatori attraverso la fornitura di:

- beni pubblici (biodiversità, paesaggio, gestione idrica, ecc.);

- beni privati per mercati no-food (turismo, didattica, servizi educativi e terapeutici, energia, ecc.);

- alimenti con specifici attributi (prodotti tradizionali, di alta qualità).

Sulla base di tale definizione, e in considerazione non solo del tipo di beni prodotti dall’attività agricola multifunzionale ma anche dei processi di cambiamento che essa può attivare all’interno dell’impresa e sul territorio, vengono derivate le altre tipologie di funzioni correlate alla multifunzionalità:

- culturali (retaggio culturale, identità territoriale);

- sociali (sicurezza alimentare, coesione sociale, occupazione rurale, ecc.); - etiche (mercato equo, benessere degli animali, ecc.).

Diversi contributi propongono una declinazione più articolata del concetto di multifunzionalità, distinguendola in:

- multifunzionalità dell’agricoltura, che fa riferimento soprattutto alla produzione di beni e servizi secondari strettamente connessa alla produzione primaria di alimenti, fibre e bioenergie;

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- multifunzionalità dell’azienda agricola, differenziata tra multifunzionalità primaria e multifunzionalità agroterziaria (cioè da diversificazione produttiva), al fine di evidenziare i casi in cui potrebbero essere le attività accessorie agro-terziarie a rappresentare la funzione principale, affievolendo così la natura stessa di impresa agricola;

- multifunzionalità rurale, che sottolinea l’aspetto dell’integrazione dell’impresa agricola multifunzionale con gli altri settori dell’economia locale e la comunità rurale.21

Con il secondo rapporto “Multifunctionality: The Policy Implications” del 2003 l’OCSE elabora delle linee guida per la promozione della multifunzionalità, indicando al decisore pubblico un percorso che consenta di valutare la necessità dell’azione pubblica a sostegno delle funzioni non di mercato dell’agricoltura e di indicare gli strumenti istituzionali più idonei per ottimizzare la produzione di NCO.22

Tale percorso richiede, in primis, l’identificazione del legame esistente tra attività agricola ed esternalità positive, analizzando la relazione presente tra fattori produttivi, lavoro, livello di produzione di beni materiali e livello di produzione di esternalità. Il secondo step consiste nell’indagare le possibilità di analizzare separatamente il processo che porta alla produzione di CO e NCO, al fine di stimare il costo di produzione delle esternalità. Il terzo step riguarda, invece, la stima della domanda di NCO, espressa sia da parte dei residenti, sia, in generale, da parte di tutta la popolazione, attraverso l’utilizzo di tecniche di valutazione monetaria e non monetaria. Infine è necessario analizzare le caratteristiche di non escludibilità dei beni e dei servizi commerciali, al fine di valutare la possibilità di mettere a punto meccanismi che consentano di compensare l’offerta attraverso lo scambio sul mercato.

Le criticità dell’approccio descritto riguardano la scarsa disponibilità di dati e il fatto che la metodologia per la stima delle esternalità debba ricorrere a forti esemplificazioni; nondimeno, uno sforzo di questo genere è necessario per metter a punto politiche sulla produzione congiunta di CO e NCO in agricoltura.

Per quanto riguarda invece gli strumenti, le soluzioni esaminate vanno dalla creazione di mercati e di contratti volontari, fino a sistemi di aiuti della produzione e al sostegno dei

21ALFANO F, CERSOSIMO D., Il Paradigma della multifunzionalità: potenzialità e limiti in “Imprese Agricole e

Sviluppo Locale. Un Percorso di analisi territoriale”, Edizioni Tellus, Roma, 2009, pp. 14-15.

22OCSE, 2003 citato in Per una definizione operativa di multifunzionalità: l’approccio dell’OCSE in “Guida

per la valorizzazione della multifunzionalità dell’agricoltura. Per i cittadini, le imprese, le pubbliche amministrazioni”, Firenze University Press, Firenze, 2009, p.4.

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prezzi. La creazione di nuovi mercati e l’attuazione delle diverse tipologie di contratto vengono, tuttavia, preferite per la loro capacità di intercettare la domanda di NCO.

L’ approccio dell’OCSE, quando viene stabilita la necessità di un aiuto pubblico, suggerisce l’adozione dei pagamenti mirati quale migliore opzione dal punto di vista dell’efficienza, dell’equità e degli impatti a livello internazionale.23

Con il rapporto del 2005 dell’OCSE “Multifunctionality in Agriculture, What role for private

initiatives” vengono ulteriormente definite le condizioni per l’intervento pubblico attraverso

l’analisi dei cosiddetti Non Governmental Approach (NGA) che si basano sulla promozione di contratti tra privati o su offerte volontarie che, minimizzando l’intervento pubblico, conducono all’utilizzo di meccanismi di mercato per l’offerta di NCO.24 Dunque il rapporto

OCSE del 2005 enfatizza l’importanza di una definizione di diritto di proprietà quale strumento fondamentale pe migliorare l’efficacia del mercato nel valutare le funzioni dell’agricoltura.25

1.2.1 La normativa nazionale

Il ruolo multifunzionale dell’agricoltura, in Italia, ha trovato riscontro nell’emanazione del D.lgs. n. 228 del 18 maggio 2001, meglio noto come “Legge di orientamento e modernizzazione del settore agricolo”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.137 del 15 Giugno 2001. Tale decreto ha segnato un profondo cambiamento nel modo di vedere l’agricoltura che può essere definito “epocale”: da “mondo a parte” a motore di sviluppo economico, con l’impresa agricola come fulcro del rinnovamento26. Esso ha dato una nuova

configurazione giuridica e funzionale all’impresa agraria, non più confinata alla sola produzione di alimenti, ma aperta a nuove attività, forte di un ruolo più completo rispetto al passato. Definisce inoltre, per la prima volta sul piano normativo, sia il distretto rurale che quello agroalimentare.

Nello specifico il decreto legislativo 228/2001 per il settore agricolo si compone di cinque capi per complessivi 36 articoli e disciplina la maggior parte degli oggetti previsti dalla legge

23CASINI L., op. cit., pp. 4-5.

24OECD, 2005, citato in CASINI L, Per una definizione operativa di multifunzionalità: l’approccio dell’OCSE

in “Guida per la valorizzazione della multifunzionalità dell’agricoltura. Per i cittadini, le imprese, le pubbliche

amministrazioni”, Firenze University Press, Firenze, 2009, p. 5.

25CASINI L., 2009, op. cit., p.5

26COLDIRETTI, La legge di orientamento e modernizzazione del settore agricolo in “arriva l’agricoltura del

futuro. La Legge di Orientamento e si suoi effetti per le imprese e la pubblica amministrazione”,

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n.57, anche se non risultano regolamentate alcune materie, in particolare quelle sul lavoro e la previdenza.

Il provvedimento, da ampia possibilità di riforma dell’agricoltura, offrendo diverse occasioni di modernizzare il settore, attraverso ad esempio, la riscrittura della figura dell’imprenditore. L’art 1 della norma, infatti, fornisce una nuova nozione di imprenditore agricolo che sostituisce quella introdotta nel 1942: “è imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”. Le attività principali dell’impresa agraria sono quelle “dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria a tale ciclo (…) che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre e marine” e quelle connesse, relative “alla manipolazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dell’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda (…) comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione e di ospitalità”. L’innovazione del decreto consiste nel sostenere sul piano della qualificazione giuridica sia lo svolgimento delle attività principali che lo sfruttamento dell’intero ciclo produttivo dell’impresa ed accompagnare i rapporti con il mercato e con i consumatori. Per la prima volta si considera espressamente attività agricola la fornitura di servizi finalizzati alla valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e si riconosce la molteplicità dei ruoli dell’agricoltura. Nel recepire il concetto di agricoltura multifunzionale, la Legge di Orientamento delinea un’impresa agraria che, pure restando ancorata al settore agricolo, può realizzare attività che sconfinano nei settori industriale e/o terziario: l’impresa che gestisce un’azienda agraria multifunzionale può cessare di essere “mono-settoriale” e diventare “multifunzionale”.27 Con l’art. 2 – Iscrizione al Registro delle Imprese – il legislatore estende la normativa prevista per la pubblicità legale anche alle imprese agricole, sinora escluse in quanto iscritte nella sezione speciale del registro delle imprese.

Viene inoltre precisato che “rientrano tra le attività agrituristiche … ancorché svolte all’esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell’impresa, l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche, di pratica sportiva, escursionistiche e di ippoturismo, finalizzate ad una migliore conoscenza e fruizione del territorio, nonché la degustazione dei

27AIAB LOMBARDIA, Associazione italiana per l’Agricoltura biologica, Un decreto che recepisce il nuovo

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prodotti aziendali, compresa la mescita del vino”. Le attività di ricezione e ospitalità sono considerate servizi che l’imprenditore agricolo svolge utilizzando le strutture e le risorse dell’azienda. Ciò favorisce la valorizzazione del territorio e delle produzioni tipiche, avvicinando l’imprenditore agricolo al consumatore attraverso una nuova immagine del settore agricolo, non più legata solo alla produzione, ma anche a valori di carattere ambientale e culturale. L’impresa agrituristica assume un ruolo importante nelle strategie di promozione del territorio assicurando quella ricettività altrimenti carente, specie nelle zone collinari e dell’interno dove solitamente mancano strutture alberghiere.

La Legge di Orientamento fornisce un ampio ventaglio di nuove occasioni di reddito agli agricoltori: dalla manutenzione e tutela dell’ambiente alla vendita diretta, dall’agriturismo alla tracciabilità delle produzioni alimentari ma, allo stesso tempo, propone alla Pubblica Amministrazione un nuovo partner, l’azienda agricola stessa, con la quale collaborare attivamente per la promozione della difesa e lo sviluppo del territorio, di concerto con le organizzazioni professionali. A tal riguardo nel CAPO III relativo ai rapporti con le pubbliche amministrazioni si introduce un nuovo modo di intendere il rapporto tra pubbliche Amministrazioni e imprenditori agricoli basato non solo su modelli autoritativi ma sull’utilizzo di strumenti contrattuali quali, contratti di collaborazione e convenzioni, perseguendo l’obiettivo della massima semplificazione amministrativa.28

1.3 Aspetti tecnico-economici più importanti

Gli aspetti della multifunzionalità che, da un punto di vista prettamente teorico, assumono maggiore rilevanza possono essere ricondotti: al tipo e all’intensità del legame tra produzione agricola e prodotti secondari, alle sinergie e trade-off tra i vari prodotti dell’agricoltura, le specificità dell’agricoltura nella fornitura di servizi e prodotti non prettamente commerciali e il fatto che i mercato non sia in grado di assegnare un prezzo a molti prodotti secondari rendendo necessario l’intervento pubblico.29

L’aspetto che ha assunto maggior rilievo nel dibattito internazionale concerne il tipo e l’intensità del legame tra funzione produttiva e prodotti secondari. Al riguardo secondo alcuni studiosi i prodotti o servizi secondari sono prodotti in proporzioni fisse e, quindi,

28 COLDIRETTI, op. cit.,

29HENKE R, Le questioni teoriche più importanti in “Verso il riconoscimento di un’agricoltura

multifunzionale. Teorie, politiche, strumenti”, Studi & Ricerche Inea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli,

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strettamente “congiunti” alla produzione;30 altri invece ammettono vi siano diversi modelli

di correlazione tra i vari “prodotti” dell’agricoltura.31 L’accettazione dell’una o dell’altra

ipotesi ha conseguenze importanti dal punto di vista delle politiche come ad esempio la scelta degli strumenti a favore della multifunzionalità. Nel caso in cui la produzione di alimenti e di servizi secondari siano congiunte, gli strumenti più efficaci saranno quelli legati al sostegno “accoppiato” alla produzione agricola. Se si accetta, invece, l’esistenza di diversi gradi di correlazione tra i vari prodotti dell’agricoltura, gli strumenti devono essere valutati attentamente, compresa l’opportunità di indirizzare il più possibile il sostegno ai prodotti secondari che si vuole favorire, attraverso strumenti disaccoppiati dalla produzione.32 Dato il carattere estremamente complesso delle interrelazioni tra produzione primaria e beni/ servizi secondari dell’agricoltura, vi sono inoltre delle sinergie e trade-off tra i vari prodotti dell’agricoltura. Infatti, cambiamenti nella funzione di produzione in seguito sia all’introduzione di nuove tecnologie di produzione, che a variazioni nelle politiche a favore del settore o nelle variabili di mercato daranno luogo a variazioni di grandezza e segno differente per i diversi prodotti.

Relativamente alla specificità dell’agricoltura nella fornitura di servizi e prodotti non commerciali è possibile affermare che anche altre attività economiche possono essere considerate “multifunzionali” perché danno luogo alla produzione congiunta di molteplici prodotti con caratteristiche di beni pubblici o di esternalità. Basti pensare, ad esempio, agli effetti benefici in termini di vitalità economica e di preservazione di antiche tradizioni che possono derivare da attività artigianali presenti in alcune zone rurali. Nonostante ciò l’attività agricola presenta alcune specificità, tra cui, l’importanza della risorsa terra quale mezzo di produzione, il ruolo dei processi biologici nella produzione, il forte legame con l’ambiente in generale e, in alcuni contesti, l’incidenza sull’economia rurale. Secondo l’OCSE gli aspetti più importanti sono da ritracciare nell’uso della risorsa terra, che è attribuibile per la maggior parte all’attività agricola (compresa la selvicoltura), nella dispersione geografica e nei vincoli strutturali del tessuto produttivo agricolo.33

30LINDLAND e altri., 1998, MINISTERO DELL’AGRICOLTURA DELLA NORVEGIA, 1999a, citato in

HENKE R, op.cit., p.25.

31BOHMAN e altri., 1999, NORMILE, BOHMAN, 2002, ABARE,1999, OCSE, 1998, COMMISSIONE

EUROPEA 1998, citato in HENKE R, ibidem.

32VELAZQUEZ B E, citata in HENKE R, ibidem 33HENKE R, 2004, op. cit., pp. 25-26.

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1.3.1 Le interdipendenze tecniche tra i diversi prodotti

dell’agricoltura.

Le varie funzioni dell’attività agricola portano alla produzione di una serie di prodotti secondari, i quali possono avere un legame più o meno forte con la funzione produttiva primaria.

L’OCSE in particolare evidenzia tre differenti tipologie di relazioni:

- interdipendenze tecniche del processo di produzione come ad esempio l’erosione del suolo, residui chimici, effetti positivi derivati dal controllo dei pesticidi o dall’implementazione della rotazione;

- presenza di input non specifici, per esempio ottenimento di più prodotti da un’unica attività, come lana e carne dall’allevamento delle pecore;

- presenza di input specifici ma disponibili in quantità fissa a livello aziendale, come l’allocazione della terra fra produzione e altre attività.

Si parla di produzione congiunta quando eventuali variazioni nella quantità prodotta dei beni primari determinano variazioni anche nella produzione dei beni o servizi secondari. Qualora la produzione congiunta sia forte, può originare sostanziali risparmi di costo, generando le cosiddette economie di scopo, che si hanno quando produrre separatamente costa di più che produrre congiuntamente (congiunzione economica).34 Nella maggior parte dei casi la produzione congiunta è determinata da interdipendenze di tipo tecnico o biologico derivanti dall’utilizzo di determinati mezzi di produzione o dalle caratteristiche del processo produttivo. Relativamente ai mezzi tecnici si fa riferimento alle esternalità negative legate all’intensità d’uso dei fertilizzanti con effetti sulla qualità dell’acqua o all’utilizzo dei gas nocivi nelle serre, con effetti sulla fascia di ozono; mentre nel caso dell’impatto sul paesaggio, sul benessere degli animali, o sulla sanità degli alimenti si tratta delle esternalità legate alla composizione produttiva e alle pratiche agronomiche.

Altro fattore determinante nel legame fra prodotti è la presenza di fattori di produzione non specifici; si tratta di situazioni in cui da un unico fattore di produzione si ottengono molteplici prodotti. È il caso della produzione congiunta di carne e lana dall’allevamento ovino oppure la produzione di carne e latte dall’allevamento bovino. L’interdipendenza tra prodotti, infine, può derivare dall’utilizzo di fattori fissi che sono allocati ai diversi processi

34 FINOCCHIO R, Le funzioni svolte dall’agricoltura in “Processi di diversificazione multifunzionale nelle

imprese agricole marchigiane”, PhD Studies Series: Volume 3, Associazione “AlessandroBartola”, Studi e

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produttivi aziendali. L’aumento o la diminuzione nella produzione di un determinato bene determina una variazione nella quantità del fattore fisso disponibile per gli altri processi produttivi creando un vincolo tra processi e tra output. Esempi sono la produzione alimentare e la fornitura di spazi per la vita silvestre, oppure la produzione agricola tradizionale e altre attività legate al settore agricolo ma a minor reddito, quale l’agricoltura terapeutica.

Le interconnessioni tra prodotti, nella realtà sono molto più complesse; la presenza di input non specifici, le interdipendenze tecniche e l’utilizzo di fattori fissi possono essere, infatti, fonte di inseparabilità tra prodotti. Il legame tra produzione agricola, sia essa di vino, carne o di girasole, ad esempio, e il paesaggio può derivare sia dal fatto che ambedue i “prodotti” sono ottenuti dallo stesso appezzamento, che da interdipendenze di tipo tecnico derivanti dal processo produttivo. Infine, l’adozione di nuove tecnologie, la formazione e l’esperienza degli agricoltori determinano cambiamenti nel processo produttivo e, di conseguenza, nell’insieme dei prodotti secondari generati.

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Nella fig 1 sono rappresentati i cambiamenti nella produzione alimentare e nei prodotti secondari in seguito ad una variazione del metodo di produzione. Nella rappresentazione si presuppone che i molteplici output dell’agricoltura siano prodotti congiuntamente. La produzione dei diversi prodotti al tempo zero è rappresentata dall’intersezione della linea continua con i diversi assi cartesiani; più precisamente la produzione alimentare è identificata con la lettera “A”, la produzione del prodotto secondario 1 è identificato con la lettera “B”, quella del prodotto 2 con la lettera “C”, etc. In seguito ad un incremento della produzione alimentare dal livello A al livello A’ vi è un cambiamento nella produzione dei prodotti secondari; questa seconda situazione è rappresentata con la linea punteggiata. È da tenere presente, che, la produzione di alcuni prodotti secondari diminuisce mentre quella di altri aumenta; pertanto il segno e la grandezza delle variazioni della quantità prodotta dei diversi prodotti dipendono dalla correlazione tra loro.

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Alcuni prodotti secondari dell’agricoltura non sono classificabili nelle categorie di produzione congiunta perché l’unità di analisi, nel loro caso, va oltre i confini dell’azienda agricola; si tratta, per la maggior parte, di prodotti o servizi associati allo sviluppo rurale, quali: l’impatto dell’attività agricola sulla vitalità delle aree rurali attraverso il contributo all’occupazione, gli effetti sui redditi delle aree rurali, il presidio del territorio in zone remote o scarsamente popolate.35

1.3.2 Le caratteristiche di esternalità e beni pubblici dei prodotti

secondari

Precedentemente ci si è focalizzati su aspetti relativi all’offerta in quanto sono state esaminate le interdipendenze tecniche tra i prodotti e i servizi dell’agricoltura, originate nella funzione di produzione, o nelle interrelazioni con gli altri settori economici nelle aree rurali. Nell’esaminare, invece, le caratteristiche di beni pubblici/esternalità dei prodotti secondari associati solitamente alla multifunzionalità l’ottica si sposta dal lato della domanda. In questo modo è possibile indagare come i benefici derivanti dall’attività agricola possano essere ridistribuiti nella società36 e disegnare strumenti per la stima del valore che essa

assegna a tali beni e servizi.

Nel caso delle esternalità e/o beni pubblici si verifica il cosiddetto “fallimento del mercato” ovvero il mercato non è in grado di raggiungere l’allocazione ottimale delle risorse e in alcuni casi è necessario l’intervento pubblico. Non sempre però questo risulta essere la soluzione migliore. La non esistenza di mercati per le esternalità è una condizione necessaria, ma non sufficiente per il verificarsi di un fallimento di mercato.37 È necessario quindi valutare la tipologia del bene pubblico e/o esternalità al fine di trovare una soluzione ottimale volta a correggere il fallimento, che potrà essere quindi l’intervento pubblico o la creazione di un mercato. Ogni tipologia di bene “secondario” richiede una differente tipologia di intervento, non è infatti detto che la soluzione utile per un bene pubblico lo sia anche per un altro. Ad ogni modo in presenza di fallimenti di mercato, prima di ogni decisione a procedere con l’intervento diretto dovrebbero essere esplorate eventuali soluzioni non governative

35 HENKE R, 2004, op. cit., pp.27-28-29.

36OCSE, 2001, citato in HENKE R, Caratteristiche di esternalità e beni pubblici presenti nei prodotti secondari

in “Verso il riconoscimento di un’agricoltura multifunzionale. Teorie, politiche, strumenti”, Studi & Ricerche Inea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p.30

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(NGAs), come la creazione di un mercato o la fornitura volontaria.38 In linea generale, il fallimento del mercato causato dalle esternalità determina che l’offerta di un bene che genera un’esternalità positiva tenda ad essere inferiore rispetto al livello ottimo perché il mercato non tiene conto dei benefici sociali generati dall’esternalità. Al contrario, in presenza di esternalità negative, l’offerta tenderà ad essere superiore all’ottimo. 39

In letteratura il valore economico totale (VET, fig 2) di un bene viene definito come la somma data dal valore d’uso e dal valore di non uso, rispettivamente composti da altre tipologie di valore come si vede nello schema che segue.40

Figura 2 - Il Valore Economico Totale. Fonte: Finocchio, 2008

Figura 3 - Fallimento del mercato causato da esternalità positive. Fonte: Henke, 2004

38 OCSE, 2005, citato in FINOCCIO R, 2008, ibidem 39 HENKE R, 2004, op. cit., p.30.

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Figura 4 – Fallimento del mercato causato da esternalità negative. Fonte: Henke, 2004

Più precisamente nella figura 3 è rappresentata la curva di domanda di un bene e due curve di offerta ovvero quella privata e quella pubblica. Poiché il bene genera esternalità positive, la curva dei costi sociali è pari alla curva dei costi privati meno il valore dell’esternalità positiva generata. L’inefficienza del mercato, graficamente, è pari alla superficie del triangolo abc.

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Nella figura 4 dato che il bene genera esternalità negative, i costi sociali saranno pari alla somma dei costi privati più il valore dell’esternalità negativa, mentre la perdita di netta per inefficienza sarà pari al triangolo “def”.

Per quanto riguarda invece il valore assegnato dalla società alle esternalità, alcuni dei prodotti secondari dell’agricoltura associati alle esternalità ambientali, quali la protezione degli habitat naturali e della biodiversità, hanno sia un valore d’uso che un valore di non uso. Nei casi in cui hanno un valore d’uso, derivante dalla possibilità di visitarli o vederli, essi presentano anche connotazioni molto specifiche alle zone in cui sono localizzate e la loro “produzione” dipenderà dalle tecniche di produzione prevalenti. Mentre se alla biodiversità o all’habitat naturale è assegnato un valore semplicemente perché esistono, quindi un valore di non uso, non vi è alcuna relazione con la produzione agricola.

Il paesaggio, la protezione contro disastri naturali, il controllo delle inondazioni, la preservazione dell’eredità culturale sono esternalità specifiche alle zone in cui sono originate e, nella maggior parte dei casi, hanno unicamente un valore d’uso. La loro produzione o distruzione è funzione delle tecniche produttive e, in alcuni casi, possono essere ottenute indipendentemente dalla produzione agricola.

Per quanto riguarda, invece, le caratteristiche di beni pubblici presenti in alcuni dei prodotti non diretti al mercato dell’agricoltura, essi sono privi di escludibilità, ovvero sono liberamente disponibili alla società, e di rivalità ovvero l’uso da parte di alcuni non pregiudica quello degli altri. Nella figura 5 si propone una classificazione di beni pubblici in base a queste due caratteristiche.

Figura 5 - Beni pubblici e beni privati. Fonte: Henke, 2004

Sull’asse delle ascisse è rappresentato il grado di escludibilità e su quello delle ordinate la rivalità, le quali variano entrambe da 0 a 1. In altro a sinistra sono collocati i beni pubblici puri, con rivalità ed escludibilità pari a zero, mentre quelli privati, con valori massimi per

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entrambi i valori, sono collocati in basso a destra. I casi con livelli variabili di escludibilità e rivalità sono denominati beni pubblici “impuri” o beni misti. In linea generale, siamo in presenza di common goods, una particolare categoria di beni misti, quando la produzione di un bene è disponibile a tutti, quindi non è escludibile, ma è soggetto a congestione ovvero rivale. Un buon esempio è un parco pubblico a libero accesso molto frequentato. Laddove, tuttavia, non vi sia congestione (rivalità) ma il livello di escludibilità è reso positivo, attraverso il pagamento di una tassa di “accesso”, i beni rientrano nella categoria dei club

goods. Tra questi troviamo, ad esempio, una riserva di pesca con accesso a pagamento o la

vendita di permessi giornalieri per la raccolta di funghi oppure beni gestiti da associazioni private, i cui soci contribuiscono con una quota che consente loro l’utilizzo del bene, come nel caso delle biblioteche.

Tale classificazione può essere ulteriormente dettagliata se vengono presi in considerazione più livelli di escludibilità e di rivalità. Ad esempio la dimensione territoriale aggiunge un ulteriore elemento di variabilità al grado di escludibilità a cui sono soggetti i beneficiari di determinati beni. Vengono identificati beni pubblici a carattere locale ossia beni non rivali a cui possono accedere liberamente soltanto i componenti di una piccola regione. Rientrano in questa categoria il paesaggio di una regione specifica, l’eredità culturale di una produzione locale caratteristica.

I beni misti classificati nella figura 5 come common goods, nonostante siano soggetti a congestione o rivalità sono liberamente accessibili a tutti. In questo caso è la loro sovrautilizzazione, ed il conseguente esaurimento o degrado del bene stesso, a determinare il fallimento del mercato basti pensare alle risorse ittiche o all’acqua sotterranea. La possibilità di limitare l’accesso a questi beni soltanto agli abitanti di una zona ben definita ha dato luogo alla definizione di una speciale categoria di beni misti, denominati “common property resources” (risorse di proprietà comune). I membri della comunità usufruiscono di diritti di proprietà comuni sul bene o sulla risorsa in questione. È possibile quindi definire adeguate regole d’uso e migliorare l’allocazione della risorsa comune evitando il degrado o l’eccessivo utilizzo, come avviene ad esempio nel caso della gestione dell’acqua sotterranea. I beni misti escludibili ma aventi diversi gradi di rivalità possono essere specificati in toll

goods e club goods. I primi sono beni la cui escludibilità è determinata dal pagamento di una

quota d’accesso, ma non presentano congestione. Tipici esempi sono le autostrade a pagamento, il trasporto pubblico, nonché i parchi pubblici utilizzati al di sotto della loro capacità. In questo caso i beni possono risultare sottoutilizzati, evidenziando delle

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inefficienze nelle decisioni di approvvigionamento, in quanto potenziali utenti, con disponibilità a pagare inferiore alla quota di accesso, restano esclusi. Viceversa i club goods, sono soggetti a congestione in quanto la quota di accesso è stata definita dai soci e quindi stabilita ad un livello pari alla disponibilità a pagare dei soci stessi. In questo caso attraverso una corretta gestione delle “utenze” rispetto alla disponibilità degli stessi beni è possibile raggiungere un utilizzo più efficiente rispetto ai toll goods.

Dei due elementi che caratterizzano i beni pubblici impuri, l’escludibilità è quello più rilevante, in quanto più un bene è soggetto a esclusione tanto più il mercato sarà in grado di funzionare efficientemente in ragione della possibilità di chiedere agli utenti il pagamento di una “quota” per usufruire del bene. Se i beni presentano un livello di rivalità maggiore di zero, è meno probabile che avvengano comportamenti speculativi a sfavore di produttori e consumatori, inoltre, la probabilità che il prezzo di mercato rifletta la disponibilità a pagare dei consumatori e i costi marginali di produzione dei produttori è maggiore.

È possibile classificare secondo gli scemi precedenti alcuni dei prodotti non orientati al mercato dell’agricoltura associati alla multifunzionalità.

Il paesaggio, a secondo dei casi, presenta attributi diversi. Può essere considerato tra i beni pubblici locali perché gli abitanti di una determinata zona possono usufruire liberamente del panorama agricolo senza esclusione e senza che vi sia congestione. Se però la sua fruizione implica l’afflusso di numerosi visitatori in aree delimitate esso presenta le caratteristiche delle open access resources. Nei casi in cui viene stabilita una quota di accesso pari al valore d’uso dei visitatori, il paesaggio può diventare un bene pubblico. Ed infine quando al paesaggio agricolo viene associato un valore quale riserva di tradizioni e cultura, ovvero un valore di non uso, indipendentemente dalla possibilità di accedervi, esso può essere considerato anche un bene pubblico puro.

L’eredità culturale è associata a luoghi storici e aspetti culturali collegati all’agricoltura quali edifici storici, strutture tipiche di alcune zone, percorsi enogastronomici, cultura e consuetudini locali. Gli edifici storici e le strutture possono tramutarsi in club goods o in beni privati in quanto sono soggetti a congestione ed escludibili. In quest’ultimo caso la quota di accesso deve essere pari al valore d’uso assegnatoli dai visitatori.

Le tradizioni locali associate all’agricoltura, in quanto non escludibili e non rivali, assumono le caratteristiche di beni pubblici locali, ed hanno anche una connotazione prettamente regionale; assumono carattere di beni pubblici puri nei casi in cui esse sono apprezzate dall’intera popolazione di un paese.

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Habitat naturale e biodiversità, nonostante spesso si tratti di attributi specifici di certi luoghi, vengono considerati beni pubblici puri quindi non escludibili e non rivali. Le riserve naturali possono essere soggette a congestione e gestite come club o toll goods.

Il controllo delle inondazioni e la conservazione del suolo hanno la peculiarità di essere beni pubblici locali dato che i benefici derivanti da una loro buona gestione interessano in particolar modo gli abitanti delle zone adiacenti. Il “valore” di tali benefici è pari al costo per la loro realizzazione; è possibile pertanto definire dei contratti tra le autorità locali e i singoli cittadini in cui siano definite delle regole d’uso per la risorsa in questione. Considerazioni analoghe valgono per la gestione dell’acqua sotterranea, anche se in questo caso la gestione della risorsa può essere realizzata anche da associazioni private. In entrambi i casi si tratta di common property resources.

La sicurezza alimentare può assumere differenti significati e per questo può essere inclusa sia tra i beni misti che tra i beni privati. Viene considerata tra i beni privati perché, dal punto di vista dei produttori agricoli, è escludibile e soggetta a congestione. Non è chiaro, però, se si fa riferimento alla produzione alimentare in quanto tale oppure alla sicurezza alimentare; anche dal punto di vista dei consumatori i beni alimentari sono un bene privato. Prendendo in considerazione solamente le disponibilità alimentari prodotte dall’economia nazionale, quale bene misto viene classificato sia tra i common goods, poiché le derrate alimentari prodotte a livello nazionale non possono essere escluse ma possono diventare scarse ed essere soggette, quindi, a congestione; sia tra i club goods, nel caso in cui consumatori e produttori stipulino contratti di compra vendita diretta.

La classificazione della sicurezza alimentare, basata sull’ipotesi di ricorso esclusivo alle disponibilità nazionali, tra i beni misti è discutibile dato che la produzione interna non è l’unico modo, e neanche il più efficiente per raggiungere un adeguato livello di sicurezza alimentare. Nell’associare la sicurezza alimentare esclusivamente alla produzione interna di alimenti, viene meno la possibilità di ricorrere a fonti esterne di approvvigionamento. Inoltre altri aspetti importanti associati alla definizione stessa di sicurezza alimentare, quali l’accesso della popolazione agli alimenti, dipendono da altri fattori, tra i quali l’efficienza dei sistemi distributivi nazionali, piuttosto che dalle disponibilità alimentari.

Nella tab 2 è rappresentato graficamente quanto detto sopra sulla classificazione dei beni pubblici, misti e privati legati all’agricoltura.41

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Tabella 2 - Classificazione dei beni pubblici, misti e privati legati all’agricoltura. Fonte OCSE, 2001, p.80

1.4 Le diverse interpretazioni sulla multifunzionalità

Il dibattito attorno al concetto di multifunzionalità è acceso e molti paesi, come molte organizzazioni internazionali (OCSE, FAO, WTO) hanno espresso la loro opinione42 in

materia come vedremo in seguito.

1.4.1 L’approccio dell’OCSE

Il principale contributo, attribuibile all’OCSE, è stata la preparazione di una metodologia utile a fornire gli elementi per approfondire l’analisi della multifunzionalità nei diversi contesti nazionali, nonché di rappresentare una base concettuale utile al dibattito internazionale. Tale approccio è soprattutto normativo e molto rigoroso nell’analisi delle

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caratteristiche economiche dei prodotti non diretti al mercato dell’agricoltura e nella definizione dei possibili legami tra funzione di produzione e prodotti secondari.43

Viene più volte sottolineato come la definizione delle funzioni secondarie dell’agricoltura, la quantificazione della loro rilevanza e la precisazione dei legami con la funzione produttiva possano essere, in funzione dei contesti geografici e economici, molto differenziate. Tuttavia, i principali elementi della multifunzionalità sono identificati nei benefici ambientali, incluso il paesaggio, e nello sviluppo socioeconomico delle aree rurali; anche se viene riconosciuta l’esistenza di altre funzioni, quali sicurezza alimentare, l’eredità culturale e altri aspetti sociali.44

In particolare, con riferimento al contributo dell’agricoltura alla sicurezza alimentare, l’OCSE ritiene che il rapporto con la quantità prodotta risulta essere sempre positivo nel caso in cui la produzione nazionale sia considerata il modo più efficiente per raggiungere la sicurezza alimentare. È stato, comunque, accertato che esistono strumenti alternativi e più economici per raggiungere tale scopo, per esempio le importazioni, la diversificazione dei fornitori, lo stoccaggio.45

Per quel che attiene il processo produttivo agricolo, non viene effettuata una distinzione tra prodotti principali (alimentari) e prodotti secondari ma questi vengono considerati “prodotti congiunti”. La funzione produttiva, quindi, determina il vincolo tra i diversi prodotti e l’attività agricola, incluse le complementarietà e trade-offs tra i prodotti secondari ed il loro rapporto con i prodotti alimentari. Secondo l’OCSE, la conoscenza della funzione produttiva diventa importante per interpretare e poter prevedere l’offerta dei molteplici prodotti dell’agricoltura. Ciò ha rilevanti implicazioni nella progettazione delle politiche agricole, nello specifico il legame tra produzione alimentare e prodotti secondari in quanto più “dissociati” sono questi ultimi dalla produzione alimentare, maggiori saranno le probabilità che gli obiettivi non-alimentari siano raggiunti attraverso strumenti disaccoppiati dalla produzione, e dunque meno distorsivi del commercio internazionale.

Dal lato della domanda sembra vi sia un rapporto diretto tra reddito pro capite e interesse per i prodotti non orientati al mercato. Nei paesi più ricchi, infatti, la “sensibilità ambientale” appare più elevata rispetto ai paesi più poveri. L’attenzione verso i benefici ambientali si sviluppa anche all’aumentare del rischio di una loro riduzione dovuta per esempio a pressioni demografiche, tecniche intensive e inquinanti, specializzazione produttiva, etc. Infine, in

43VELAZQUEZ B.E, 2001, op. cit., p. 98.

44 OCSE, 2001b, 1998a, citato in VELAZQUEZ B.E, 2001, op.cit., p.99. 45 BOHMAN et al., 1999, ibidem.

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alcuni paesi vi è la preoccupazione che eventuali riforme delle politiche agrarie volte a ridurre il sostegno alla produzione e la protezione alla frontiera possano influenzare negativamente la fornitura dei prodotti secondari non orientati al mercato.

L’OCSE, inoltre, riconosce la necessità di stimare opportunamente la domanda dei prodotti non orientati al mercato, anche perché essa potrebbe determinare la “trasformazione” di prodotti in beni scarsi a cui viene attribuito uno specifico valore. Nel caso in cui ciò non sia possibile se ne dovrà tenere conto in sede di definizione degli obiettivi delle politiche agrarie. Con minore enfasi viene specificato che, anche le attività non agricole possono contribuire alla produzione di beni non diretti al mercato, è opportuno quindi valutare la loro efficienza nella produzione di questi nonché il loro costo. Per quel che riguarda invece l’occupazione, ci potrebbero essere fonti di occupazione alternative all’agricoltura, presso imprese industriali o di servizi. Nel caso di benefici ambientali, gruppi naturalistici oppure imprese non agricole potrebbero gestire alcuni ecosistemi in maniera piuttosto efficiente.46

1.4.2 L’approccio del WTO.

Nell’ambito nel negoziato agricolo, sottoscritto nella fase conclusiva dell’Uruguay Round (1986-1994), l’Unione Europea e alcuni paesi fra Norvegia e Giappone, proposero di riconoscere ufficialmente i molteplici ruoli dell’agricoltura. Nonostante l’importanza di questi temi fosse largamente accettata, ogni esplicito riferimento alla parola multifunzionalità è stato rifiutato per evitare di legittimare strumenti potenzialmente distorsivi del commercio come ad esempio i sussidi alla produzione. Tuttavia si è deciso di identificare con il termine Non Trade Concerns (NTCs) le questioni della sicurezza alimentare, della salubrità, dello sviluppo rurale e altre tematiche di interesse, ovvero questioni non commerciali, espressione ritenuta meno ambigua e più accettabile dalla maggior parte dei paesi aderenti al WTO.

La volontà di tener conto all’interno del processo di liberalizzazione degli scambi anche delle questioni non commerciali è stata ribadita anche nella Dichiarazione ministeriale approvata a Doha nel 2001, nell’ambito del Doha Round. Fra gli interessi compresi nei NTCs vi sono compresi, la già citata sicurezza alimentare, la protezione dell’ambiente, lo sviluppo rurale, la riduzione della povertà, la salvaguardia delle indicazioni geografiche e il benessere animale. È chiaro come in larga parte si tratti di questioni comuni alla multifunzionalità

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